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2020/01/09

In memoria di un bambino



Mentre il personale tecnico dell'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi stava facendo una ricognizione di routine sull'aereo di linea della Airfrance partito martedì sera da Abidijan in Costa d'Avorio e atterrato a Parigi alle sei di mattina di mercoledì, ha notato qualcosa di anomalo nel vano del carrello. Avvicinandosi, comprende che c'era qualcuno, immobile: era un cadavere, un piccolo cadavere.

Le comunicazioni che citano fonti della polizia francese parlano di un immigrato: "di una decina di anni". Scritto proprio cosi "d'une dizaine d'annees". La Air France invece conferma ufficialmente la morte di un "clandestino". Sembrano le parole scelte per via di una sorta di accortezza per non turbare il lettore, una specie di buon educazione per preservare dal dolore, invece é solo un orrida astuzia per gestirne il drammatico impatto mediatico, non si pronuncia la parola bambino.

È un bambino ad essere morto. Provate a immaginarvi voi stessi a dieci, dodici anni chi eravate, come eravate. Provate ad avere a tiro di sguardo un bambino di questa età ma fatelo ora in questo istante, fissatelo. Provate a pronunciare nella vostra testa che ha una dozzina d'anni e provate a descriverlo cittadino o clandestino a seconda dei documenti che presumibilmente possiede. Ora provate a misurare il disgusto che sentite per questa metrica di descrizione che avete appena usato.

Mentre scrivo ancora non si conosce il nome ne l'età precisa di questo bambino ivoriano, é facile però immaginarselo nascosto mentre scorge nella radura che circonda l'aeroporto Félix-Houphouët-Boigny di Abidijan in Costa d'Avorio, l'aereo parcheggiato in mezzo al nulla come spesso accade nelle piste africane cosi distanti dall'agglomerato di cemento presidiato. È semplice immaginarlo che corre nell'istante in cui ha intuito di non esser visto, ed è stato cosi veloce e cosi attento nel trovare il momento adatto che quando si è arrampicato sulle enormi gomme dell'aereo e poi con la sola forza delle braccia si è aggrappato al telaio rannicchiandosi nel vano del carrello, davvero nessuno si è accorto di nulla.

Ha sperato cosi di aver trovato il posto giusto per arrivare in Europa, farcela ad avere la sua possibilità di vita. Difficile capire se aveva avvertito qualcuno, se ne aveva parlato con sua madre, se era solo in quella radura o se altri non hanno avuto la sua temerarietà, la sua velocità di corsa e di slancio. Quello che sappiamo di certo é che gli alloggiamenti dei carrelli di atterraggio non sono né riscaldati né pressurizzati. Le temperature scendono a oltre -50°C tra i 9.000 e i 10.000 metri, l'altitudine alla quale volano gli aerei di linea.

Sapete cosa succede quando si é a 4mila metri? È come respirare in una busta di patatine, a 5mila inizi a non riuscire bene a muoverti, a 8 mila come dicono gli alpinisti é come correre su un tapis roulant al massimo e "respirare solo tramite una cannuccia". Poi arriva un ictus e il cuore si spacca. Oltre i 42 gradi sotto zero il corpo non riesce più a termoregolarsi così cerca di scaricare tutto il suo calore, arrivano febbre, sudorazione poi convulsioni, svenimento. Queste descrizioni non sono una fenomenologia dell'orrore ma solo un tentativo di dare prova di quello che un bambino ha provato pagando il suo sogno di volare via in Europa.

Se provassi a descriverne il terrore che deve averlo attanagliato al buio, al gelo estremo mentre spariva l'ossigeno, mentre le orecchie gli sanguinavano per la pressione verrei descritto come un buonista, un molle, un finto tenero speculatore che vuole far politica sul dolore di un bambino. In questo cinismo non annegava l'anima di questo bambino. Il sogno di volare, di volare non visti e di arrivare in Europa riempie il cuore di un bambino più di qualsiasi analisi delle possibilità reali di successo e della valutazione dei pericoli.

Volare via, trovare uno spazio di vita nuovo già immaginarsi dopo poche ore di volo di chiamare a casa dicendo che ce l'hai fatta, queste sono fantasie che riescono ad obliare ogni istinto di prudenza, a dissolvere persino la paura. Così era accaduto anche a Yahuine Koita e Fode Tounkara: avevano 14 e 15 anni quando si nascosero il 29 Luglio del 1999 in un carrello di un aereo partito da Conakry in Guinea e diretto a Bruxelles. Morirono assiderati, ma il mondo si accorse di questi due bambini perché portavano una lettera scritta a mano all'Europa

"...Signori membri e responsabili dell'Europa, è alla vostra solidarietà e alla vostra gentilezza che noi gridiamo aiuto in Africa. Aiutateci, soffriamo enormemente in Africa, aiutateci, abbiamo dei problemi e i bambini non hanno diritti...in Guinea, abbiamo molte scuole ma una grande mancanza di istruzione e d'insegnamento, salvo nelle scuole private dove si può avere una buona istruzione e un buon insegnamento, ma ci vogliono molti soldi, e i nostri genitori sono poveri, in media ci danno da mangiare. E poi non abbiamo scuole di sport come il calcio, il basket, il tennis, eccetera. Dunque in questo caso noi africani, e soprattutto noi bambini e giovani africani, vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l'Africa perché progredisca..."

L'attenzione e la commozione dilagò sui media, ma nessuna politica cambiò da allora. Continuarono i tentativi di volare nascondendosi nel vano carrelli. Nel 2013 il corpo di un ragazzo sedicenne era stato trovato assiderato nel vano carrello di un aereo proveniente dal Camerun. Nel luglio del 2019 mentre un tranquillo londinese se ne stava in giardino nel quartiere di Clapham proprio dove gli aerei fanno manovra per atterrare a Heatrow ha come avuto la sensazione di un improvvisa esplosione.

Non era una bomba caduta dal cielo ma un cadavere. Su un volo Nairobi Londra della Kenyan Airways un ragazzo si era nascosto precipitando all'apertura del carrello. Negli ultimi dieci anni in Uk era già accaduto altre due volte. Il 60% della popolazione africana è sotto i 25 anni e il 40% ha meno di 15 anni. È il continente più giovane del pianeta. L'Occidente ormai senza giovani, non riesce più a comprendere le dinamiche che portano i giovani africani ad andare via a qualsiasi costo.

Spesso la vergogna più grande in Africa non è non riuscire a raggiungere un salario, a mantenere la propria famiglia, a sposarsi, ma oggi la vergogna più grande é non provare a scappare. La cancrena generata dalla politica populista risiede tutta nell'aver costretto uno dei temi più complessi del nostro tempo, l'Africa e le politiche migratorie, ad una gabbia interpretativa banalissima e ideologica. Il dibattito politico ridotto a slogan talmente meschini da aver impedito a tutti, anche a coloro che provano a smontarli, ad allontanarsi dall'approfondimento su ciò che realmente sta accadendo in Africa e su ciò che porta un intera generazione ad avere un unico obiettivo: scappare per non tornare.

Eppure non doveva andare così, le cose non sono sempre andate così. L'Africa dal 2012 é piena di tentativi politici di mutare il tragico destino a cui sembrava condannata, impedire di essere terra di saccheggio ed impedire che la classe politica corrotta scarichi ogni responsabilità solo sull'Occidente come alibi sempre utile.

Quando il movimento Y'en a Marre (Non se ne può più) senegalese aveva fatto cadere il presidente Wade oppure il Balai Citoyen del Burkina Faso che costrinse alle dimissioni Blaise Compaoré, quando Lucha in Congo, ed En Aucun in Madagascar, e anche Jeune et Fort in Camerun, e ancora Wake Up in Madagascar e Sindimujia (non sono schiavo) del Burundi, parlavano di lotta alla corruzione, di democrazia e partecipazione civile, di mettere fine ai presidenti a vita, di boicottare le politica contro le migrazioni europee, di mettere al centro la donna, di combattere le monoculture, di difendere l'ambiente.

Insomma quando questa Africa civile ha iniziato ad organizzarsi, l'Europa l'ha temuta. Spaventata dal non poter più controllare, sclerotizzata dai vecchi accordi per tutelare l'estrazione mineraria, le piantagioni, ricattata dalle imprese che non si fidavano dei nuovi movimenti e preferivano quelli che erano politici "figli di puttana" ma "i nostri figli di puttana".

Ecco l'Europa e gli Usa (in diverso modo) hanno abbandonato l'Africa lasciandola a Cina (e in diversa misura) Russia ma soprattutto lasciandola alla disperazione, se vuoi diritti e una vita dignitosa scappa. Questo bambino che deve nascondersi in un carrello aereo per raggiungere l'Europa mentre il caffè e il cacao della Costa D'Avorio viaggiano senza trovare nessun muro, nessun confine, persino spesso nessuna ispezione é il simbolo terribile dell'ignoranza del dibattito politico.

L'aeroporto da cui é partito l'aereo é dedicato al primo presidente della Costa d'Avorio che costruì alla fine degli anni 80 la chiesa più alta della terra spendendo in un Paese dove mancavano ancora scuole, impianti idrici, modernizzazione degli ospedali, circa 300 milioni di dollari, ecco questo é un altro simbolo del passato africano che ne determina il presente.

Dopo tutte le parole su questa tragedia non vi é che una cosa da fare, fermarsi e ingoiare tutte le lacrime possibili per sopportare lo schifo che siamo diventati manipolando le parole, tradendo ogni significato, compiacendoci del nostro sarcasmo con un semplice 'é stato sempre così'. 

Forse conviene solo tacere di fronte a questo bambino morto di freddo per l'unica possibilità di felicità che gli era stata data: scappare di nascosto.


Fonte: repubblica.it 

2018/02/18

Il dolore ai tempi di Facebook



I post che hanno maggior successo su Facebook sono quelli in cui l’autore (autrice) parla di se stesso o mette foto di se stesso, ma ancor di più quelli in cui racconta di qualche dolore molto intimo. Qualche anno fa su Facebook si scriveva: “Ecco la mia foto mentre sto facendo colazione davanti al mare”. Oggi si scrive: “Ecco la mia foto mentre sto facendo colazione davanti al mare, nello stesso posto in cui venivo con mia madre quando era viva e adesso mi mancano tanto le sue carezze dolci.”

Quando, nel 2004, nell’era paleolitica ante-Facebook, aprii un blog, diverse persone mi domandavano se non mi sentissi a disagio a condividere su internet i miei pensieri. Quanta acqua è passata sotto i ponti dell’era dei social network! Il grado di intimità del mio blog era minimo a confronto con gli attuali standard! Se sui giornali si scrivono, pubblicano e leggono le notizie pubbliche, Facebook è, ogni giorno di più, il luogo delle cose intime.

Ma perché piace tanto il dolore messo in piazza? Perché riscuote tanto “successo”? E perché uno mette in piazza il proprio dolore, soprattutto su Facebook? Beh, innanzitutto per meccanismi vecchi quanto il mondo o vecchi quanto Facebook. Leggere o ascoltare del dolore altrui ci fa banalmente pensare: “Ah, che fortuna che non è capitato a me!”, ma anche, al contrario: “Ah, che sollievo constatare che non è capitato solo a me!”. In entrambi i casi, ci sentiamo sollevati e contenti e quindi esprimiamo tale emozione con apprezzamento. L’attrazione per il dolore è inoltre scatenata da una naturale morbosità: chi non si è mai fermato a curiosare quando un’ambulanza è ferma in mezzo alla strada? Il dolore, le lacrime, il dramma ci attraggono naturalmente. Tutto questo è sempre accaduto, ben prima dei social networks. Ma Facebook amplifica ogni comportamento, ogni tendenza.

Per quanto concerne Facebook, da sempre è fondato sugli assiomi: “approvo per essere approvato”, “ti metto un like perché tu lo metta a me”: una continua richiesta e soddisfazione del proprio bisogno di approvazione da parte degli altri, ottenuta in cambio del facile esercizio di approvare gli altri. Se dunque racconto delle mie emozioni più intime mentre mi sto recando al letto di morte di mio padre, so che tante persone mi dedicheranno attenzione perché io ho fatto altrettanto con loro.

Ma c’è di più. A cosa si sta veramente concedendo la nostra approvazione a mezzo like? Alle parole del nostro “amico” che ci racconta dei suoi ricordi di quando entrava in quel negozio con sua madre quando era piccolo…o invece al fatto di condividere quei ricordi con i propri “amici”? La sensazione è che ciò che stiamo apprezzando non sia tanto o solo l’oggetto del post, quanto l’atto di pubblicare quel tipo di post così intimo. La conseguenza implicita, ma chiara di questo comportamento è che chi non espone in pubblico la propria sfera intima è disapprovato socialmente. 

Se nel presente questa affermazione può apparire provocatoria e iperbolica, non è così assurdo pensare che stiamo andando proprio in quella direzione considerando l’enorme potere dei social network sui comportamenti di un animale così sociale come l’essere umano. Stiamo cioè avviandoci verso una società in cui non solo è ben visto esibire i propri dolori e nostalgie più intime, ma è socialmente disapprovato chi non lo fa. Personalmente, il mio comportamento sociale su Facebook è virato esattamente nella direzione opposta e, infatti, sto postando raramente foto mie e ancor più raramente miei pensieri e mai davvero intimi, i miei interventi su Facebook sono assai meno apprezzati rispetto alla media.

La nostalgia è forse il principale motore di Facebook, ossia di una delle maniere più comuni con cui comunichiamo.

Perché dunque oggi , il mettere in piazza il nostro dolore è un comportamento elogiato, mentre fino a pochissimi anni fa sarebbe stato giudicato sconveniente e impudico? Il mezzo è ovviamente cruciale. Negli ultimissimi tempi, l’uso che facciamo di Facebook si è così evoluto da diventare il luogo supremo di una comunicazione soft. È vero che i nostri sentimenti più profondi riguardanti una persona cara che non c’è più, un amore perduto o la nostra depressione li condividiamo con i nostri amici (anche se in molti casi i profili Facebook sono assolutamente pubblici), ma a quanti di questi “amici” racconteremmo le stesse cose faccia a faccia, guardandoli negli occhi? 

Su Facebook ci si può aprire completamente rimanendo però nascosti, si può comunicare con tutti, ma non avvicinarsi davvero a nessuno. Si crea cioè un “meta-rapporto”, che prescinde dal loro “esserci”, al punto che, se dovessimo incontrare davvero un nostro “amico” che ha letto di quanto siamo tristi e disperati perché nostra madre è appena morta, probabilmente non saremmo in grado di proseguire il discorso, che  verosimilmente si svolgerebbe su un altro piano, incentrato sulle solite cose e sui soliti argomenti.

In altre parole, il mezzo tecnologico consente un’enorme e nuova facilità di comunicazione che vive e cresce però in un piano diverso da quello reale, in cui ci si guarda negli occhi, ci si tocca, si sta in silenzio seduti allo stesso tavolo. E paradossalmente la facilità del primo tipo di comunicazione ha accresciuto la difficoltà del secondo tipo. Non è certamente un caso che gli adolescenti di oggi possano contattare chiunque senza grande sforzo (un WhatsApp non è così pregno di significato), ma la barriera per avvicinarsi davvero si è alzata rispetto a quando, per parlare con “la ragazza che ti piaceva”, dovevi alzare la cornetta e telefonare a casa chiedendo al padre o alla madre di parlare con lei. Niente “passatismo” per carità: semplice analisi del fatto che, se le pulsioni umane rimangono le stesse, i contesti e gli strumenti cambiano. E ciò cambia anche il declinarsi di queste pulsioni.

O forse c’è una profonda solitudine alla base di questi comportamenti? Guardare nelle vite altrui e quindi, per il tipico meccanismo di Facebook, esporre agli altri la propria vita perché sia guardata, è sintomo chiaro di solitudine. Si racconta a Facebook del proprio dolore e delle proprie tristezze per essere meno soli? E lo si fa anche perché si è così soli da non avere nessuno con cui parlare sul serio?

Forse questo tipo di comportamento è anche un po’ esibizionista (sempre soft…)? Ogni mattina, uscendo dalla doccia, cammino nudo per la stanza, le cui finestre sono a circa 100 m da quelle del palazzo di fronte. So che qualcuno può vedermi, ma la distanza è tale che la cosa non mi disturba, anzi mi procura un sottile piacere. Eppure non mi sognerei mai di fare altrettanto se le finestre fossero a 10 m di distanza. Quasi ogni settimana appaiono sulla mia bacheca Facebook pensieri intimi di persone con cui, faccia a faccia, non ho mai raggiunto, né credo mai raggiungerò un particolare grado di intimità. E non nascondo che la cosa un po’ mi disturba. Sarà perché io non sono capace di fare altrettanto e invece mi piacerebbe? Sarà perché anche io avrei bisogno di una valanga di like e commenti di appoggio e sostegno di fronte al dolore che, prima o poi, compare nella vita di chiunque?

Mentre penso a queste cose, per televisione appare Celine Dion che canta tra le lacrime una canzone che racconta del padre, del marito e del fratello morti di cancro di fronte ad un pubblico emozionato e coinvolto. Da qualche settimana, ho inoltre terminato di leggere un libro intimo ed intenso scritto dal figlio di un medico impegnato per i diritti umani, assassinato dai paramilitari colombiani qualche anno fa, in cui il dolore è ovviamente un assoluto protagonista. Il pubblico del concerto di Celine Dion e le migliaia di lettori di quel libro sentono compassione per quel dolore, ossia, etimologicamente, percepiscono la sofferenza altrui, desiderando alleviarla. L’autore del libro dichiara esplicitamente di essere riuscito a superare il terribile dolore di vedere il padre appena assassinato, sanguinante sul selciato, proprio parlandone, esprimendolo attraverso la scrittura. E probabilmente anche Celine Dion pensa lo stesso.

Mi chiedo dunque se l’autore dei post che trovo su Facebook, che racconta della moglie morta ancora giovane ogni santo giorno tanto da creare un tormentone infinito o le lacrime della mia amica che non riesce a superare l’abbandono del marito non nascano dallo stesso desiderio di comunicare il dolore per poterlo alleviare e per poter suscitare compassione. E cosa sarebbe del vostro pensiero se vi venisse detto che l'autore di cui sopra non ha mai, e ripeto mai, speso una buona parola per la moglie mentre era ancora in vita? E della mia amica? Poteva pensarci prima per salvare la sua relazione invece di piangere lacrime da coccodrillo su Facebook quando ormai è troppo tardi? 

Probabilmente una cantante e uno scrittore sono più bravi di loro a coinvolgere e far immedesimare chi la ascolta o lo legge nella propria intimità; verosimilmente la loro tecnica sarà migliore. 

E allora la domanda è: non è forse identico il bisogno, l’autenticità e anche il diritto di comunicare dei miei “amici” su Facebook?

2018/02/04

Fissando un quadro che non si conosce....


Ieri ho scritto, per Il Fatto, una cosa molto personale. Eppure di tanti milioni di persone che so, capiranno:

Una delle principali industrie farmaceutiche del mondo ha deciso di sospendere la ricerca sui farmaci per combattere l’Alzheimer. E allora vi racconto una storia- la mia- che probabilmente somiglia alla storia di tante persone che sperano che la scienza non le abbandoni.

“La nonna viene a stare da noi per un po’.”. “Per un po’ quanto?”. “Per un anno.”. Avevo 15 anni e quando mia madre mi annunciò la cosa e mi parve un’idea di quelle belle. Mia nonna (mamma di mia mamma) mi piaceva un sacco. Viveva a 600 km da noi, era vedova da tempo di un uomo che era stato capitano di navi in giro per il mondo e la vedevo poco. Un po’ d’estate, quando mia madre lasciava me e i miei fratelli con lei in montagna.

Aveva 80 anni ed era stata un donna molto bella, una stanga biondissima, occhi verdi, un seno prorompente e un carattere di ferro, vagamente addolcito con l’età. Cucinava, lavorava a maglia e creava dei maglioni pazzeschi, disseminava la casa di riviste tipo “Gente” e altre letture frivole da signore annoiate. Era una donna di compagnia, mi diceva sempre che ero bella (“Hai un bel figurino!”) e in adolescenza era una carezza di quelle rassicuranti. Non capii fino in fondo perché mia nonna veniva a stare da noi. Un vago “Sta poco bene” aveva risolto la mia curiosità. Mia nonna veniva a stare da noi perché aveva l’Alzheimer. Non poteva più vivere da sola. La mamma aveva deciso che lei e i suoi due fratelli l’avrebbero tenuta con sé un anno per uno. Noi eravamo i secondi, in questo triste turno, solo che io non avevo capito. E forse, nessuno di noi aveva davvero capito cosa significasse questa malattia il cui nome, che poi è il nome dello psichiatra tedesco che l’ha studiata per primo, ha il suono duro delle cose che non lasciano scampo.

Quell’anno fu devastante. Per noi, per mia madre, per mia nonna. E’ difficile spiegare cosa sia l’Alzheimer, quante sfumature contenga questa malattia e quante nuove sfumature riesca a creare con malefica prolificità ogni giorno. “Selvaggia, cosa mangiamo stasera?”. “Polpette, nonna!”. “Oh bene, mi sono sempre piaciute le polpette!”. Trenta secondi dopo. “Selvaggia, cosa mangiamo stasera?”. Questi furono gli esordi. Io e miei fratelli, all’inizio, col sadismo tipico dell’adolescenza, ci ridevamo su. Ogni tanto ci divertivamo a darle le stesse notizia del tg ogni due minuti, per sganasciarci di fronte alla sua sorpresa sempre rinnovata. “Oh ma davvero c’è stato un incidente ferroviario?”. “Oh ma davvero c’è stato un incidente ferroviario?”. Una, due, tre, quattro volte di seguito. Finché non dimenticava tutto, per poi ricominciare. “Ehi nonna, sia che c’è stato un incidente ferroviario?”. Eravamo scemi, eravamo inconsapevoli. Non vedevamo il baratro. Mia nonna non poteva capire cosa le stesse accadendo, ma poteva sentire.

Sentiva che si annoiava, che la mente non le faceva più compagnia. Quando i ricordi si sgretolano, quando resta solo il presente, il presente va riempito. E quindi mia nonna iniziò a chiederci ininterrottamente “Posso fare qualcosa?”. Solo che lei iniziava a fare qualcosa e poi dimenticava quello che stava facendo. La vedevamo smarrita, in mezzo a un corridoio di una casa che tutti i minuti conosceva per la prima volta, con un piatto in mano. Un minuto prima le avevamo detto: “Sparecchia se vuoi!”, lei si lanciava entusiasta sulla tavola e poi due passi dopo non sapeva più perché avesse un piatto in mano. Perché fosse lì. E qui -è una cosa orribile da dire, ma i parenti dei malati di Alzheimer si scoprono delle persone orribili, talvolta- iniziò la nostra insofferenza. 

“Fammi fare qualcosa!” era lo scoglio a cui si aggrappava per non farsi inghiottire dal buio della sua mente. Ed era il nostro incubo. Quelle domande ripetute erano una goccia cinese che caricava la nostra quotidianità di nervosismo e intolleranza. Iniziammo a sbuffare, a risponderle male, qualche volta. O a ignorare le sue domande ossessive, che era anche peggio. 

A mia nonna si stava sgretolando anche il presente.

Allora le affidammo i suoi amati ferri. Qualche gomitolo colorato comprato a caso in una merceria. “Fammi una sciarpa!”, “Fammi un cappello!”, mentivamo. Il movimento dei ferri era una delle poche cose che non aveva dimenticato. Il suono delle due bacchette che si toccavano ritmicamente era la colonna sonora delle nostre giornate. Dei miei compiti. Delle serate davanti alla tv. Le sciarpe, i maglioni, i cappelli, mia nonna non li finiva mai. Ricordava la gestualità, ma non il disegno. Le sue mani andavano da sole, era stato come essere salita sui pattini dopo tanto che non ci vai. I piedi, la gambe, hanno una loro memoria fatta d’istinto. La mente no. Lo schema della sciarpa non riusciva a comporlo. Allora io e mia mamma, quando lei andava a letto, le smontavamo quel ritaglio di maglia che aveva creato e il giorno dopo lei iniziava daccapo, senza ricordare, sorprendendosi dei gomitoli nuovi, del lavoro da fare. Era una Penelope smemorata, mia nonna. Una Penelope da cui non sarebbe tornato nessuno. Da lei tutto andava via, si staccava, partiva. Per sempre.

Poi non fu più autonoma in nulla. L’Alzheimer è una malattia degenerativa di quelle che corrono in maniera imprevista. Mia mamma le faceva il bagno. Le sentivo litigare, fuori dalla porta. “L’acqua è troppo calda!”. “Mi fai male.”. “Lo shampoo puzza!”. Per via della malattia, stava diventando capricciosa, ostile, aggressiva. Mia mamma, che ne aveva patito la severità da bambina, rivedeva un film antico. Doveva improvvisamente trattare come una bambina una donna che non le aveva mai consentito di essere una bambina. L’Alzheimer polverizza o amplifica certi aspetti del carattere, è un perfido silenziatore e un’infame megafono, a seconda dei casi. Con mia nonna fu megafono. Era stata una donna dura, diventò “nemica”. Cominciò a svegliarsi la notte. Alle due, alle tre, alle quattro. Ci tiravano giù dal letto urla disumane. “Mi avete catturata!”. “Bastardi, mi tenete prigioniera!”. “Dove sono?”. “Non mi toccare!” “Mi vuoi uccidere!”. Non ridevamo più. Eravamo pugili suonati dall’angoscia e dallo stupore. “Perchè la nonna è diventata cattiva?”. Non sapevamo. Nessuno sa cosa sia davvero l’Alzheimer se non ci passa attraverso. Forse ci odiava, forse la odiavamo. Smise di farci ridere, smise di farci pena. Contavamo i giorni che mancavano alla sua partenza. Alla fine di quell’anno cominciò a non riconoscerci più. Mi scambiava per una cugina, per un’altra nipote. Non riconosceva più sua figlia, di tanto in tanto. Intanto, il suo fisico, la teneva in piedi. Tutto quello che si sgretolava in lei, era dentro di lei. Nella sua testa. Poi arrivò il giorno in cui andò dall’altro figlio e non la vedemmo più. Morì un po' di tempo dopo. Fu strano, perché quella notizia non ebbe il suono della notizia: per noi la nonna non c’era già più. Lei non ci riconosceva più, noi non la riconoscevamo più. Sono passati trent’anni.

C’è un’altra Penelope, nella nostra vita. E nonostante l’infame ci abbia trovati pronti, ci si sente anche noi, smarriti come in un corridoio, con un piatto in mano, fissando un quadro che non si conosce.

(scritto da Selvaggia Lucarelli per il Fatto Quotidiano, 2018)

2017/01/13

Hygge



Viviamo tutti sotto stress, costretti a fare tante cose contemporaneamente, spesso sgradevoli, siamo ansiosi e tristi. Eppure basterebbe ripensare alle priorità della vita,e tentare di vivere al meglio, con il metodo Hygge, secondo le proprie possibilità, con sano realismo, ma anche con determinazione e magari un po’ di entusiasmo. Hygge non è un'idea, è una parola che i danesi, il popolo più felice del mondo secondo il Rapporto Mondiale della Felicità stilato ogni anno dall’Onu, usano da un secolo e mezzo. E che ora è illustrato e raccontato dalla danese Marie Tourell SΦderberg nel suo libro Il metodo danese per vivere felici, Hygge, in libreria e già in cima alle classifiche nel regno Unito. 

Un modo per reagire al buio e al freddo del clima nordico, ma che può funzionare in ogni parte del mondo. “Noi ci riuniamo”, racconta SΦderberg “ci mettiamo comodi e cerchiamo di trarre il meglio dal freddo e dall'oscurità. Aspiriamo al comfort e al nutrimento per l'anima nelle relazioni, nell’ambiente e negli alimenti”. Un metodo che può essere facilmente esportato ovunque perché è uno stile di vita in cui cerchi e trovi gioia nelle piccole cose: la casa, la bellezza, la tranquillità, i bambini, gli affetti, valori comuni a tutti, in ogni parte del pianeta. Hygge, una piccola parola quasi intraducibile che però si potrebbe descrivere con intimità, accoglienza, calore.

Per essere Hygge è necessario riflettere su cosa ci fa veramente stare bene, in testa la capacità di creare sempre e in ogni luogo l’ambiente migliore in modo di accogliere al meglio se stessi, familiari e amici e predisporli alla serenità. Il libro di Marie Tourell SΦderberg, non è un manuale, ma una descrizione del modo di vivere danese, ricco di fotografie e suggerimenti semplici ed efficaci: come cucinare tutti insieme, come condividere gli spazi ideali, come predisporre una tavola conviviale, in breve come godersi la vita, in città e in compagnia. 

Va da sé che, nei momenti Hygge, l’ideale è spegnere computer e cellulari, connettersi solo con chi ci è accanto ed essere realmente in quel luogo in quel momento, predisposti all’ascolto reciproco e alla gioia. Più facile a dirsi che a farsi. Ma tentare si può. “L'erba del vicino non è più verde, negli Stati Uniti, in Italia o in Scandinavia “, conclude Sodenberg “ma è più verde dove si innaffia”.

Che cosa vuol dire vivere Hygge e come riuscirci?

Hygge è la sensazione di un momento piacevole trascorso in buona compagnia. Si verifica quando si è in grado di essere presenti nel momento, quando ci si sente soddisfatti e a proprio agio. Hygge spesso c'è quando si sta insieme a persone che conosci molto bene; persone con le quali puoi essere aperto e sincero. Quando non c'è bisogno di fingere di essere qualcosa diverso da quello che sei.

Hygge è un modo di vivere in cui cerchi e trovi gioia nelle piccole cose. Andare a lavoro può diventare più hygge con una tazza di tè in mano, guardando dal finestrino. Hygge rende le cose semplici più piacevoli.
Vivere hygge significa anche dare priorità alle cose che realmente contano - stare insieme e godersi il tempo con le persone che amiamo, non mettere troppa pressione su noi stessi, il nostro lavoro e il nostro quotidiano, ma concedendoci più hygge nel fare le cose. Molti Danesi hanno scelto di avere molto hygge nella loro vita, e le loro storie ispiratrici si basano sulle cose essenziali che contano davvero.

Contro lo stress, in una parola un metodo di vita. Dove metterlo in atto? In casa, nel cibo, nel lavoro, con gli amici?
Hygge è una parola danese che i Danesi utilizzano molte, molte volte durante il giorno. La usano per descrivere le persone con cui sono, l’atmosfera, le conversazioni. E tutti sanno esattamente quali sono le qualità che rendono hygge queste cose: semplici, rilassate, autentiche, invitanti, avvolgenti, amorevoli.

Hygge non è un'idea, è una parola che usiamo da quasi 150 anni. Ma è diventato un modo per far fronte al buio e al freddo del clima nordico. Hygge è ciò che facciamo per superare l'inverno - ci riuniamo, ci mettiamo comodi e cerchiamo di trarre il meglio dal freddo e dall'oscurità. La parola e l'idea si è diffusa su tutti gli aspetti della vita quotidiana - può essere difficile mangiare in un posto che non è hyggelig, per esempio. Aspiriamo al comfort e al nutrimento per l'anima nelle relazioni, nell’ambiente e negli alimenti. E trovo che praticare hygge mi renda davvero più felice.

Decalogo sintetico per lo Hygge internazionale; come armonizzarlo con i propri usi e stili di vita.

Hygge non è una ricetta o una forma specifica - è una qualità universale che tutti conosciamo, in tutto il mondo. È abbastanza banale come le cose più belle della vita: stare seduti con un bambino appena nato e i suoi genitori a bere il caffè e non fare nient’altro che guardare il bambino. Stare con buoni amici, mangiare bene, ridendo e godendo della reciproca compagnia. Tornando a casa dopo il lavoro, fuori cade la pioggia, si scivola in abiti comodi, si accende una candela e ci si mette in un angolo con un libro e una coperta - è un sentimento universale. 

Ma avere una parola per definire tutto questo, ci rende più consapevoli nella nostra vita di tutti i giorni. "Hygge -Il metodo danese per vivere felici" è fonte di ispirazione su come trovare più hygge nella vostra vita. L'erba del vicino non è più verde, negli Stati Uniti o in Scandinavia – ma è più verde dove si innaffia! E hygge è un invito a portare nella nostra vita più cose che hanno un significato per noi. È un invito a godere di tutte le cose piccole e buone della vita – come il cibo, la famiglia e gli amici, e quando penso all’Italia, mi sembra che voi siete effettivamente molto stimolanti in questo senso. La prossima volta che verrò in Italia, non vedo l'ora di assaporare l’hygge italiana.

2015/06/25

Happy Birthday


Yesterday was my birthday. The years pass (for now 62) and, with great serenity, you have to accept the passage of time as something inexorable and unavoidable. One thing, however, is certainly important to stay young at heart!

Life is virtually divided into three different periods: youth, maturity, old age.

Fulfill the years of his youth at the time, before the age of 30 is a holiday, it means that we are entering that part of the active life where everything is at hand if we are able to conquer, no ban.

Maturity is the time of the gains made, of the social level reached, the success - and it does not matter to have become rich or not, success is not necessarily rhymes with wealth- achievements and serenity acquired.

Old age is the decline, some to feel alive must face it with serenity, knowing how to live, ride the unavoidable passage of time and not think too much about the end of that will come along, because when you are older, we know that the time granted is less and less.

I received many good wishes from you, are many friends who have shown me their love, even people I know only virtually, through this space that is not there. Facebook has been able to get closer to people who were too far away to be able to share with them, and each other, portions of our lives, people who had not seen for years, for decades I have found here, and I speak of Barry​, Fabio​, Alex​, Vijay​, Alessandro​, Mirna​, Vivia​, Sastry​, Ashok​ and then I can't put myself to do list of all, know that having you here among my friends is a source of immense joy.

I'm just sorry for those who, perhaps too busy with work or family, forgot to greet me. Okay, friendship even if virtual, is sharing but also understanding.

I love you all, and thank you for your good wishes, many, many that I received from you. Simply: thank you!

Ieri era il mio compleanno. Gli anni passano (per ora sono 62) e, con grande serenita', bisogna accettare lo scorrere del tempo come qualcosa di inarrestabile e di ineluttabile. Una cosa, tuttavia, e' certamente importante: restare giovani dentro!
La vita e' divisa virtualmente in tre diversi periodi: la giovinezza, la maturita', la vecchiaia.

Compiere gli anni al tempo della giovinezza, prima dei 30 anni e' una festa, significa che stiamo entrando in quella parte di vita attiva dove tutto e' a portata di mano se saremo capaci di conquistarlo, nessun divieto. 

La maturita' e' il tempo delle conquiste fatte, di quel livello sociale raggiunto, del successo -e non importa essere diventati ricchi oppure no, il successo non necessariamente fa rima con ricchezza- degli obiettivi raggiunti e della serenita' acquisita. 

La vecchiaia rappresenta il declino, certo per sentirsi ancora vivi bisogna affrontarla con serenita', saperla vivere, cavalcare l'ineluttabile scorrere del tempo e non pensare troppo a quella fine che prima o poi arrivera', perche' quando si e' vecchi sappiamo che il tempo concessoci e' sempre meno.

Ho ricevuto da voi tanti auguri, sono molti gli amici che mi hanno dimostrato il loro affetto, anche di persone che conosco solo virtualmente, attraverso questo spazio che c'e' e non c'e'. Facebook e' stata capace di riavvicinarmi a persone che erano troppo lontane per poter condividere con loro e reciprocamente spezzoni della propria vita, persone che non vedevo da anni, da decine di anni le ho ritrovate qui, e parlo di Claudio​, Paolo​, Pietro​, Corrado​, Laura​, Giuseppe​, Giuseppe​, Mirella​, Alberto​, Luigi​, e ancora Luigi​, Antonio, Carlo, Marco, Andrea, Nhut​, Hien Ho, e poi non posso mettermi a fare la lista di tutti, sappiate che avervi qui fra i miei amici e' fonte di gioia immensa. 

Mi dispiace solo per quelli che, forse troppo occupati nel lavoro o famiglia, si sono dimenticati di farmi gli auguri. Va bene lo stesso, l'amicizia anche se virtuale, e' condivisione ma anche comprensione.

Vi voglio bene tutti, e vi ringrazio degli auguri, tanti, tantissimi che ho ricevuto da voi. Semplicemente: grazie!

2015/06/03

Fortunati si diventa!


Per alcune persone sembra un fatto normale: ai cosiddetti “fortunati” agli occhi degli altri capitano sempre le cose giuste al momento più opportuno. In realtà, la fortuna è una questione complessa, strettamente collegata anche alla capacità di decifrare i segnali attorno a noi e direttamente connessa al grado di sintonia con i nostri desideri più profondi. Perché le buone occasioni sono ovunque: imparare a vederle è il primo passo per essere un pizzico più fortunati.

LAMENTARSI FA MALE - Una recente ricerca nell'ambito delle neuroscienze ha evidenziato che passare troppo tempo esposti alle lamentele continue influisce negativamente sull'ippocampo, la parte del cervello nel sistema limbico fondamentale per la memoria a lungo termine e con un ruolo importante nello sviluppo della capacità di risoluzione dei problemi. Bastano 30 minuti passati fra persone con tendenze a lamentarsi per avere una ricaduta negativa a livello celebrale.

IMPARA DAI FALLIMENTI - Ogni persona nell'arco dell'esistenza è costretta a confrontarsi con insuccessi e senso di fallimento: la vera questione è imparare a rapportarsi positivamente anche a eventi che portano scompiglio e dolore. Il concetto di “positivo” e “negativo” è strettamente collegato alle nostre reazioni di fronte a un certo evento ma in assoluto non esiste. Entrambi i poli sono due facce differenti di un'unica realtà e fanno parte di una carica vitale in cui l'attore umano si trova costantemente immerso.

OSSERVA LE TUE REAZIONI - Chi agli occhi degli altri sembra ottimista ha semplicemente saputo coltivare la propensione a guardare più il lato positivo delle cose rispetto al negativo. Inizia a esercitare ogni giorno uno sguardo consapevole, segui lo stesso principio su cui si fonda la meditazione. Le difficoltà esistono, ma è l'insegnamento che ne puoi trarre ciò che può trasformare la tua quotidianità. Di fronte a un ostacolo impara a chiederti: “Quale lezione posso imparare?”. Arrabbiarsi è poco utile, invece scoprire le potenzialità di un fatto in apparenza negativo può condurre verso strade nuove.

TI ASPETTI IL PEGGIO? LO AVRAI - Hai mai notato che quando si prospettano le previsioni più nere molto spesso capita davvero che si realizzino? Le neuroscienze si stanno occupando di questi temi ancora in gran parte sconosciuti. Angosciarsi eccessivamente risulta in effetti un catalizzatore di esperienze negative. In realtà il quotidiano è fatto di opportunità continue, a cui spesso non si presta attenzione perché si cerca altro. Impara innanzitutto a vivere con pienezza ciò che ti circonda: essere concentrati su un unico obiettivo qualche volta non permette di vedere tutto il resto. Al contrario trovare il lato positivo anche nei fallimenti e insuccessi ti aiuta a conquistare più fiducia nelle tue potenzialità e a puntare su ciò in cui credi.

ATTENZIONE AI DESIDERI - Nutrire i propri desideri è fondamentale per avere un atteggiamento entusiasta e costruttivo nei confronti della vita. Tuttavia, può capitare di desiderare qualcosa che a livello profondo non è in sintonia con ciò che si è. Accade anche nella vita di ogni giorno, quando ci focalizziamo su un obiettivo che comporta un grande dispendio di energia e fatica ma non ha a che fare realmente con le nostre abilità. Per esempio, un corso di studi scelto senza prestare attenzione alle nostre reali attitudini può condurre verso continue dosi di veleno e infelicità. Inizia a vedere con obiettività i tuoi bisogni, desideri e abilità.

NUTRI LA TUA FIDUCIA - Fidati del tuo istinto: la voce profonda che è in ognuno di noi sa sempre ciò di cui abbiamo bisogno davvero. Guarda con orgoglio le tue cicatrici e gli insuccessi perché sono lezioni di vita. Circondati di persone positive con le quali imparare a vedere le tue potenzialità e abilità. La vita riserva infinite sorprese quando ci permettiamo di nutrire il coraggio di discostarci dalla strada tracciata per vedere altro. Abbandona per un attimo la rotta e fermati a guardare il mondo intorno a te: aprirsi con fiducia alla realtà è la chiave per vivere in maniera differente. La vera fortuna è la capacità di rimanere attenti a quanto succede e afferrare gli eventi trasformando le possibilità in un'occasione.

2014/07/21

Don't come easy to me (But don't exaggerate)




Words, don't come easy to me
(Click above to listen the song)
How can I find a way to make you see I Love You
Words don't come easy

Words, don't come easy to me
This is the only way for me to say I Love You
Words don't come easy

Well I'm just a music man
Melody's so far my best friend
But my words are coming out wrong and I
I reveal my heart to you and
Hope that you believe it's true cause

Words, don't come easy to me
How can I find a way to make you see I love You
Words don't come easy

This is just a simple song
That I've made for you on my own
There's no hidden meaning you know when I
When I say I love you honey
Please believe I really do cause

Words, don't come easy to me
How can I find a way to make you see I Love You
Words don't come easy

It isn't easy
Words don't come easy

Words, don't come easy to me
How can I find a way to make you see I Love You
Words don't come easy

Don't come easy to me
This is the only way for me to say I Love You
Words don't come easy

Words don't come easy

But don't exaggerate!!!

I like the girl a little bit difficult to conquer, to seduce, too easy not attract me. The risk of rejection, the anguish, the tactic to get to the ultimate success make the conquest interesting, perhaps fascinating, intriguing...


2014/07/20

My Hearth and Soul


The story, if you just want to call it "story", is built around the alleged naivety of women, whether true or not, I'm going to analyze it.
Why are the girls so naive? They receive first honest love, sincere love and then realized by themself is a lost love. Why?

It always begins like this, on the one hand a man, a young man or a mature man, no matter the chronological age but the feeling. 
The man falls in love with the woman, it happens every day, we can't avoid it, it happens that also the woman fall in love with the man. Doesn't always work that way, I like to think, maybe because I'm in the same situation?

Then the two meet, they talk, maybe she is not particularly concerned, love is often a source of heartache, headache, tears, suffering, she does not think it's possible, yet it's so. Every day, the phone rang well enough to make her feel happy, maybe not, just a noise to avoid, we don't know but suppose it is. Will insecurity and worry if one day that girl go missing her concern. Because that girl know also, she love it! Not to meet regularly, she doesn't want, not to change so much her life, habits, friends, colleagues at the hotel where she works, a boyfriend, he's real? Not sure, but could be, let him believe there is, it's a complicated relationship, how to say? Open? I love you but you love another who loves another one at the end you find all the town loves you... But even that in return that girl will find herself very much interested, how I know? So complicated, it's an algorithm, a probability calculation, an heart feeling or I don't know, just guess. 

She thought love and happiness, and than she think where there is love, there is pain, means to cry a lot, perhaps she is afraid by her friends, what they can think about him, and the parents? At the school, teachers, people who criticizes because maybe he's not a young and hopeful man, married already, he has a son, uhu, and she thinks as someone said, do not rush to believe love someone too soon. But love arrives and nobody knows when it arrive. Soonest or latest it comes, and could be a storm to change everything.

Naive with her first real love, she doesn't understand love as she once thought! 

One day she found everything quiet, he doesn't call any longer, she knows he's gone? he texting "I will come back". He'll return? How sure, is a sailor promise? How to be sure, not sure, just awaiting, he will return. She await to call him back, perhaps thinks he's disturbed if she call and she doesn't call and on the other line only an electronic voice subscribers. What to think, there may be damage to the unit, battery machine, she remind herself not to mess things up. She wait, 1 day, 2 days to 1 week and did not receive any reply. Strangely, his facebook nick's still bright, still posting  messages aimlessly ... why did the quiet girl? She add 1 more week, it's all confusing silence? He, she in this novel there him and her, a man and a woman, who is in the place of the man could be in the place of the woman, confused, lost, in a multicolor mirror reflecting the anguish of both. Who are you man? Who are you woman? I lost you? I love you!

The man will have the responsibility to see why not send a message to his endless love, he think she is his love, what about her, she is a love of somebody, to be love or something to use, for a while waiting forever to do? But this girl knows what message, send message, do not respond to more sadness and thoughts it? Then recently, she decided to send a message, not a message asking "How are you lately?", "Are you okay?". "Why are not you texting me?" No, she right something else, to create confusion, thinking what is good or not, she loves me or not: "I don't know you call me", not to tell the true story, what's happens, probably it's true, she was in her class, studying but... tell him "I didn't see you" means we didn't meet because of you, not my fault, is your fault. That is the message to stop. Stop all! Stop waiting for their day, waiting, waiting, thinking about that person. Then she received no answer to agree or disagree with the right decision, but that message with content: "Endless love". After reading the message, that girl and also to have some hope that he will return no need to wait long time, he promised, he will return, still waiting for somebody to love, but he's her her first real love!  

Why this girl was so foolish, she get time, she has more than one month to tell she loves him, she lost time looking to empty wishes. He was not even busy, have a lot of time balance he was thinking of her the day and the night. Him bring her silence as a challenge, he believe, many question marks no answers that he still believes are stars. Perhaps she is his only love was right, doesn't matter what's happens before in his life, every love is a new love, a new life, forget the past, there's only the present and the future, what is the target but where is she? Maybe him is just another name on her list? He fading away with the person who asked about him?

Assume a short dialogue between mother and daughter, mothers often talk to their daughters even if they are committed to growing a large number of children, even if they have many problems, the children are all for a mom. 
She speaks with her mother and says, really is not a statement, I would say a question, dual sense, but mom knows her daughter, she argues, understands, empathizes with her, comes from the custom which sees the parents decide for their children, trying to provide an adequate response, there is love in this, love of mother: 

- Mother I'm in love.
- Who he is, he's a good boy?
- No mother he's not a boy, but a man.
- My dear, in love, age does not matter, he loves you?
- Yes mother, he loves me.
- So what are you waiting for, go to him.
- I can't mother, he left returned to his world, far away from here.
- I'm sorry daughter, but I see you still love him.
- Yes mother, I love him, he said he will return.
- So if it comes back not stop loving him, one day, one month, one year, your happiness should not give time, has to be happy all the time that life holds for us.
- Thank you mother for your wisdom, I'll wait for his return. 

There must be a new stumble stand up more firmly. Hey girl, do not forget nothing passes, not nostalgia, hope, waiting for what has passed. She hurt him enough already! Never had the thought of everything is lost, nothing lost until the end: "The top is hard to forget" that think that "Not the first love, nothing but to forget, she loves me, he loves her". 

Hey girl! The sun is always rising in the sky, somewhere! I await for you somewhere over the rainbow. I have not forgotten, I love you like before, I'll stay with you for as long as life will give me time.



2014/07/19

I awaiting for you somewhere over the rainbow



Way up high
And the dreams that you dreamed of
Once in a lullaby

Somewhere over the rainbow
Blue birds fly
And the dreams that you dreamed of
Dreams really do come true ooh oh

Someday I'll wish upon a star
Wake up where the clouds are far behind me
Where trouble melts like lemon drops
High above the chimney tops
That's where you'll find me

Oh, somewhere over the rainbow bluebirds fly
And the dream that you dare to,
Oh why, oh why can't I?

Well I see trees of green and red roses too,
I'll watch them bloom for me and you
And I think to myself
What a wonderful world

Well I see skies of blue
And I see clouds of white
And the brightness of day
I like the dark
And I think to myself
What a wonderful world

The colors of the rainbow so pretty in the sky
Are also on the faces of people passing by
I see friends shaking hands
Saying, "How do you do?"
They're really saying, I...I love you

I hear babies cry and I watch them grow,
They'll learn much more than we'll know
And I think to myself
What a wonderful world world

Someday I'll wish upon a star,
Wake up where the clouds are far behind me
Where trouble melts like lemon drops
High above the chimney top
That's where you'll find me

Oh, somewhere over the rainbow way up high
And the dream that you dare to, why, oh why can't I? I?


This song is dedicated to you, it's really something special making dreams come true, seems hard to figure out but that's what it's all about. 

If I should write a book for you that brought me fame and fortune too that book would be like my heart, my soul is dedicated to you. To you because your eyes are the beacon that lights up my way, to you because with you I know a lifetime could be just one heavenly day if I should find one twinkling star one half as wondrous as you are that star would be like my heart and is dedicated to you. 


Don't fall in love with someone you can live with, fall in love with someone you can't live without.


2014/07/14

Love is a kind of magic


I fell in love with you. Not as Luigi Tenco: It's not that I had nothing to do. I fell in love with you, because ... could not go another way.
As the card that stands there, alone, and a gust of wind or something else, move it next to another piece of seemingly distinct and distant. A mosaic is not there, not there. A kind of magic: the card can not be indefinite part of a whole, before. It understands only next to that other: the mosaic is made, no one can divide.

Never. Or so I think I read somewhere. Anyway, whoever wrote it must have been convincing, because he convinced me.  I fell in love with you. Not as Luigi: I had a lot of people to meet, on the day. In fact I met them. Beautiful people, ugly, friends, women, females, prey, hunters, extras, masks, protagonists. My ego in the middle, to dance on the world, restless as ever; a face that was laughing and crying, as always.

I fell in love with you. Not as Luigi: the night I did not have much space to dream someone. I was melancholy, sometimes, yes, but I was dreaming with my eyes open and closed, day and night, I dreamed of living, awake, drunk without drinking. I had too much to do to sleep at regular times. I was happy, happiness is not present, that, if there was, lying under a layer too thick of adrenaline, to manifest itself with the revolutionary clarity that should have; I was glad of life, the promise of happiness in the future, I was happy not even know what, even in pain, not at all pleased that the guest had wanted to meet, present, embrace of those hugs that you never want to, yet you can't escape them.

I fell in love with you, even though I had other programs before to fall in love with you, projects to be implemented, to make experiences and emotions to try. And freedom. Highways endless freedom, no one knew where that led, always on the border with its most absolute form, which coincides with the loneliness. Yes, I also wanted the thrill there: to know, but just right, the female universe, maybe understand, finally, that fascinates me so much, as always. And no allusions, you know that it is not a matter of youthful testosterone because I am no longer young, and perhaps not even you, yet ....

But then I fell in love with you. And I forgot what I was looking for, assuming that I knew. In fact, I have not forgotten: it did not matter. I was there, you were there, the two of us, what we should look for? It was all clear, perhaps the fate exists and maybe not ours, in any event, showed up so. In that strange way, including evenings in crowded places and improbable, when we were unaware of the canvas was weaving between faces, thoughts, words, goodbye consumed with grief and given sorrows . Because, as another youth myth say, a rock can't stem the sea. And there are seas where you know you need to lose, because it's the only way to find yourself, or see you at last.

I fell in love with you, and perhaps you of me. I was with my thousand games of mirrors and my doubts perennials that for once, at least once in my life, were gone, only certainties remained. You, and I am sure is thus with your shyness, the feeling of home to only look at you, your eyes tell the whole story and make me better if you just look at me. I, with my ghost that disappears when I fall in love with you, but sooner or later reappears and comes back to haunt me. And you.

You and I, the two of us. And what could be. It was all clear, as when a painting is finished, put away the brush, there is nothing to add, so, just as it should be. The individual component colors are terribly imperfect, so different from each other that no painter would have thought to combine them, but the picture is perfect. Let's just keep it. Nothing else that protect it from the weather and from the snares of the time. Perfection does not exist almost never occurs in the madness of a few moments, sometimes, but it is fragile and knows only the present, the fleeting moment, it promises to outlast the magic of two bodies hanging in the air.

The rest is up to us. By you and me, but maybe only on you, I'm here and wait, you're there and wait, I'll come back and take you to heaven, to live this story, then let's talk about a real fairy tale, the kind that you don't forget, of a life lived with love and feeling and whatever it costs. You, me and nothing more. And by fate, that exist or maybe not, but we don't know more words and then, yes, we say it depends on him. The time, care, carelessness, mistakes, pitfalls, sacrifices, immaturity, selfishness, projects, some silence and a few words too, the wrong patterns of hide and seek, everything that sooner or then we remember that you are not ready, you're ready to much but not all, all those mistakes that I've been able to do, that I'm good to do. 
Ah, what a hopeless bumbling I am, but for love, I swear, just for love, too much love. And all the rock of this inexorable our diversity, our bet that strong and sassy completion rather than conflict, complementary rather than incompatible.

The two pieces separate and distant they always, and the mosaic magic. And all those smiles. How fell in love with you and you with me, but I'm not aware, I guess, I burn with the desire to understand what you are to me but a wall divides us with all those smiles. And then fate depends on us. We know it will be tough, traditions, family, my past and also the present and the future are not certain of this without you I do not understand and I prefer to think of it with you. Perhaps, at times, this invisible director of our lives that we call destiny has some exaggeration, we did not miss anything, tears and dreams we have become experts.

But the promise would be to resist. In all, even though we don't know what, then. At the small petty or venial lie, to anger, to those rags in the long end of that long flight to avoid if you can. Remorse, no regrets at the outlet, the waste of everything for nothing, the altar of nowhere when everything is likely to be sacrificed. 
The promise was to return, because there was nothing in the world worthing more than that to protect you and our fragile shell built from scratch. 

The love counts and counts the years who has never been ready, but when you fall in love you are ready to find out what you have always been. There are almost more than 30 years of time between the two of us, are there and they all have their truth: 

I fell in love with you. And love is important.

Don't fall in love with someone you can live with, fall in love with someone you can't live without.

2014/06/26

Something about Vietnam girls....



If you think that Vietnamese women might still be like the one shown in the photo above, know that you are totally wrong. Vietnamese women are not as you imagine, too many war movies have marred the image. Women in Vietnam are much better than you ever thought that they are.

Western men have got it in their minds that all Vietnamese women are "Me love you long time". And that is really all they know about Vietnam and its women.

So when they meet women and discover that Vietnamese women have brains and brawn, wow, they have to stop and rethink what they've been brainwashed to believe.

Man usually find ways to seduce a girl yet it is sometimes too awkward to immediately express your urge towards one woman who is very descent and conservative like many women living in Asia. Asian women are mostly sensitive and conservative. Some of them are still treasuring their cultures and still practicing their tradition, Virginity is very important for it symbolizes the purity. 

Most importantly, you must come across as sincere or she will most likely interpret you as some flirt waiting to pounce on Asian girls. Let your real personality shine through your online conversations and your manner of approach. But do not expect her to be direct and straight forward like any other western girl. Asian women are brought up in such a way that they do not admit their feelings easily and when she like someone, she is more likely to drop hints rather than a direct confession. A traditional Asian girl looks for a man who is honest, faithful and can provide a stable lifestyle.

So to all the guys who are very interested in winning a woman's heart here are some tips:

1) Be yourself:

You don't actually need to please a woman by pretending and offering her gifts. Asian women are actually pleased by guys who have a sense of humor and tends to show who they really are. Girls don't usually believe at love at first sight you really have to work hard to show your sincerity. You have to be genuine and be confident with what you have and what you are, anyway girls will still love you no matter what.

2) Patience is Virtue:

Patience is very important in winning a woman's heart. Courting is one way to show your sincerity and woman usually tend to make a guy wait to measure if the man is really serious . You can offer gifts like roses and chocolates if you want but it is not a guarantee that you would have her. Letters are far more powerful than material gifts, just express what you feel and the rest will follow.

3) Be Respectful:

Treat woman as a woman in your life... not as a decoration or as an attachment for something else... Show her how much you mean to her, that you won't live without her. Try to Respect her family and befriend her friends.

4) Be a man:

Don't make promises if you don't mean it. Asian woman tends to give their all to their man they love the most so don't try to mess with their heart or else you will lose the most precious treasure you can have. If you promise to love her forever then do it.

5) Be honest:

Please do not show off by impressing her with information you know about her country. It may show that you have done your homework however what she truly want is know more about you.

6) Be faithful:

Most importantly, you must come across as sincere or she will most likely interpret you as some flirt waiting to pounce on Asian girls. Let your real personality shine through your online conversations and your manner of approach. But do not expect her to be direct and straight forward like any other western girl. Asian women are brought up in such a way that they do not admit their feelings easily and when she like someone, she is more likely to drop hints rather than a direct confession. A traditional Asian girl looks for a man who is honest, faithful and can provide a stable lifestyle.

Something about Vietnam

Vietnam is a modern Asian country and it is changing rapidly. The country is currently in a stage of massive industrial expansionism and these means lots of jobs for both men and women in Vietnam. There is a problem with 'sweatshop' labour of uneducated women, often immigrants not even from Vietnam, but this problem is gradually going to disappear as the government cracks down on illegal operations. 

Vietnam does have some government corruption issues, but this is the same everywhere in the world. The difference is that in Vietnam everyone knows the government is corrupt, in comparison Americans are often blinded by their own biases and don't care that they're being swindled by men in Wall Street.

So to all the men out there you guys need a reality check. If you guys are so easily swindled by Wall Street what makes you think your opinion of Asian women is as accurate as the stock market? 

Some people just can't see the lies when they're surrounded by them.