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2014/01/30

Morire di solitudine


Di web si può anche morire. Morire di solitudine, morire chiusi in sé stessi. Morire perché non si è più nulla per cui vale a la pena di vivere. Internet per uscire dalla solitudine, Internet per cercare una via d’uscita alla propria esistenza. Tragica ma pur sempre uscita. Così si può scegliere di navigare in rete per cercare l’informazione più adatta al tipo di morte che s’intende scegliere. 

Un uomo ha deciso di utilizzare la rete per cercare, e drammaticamente trovare, il modo migliore per togliersi la vita. La sera del suicidio, è uscito di casa dicendo di andare ad un concerto. Poi è sparito. I genitori hanno cercato invano di rintracciarlo al cellulare e successivamente hanno deciso di controllare al computer la cronologia dei siti internet consultati dal figlio. Tra gli ultimi siti c’erano proprio quelli che spiegano i modi più veloci e indolori per togliersi la vita. Un sito ha rivelato che con il monossido di carbonio poteva morire, senza soffrire. E lui dopo averlo comprato in un ipermercato, si è chiuso in macchina per imbottirsi di farmaci.



Il padre chiese che tutti quanti quei siti che forniscono il prontuario per il provetto suicida venissero immediatamente chiusi. Evidentemente però il dolore spesso cerca giustificazione anche in inutili misure, inadatte ai propri sensi di colpa. Se invece di Internet ogni suicida trovasse l’ascolto vero e sincero delle persone care, la presenza fisica, materiale, calda, di chi si vuole bene, si lascerebbero da parte modem e tastiera, e si andrebbe volentieri a dare due calci a un pallone e alla noia.
Poichè nessuno è un’isola chiusa in se stesso, così anche noi in certi momenti ci sentiamo diminuiti da una foglia che cade. 

Che posso dire... qual è il miglior metodo di suicidio?

Questa è una domanda che sicuramente hanno fatto molte persone che hanno contemplato il suicidio. Ma è la domanda sbagliata! La domanda giusta è: come faccio a fermare il dolore che ho dentro?

Pensare a un metodo di suicidio è un sintomo, molto probabilmente di depressione.

Il suicidio non è mai la risposta giusta.


Ovviamente, se avete intenzione di suicidarvi e siete capitati in questa pagina a tale scopo, quello che vi voglio dire è: parliamone! Parliamo dei miei e dei vostri problemi e cerchiamo insieme una soluzione. Non sto scherzando! sono mesi che ci penso e capisco che anche voi avete pensato e non da oggi  ma da giorni o da mesi e che siete arrivati alla conclusione che non esistano altre vie d'uscita, siatene certi non è così! Eppure quella del sucidio continua a sembrare la soluzione migliore, per non soccombere sotto il fardello delle responsabilità, delle delusioni, della vita nemica.

E' solo che quando stiamo male e non abbiamo nessuno accanto, non riusciamo a vedere soluzioni! Anche se non le vediamo, le soluzioni ci sono però!



Quindi coraggio, apritevi senza paura. Parliamone a ruota libera. Io e voi, aiutiamoci a vicenda, i vostri motivi non saranno mai banali, sono anche i miei, e per nessuno dovranno esserlo, e nessuno oserà giudicarci, e qualcuno alla fine che vorrà starci vicino lo troveremo. 

Tutti meritano di avere qualcuno accanto, nei momenti disperati della vita. Tutti!!

Il suicida come un vampiro condannato a vivere una maledetta vita eterna. Vivere una non-morte, il senso della esistenza, della non-vita. Nessuno può dare una spiegazione o mostrare una via. Nessuno!
Il suicidio è una disgrazia o una fortuna e la distinzione è data solo da un senso morale che ognuno deve trovare da sé, dal percorso che decide di seguire.

Il più delle volte il suicidio è la conclusione di un vissuto interiore personale, doloroso e dilaniante, in cui frequenti sono i dubbi sul porre in essere o meno il suicidio. In realtà l’occasione è solo un pretesto per trovare delle motivazioni etiche al proprio agire disperato. La morte intesa positivamente. Il suicida è un non-morto. Suggerire delle ragioni impalpabili per vivere in contrapposizione a molte altre reali e concrete per morire, serve solo a provare che il suicida ha ottime ragioni per morire!
Il suicida non è che non conosce le cose belle della vita: le conosce eccome, e le sa apprezzare! Ma non può o non riesce mai a raggiungerle.

Quindi semplicemente riproporre l’esistenza di “motivi validi” per vivere, tutti noti al suicida non fa altro che riprospettare l’esasperazione di un non-vita condannati a non godere di felicità esistenti, ma da sempre irraggiungibili. Neppure spronare il suicida a lottare per ottenere la felicità serve più di tanto: il suicida ha già dato tutto in questo intento ed è quello che è perché ormai è stanco. Un ulteriore sforzo improduttivo, porterebbe comunque a ritornare nei medesimi passi con maggiore decisione.
Una non-vita non può diventare vita solo perché ci si convince che è tale. Come il Male non può essere capovolto in Bene solo preché si è speranzosi che è così.

Una strana e serena gioia, quella del vampiro (suicida) che finalmente si libera di una vita maledetta.

“Allora Sansone invocò l’Eterno e disse: «O Signore, o Eterno ti prego ricordati di me! Dammi forza per questa volta soltanto, o DIO, perché possa vendicarmi con un sol colpo dei Filistei per la perdita dei miei due occhi».” (Giu 16:28)


La porcata della Banca d'Italia

Mercoledì 29 gennaio 2014 è stato approvato dalla Camera un provvedimento che comporta la rivalutazione del valore patrimoniale delle azioni Banca d’Italia. Il provvedimento, dal contenuto un po’ tecnico, non è però troppo difficile da comprendere nella sostanza. Lo diciamo subito con lo stile diretto che ci ha sempre caratterizzato e attirato tanti amici e tanti “amici”: il provvedimento  fatto approvare con urgenza alla Camera è una porcata. Fondamentalmente esso contiene una (legale) truffa contabile a favore dei bilanci di alcune banche del paese e dell'erario, oltre che un sostanziale trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche.

Andiamo per ordine. Per ragioni storiche gli azionisti della Banca d'Italia sono alcuni istituti bancari italiani (più, per il 5,66%, INPS e INAIL). Banche centrali fondate da istituti bancari (pubblici come in Italia o privati come ad esempio negli Stati Uniti) sono storia comune a molti paesi sviluppati. Le quote oggi possedute da Intesa, Unicredit, eccetera sono eredità delle quote originarie delle banche fondatrici di Banca d’Italia.

Tuttavia, in Italia come altrove, le banche centrali  si sono nel corso della storia  emancipate, legalmente e funzionalmente, dagli istituti fondatori. La Banca d'Italia in particolare è un ente di diritto pubblico dal 1936, e tale è rimasta anche dopo la (cosiddetta) privatizzazione delle banche dei primi anni '90. In praticamente tutti i paesi le banche centrali hanno il monopolio della creazione della moneta, il che fornisce loro risorse reali denominate per motivi storici con il termine pittoresco "signoraggio". Francesco Lippi ha spiegato qui, poco tempo fa, come funzioni, quindi non ci dilunghiamo.

Fino ad oggi, il valore nominale delle quote societarie della Banca d’Italia è rimasto arbitrario, non essendo tali quote commerciabili. Per far sì che la maggior parte degli introiti da signoraggio restasse al Tesoro (com'è doveroso, dato che le banche centrali hanno il monopolio della produzione di moneta solo esse producono signoraggio) questo valore nominale è stato mantenuto a soli 156.000 euro e è stato posto un limite ai dividendi pagabili ai "soci" fondatori (non più di 4% delle riserve).  La politica di distribuzione dei dividendi è sempre stata, giustamente, molto prudenziale; e quindi alle banche, come dividendi, andavano pochi spiccioli. La lista degli azionisti e l'ammontare esatto delle quote si trova qui. Anche il controllo della governance della Banca d’Italia è di fatto e sostanzialmente lasciato a Tesoro e Parlamento: i “soci”, anche se partecipano formalmente a definire i soggetti che controllano e vigilano sulla gestione amministrativa della banca, non hanno voce in capitolo nella definizione delle funzioni istituzionali della Banca. 

Insomma, i “soci” fondatori di Banca d’Italia a oggi non sono che un residuo storico: non hanno controllo della banca, non possono commerciare le proprie quote e da esse ricevono dividendi minimi ed indipendenti dagli introiti da signoraggio, che vanno invece (giustamente) al Tesoro. I soci hanno invece il privilegio di nominare qualche amico a sedere in qualche poltrona (il consiglio superiore, il collegio dei sindaci) per svolgere compiti di consulenza e controllo certamente importanti oltre che remunerative. Lo fanno, facciamolo notare visto che ci siamo, con procedure poco trasparenti e completamente estranee al processo democratico che dovrebbe invece caratterizzare una funzione pubblica di tale importanza. Se di riforma si voleva parlare, forse si poteva cominciare da lì. 

E invece, a seguito del provvedimento approvato ieri alla Camera, altre cose cambieranno. E cambieranno in peggio.  

1. Innanzitutto il valore delle quote azionarie passa a 7,5 miliardi di euro. Questa ricapitalizzazione avviene a fronte delle riserve statutarie della Banca che sono abbondanti. Al 31/12/2012 il patrimonio netto (capitale+riserve) della Banca d'Italia ammontava a circa 23 miliardi di euro. Da un punto di vista sostanziale questo patrimonio è pubblico e appartiene al Tesoro, perché è stato accumulato grazie al potere di monopolio fornito dalla legge all'emissore di moneta, non attraverso l'attività  e gli investimenti dei soci, come avverrebbe per una qualsiasi azienda privata. Il valore delle quote è arbitrario, come dicevamo, e quindi la ricapitalizzazione è nella sostanza un trasferimento dal Tesoro alle banche che detengono le quote. Questo trasferimento non ha alcuna contropartita diretta per il Tesoro ma è per le banche puramente contabile, cioé può essere contabilizzato a bilancio ma non comporta in sé trasferimento di attività né di liquidi.

Ma secondo la BCE, "in conseguenza all’operazione di ricapitalizzazione autorizzata dal decreto legge, le quote devono essere registrate nei conti patrimoniali degli azionisti nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione al valore precedente l’operazione". Le plusvalenze sulle quote andranno quindi a concorrere pienamente al common equity tier 1, indicatore utilizzato ai fini del calcolo degli indici di patrimonializzazione secondo la normativa di vigilanza bancaria. Il trasferimento quindi, anche se solo contabile, ha il vantaggio di far apparire le banche maggiormente capitalizzate ai fini degli stress test previsti in occasione dell’Unione Bancaria in sede BCE.

2. Le quote sono rese trasferibili, si dice, al fine di permettere ai soci di rispettare un limite massimo del 3% per la quota di partecipazione. Essendo trasferibili il loro valore non è più arbitrario ma determinato dal mercato. Semplificando, il valore delle quote di Banca d'Italia sarebbe il valore scontato dei dividendi previsti futuri (è una approssimazione, ma serve per fornire almeno un'ordine di grandezza per valutare quanto valga il trasferimento). Se la Banca d'Italia non pagasse dividendi il valore di mercato delle quote sarebbe nullo e l'operazione sarebbe unicamente contabile come si diceva sopra; un'operazione comunque molto conveniente per le banche interessate. Se invece la Banca d'Italia iniziasse a pagare dividendi tutti gli anni sul nuovo capitale, il tasso a cui scontare tali dividendi dovrebbe essere un tasso privo della componente di rischio, perché è ragionevole che tale sia un investimento nell'istituto di emissione, diciamo 1-2%. Quindi se la Banca pagasse l'1-2% in dividendi il suo valore di mercato sarebbe approssimativamente quello determinato arbitrariamente dal legislatore, 7,5 miliardi. In questo caso l'operazione comporterebbe un trasferimento sostanziale, non solo contabile, di 7,5 miliardi alle banche, tramite una serie di dividendi futuri che non sono, in alcun senso, dovuti. Anzi, son regalati perché vengono dal signoraggio e Intesa o Unicredit con il signoraggio non c'entrano proprio! Se i dividendi fosseri maggiori, in aspettativa le quote della banca potrebbero avere sul mercato un valore addirittura maggiore. 

Per agevolare tale processo di ricomposizione dell'azionariato, la Banca d'Italia ha facoltà di riacquistare temporaneamente le quote. In questo caso la Banca d’Italia (il Tesoro in ultima istanza) trasferirebbe sostanzialmente, non solo contabilmente, liquidità alle banche oggi proprietarie in cambio di quote azionarie. In altre parole, il Governo/Tesoro prima rivaluta contabilmente le quote delle banche in Banca d'italia e poi se le ricompra al nuovo elevatissimo prezzo perché altrimenti la Banca d'Italia perderebbe indipendenza (che non è vero perché i soci contano poco o nulla, come abbiamo visto). Chiaro? Limpido, Recoaro! Si noti che il trasferimento sostanziale dal Governo/Tesoro non necessita dell'atto di ricomprare le quote, che potrebbe avvenire come no, ma sta invece nei dividendi che la banca pagherà in futuro, da cui il valore delle quote in effetti dipende. La trasferibilità delle quote rende il il trasferimento liquido per le banche, che possono vendere le quote invece che aspettare il flusso annuale di dividendi, ma l'ammontare del trasferimento dipende dai dividendi. Come dicevamo, con dividendi dell'1-2%, il trasferimento sarebbe di 7,5 miliardi. Più alti i dividendi, più alto il trasferimento. 

3. Le quote riceveranno una remunerazione massima pari al 6% del loro (nuovo) valore nominale, portando il valore dei dividendi distribuiti ad un massimo di 450 milioni di euro (contro i 70 milioni di utile attribuiti nel 2012). Il 6% è un dividendo folle, per un investimento senza rischio. 70 milioni sarebbero circa l'1%, molto più appropriato. Si noti però che se 70 milioni l'anno di dividendi sono un "regalo" alle banche (che hanno investito un capitale minimo un secolo e passa fa e che, soprattutto, non contribuiscono affatto a generare i rendimenti che vengono dal signoraggio), questo provvedimento comporta un regalo aggiuntivo, a parte la questione della liquidità, solo nella misura in cui i dividendi effettivi aumentino in futuro rispetto a quelli che erano previsti prima che fosse approvato il provvedimento. È difficile dirsi se questo sia il caso, visto che sia precedentemente che ora la legge fissa solo un tetto massimo ai rendimenti. In altre parole: i dividendi futuri saranno lasciati alla discrezione del governatore e del direttorio, ossia sarà una decisione politica da prendere ogni anno. Sussidiamo banche private con i proventi del signoraggio o no? Non sappiamo chi si sia inventato questa cosa ma ci chiediamo se davvero Ignazio Visco possa condividere un'idea del genere. Come è possibile accettare che un governatore debba essere posto, dalla legge, nella situazione di chiedersi, ogni anno, se deve o meno sussidiare banche private usando i proventi del signoraggio? Una porcata del genere farebbe bestemmiare qualsiasi economista degno di tale titolo. Perché Visco non dice nulla?

 4. La ricapitalizzazione sarà tassata come plusvalenza e genererà quindi introiti fiscali per il governo. In questo modo l’operazione si configura come una trasferimento contabile indiretto dalla Banca d’Italia al Tesoro - in altre parole, una parte del patrimonio della Banca, che appartiene al Tesoro ma è fuori bilancio, verrà contabilizzato tra le entrate fiscali. Si parla di 1-1,5 miliardi di euro. Lo stesso per la tassazione sugli aumentati dividendi che le banche socie percepiranno a seguito della ricapitalizzazione delle quote. Un'operazione certamente dal sapore piuttosto sgradevole: un paese che mette le mani nel patrimonio della banca centrale per risolvere problemi fiscali è un paese arrivato a raschiare il fondo del barile. 

Come abbiamo detto la ricapitalizzazione è arbitraria. Ma vale la pena notare quanto grande sia. Per dare un'idea, se un capitale iniziale di 156mila euro del 1936 avesse avuto un rendimento del 6% per 78 anni, e se non fossero stati distribuiti dividendi (che invece son stati distribuiti), oggi varrebbe 14,7 milioni, cioé circa un cinquecentesimo della valutazione imposta dalla riforma. Quindi, o la rivalutazione è eccessiva, o la banca ha avuto un rendimento molto più alto. Vale la seconda: il rendimento è certamente molto più alto; non per l'acume strategico dei soci, ma perché la banca svolge un ruolo pubblico insostituibile ed in regime di monopolio concesso dallo stato, ed è dunque giusto che i rendimenti da essa conseguiti rimangano alla collettività come è stato per quasi 80 anni. Qui invece si prevede di distribuire ai soci attuali e futuri l'1% (se si rimane alle cifre attuali), o addirittura fino al 6% calcolati su un capitale enormemente più alto rispetto a quello effettivamente investito.  

Da un altro punto di vista, un'azienda che distribuisce 70 milioni l'anno (o più) di utili senza rischio per l'investitore corrispondono certo ad un capitale di circa 7,5 miliardi. Ma perché si dovrebbe continuare a distribuire 70 milioni l'anno a chi non ha mai investito nell'azienda, salvo qualche bruscolino 80 anni fa?

Il provvedimento prende almeno tre piccioni con una fava: le banche si ricapitalizzano semplicemente con un tratto di penna; riceveranno trasferimenti monetari, almeno potenzialmente, tramite maggiori dividendi oltretutto immediatamente liquidabili; per un anno il governo riceve in cambio un introito tramite la tassazione delle plusvalenze. Il relatore per la maggioranza, on Marco Causi (PD) non prova nessuna vergogna a ammettere che l'operazione serve a coprire i mancati introiti dell'abolizione dell'IMU. 

Spiace che il Movimento 5 Stelle abbia avuto il monopolio o quasi dell'ostruzionismo parlamentare. Purtroppo chi spesso straparla tende a non essere preso sul serio; e chi protesta su tutto ogni tanto ne azzecca una, e questa è una di quelle volte. I "compagni" del PD che difendono a spada tratta il provvedimento sui social networks farebbero meglio a riflettere prima di parlare. O forse no, forse hanno riflettuto e si son detti: anche la "nostra" banca ci guadagna ed a Siena saranno contenti. Vero, Matteo Renzi?

Lasciamo ai lettori un giudizio sulla note rilasciata ieri  dal Tesoro:

Nessun regalo alle banche. Nel corso del dibattito parlamentare svoltosi negli ultimi giorni alla Camera dei Deputati per la conversione in legge del decreto Imu-Bankitalia la polemica politica ha spesso preso il sopravvento sulla realtà dei fatti così che alcuni interventi hanno prospettato effetti del provvedimento del tutto fantasiosi e infondati.

Questa dichiarazione è eccessivamente protezionistica, protegge l'operato del Parlamento a scapito dei diritti degli italiani ma, principalmente, è essenziale per riconoscere i segni e dettami di una dittatura, in corso, senza colpo di Stato cruento.
Siamo nelle mani di una casta di criminali che stanno svendendo l'Italia al peggiore offerente e noi nemmeno proviamo a ribellarci.

E quando le rivedremo le stelle?

fonte

2014/01/28

Italiani dimenticati


Italiani, popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori. È la parte rimasta più famosa di un discorso che Benito Mussolini pronunciò il 2 ottobre 1935 contro la condanna all’Italia, da parte delle Nazioni Unite, per l’aggressione all’Abissinia. Questa stessa citazione campeggia sulle quattro facciate del Palazzo della Civiltà Italiana, o della Civiltà del Lavoro, uno splendido edificio che si trova a Roma nel quartiere dell’EUR.

Ormai quasi tutto è andato perduto. Siamo ancora artisti, navigatori e in parte colonizzatori moderni che portano conoscenza e tecnologia, cultura e sapere non portano via nulla alle popolazioni che visitiamo. Siamo ancora trasmigatori, e navigatori e una versione moderna possiamo identificarla nel nostro mitico Soldini, velista di fama e valore oltre che di coraggio. I nostri poeti muoiono uno a uno e non si vede quel ricambio generazionale che pure accompagna le altre arti. 

Santi lo siamo ancora, e aggiungo eroi per forza, solo in questo modo si spiega la stoica resistenza del popolo italico ai sopprusi della casta politica, che pure egli stesso ha eletto. Siamo un popolo di italiani colonizzatori e dimenticati. Già da anni i politici nostrani hanno dimostrato di voler e poter poco nei confronti degli italiani che vivono per scelta o necessità all'estero.

Eppure se ne dovrebbero preoccupare, perché gli aventi diritto, al voto naturalmente, sono almeno 3 milioni a cui si vanno o andrebbero aggiunti tutti quei figli di emigranti nati all'estero ma con passaporto italiano. In questo caso il numero tenderebbe a salire sfiorando i sei milioni, se poi vogliamo andare più a fondo il numero potrebbe ancora lievitare. E' perfino evidente che noi non siamo piu' un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori.

Mi domando quindi per quale ragione i politici nostrani mostrano di voler costantemente dimenticare gli italiani che vivono lontani dall'italica penisola. La riforma elettorale di Renzi e Berlusconi non si pone nemmeno più il problema dell’elezione di deputati all’estero (semplicemente ignorati) il che – fino a prova contraria – sarebbe ancora oggi un dettato costituzionale. L’omissione-gaffe è la prova di quanto poco i politici italiani considerano il mondo dei milioni di italiani all’estero e ovviamente non considerino minimamente l’importanza potenziale della loro esistenza.

D'altronde una legge finanziaria che taglia ancora una volta i fondi a un  Ministero degli Esteri che percentualmente ha già il più basso indice di spesa dell’Unione Europea lo conferma. Spendiamo meno in percentuale e somma assoluta della Gran Bretagna, della Germania, della Francia, della Spagna, i Comites non vengono più rinnovati da anni… Non si investe all’estero perché non ci si crede, non si sa, non ci si pensa. Eppure quei milioni di italiani rappresentano una Nazione non solo per nuovi o antichi legami con la propria terra ma per la cultura, la lingua, l’economia: una grande risorsa umana 
disprezzata e dimenticata. 

Dalle trasmissioni RAI per l’estero che sono troppo spesso un’accozzaglia di stupidate (oltre ai TG debitamente centrati su Rai 3 e su trasmissioni di chiara parte politica, presentatori e presentatrici di sinistra comprese…) ai tagli per gli Istituti di cultura, le ambasciate, i consolati, i patronati, le scuole, la Dante Alighieri… Certo che qualche spreco ci poteva anche essere, ma da anni ormai si taglia e non si investe più nulla con il risultato di aver creato il deserto. 


2014/01/18

ITALIA verso il default, a spingerci Francia e Germania

In 24 ore due pesi massimi dell'economia sono andati all'attacco delle banche tedesche che sarebbero agevolate dalle nuove riforme in sede europea (Unione bancaria, Basilea III) . Ieri Marco Onado ha detto a Radio24: «Più passa il tempo e più il potere di lobbying delle banche va consolidandosi» con un riferimento più che implicito anche al limite del 3% sul capitale ipotizzato dalle bozze in discussione sulle normative sui vincoli di bilancio, che potenzia la leva finanziaria e difatto favorisce in particolare le banche tedesche che, tra quelle europee, sono le più esposte alla leva finanziaria. Non a caso, negli ultimi giorni sono state proprio le banche tedesche a correre di più in Borsa.

Gli ha fatto eco oggi l'economista Luigi Zingales, in un'audizione alla Commissione Finanze del Senato sul dl Imu-Bankitalia: «Le banche tedesche hanno oggi maggior solvibilità delle italiane perché lo Stato ha trasferito loro un grosso ammontare di risorse specialmente alle Landensbank piene di titoli tossici statunitensi all'indomani della crisi, con un meccanismo che la Germania ha invece contrastato negli altri paesi Ue».

La prima cosa da è combattere, secondo Zingales è questa situazione «di due pesi e due misure» con un'Unione bancaria che sia «uguale per tutti».

«La legge "no bailout" dei tedeschi, di fronte alle difficoltà proprie cambia - sottolinea il professore della Chicago Booth School of Business - in un mondo in cui le banche hanno implicitamente un supporto pubblico e gli Stati ricchi hanno banche solide e quelli poveri non se lo possono permettere». Questo atteggiamento, per l'economista «dà un vantaggio competitivo alle loro banche che poi si trasmette in un vantaggio competitivo a livello europeo, con conseguenze estremamente negative sulla nostra crescita economica».

«Oggi l'Unione europea è principalmente franco-tedesca e impone le sue regole al resto del continente con conseguenze devastanti, dal mio punto di vista, nel sud Europa. Il rischio di non cambiare queste regole è quello di avere una meridionalizzazione e desertificazione dell'intera Italia» .

In Grecia emigrano anche medici e ingegneri 

Intanto il quadro sociale e reale in Grecia continua a peggiorare. Il Paese è da 10 mesi consecutivi in deflazione che, unita a un tasso di disoccupazione medio vicino al 30% (oltre 50% quello giovanile) sta spingendo molti lavoratori, tra cui medici e ingegneri, a emigrare soprattutto verso Paesi europei o negli Usa, alla ricerca di maggiori opportunità di lavoro. Come riferisce il quotidiano ateniese To Vima, hanno abbandonato il Paese già decine di migliaia di medici e ingegneri che si sono diretti per lo più negli Stati Uniti, in Germania e in Gran Bretagna. Ma anche diversi Paesi del Medio Oriente hanno registrato un aumento di immigrati dalla Grecia. Il fenomeno della migrazione dai Paesi dell'Europa meridionale è aumentato notevolmente negli ultimi anni con un incremento di provenienze dalla Grecia del 49% novembre 2012 e lo stesso mese del 2013.

In particolare la Gran Bretagna ha registrato un aumento del 16% degli immigrati da altri Stati membri dell'Ue pari a circa 25,000 persone. Il Dipartimento britannico del Lavoro e della Previdenza sociale ha indicato che gli immigrati dalla Grecia sono aumentati del 31% tra il settembre 2012 e lo stesso mese del 2013. Da parte sua, l'istituto di statistica tedesco Destatis ha osservato un aumento del 5,1% negli immigrati mentre la Federazione delle comunità greche del Belgio ha riferito che gli immigrati greci cercano lavoro soprattutto nel settore bancario e della ricerca, ma vi sono anche molti operai.

fonte sole24ore

2014/01/14

10 semplici modi per suicidarsi

In tempi di crisi sono tanti quelli che pensano che farla finita sia la soluzione migliore, chissà quante volte l'avete pensato, magari anche solo per gioco, o per dare un dispiacere ai vostri parenti cari o serpenti che pullulano nella vita di ognuno di noi. 

Tutti noi sappiamo perfettamente che la nostra vita non è un contratto a tempo indeterminato, ha un tempo, flessibile, a volte breve, a volte lungo, dipende dai nostri comportamenti, da quello che mangiamo, come viviamo, lo sport, il lavoro, le donne, le frequentazioni o anche solo la sfortuna. Per porre fine alla propria vita utilizzando le strutture di chi permette l'eutanasia o dolce morte costa, sembrerà un controsenso ma in quel caso bisogna pagare anche per morire.

Se siete genovesi o scozzesi o semplicemente tirchi oppure in bolletta, al verde insomma, non avete altro da scegliere che il "fai da te". Certo, comporta alcune difficoltà, non sarà facile riuscirci ma con un po' di buona volontà raggiungerete il vostro obbiettivo. Se dovesse succedere non dimenticatevi di lasciare un commento sul blog, aiuterete il prossimo, e titubante, candidato nella propria scelta.

Naturalmente nessuno vi vieta di trovarvi uno stile personalizzato e adatto alle vostre esigenze. Ricordatevi che esistono vari modi per porre fine alla propria vita in maniera facile e veloce: sarà sufficiente seguire alla lettera le procedure seguenti. 

Buon divertimento, anzi, buon trapasso.

Prima proposta: il martirio 


Questo metodo è proposto per chi si vuole suicidare il 10 giugno, infatti si ricorda S. Vincenzo Martire. Come non commemorare tale evento con la vostra morte? Il metodo è semplice e di facile esecuzione: tutto sta nel trovare un zoo e il gioco sarà rapidamente fatto. Trovate la gabbia dei leoni, scavalcate il recinto e buttatevi dentro. Strappatevi i vestiti rimanendo completamente nudi e aspettate che le bestie vi smembrino. 

Nota: poiché probabilmente le bestie saranno abituate all'uomo potrebbero rivelarsi poco aggressive. Tale inconveniente potrà essere aggirato cospargendovi con del sangue di mucca che avrete portato con voi. Potrete procurarvene semplicemente strizzandolo dalla carne che comprate dal macellaio e raccoglierne un po' ogni volta in un barattolo, che terrete da parte. 

Seconda proposta: frullato di fragole 


Con il caldo le fragole in questo periodo saranno senz'altro ottime? Perché non utilizzarle per rendere più dolce il vostro trapasso? Preparatevi un bel frullato di fragole di stagione, tagliandole a pezzetti in una brocca e aggiungendo dello zucchero, un po' di latte e del gesso da carpentiere. Bevete il tutto sorseggiando molto lentamente: il gesso, solidificandosi, farà il resto. 

Terza proposta: singing in the rain 

Se siete più tradizionalisti, potete utilizzare il classico metodo del parafulmine: cosa ispira il suicidio più di un possente temporale estivo? Attendete la pioggia, salite sul tetto e smontate l'antenna televisiva (fate attenzione a non perdere l'equilibrio, o cadrete di sotto e rovinerete tutto!). Quindi, tenendola ben ferma sopra la vostra testa passeggiate o correte, aspettando che una bella scarica vi incenerisca. 

Nota: una simpatica variante può essere messa in atto canticchiando "Singing in the Rain", eventualmente appoggiando ogni tanto per terra l'antenna e usandola come palo attorno al quale saltellare. 

Quarta proposta: variante a singing in the rain 


Invece di utilizzare il classico metodo del parafulmine potete sperimentare l'ebbrezza del volo senza ali, in genere funziona se il tetto prescelto è di un palazzo di almeno dieci piani. Attendete la pioggia, salite sul tetto e correte sulle viscide tegole fino a quando perderete l'equilibrio cadendo rovinosamente di sotto e spiaccicandovi sul rude selciato. Se il palazzo prescelto si trova in mezzo a un giardino cambiate palazzo, piante e arbusti potrebbero attutire la caduta e rovinare tutto. 

Quinta proposta: il surgelatore 


E' perfetto quando fa caldo. Quindi quando il caldo conquista inesorabilmente le giornate, non c'è modo migliore per morire che rinchiudervi dentro un frigorifero industriale. Purtroppo questo metodo non è alla portata di tutti: quelli di voi che possiedono un surgelatore in garage o in cantina possono comunque utilizzarlo ottenendo un effetto soddisfacente, per quanto la morte sarà molto meno repentina. Chiudetevi dunque dentro la cella frigorifera (assicurandovi che la temperatura sia almeno al di sotto dei -25 gradi centigradi) e attendete. Potete portare con voi dell'acqua da bere per provare un brivido in più mentre la sentirete congelarsi, sciogliersi e poi congelarsi di nuovo nel vostro corpo man mano che la morte si avvicina. 

Nota: questo metodo è ottimo se i vostri parenti intendono conservare la vostra salma in buono stato per lungo tempo. 

Sesta proposta: trazione integrale 


Un metodo cruento per gli amanti dello spargimento di sangue. Notate che questo metodo è illegale, per cui dovrete programmare il tutto in maniera da non farvi vedere nel vostro preparativo, altrimenti manderete tutto all'aria, potrebbero cercare di fermarvi, anche spararvi, che fine ingloriosa per un suicidia alla ricerca di una fine spettacolare. Procuratevi alcune paia di manette e appostatevi alla stazione. Non appena ve ne capiterà l'occasione, nascondetevi tra due vagoni, sganciateli con gli appositi comandi e legate con le manette i vostri piedi ad uno degli estremi dei due vagoni. Utilizzate altre due paia di manette per legarvi con le mani all'altro vagone e aspettate semplicemente che il capostazione fischi. 

Nota: una variante può essere fatta legandovi alla banchina del porto e a un aliscafo in partenza. O usando un TIR. Date semplicemente sfogo alla vostra fantasia!

Settima proposta: veloci come il vento 

Una simpatica variante può essere messa in atto in un aeroporto. E' di attuazione complicata e faticosa ma il risultato è eccellente e riesce sempre. Dovete recuperare una matassa di cordino d'acciaio, attenzione non il fil di ferro, ma filo intrecciato come quello che si usa per trainare l'auto in panne, solo di un diametro inferiore, 6 o 7 mm sono sufficenti e il peso sarebbe limitato. Prendete ora due paletti e li piantate con una mazzetta nel terreno a bordo pista su entrambi i lati, i paletti devono essere piantati in modo che il cordino resti poi a circa 50 cm dal manto d'asfalto. Attenzione fatelo di notte, quando l'aeroporto è chiuso, in modo da non essere disturbati accertandovi che siate sulla pista di decollo. A ognuno dei paletti fissate il vostro cordino d'acciaio facendo bene attenzione di legarvi un estremità mani e piedi e aspettate pazienti. Il primo aereo che decollerà incapperà con il ruotino anteriore nel vostro cavo steso trasversale alla pista di decollo trascinando il cavo e voi. Se volete un effetto dirompente dovreste legare solo i piedi al cordino e le mani a una struttura fissa lungo la pista, meglio se un bel palo di cemento o la torre del vento. Il metodo è garantito al 100%!!!


Ottava proposta: inoculazioni improprie


Tutto ciò di cui avete bisogno è una siringa, meglio se con un ago bello grosso di quelle che si usano per iniettare il microchip negli animali. Cercate di incannulare una vena bella grossa, meglio se una centrale (o il vaso potrebbe chiudersi lasciandovi a un passo dalla morte). Dopo che avrete fatto ciò, iniettatevi in corpo tutto ciò che vi viene in mente: latte, uova, l'uva sultanina, le crocchette del gatto, il mangine del canarino, marsala, olio, urina... Anche la semplice acqua del rubinetto risulta ottima a causa dello squilibrio elettrolitico e della lisi osmotica che causa nel sangue, quel caso ne dovrete iniettare alcuni litri. 

Nona proposta: disinfezione 


Ancora un metodo semplicissimo, che vi garantisce una morta relativamente lenta e graduale. Basterà procurarsi la confezione del disinfettante a base di cloro della vostra piscina. Apritela e versateci dentro un po' d'acqua, in maniera da lasciare sprigionare i fumi e aspirate a pieni polmoni. In breve causerete una crisi respiratoria. 

Nota: questo metodo non garantisce risultati al 100%. E' più sicuro se utilizzato da asmatici o soggetti allergici. 

Decima proposta: al chiaro di luna 


Questo è un metodo per i più incerti, che sono troppo titubanti per togliersi la vita da soli. Ciò di cui avete bisogno è uno smoking oppure un abito da suora. Indossatelo e fate una passeggiata lungo le strade meno illuminate di vostra conoscenza. 

Nota: non temete per l'incauto guidatore che sarà artefice della vostra morte, poiché sarà facilmente scagionato, del resto siete voi che avete scelto di morire, non lui. Per aiutarlo scrivete un biglietto dove spiegate le vostre intenzioni, meglio due. Uno lo lasciate a casa e l'altro in tasca, hai visto mai che invece di un'auto siete investiti da un TIR con 24 assali e 148 pneumatici, in quel caso non troverebbero certamente il vostro biglietto. Oops, nemmeno voi!


Proposta bonus: bungee jumping


Quando l'estate si avvicina tutti hanno voglia di sport estremi! Provate allora questa innovativa forma di bungee jumping: al posto dell'imbragatura, legatevi la corda elastica al collo e lanciatevi. La morte potrebbe, a sorpresa, sopraggiungere al primo strattone, che vi romperebbe il collo, oppure durante i rimbalzi successivi, per commozione cerebrale e danni al sistema nervoso centrale, o successivamente, per soffocamento.

Nota: Naturalmente ho scherzato, io e voi aspiranti suicidi nonché buontemponi. Volevate morire per davvero? Avete sbagliato blog!

Porre fine alla propria vita per gioco o per convinzione non è mai la soluzione migliore, perché la vita va vissuta intensamente, anche quando tutto va a rotoli, anche se siamo costretti a subire, e mai come ora stiamo subendo e piangendo lacrime amare.

Non vi capisco, né potrò mai capirvi... è un dato di fatto e consentitemi di non essere d'accordo anche se ho scritto quello che ho scritto. Un conto è scrivere e un altro eseguire. E' come pensare, pensare non costa, non ferisce, non offende. Pensare di morire non è morire, ma forse si provano le stesse sensazioni e si libera l'animo. Provate a immaginare solo per un momento, provate curiosità in questo articolo? Siete stati attratti dal titolo o dal testo? Cosa vi porta a credere o pensare che il suicidio sia una soluzione ai vostri problemi piuttosto di una bella storia da leggere e magari farsi due risate insieme agli amici? Esattamente immaginate il significato della parola morte? 

E' chiaro che se siete arrivati fino qui sulla base di una ricerca specifica su un motore di ricerca, allora vuol dire che vi manca un sostegno, un aiuto per risolvere i problemi, non abbiate dunque paura di esternare i vostri pensieri, parlatene con chi vi sta attorno, le vostre paure sono condivise da molti individui come voi, desiderosi di vincere, ribellarsi, andare avanti, costi quel che costi e non arrendersi mai.

La vita? Oooh la vita. Perché la vita non vi incuriosisce? Nella vita non accadano cose curiose e uniche? Lo sapevate, l'avete intuito? e rinunciate a cercarle, potreste scoprire che era quello che cercavate, nella vita, non nella morte. Quella vi attende impietosa, arrivera da sola, quando il momento sarà propizio, perché anticiparla?

Cercate dentro di voi le risposte e siate felici.

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2014/01/11

Lavoro bomba sociale


Le discussioni infinite a proposito della legge elettorale, per quanto indispensabili, rischiano di esasperare gli italiani. Chi ha due figli a casa, che da mesi cercano inutilmente un impiego, non può apprezzare gli esoterismi del sistema spagnolo o le discussioni sul modello tedesco modificato. Imperativamente occorre quest'anno sbloccare il mercato del lavoro. Tutti i partiti, a parole, dicono di rendersene conto. Talvolta sono le parole sbagliate - Jobs Act ! ancora inglese, perché? E soprattutto, quali sono i contenuti? - ma è chiaro: il 41% di disoccupazione giovanile ha smesso d’essere una preoccupazione. È una bomba sociale a orologeria. 

Chiunque abbia provato ad assumere un ragazzo conosce l’odissea cui sono costretti datore di lavoro e lavoratore.

L’apprendistato - il fiore all’occhiello del governo Monti, in Germania la porta d’ingresso al mondo del lavoro - deve passare sotto le forche caudine di dodici (12!) autorizzazioni. Il part time non ha mai preso piede (e molte aziende non lo concedono). I contratti a progetto sono spesso una farsa, che nasconde la totale assenza di un progetto. I contratti a termine riguardano ormai cinque rapporti di lavoro su sei: ma generano quel precariato cronico che sta azzoppando due generazioni. Restano i classici contratti a tempo indeterminato. I neolaureati che entrano così in azienda sono scesi dal 20% del 2004 al 5% del 2012: una percentuale irrisoria.

Perfino lo stage - la cui importanza non dev’essere sottovalutata: nove ragazzi su dieci passano di qui - è stato burocratizzato. La legge 148/2011 prevede che il datore di lavoro sia solo il tutor (sic) di un rapporto tra un’associazione di categoria e lo stagista. I due sono costretti a operare fianco a fianco: la legge ignora che, nel XXI secolo, il lavoro si svolge spesso a distanza e in movimento. Lo stagista, infine, deve pagare imposte sul reddito anche su un compenso di 500 euro mensili. Davvero questo Stato vorace vuole aiutare i ragazzi italiani? È necessario un Codice del Lavoro semplificato, integrato nel Codice Civile, tradotto - quindi, chiaro e traducibile - in inglese, come chiede l’Unione Europea. Un progetto è stato presentato nel 2009 da 54 senatori, e il Senato nel 2010 ha approvato una mozione in tale senso. L’idea è stata lodata da tutti, a destra (Berlusconi), a sinistra (Renzi) e nel sindacato (Uil). Tanto per cambiare, non è accaduto nulla. 

I sindacati devono fare la loro parte. Non possono continuare a difendere i buchi neri delle aziende municipalizzate e, in genere, a proteggere chi è già protetto, ignorando chi è da sempre ignorato: i milioni di lavoratori atipici che si dibattono tra contratti astrusi. Centinaia di norme, infatti, si sono stratificate nel tempo, e oggi la legislazione del lavoro è così complessa da risultare comprensibile solo agli esperti.

La via d’uscita? Esiste, e se n’è parlato. Un contratto unico di ingresso, nessuno inamovibile, ma garanzie crescenti nel tempo, condizionate alla disponibilità del lavoratore alla riqualificazione e alla ricollocazione. Lungo il percorso, un servizio di orientamento professionale, capillare ed efficace. 
Si può fare, il governo Letta ha la sua grande occasione. Gli inglesi, anche grazie al nudging (incoraggiamento individuale), ci stanno riuscendo. Noi italiani non siamo né più pigri né più stupidi. Siamo solo legati. E come i contorsionisti del circo, in questo modo, stiamo affondando. 

Ma i contorsionisti, alla fine, si liberano e riemergono. 
Noi rischiamo di restare, malinconicamente, sul fondo. 

fonte

2014/01/09

La Vita e oltre...

La vita risponde alla legge non scritta di causa-effetto, ogni effetto deve avere una causa, non può sorgere dal niente. Non per niente fu espressa la legge della conservazione della massa "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" di Antoine Lavoisier, la vita non nasce dal nulla, va oltre questo concetto.

Quando noi vediamo una pianta sappiamo che è nata da un seme, sappiamo che non è sorta dal nulla e la logica ci dice che così è per tutte le cose, anche se a volte questo nesso causale ci sfugge, perché non è così ovvio. Nel '600 i naturalisti dell'epoca erano convinti che i pesci e tutti gli animali inferiori nascessero dal fango inanimato, cioè dal nulla. Se uno sosteneva il contrario veniva bruciato sul rogo, ci vollero due secoli per dimostrare la vera causa e cioè che la vita nasce dalla vita e non dal nulla. Oggi sono ancora in molti a credere che l'anima nasca insieme al corpo e che nasca con tutte le sue caratteristiche personali dal nulla, cioè senza nessun passato o causa precedente. Lo spirito è il prodotto di tutto il suo percorso passato.

Tutto quello che ci accade è per una ragione precisa. Non esistono errori. Non esiste il caso. Non esistono capricci divini. Il motivo risiede in qualcosa che abbiamo fatto in precedenza, o in questa vita o in qualcuna delle precedenti esistenze terrene. E non ci accade per punizione, ma per darci la possibilità di cambiare e migliorare, ossia di evolverci. E siamo noi stessi ad aver scelto le nostre prove, ben prima di nascere, proprio per questa finalità. In realtà, subiamo tanti condizionamenti da chi ci circonda, spesso senza neanche accorgercene, ma la scelta è sempre e solo nostra.

Ogni qual volta una persona ci fa del male siamo noi ad aver creato quella situazione e quella persona, inconsapevolmente, ci sta in realtà regalando l’opportunità di cambiare, di vincere il nostro orgoglio, i nostri cattivi sentimenti. Se noi reagiamo male abbiamo fallito la prova, la prova che noi stessi ci siamo messi davanti, abbiamo sprecato un’opportunità per evolverci. La prova dipende esclusivamente da noi, la responsabilità è sempre e solo nostra se vogliamo o non vogliamo cambiare, sbagliamo se ce la prendiamo con chiunque altro.

Ogni qual volta noi soffriamo per un qualunque motivo è perché non abbiamo compreso qualcosa e la sofferenza è l’ultimo rimedio che ci viene dato quando non vogliamo proprio capire la lezione, data la nostra incapacità di non averla voluta capire con “le buone”.

L’esistenza terrena è esattamente una scuola, un corso di studi, il mondo è una palestra dove ciascuno viene per imparare, fare esperienze, evolversi. Quasi sempre, sono le esperienze più dure e difficili, quelle che ci fanno soffrire di più, proprio quelle da cui impariamo di più, quelle che ci fanno cambiare maggiormente. Quando tutto è rose e fiori, quando tutto è facile e in discesa allora è molto difficile che una persona si sforzi di cambiare, è probabile anzi che si divenga viziati, proprio come le persone che hanno tutto, il vizio le rende peggiori, non migliori. Quando invece una persona nasce in mezzo alle difficoltà è costretta a rimboccarsi le maniche e a migliorare. Ecco perché gli individui, quando pianificano programma del loro viaggio terreno, prima di incarnarsi, scelgono spesso vite difficili e piene di ostacoli, altrimenti sarebbe una passeggiata, è probabile che si finisca con il non imparare nulla e questo viaggio sia inutile e che debba essere ripetuto. Paradossalmente la prova più difficile è proprio quella di chi ha tutto, perché è rarissimo che si resista alle forti tentazioni del vizio e si diventi una persona semplice, con grande umanità e altruismo.

2014/01/07

Il paradosso di Fermi


Il paradosso di Fermi è un paradosso che si dice sia stato proposto dal fisico Enrico Fermi nel contesto della probabilità di contattare forme di vita intelligente extraterrestre.

Il paradosso si riassume solitamente nella domanda "Dove sono tutti quanti? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali?". Estremizzando la questione, il problema diventa se noi esseri umani siamo la sola civiltà tecnologicamente avanzata dell'Universo. Questo problema viene usualmente posto come monito alle stime più ottimistiche dell'equazione di Drake, che proporrebbero un universo ricco di pianeti con civiltà avanzate, in grado di stabilire comunicazioni radio, inviare sonde o colonizzare altri mondi.

La situazione paradossale è dovuta al contrasto tra la sensazione, da molti condivisa e supportata da stime del tipo di quella di Drake, che noi non siamo soli nell'universo e il fatto che i dati osservativi contrastino con questa sensazione. Ne deriva che la nostra osservazione o comprensione dei dati deve essere errata o incompleta.

Nel 1950, mentre lavorava nei laboratori di Los Alamos, Enrico Fermi prese parte a una conversazione con alcuni colleghi, tra cui Edward Teller, mentre questi si recavano a pranzo. La conversazione verteva su un recente avvistamento di UFO riportato dalla stampa, su cui ironizzava una vignetta satirica. La conversazione si protrasse su vari argomenti correlati, finché improvvisamente, durante il pranzo, Fermi non esclamò "Where are they?" (trad. "Dove sono?").

Possibili soluzioni (qui ne elenco qualcuna, per altre ipotesi rimando alla lettura di "If the Universe is Teeming with Aliens...Where is everybody?" di Stephen Webb)

Siamo soli

La soluzione più semplice è che la probabilità che la vita si evolva spontaneamente nell'universo e si evolva fino a produrre una civiltà evoluta sia estremamente bassa.

Molti sono gli elementi contemporaneamente necessari perché la vita come la intendiamo noi, basata sul carbonio, possa evolversi su un pianeta. Fattori astronomici, come la posizione all'interno della galassia, l'orbita percorsa dal pianeta intorno alla sua stella centrale e la tipologia di quest'ultima, la sua ellitticità e l'inclinazione dell'orbita, nonché la presenza di satelliti naturali delle caratteristiche della Luna, sono tutti fattori determinanti alla predisposizione alla vita. L'attuale nascita della vita, lo sviluppo di forme di vita intelligente e quindi di civiltà richiede che molte altre coincidenze siano verificate. Gli studi sul nostro Sistema Solare sembrano confermare l'eccezionalità della vita sulla Terra.

Questa tesi può essere contestata sostenendo che la vita non debba necessariamente essere come la osserviamo sulla Terra, ma possa evolversi in condizioni differenti, e che non debba necessariamente basarsi sul carbonio. Molta dell'incertezza deriva dal fatto che i meccanismi che portano alla nascita della vita sono ignoti e quindi è molto difficile, se non impossibile, stimarne la probabilità. Tuttavia l'occorrenza della vita è ritenuta un evento poco probabile anche da parte di alcuni sostenitori dell'esistenza di civiltà aliene; per scavalcare questo problema costoro hanno formulato l'ipotesi della panspermia, la quale sostiene che la vita possa diffondersi facilmente attraverso l'universo o addirittura, nella forma sostenuta da Francis Crick, che possa essere deliberatamente diffusa da civiltà tecnologicamente evolute.

Le civiltà evolute hanno breve durata

Un parametro dell'equazione di Drake è la durata media delle civiltà tecnologicamente evolute. Drake stimò una durata di 10.000 anni (da quando ha iniziato a poter comunicare con onde radio).

Le cause della scomparsa di una civiltà possono essere sia naturali che culturali. Se una civiltà tende naturalmente a annientarsi, è solo questione di tempo perché inventi i mezzi necessari. L'unico dato osservativo disponibile è che la nostra civiltà dispone da decenni dei mezzi necessari, ma per ora è sopravvissuta. Anche in questo caso è difficile dire quanto la lotta gerarchica, l'aggressività, e l'autoritarismo, elementi del militarismo, siano prerogative della razza umana o siano costanti universali intrinsecamente legate all'evoluzione o all'organizzazione politica degli individui intelligenti. Si consideri che non è necessaria una distruzione totale della specie, ma è sufficiente una involuzione a livelli primitivi dei sopravvissuti per sottrarre la civiltà alla lista di quelle in grado di comunicare. Anche eventi catastrofici di tipo naturale possono considerarsi come gravi pericoli per un pianeta vivo: l'impatto di una cometa, di un asteroide, l'eruzione di un supervulcano o l'alterazione delle condizioni climatiche sono tutte minacce alla vita sulla Terra. Sappiamo che la Terra è stata più volte bersaglio di eventi catastrofici, che hanno causato diverse estinzioni di massa (la più nota nell'opinione pubblica è quella dei dinosauri). Eventi di questo tipo sarebbero prevedibili da una civiltà anche più arretrata della nostra, ma difficilmente rimediabili o prevenibili.

Il problema con questa tesi è che non esiste un campione statisticamente valido con cui poter stimare il parametro di durata media di una civiltà tecnologicamente evoluta. Infatti estrapolare tale valore dalle informazioni relative alla nostra esistenza, oltre a non essere statisticamente sensato, vizia il risultato con un effetto di selezione.

Piccola parentesi per i fumettologi: questa tesi è stata anche sostenuta nei fumetti della serie Marvel Ultimate, in cui Reed Richards, membro dei Fantastici 4, sostiene che le civiltà aliene si estinguano a causa dell'arrivo di Galactus (Gah Lak Tus), se non erro nella saga Ultimate Nightmare oppure in Ultimate Secret.

Esistono ma sono troppo lontane

L'universo è estremamente vasto. Prendendo come riferimento la velocità della luce, essa impiega oltre 2 milioni di anni solo per arrivare alla galassia più vicina. È dunque possibile che esistano diverse civiltà evolute e desiderose di comunicare, ma isolate dalle enormi distanze intergalattiche. Questa soluzione però implica che probabilmente siamo soli nella nostra galassia, in contrasto con le stime meno pessimistiche dell'equazione di Drake, che ipotizza l'esistenza di 600 civiltà evolute. Una forma corretta di questa tesi afferma che le civiltà aliene sono attualmente troppo lontane, ovvero che esistono civiltà relativamente vicine, ma che non hanno ancora intrapreso o hanno intrapreso da poco esplorazioni o comunicazioni spaziali.

Ma anche questa ipotesi non è del tutto soddisfacente: infatti se il principio di mediocrità deve essere applicato per postulare l'esistenza di altre razze aliene, deve essere applicato anche per scartare posizioni temporali speciali nella storia della galassia, come sarebbe quella dell'inizio della colonizzazione galattica.

Esistono ma non comunicano o non vogliono comunicare

Ancora più complesso è ipotizzare quale sia la probabilità che una prima forma di vita biologica possa evolversi fino a creare una specie autocosciente e desiderosa di comunicare. È possibile che nell'universo esistano molti corpi celesti ospitanti una forma di vita, ma su pochissimi questa si sia evoluta in una civiltà tecnologica. Inoltre anche se una civiltà sviluppa i mezzi adatti, non è detto che abbia l'idea o il desiderio di cercare di comunicare con altri mondi, magari o perché non ci considerano degni (potrebbero considerare la nostra una civiltà troppo guerrafondaia che mal reagirebbe a un contatto con loro) o hanno paura di noi o comunque perché forse pensano che un contatto diretto possa nuocere a noi o a loro o semplicemente non hanno mai sviluppato l'idea dell'esistenza di altre civiltà con cui comunicare.

Tuttavia concepire una razza aliena come un'unica entità non è soddisfacente: se pure la civiltà o razza aliena nel suo complesso fosse disinteressata, timorosa o non desiderosa di comunicare con altre civiltà, ciò non preclude che al suo interno debbano esistere individui o gruppi di individui che siano desiderosi o interessati a comunicare.

Non siamo in grado di ricevere le loro comunicazioni

Tutti i nostri attuali tentativi di inviare o ricevere comunicazioni con altri mondi si sono basati sull'utilizzo di onde elettromagnetiche. Così come prima dell'epoca di Guglielmo Marconi non avremmo neppure immaginato di usare questo mezzo, così potremmo non essere neppure in grado di immaginare le tecniche usate da civiltà radicalmente diverse dalla nostra. Alcune tecnologie teorizzate potrebbero essere basate sui neutrini, le onde gravitazionali o la correlazione quantistica. Vi è da aggiungere che tali tecnologie di comunicazioni teorizzate sono molto opinabili sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, in particolare utilizzare la correlazione quantistica per trasmettere informazioni contrasta con un ben assodato teorema della meccanica quantistica. La trasmissione mediante onde gravitazionali o neutrini, non pone obiezioni di carattere teorico, ma richiederebbe delle civiltà con a disposizione una quantità di energia paragonabile a quella contenuta in larga parte dell'Universo. Attualmente vi sono in funzione in alcuni laboratori rivelatori di neutrini e di onde gravitazionali in grado di misurare tali ipotetici segnali se particolarmente intensi. Si può comunque ipotizzare che una civiltà attraversi diverse fasi di evoluzione tecnologica, passando anche per le relativamente facili onde elettromagnetiche. È ragionevole ritenere che scienziati di questa civiltà siano in grado comunque di ricevere e decodificare segnali radio, anche se per loro ormai obsoleti.

Rimanendo nel campo delle onde radio dobbiamo tenere in considerazione il problema della velocità della luce. Le microonde da noi emesse da quando si è sviluppata la televisione, si stanno ancora allontanando da noi alla velocità della luce in tutte le direzioni. Il raggio in anni luce della sfera entro la quale queste informazioni sono ricevibili coincide numericamente con il periodo in anni dal quale le trasmissioni sono iniziate. Nel caso della Terra questo valore è quindi di circa 50 anni luce. La tendenza a ottimizzare le trasmissioni per ragioni economiche, come nel caso della televisione digitale o dei telefoni cellulari, focalizzandole in fasci di microonde e sopprimendo la portante, fa sì che i segnali trasmessi siano meno distinguibili dallo spazio.

I critici di questa soluzione fanno notare che se una civiltà aliena volesse comunicare, utilizzerebbe dei segnali facilmente riconoscibili come tali, come per esempio una modulazione con portante. Se tale civiltà intendesse usare segnali di difficile ricezione per evitare di comunicare con altre civiltà più arretrate o diverse, si ricadrebbe nel caso precedente. Inoltre alcuni dei mezzi di comunicazione proposti, alternativi alle onde elettromagnetiche, o sono speculazioni teoriche o sono già rilevabili con la tecnologia terrestre.

Chiaro no?

E tu che opinione hai? Parliamone!

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Equazione di Drake

L'equazione di Drake è il risultato di un ragionamento speculativo sulla possibile esistenza e numero di civiltà evolute extraterrestri.


L'equazione fu proposta nel 1961 dall'astronomo Frank Drake come tentativo di stimare il numero di civiltà extraterrestri evolute presenti nella nostra galassia, con le quali potremmo pensare di entrare in contatto. Il problema più impegnativo per la ricerca è ora di determinare i fattori che figurano nell'equazione.


La formula è la seguente:


 


In cui: 


N è il numero di civiltà extraterrestri evolute presenti oggi nella nostra Galassia

R* è il tasso medio di formazione stellare nella Via Lattea
fp è la frazione di stelle che possiedono pianeti
ne è il numero di pianeti per sistema solare in condizione di ospitare forme di vita
fl è la frazione dei pianeti ne che ha effettivamente sviluppato la vita
fi è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti
fc è la frazione di civiltà extraterrestri in grado (e con la volontà) di comunicare
fm è la frazione di civiltà in grado di raggiungere e colonizzare più pianeti (non sempre considerata)
L è la stima della durata di queste civiltà evolute

La determinazione dei parametri è molto difficile e in genere mancano molte informazioni necessarie a una stima anche approssimativa.


I valori scelti inizialmente da Drake e collaboratori sono:


* R* = 10 per anno

* fp = 0,5
* ne = 2
* fl = 1
* fi = fc = 0,01
* L = 10.000 anni.

Il valore R* (tasso di formazione stellare) è quello meno incerto. Anche fp (stelle con pianeti) è relativamente meno dibattuto quindi è possibile iniziare a dare un valore anche grazie alle prime osservazioni di pianeti extrasolari a partire dagli anni ottanta. Gli esobiologi possono tentare di fornire un valore per ne e fl ma ci sono dubbi sulle tipologie di stelle che possono offrire condizioni adatte per lo sviluppo della vita. È necessaria l'emissione di una certa quantità di radiazione ultravioletta perché la vita possa avere inizio, mentre la presenza di raggi X è dannosa. Secondo alcune ipotesi la vita è più ubiquitaria di quanto possa apparire (vedi panspermia) e il valore di fl può essere elevato.


fi, fc e L sono ben più difficili da proporre. È possibile che l'evoluzione della nostra civiltà sia avvenuta in seguito a una precisa combinazione di eventi, difficilmente ripetibile. La durata di vita di una civiltà può essere limitata dalla possibilità di autodistruzione o da eventi naturali catastrofici, quali l'alterazione del clima o l'impatto di meteoriti. Drake ipotizzò una stima minima di 10 anni, ovvero all'epoca il periodo di tempo dal quale l'umanità aveva iniziato a inviare segnali radio nel cosmo (in particolare involontariamente con la televisione). Per lo stesso motivo oggi si può ragionevolmente indicare un periodo di 50 anni.


Applicando i parametri inizialmente adottati da Drake si ottiene un valore di N = 10. In seguito egli dichiarò che tali parametri erano troppo riduttivi e giunse al valore finale N = 600.


Altre stime dei parametri, altrettanto plausibili, danno risultati molto più grandi. Per esempio, posto R* = 20/anno, fp = 0.1, ne = 0.5, fl = 1, fi = 0.5, fc = 0.1 e L = 100.000 anni, si ottiene N = 5.000.


Valori più pessimistici danno valori di N minori di uno, cosa che non può essere valida per la nostra Galassia in quanto in essa esiste almeno una civiltà tecnologica (la nostra). In questo caso, riconciliare il dato con le osservazioni porterebbe alla conclusione che la maggior parte delle galassie sono vuote.


Le stime più ottimistiche si scontrano però con il paradosso di Fermi, ovvero se esistono tante civiltà in grado di contattarci, perché questo non è ancora avvenuto?


L'unico valore di N dato dalle osservazioni è N=1, ovvero che la nostra civiltà è l'unica a noi nota.