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2013/01/14

Che cos’è la felicità?


Che cos’è la felicità? Non mi meraviglierei se qualcuno di voi spegnesse il computer, se qualcun altro abbandonasse la pagina e si mettesse a ridere. Va bene, non è un gioco, non sto scherzando, parlo sul serio. 

Per voi che cos’è la felicità?

Si tratta di uno stato d’animo? Di un sentimento che si prova nel momento che qualcosa va bene, gira per il verso giusto? O forse è la somma di tante situazioni che vi portano a pensare di essere in pace con il mondo intero? Perchè è così difficile ammettere di essere felici? E si è o si può sentirsi felici anche quando tutto va a rotoli? La felicità lo sappiamo, è un sentimento relativo, molto personale. Ognuno dà alla felicità un valore diverso e lo percepisce in modo differente da quello di un suo simile. Un clochard che chiede l’elomosina davanti a Notre Dame può ottenere un giorno di felicità se riesce a mangiare un pranzo abbondante e appetitoso. Viceversa per un ricco uomo d’affari, un buon pranzo è un valore già acquisito e la felicità è raggiunta solo quando ottiene qualcosa che ancora gli manca, quando raggiunge un obiettivo che si era prefissato. E l’infelicità come la cataloghiamo? Se il clochard di cui si parlava precedentemente, non riesce a mangiare un pranzo abbondante e appetitoso pensate che sarà infelice? Se l’uomo d’affari non raggiunge il suo obiettivo sarà altrettanto infelice? O forse l’infelicità non è altrettanto sintomatica della felicità? Certo il contrario di felice è infelice quindi automaticamente dovremmo sentirci infelici se qualcosa va storto nella nostra vita, nella realtà non è affatto così. Contrariamente a quanto si crede l’infelicità causata dal nostro stesso comportamento è abbastanza rilevante e solamente su questo fronte possiamo intervenire con una certa speranza di ottenere un buon risultato. Capito? Siamo infelici solo se ci aspettiamo un risultato positivo e non arriva, ma se è un evento inaspettato allora non saremo infelici, semmai indifferenti.

Fermo su questo concetto mi domando se esista un modo per essere felice che vada bene a tutti. Secondo me non esiste un modo per essere felice, valido per ogni individuo, ci sono delle similitudini, certo, la squadra di calcio del cuore che vince la partita provoca felicità nell’animo dei propri tifosi, il loro stato d’animo potrebbe anche cambiare positivamente perchè hanno vinto ma, alla fine, è una gioia momentanea che non ci cambia la vita, anche se avesse perso, la squadra, la nostra vita non sarebbe cambiata, avremmo continuato a viverla come prima. Allora? È possibile personalizzare il criterio di valutazione per determinare quando c’è felicità e come si ottiene?

La conoscenza di ogni individuo porta sul cammino della comprensione, se conoscete voi stessi allora potrete capire come trovare la vostra felicità. Che sarà solo vostra, al massimo la condividerete con altri, che apprezzeranno questo vostro stato d’animo, veder felice una persona aiuta a star meglio, si gioisce insieme anche se poi, nel proprio intimo non si condividono le stesse emozioni. È quindi importante vivere in armonia con se stessi con un occhio attento al proprio ambiente, per non cadere nell’incomprensione, per non sentirsi fuori dal contesto. Ve l’immaginate un carcerato a vita fra suoi compagni di cella, lui felice come un fringuello e gli altri tristi e abbattuti perch hanno realizzato di dover trascorrere fra quattro mura tutto il resto della propria esistenza? Come pensate che possano sentirsi gli infelici con un compagno di camera che rasenta la pazzia dimostrando una felicità esagerata? L’essere felici è uno stato mentale che va attentamente amministrato per non urtare la sensibilità e aggiungerei l’infelicità altrui. Nonostante tutti siano convinti che sia ovvio che una persona debba essere se stessa, anzi, che non sia necessaria nessuna volontà specifica per esserlo, che sia tutto perfettamente naturale, l’esperienza mi fa invece pensare che sono pochi coloro che effettivamente riescono ad essere se stessi e si comportano come tali.

Essere se stessi quindi per essere felici?La natura funziona basandosi in primo luogo si basa sulla diversità biologica. Ogni essere vivente è diverso dall’altro, perfino due gemelli monozigotici che apparentemente sembrano identici, in realtà hanno delle piccole differenze, come nelle impronte digitali o qualche neo sulla pelle, crescendo poi le differenze si fanno più marcate, se un estraneo non riesce a riconoscerli da bambini, da adulti sarà decisamente più semplice, il motivo è insito nell’essere se stessi. Sappiamo però che l’evoluzione della natura è stata resa possibile proprio dalla diversità, perché queste hanno consentito di creare una moltitudine di combinazioni differenti le une dalle altre, e tra queste quelle favorevoli al progresso. Dimenticatevi che siamo tutti uguali, con uguali diritti, uguali doveri, siamo invece tutti diversi.

Il futuro di ciascuno di noi sarà diverso da quello del nostro fratello o sorella, oppure dal più caro amico o compagno. Un differente patrimonio genetico determinerà un diverso carattere psicologico e anche un distinto percorso di salute. Diversi caratteri comportano differenti reazioni alle stesse situazioni ambientali e alle relazioni personali, quindi percorsi di vita anche molto diversi. La nostra felicità dunque non dipenderà più solo dalle situazioni ma anche dallla conoscenza delle nostre potenzialità, dalla capacità di sapersi sentire felici anche e solo con un piccolo gesto, un piccolo e insignificante evento che a altri potrebbe anche sembrare banale, futile, insulso, mediocre, scialbo, irrilevante, trascurabile.
L’esperienza comune evidenzia come, quasi in tutti i casi, due fratelli nonostante siano vissuti nello stesso ambiente ed avendo avuto un patrimonio genetico molto simile hanno in pratica due caratteri diversi e di conseguenze due diverse vite. Stando così le cose è inutile osservare gli altri, per capire come possiamo essere felici, dobbiamo invece studiare noi stessi, e scendere in profondità, più a fondo possibile, senza lasciarsi influenzare dai consigli degli altri.

Il mestiere di un genitore è il più arduo e difficile che ci sia, rientra nei suoi compiti anche educare i propri figli alla ricerca della felicità. Si vive per vivere, se questa vita è anche felice probabilmente si vivrà meglio, anche più a lungo, un figlio va quindi aiutato a cercare la propria felicità, senza influenzarlo e senza obbligarlo a percorrere la strada più gradita o più conveniente per l’interesse della famiglia. La psicologia ci fornisce molti strumenti che possono aiutare ad individuare la propria personalità e le caratteristiche attitudinali, usiamoli. Le crisi adolescenziali sono spesso causate dallo scontro, a livello inconscio, tra due forze. La forza dell’educazione dei genitori basata sulla loro pluriennale esperienza, consiglia le cose più opportune da fare, e la forza inconscia, ancora non repressa o plasmata, del ragazzo che si scatena per diventare come vorrebbe essere. Se il ragazzo soccombe alle insistenze e alla volontà dei genitori ne risulta un carattere represso, disadattato, soggetto alle nevrosi, infelice. Diversamente se riesce a far emergere la propria individualità sarà comunque felice e soddisfatto in qualsiasi situazione si venga a trovare, perchè sarà una propria scelta e comunque accettata senza tante recriminazioni. In questo modo troverà il suo status di felicità anche nelle piccole cose senza il bisogno di cercarla nelle grandi sfide che la vita gli presenterà.

Occorre individuare e potenziare le attitudini positive e cercare di ridurre, o almeno tenere sotto controllo i difetti del carattere. In ogni modo, già il fatto di conoscere e accettare i propri difetti è già un gran passo avanti, perchè permette di tenerli sotto controllo. Vivere o comportarsi senza rispettare l’armonia della propria personalità significa andare contro la propria natura, e di conseguenza l’infelicità ci aspetta al varco.

Consiglio di non basare una relazione sperando di cambiare, in futuro, il carattere del compagno, o della compagna, perchè solitamente questo è molto difficile, dovreste essere invece pronti ad accettarli così come sono. Si può ottenere qualche piccolo miglioramento nell’aspetto e nel comportamento, ma fondamentalmente si rimane sempre uguali. Nel mondo sono presenti tutti i tipi di personalità, anche le più strane, e senz’altro esiste quella che si adatta alla nostra, qualunque essa sia. E’ necessario avere un po’ di pazienza e perseveranza solo così si raggiunge il primo stadio della felicità, la base necessaria affinché la mente possa recepire con facilità le condizioni che ci portano verso una sensazione di felicità. Sentirsi felici sempre e raggiungere le massime concentrazioni di felicità aiuta a vivere meglio, guardando con serenità al futuro, fosse anche il futuro buio del clochard, sapere che potrebbe esserci un’altra opportunità per un lauto pranzo che soddisfi il suo appetito può essere una ragione per vivere felicemente la propria esistenza, anche se grama, anche se pietosa, anche da poveri.

Vi è mai capitato di vedere un accattone in giro per la città, magari d’inverno, sotto la neve, vestito con quattro stracci, mentre voi tremate dal freddo e vi stringete dentro a un costoso giaccone di piume d’oca? E lui ride, si vede che è contento, che traspare felicità da tutti i pori, ride e voi non capite perchè e magari ve ne uscite col classico «Ma avrà da ridere quello?» oppure «Che ha da esser felice quello che non ha nemmeno gli occhi per piangere?» Ecco la dimostrazione lampante, evidente, apodittica che dico appariscente, chiara e comprensibile, eloquente, certa e inconfutabile che la felicità non è uguale per tutti. Si può anche non aver nulla e essere felici, avere tutto e essere infelici.

La maggior parte della nostra vita trascorre sul posto di lavoro. Cercare e trovare il lavoro più adatto alle nostre caratteristiche attitudinali è quindi fondamentale. Purtroppo spesso si commette l’errore di accettare il primo lavoro che capita. Considerando l’elevato rateo di disoccupazione dei giorni nostri non si può rinunciare a certe occasioni anche perchè di solito non si ripetono. Pochi hanno il coraggio di rinunciare ad un lavoro, certo e ben retribuito, offerto da un amico o tramite raccomandazione, per aspettare un’occasione più adatta. In pratica nessuno ha il coraggio di rinunciare ad un lavoro sicuro per un futuro incerto! Nessuno però considera che quel lavoro potrebbe essere troppo stressante e rendere la vita infelice? Quando si entra in un ciclo di vita, d’amicizie, parenti, figli e coniuge si rimane talmente coinvolti che può risultare molto difficile uscirne. Sarebbe opportuno non entrarci per nulla. Le relazioni umane sono come i legami di una ragnatela che ci legano da tutti i lati, con le persone che ci circondano, le istituzioni ed anche le attività professionali. Questa ragnatela ci sostiene nella vita quotidiana, ma comporta anche un fitto legame che impedisce di allontanarci se cambiamo idea per il nostro futuro. A volte l’incapacità di separarsi da tali legami, ritenuti troppo oppressivi, determina la decisione di chiudere per sempre con una decisione estrema. E così si decide di non vedere più un fratello o una sorella, di chiudere i ponti con la sua famiglia, rinunciando al calore di sentirsi parte della stessa famiglia perchè non si condividono le scelte, gli atteggiamenti, il carattere, la propensione a piantar grane o semplicemente la superficialità, l’opportunismo evidente, la banalità del nostro parente stretto senza capire il male che si fa, l'infelicità che si provoca nell'altro. Forse la nostra potrà anche sembrare felicità ma nella realtà non sarà mai vero. Queste scelte che spesso derivano dall’avventatezza sono causa di un’infelicità nascosta che ci porteremo dietro per tutta la vita, e questo anche se non siamo capaci di ammetterlo pubblicamente, e sicuramente non siamo nemmeno capaci di ammetterlo dichiarandolo a noi stessi. Tutto questo è infelicità!

La soluzione migliore sarebbe quella di programmare la vita quotidiana dedicando almeno un’ora a svolgere quelle attività che soddisfano la propria personalità, lo sport, i giochi, le letture, anche internet ma senza abusarne, il giardinaggio, telefonate agli amici, una bella regata in barca a vela soli o con amici. Spesso il contatto diretto con il mare porta felicità che dura nel tempo, se si affievolisce possiamo ricaricare le batterie per essere pronti nuovamente e affrontare la vita. La stessa attenzione, però, dovrà essere dedicata anche ai nostri conviventi, affinchè anch’essi abbiano le stesse opportunità. Dovremmo essere capaci di favorirla anche se, molto probabilmente, sarà diversa dalla nostra, e andrà in conflitto con le loro vite, con i tempi, con gli impegni. Gli elementi di una famiglia che hanno la possibilità di esprimere se stessi saranno più felici, ottimisti e l’armonia entrerà nella casa. Quando una persona è soddisfatta è in grado di affrontare meglio le avversità della vita e trovare le soluzioni senza cadere nello sconforto. Sei capace, in occasione dei compleanni e delle feste, di fare un regalo che piace veramente a chi lo riceve? Se la risposta è no, significa che non hai ancora risolto la seconda parte del problema, ossia non conosci ancora, o non vuoi accettare, l’essenza delle persone che ti circondano.

Se i regali che ricevi non ti piacciono, può significare tre cose: gli altri non ti amano, tu non ti comporti in modo spontaneo, l’altro non si sta impegnando a far emergere la tua essenza. La ricerca della felicità è sempre personale, quando l’hai trovata condividila con chi ti sta vicino, riuscirai a trasmetterne un pò anche a loro.

Siate felici!

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