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2023/06/18

SILVIO BERLUSCONI


Sono convinto che avanti alla morte ci debba essere innanzitutto rispetto e che solo il tempo confermi o meno il valore di una persona. Placate le polemiche di parte, solo allora la Storia emetterà un giudizio sereno su Silvio Berlusconi, perché – piaccia o meno – il Cavaliere è stato comunque un cardine della storia politica e sociale italiana, ma anche di profonde trasformazioni di costume della nostra società.

Ricordiamolo come imprenditore prima che politico, un personaggio che con la sua ascesa rampante riuscì a rompere il monopolio RAI facendo progredire l’Italia in molti campi, oltre che aver offerto un lavoro a decine di migliaia di persone. “Pagando tangenti” dirà qualcuno e può darsi, ma avrebbe potuto emergere senza farlo? Lo si è dipinto come “mafioso” e mi sembra francamente esagerato, anche se probabilmente deve essere venuto a patti con poteri forti, o non avrebbe potuto realizzare le sue attività, così come fanno (quasi) tutti. .

C’è poi stato il Berlusconi politico, un uomo capace di capire prima di altri le novità elettorali, il crollo della prima repubblica, la volontà profonda della maggioranza degli italiani di non essere governati dalla sinistra che trent’anni fa era molto diversa da quella di oggi.

E’ seguito il Berlusconi premier che ha varato riforme importanti nonostante una opposizione preconcetta, viscerale, rallentante, a volte ottusa sia da parte del Quirinale (ricordiamoci di Scalfaro), che della Magistratura oltre che – ovviamente - dell’opposizione. Tutto ciò fa sempre parte del gioco, ma con lui la Legge non è stata “uguale per tutti” perché sicuramente nel suo caso tutto è stato anche strumentalizzato, forzato, esagerato tanto che ha passato la vita a difendersi con mille cavilli, rinvii, tentativi di progetti di legge “ad personam” contro chi lo voleva politicamente morto, spendendo un patrimonio di spese legali. Un personaggio egocentrico, a volte molto, imbarazzante ma Berlusconi era anche un uomo coraggioso, diretto, trascinante, generoso tanto che infinite persone ne hanno approfittato in ogni campo e in tante situazioni.

Certamente c’è stato anche il Berlusconi donnaiolo, libertino, eccessivo, ma a ben guardare tutta la sua vita è stata “eccessiva”, perché questa era la caratteristica del personaggio, a volte insopportabile, a volte entusiasmante.

Non esprimo quindi un giudizio, ma certamente se nel 1994 avesse fatto altre scelte non avremmo l’Italia di oggi nella politica, nell’economia e nei costumi.

C’è stato poi un Berlusconi “internazionale”, in Italia sottovalutato e volutamente letto troppe volte in chiave negativa e invece molte volte le sue amicizie personali gli hanno permesso contatti virtualmente impossibili. Spesso Berlusconi non è stato “politicamente corretto”, ma è così che ha costruito (o cercato di costruire) una serie ifinita di rapporti nel mondo. Ha iniziato partite storiche per una diversa integrazione della Russia nella UE nel momento in cui i rapporti con gli USA grazie a lui erano eccellenti ma – un po' come con Enrico Mattei tanti anni fa - se la piccola Italia diventa protagonista allora dà fastidio e chi cerca di farla crescere va emarginato, magari dando grande spazio ad aspetti piccanti ma marginali, ridicoli o negativi connotandoli come fossero la sostanza. Non era così, ma così doveva apparire.

Questi aspetti di Silvio Berlusconi, spesso dimenticati, hanno fatto di lui un personaggio unico, da valutare non oggi, ma nel tempo.

Qui di seguito un ricordo del Berlusconi politico e, nello specifico, per i suoi rapporti con la Destra di allora:


BERLUSCONI E LA DESTRA DI FINI

Cominciò tutto a Casalecchio di Reno, vicino a Bologna, nella tarda mattinata del 23 Novembre 1993. Silvio Berlusconi aveva appena inaugurato un suo nuovo supermercato (che allora si chiamava Euromercato, ora è un Carrefour) e una giornalista della sede ANSA di Bologna, Marisa Ostonali, gli chiese: “Cavaliere, se lei votasse a Roma chi sceglierebbe tra Rutelli e Fini?" Berlusconi rispose “Io credo che la risposta lei la conosca già. Certamente per Gianfranco Fini”.

Una deflagrazione, una bomba. Due giorni prima Fini - complice una DC romana spappolata e dissanguata tra scandali e liti interne – praticamente da solo aveva preso al primo turno delle elezioni comunali 617.000 voti contro i 687.000 del candidato della sinistra, Francesco Rutelli, andando al ballottaggio. Erano le prime elezioni che prevedevano l’elezione diretta del sindaco e con quella risposta Silvio Berlusconi scelse chiaramente una delle due sponde, ma quella che fino a un minuto prima era considerata “la parte sbagliata”.

Da qualche mese si vociferava di una sua possibile “discesa in campo”, ma nessuno aveva ancora capito “il se e il come”, visto che Berlusconi sembrava strettamente ancorato a quel centro-sinistra rappresentato dal PSI di Bettino Craxi, un partito socialista sommerso dai marosi della tempesta di “Mani Pulite”.

Certo pochi avrebbero scommesso su un Berlusconi a fianco di una destra non ancora sdoganata e che allora era rappresentata soltanto dal reietto Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, roba da 5% o poco meno. Un partito emarginato e ripreso in mano da Fini solo pochi mesi prima dopo la parentesi di Pino Rauti e quasi per scherzo si era candidato a Roma in una “missione impossibile”.

Ma c’era in aria una grande novità che Silvio Berlusconi aveva colto prima degli altri: con la nuova legge elettorale maggioritaria tutti i voti sarebbero stati utili e buona parte del centro ex DC non avrebbe votato per gli ex comunisti.

La “bomba” fu potente: in un secondo Berlusconi rovesciava gli schemi, legittimava un personaggio in crescita (l’allora giovane Fini piaceva come volto nuovo, con picchi di audience in TV) ma facendo crollare quell’ “Arco costituzionale” che aveva emarginato per cinquant’anni la Destra dalla politica italiana.

Alla fine a Roma vinse Rutelli, ma il delfino di Giorgio Almirante conquistò il 47% dei voti.

Partì l’avventura: in poche settimane Silvio Berlusconi fondò Forza Italia con tutte le caratteristiche di un “partito-azienda” e dove i primi quadri furono i suoi manager di Publitalia. Slogan, musichette, inni, minigonne e gadget all’americana: una rivoluzione comunicativa, mentre nel frattempo Fini trasformava il MSI in Alleanza Nazionale e in poche settimane, complice il finissimo mediatore di Fini Pinuccio Tatarella, l’alleanza Fini-Berlusconi si concretizzò.

Il 27 e 28 marzo ‘94 la “gioiosa macchina da guerra” dell’allora leader del PDS Achille Occhetto (data per sicura vincente) finì fuori strada, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro sfiorò l’infarto mentre Berlusconi vinceva alla grande conquistando Palazzo Chigi: era cominciata la “Seconda Repubblica”.

Fini piazzò quattro ministri, ma di fatto iniziò un duello con momenti di autentica condivisione alternati a finti sorrisi e coltellate sottobanco.

“Non dura” si diceva dalle parti di AN pensando al Cavaliere e invece non solo Berlusconi durò, ma - quando Bossi piantò in asso la maggioranza - alle elezioni del 1996 Forza Italia surclassò nuovamente Alleanza Nazionale che, più strutturata, pensava che il partito di plastica del Cavaliere si frantumasse.

Il partito-azienda invece si consolidò e tra alti e bassi continuò una lunga sopportazione reciproca dove il Cavaliere con i suoi colpi di scena squinternava regolarmente gli accordi e gli scenari concordati, con un Fini furioso sempre costretto alla perenne rincorsa.

Un esempio clamoroso fu più di dieci anni dopo, quando – da una portiera semiaperta di un’auto in pieno centro a Milano – una sera (con l’improvvisato “discorso del predellino”) Berlusconi annunciò di fatto la “fusione” di FI con AN nel “Popolo della Libertà”.

Non era vero (quasi) niente, ma a quel punto non si poteva fare altro che confermarlo e fu l’inizio tribolato di un partito mai nato, tra aperti dissidi ai vertici come alla base. Una tensione che divenne pubblica il 22 aprile 2010 quando Fini (allora presidente della Camera) interruppe il Cavaliere che si stava scagliando troppo veemente contro le “toghe rosse” difendendo i magistrati.

Girarono parole grosse davanti alle telecamere, fino al famoso “Che fai, mi cacci?» di Fini che poi se ne andò davvero dal PDL con un gruppo di 33 deputati e 10 senatori fondando “Futuro e Libertà”, partito che guardava al centro ma ebbe una vita meno che effimera.

Una incompatibilità personale tra Silvio e Gianfranco che pesò più del dato politico: Fini non accettava i modi sbrigativi da padrone di casa tipici di Berlusconi e quest’ultimo mal sopportava il ruolo da protagonista di Fini, spesso coccolato dai media in chiave antiberlusconiana.

Le vicende personali si legarono poi a quelle politiche con Berlusconi che considerava quello di Fini un tradimento da figliuol prodigo e Fini che accusava il Cavaliere per le campagne scandalistiche dei media berlusconiani, soprattutto sulla vendita di una casa a Montecarlo a favore del fratello della sua compagna, Elisabetta Tulliani.

Gianfranco Fini - per vent’anni delfino designato alla fine rimasto senza trono - uscì definitivamente di scena con la sconfitta elettorale del 2013, mentre Berlusconi tenne duro nonostante la “legge Severino”, gli alti e bassi di Forza Italia, le indagini delle procure, gli scandali e il correre degli anni. Ritornato al Senato l’anno scorso fino all’ultimo ha voluto essere lui il protagonista, probabilmente soffrendo del crescente seguito goduto da Giorgia Meloni.

2022/03/18

Prezzi e Speculazioni italiote!



Considero Mario Draghi come un premier autorevole, ma ho l’impressione che “Supermario” sia molto, troppo attento agli interessi delle grandi multinazionali prima ancora di considerare i loro effetti per i comuni cittadini italiani.
Prima gli interessi delle case farmaceutiche che si sono gonfiate con i profitti Covid senza lo straccio di un calmiere europeo, poi il tappeto rosso alle banche che hanno fregato milioni di risparmiatori, adesso i prezzi petroliferi sui quali si sta intervenendo con grandi ritardi e dopo aver permesso profitti scandalosi.

Ne avevo scritto la settimana scorsa, colpito dai silenzi ufficiali e proprio il giorno dopo si è svegliato il ministro Cingolani che ha parlato di speculazioni, truffe, extraprofitti, manco avesse letto il mio blog. Comunque Cingolani è un ministro davvero sconcertante dichiarando pubblicamente : “Non capisco come ciò sia possibile”.

Il signor ministro non capisce?! Si chiama speculazione, quella che arriva puntuale quando un governo interviene con lentezza, permettendo utili stratosferici alle multinazionali senza scrupoli ma anche alle aziende para-pubbliche che pur dovrebbero fare gli interessi dei cittadini.

Servono poco i viaggi di Di Maio in Algeria a implorare gas se la nostra diplomazia e quella europea non riescono a convincere i paesi del Golfo ad aumentare significativamente la produzione. Paesi arabi che ringraziano Putin per l’enorme regalo portato loro dalla guerra in Ucraina e non è un caso che gli Emirati Arabi si siano astenuti anche in sede di votazioni ONU a condannare la Russia.

L’altro aspetto emblematico (e speculativo) è che i prezzi sono schizzati non appena USA e Gran Bretagna hanno parlato di embargo alla Russia. Facile per questi due paesi parlarne perché hanno una quasi assoluta indipendenza estrattiva rispetto a Putin, ma lasciando nei guai tutti gli altri, ad iniziare dai paesi europei. Il problema è acuito anche dalla ipocrisia del nostro governo: il costo del petrolio incide per circa il 35% sul prezzo alla pompa, le altre componenti fiscali, IVA e accise superano invece il 50% e – soprattutto – viene oggi raffinato petrolio che non è stato acquistato agli attuali prezzi correnti, ma stoccato a prezzi molto inferiori, senza contare che tutte le imprese petrolifere si assicurano forniture a prezzi calmierati o sono contro-assicurate rispetto alle fluttuazioni del mercato.

Per avere un’idea dell’imponenza delle speculazioni che Cingolani “non capisce” basta guardare al 2013-2014 quando vi fu una fiammata mondiale dei prezzi petroliferi.
Il 16 giugno 2014 il prezzo di greggio al barile raggiungeva il prezzo-record di 112,83 dollari, prezzo che oggi – dopo una settimana di alternanti diminuzioni, ma non se ne è accorto quasi nessuno – è intorno ai 100 dollari, ma con un prezzo medio alla pompa (fonte ministeriale del 16 marzo) di 2,18 euro al litro, mentre nel 2014 la benzina toccò il prezzo-record medio di soli 1,72 euro al litro. Una differenza alla pompa di quasi mezzo euro frutto di pura e semplice speculazione che infatti – appena si è cominciato a parlarne – per incanto si è “raffreddata”.

Comunque, se rispetto a 3 mesi fa oggi il prezzo del greggio è aumentato del 30% significa che alla pompa il prezzo della benzina dovrebbe essere aumentato di non più del 10% (un terzo del 35% di incidenza del costo del greggio sul prezzo alla pompa) a parità di “guadagno” dello stato. I carburanti sono però aumentati molto di più e la differenza è tutto maggior profitto della “catena”, dove però per oltre il 50% la catena si chiama “Stato”.

Lo Stato sta quindi generando inflazione che erode i risparmi e gli stipendi “guadagnando” molto dai rincari, oltre agli strabilianti profitti di aziende para-pubbliche come ENEL ed ENI. Si parlava di tassare almeno questi extra-profitti, ma poi tutto è evaporato e non è certo una risposta rateizzare le bollette (che prima o poi vanno comunque pagate) o ridurre di un poco le accise, visti gli extra margini.

Lo stesso vale per gli aumenti dell’energia elettrica che per quasi il 40% è fornita da energia rinnovabile che non ha avuto aumenti di prezzo, eppure con la scusa dell'aumento del prezzo del gas tra IVA, accise e balzelli vari le bollette sono più che raddoppiate.

Se lo stesso governo ha imposto lo stato di emergenza, Mario Draghi deve ora dimostrare coraggio e coerenza imponendo prezzi equi e controllati per energia e carburanti.
D'altronde non c’è libera concorrenza se di fatto un cartello di produttori (e raffinatori) fissa i prezzi a proprio piacimento, in un reciproco interesse di pochi e nel disinteresse delle inutili Autority pubbliche. Draghi dimostri insomma la sua autorevolezza ed indipendenza da quei grandi gruppi economici che troppo spesso si delineando alle sue spalle e che sembrano dettare le regole del gioco con il compiacente placet di Bruxelles.

2021/10/21

THE DAY AFTER



Serve a poco che la sondaggista Ghisleri si affanni a spiegare che su quasi 50 milioni di elettori italiani il 4 ottobre ne erano chiamati al voto solo 12 milioni, che hanno effettivamente votato sola la metà degli elettori e che domenica scorsa ai seggi ne sono andati molti di meno, neanche il 5% del corpo elettorale: la percezione (corretta) è che il PD abbia vinto e gli altri abbiano perso. 

Il centro-destra si è salvato a Trieste ma è crollato in tutti gli altri centri andati al voto di ballottaggio, come peraltro era prevedibile, salvo qualche caso davvero incredibile (come a Latina), con votanti scesi tra il 30 e il 40%.

Letta può quindi giustamente esultare, ma non solo per i risultati in sé quanto perché dalle urne esce la conferma che - se si andasse a votare con un centro-sinistra unito - il PD potrebbe vincere le prossime elezioni politiche e (dopo aver messo un suo uomo al Quirinale) Letta potrebbe quindi blindare l’Italia per i prossimi cinque anni.

Improvvisamente la possibilità di elezioni anticipate - prima fortemente sostenute a destra - sembrano convenire ora alla sinistra, anche perché gli avversari sembrano KO con il rischio di ulteriori fratture nello stesso centro-destra dove, soprattutto, non emerge un leader capace di porsi come guida stabile della potenziale coalizione.

Le divisioni a destra non hanno pagato nonostante i sondaggi perché un conto è correre ciascuno per conto proprio inseguendo l’elettorato del vicino, un conto convergere su un candidato unico a sindaco quando è percepito appartenere alla “concorrenza”. Fallite le giunte pentastellate ecco ora i voti grillini rientrare a casa PD, partito comunque capace di mantenere più o meno i propri voti. Quando a casa restano poi soprattutto gli anticomunisti, la vittoria è assicurata.

Il voto di domenica conferma anche come i rapporti PD-M5S siano potenzialmente in miglioramento sposando le posizioni di Conte, ormai specializzatosi nel ruolo di pontiere.
E pensare che al centro-destra (ormai abbonato alle sconfitte ai ballottaggi, perché il proprio elettorato è storicamente poco propenso ad andare a votare al secondo turno) basterebbe un codicillo alla legge elettorale amministrativa per sparigliare: 

“Se al ballottaggio chi vince prende comunque meno voti di un altro candidato al primo turno, quest’ultimo, essendo stato il più votato, è allora eletto sindaco.” 

Sembra una banalità, ma è un caso ormai diffuso che chi vince il primo tempo perde al secondo per un forte calo di elettori. In fondo sarebbe una più corretta forma di democrazia, si eviterebbero dispersioni di voti su candidature senza senso al primo turno evitando che i potenziali vincitori ripudino le alleanze ai ballottaggi conquistando quindi da soli il premio di maggioranza cui aggiungere altri seggi di liste apparentate solo informalmente, ma con le quali ci sono già accordi di successive maggioranze allargate.

Si finisce presto nei tecnicismi elettorali, ma sono questioni importanti per elezioni comunali dove ormai vota meno del 40% con il risultato di sindaci eletti con anche meno del 20% dei voti rispetto al corpo elettorale.

Il centro destra si ritrova intanto in un angolo da dove sarà ben difficile uscirne perché il problema è soprattutto Draghi. Ci fosse un leader del PD come premier sarebbe plausibile una rottura di governo, ma come mettersi contro il Mario Nazionale, interpretato dai più (e soprattutto dai media) come ancora di salvezza?

Oltretutto stando mezzi dentro e mezzi fuori il governo è evidente che il messaggio all’elettorato di centro destra diventa ancora più ambiguo e poco plausibile.
Ecco perché a Letta potrebbe convenire - a primavera - di tentare il colpaccio di andare subito a nuove elezioni, anche se contemporaneamente scenderebbero le possibilità di Draghi subito al Quirinale, perché verrebbe meno un punto di riferimento certo come premier.

Fossi il leader del PD lavorerei quindi per una proroga di Mattarella per andare poi subito al voto con Draghi confermato premier, vincere, mettere un proprio uomo di fiducia al governo e poi cambiare l’inquilino sul Colle garantendo a Draghi la poltrona dorata. Possibile che i leader del PD non ci stiano pensando?

Di positivo a destra c’è solo che il rischio di perdere in futuro sembra aver convinto Meloni, Salvini e Berlusconi a rafforzare l’intesa e ad insistere per non cambiare il sistema elettorale: è poco, ma è già qualcosa.

2021/07/11

NO RAGIONATO ALLA LEGGE ZAN

PERCHE’ UN NO RAGIONATO ALLA LEGGE ZAN




Se fosse possibile discutere seriamente sul decreto legge Zan senza farlo da “tifosi” credo che arriveremmo alla conclusione che qui non si tratta di negare diritti e tutela a persone quando ne hanno bisogno, ma di opporsi a una legge che rischia di diventare un tribunale ideologico liberticida, senza alcuna reale tutela nei confronti delle persone omosessuali.

A parte gli imbecilli e gli ignoranti che ci sono da sempre ed ovunque, mi sembra che per fortuna l’Italia non sia affatto un paese particolarmente ostile agli omosessuali.

Ci sono stati singoli episodi certamente da condannare, ma non sono certo prevalenti; sono infinitamente più numerose le violenze sulle donne o sui minori, tanto per fare un confronto, e quando ci sono casi di omofobia possono e devono essere regolarmente perseguiti, anche aspramente, già con l’ attuale quadro normativo.

Certamente ci sono persone che vivono il loro stato come disagio personale, ma certo non sarà una legge a risolverlo, anche perché credo che l’omosessualità sia una situazione personale assolutamente naturale e chi conosce un po' di storia sa che ha sempre fatto parte dei nostri costumi già dai tempi di Atene o dell’Impero Romano.

Il ddl Zan è invece sbagliato perché – almeno secondo me - prima di tutto è ideologicamente orientato ad imporre un punto di vista di parte.

La totale incertezza giuridica del cosiddetto “reato di omofobia” renderebbe l’applicazione della legge estremamente incerta, affidata all’ interpretazione del giudice ed esponendo legittime affermazioni di libertà di opinione al rischio di essere appunto tacciate di omofobia.

Se per esempio affermo che un bambino ha diritto ad un papà e ad una mamma sono omofobo oppure no? Se sostengo che non è legittimo “reperire” all’estero un figlio partorito su commessa da una donna sono omofobo? Il rischio sicuramente c’è e si presta ad ogni tipo di strumentalizzazione favorito da una “lobby gay” che controlla buona parte dell’informazione.

Ho sempre avuto l’impressione che promozioni e favoritismi in TV e sui giornali abbiano spesso origine tra le lenzuola, sia “omo” che “etero”. Secondo me è una assoluta verità, ma solo dirlo potrebbe diventare perseguibile.

Comunque se oggi io insulto una persona sono condannabile in ogni modo, se esprimo un giudizio con una forma adeguata credo di poterlo liberamente fare.

Se dicessi però che certe manifestazioni gay “pubbliche” non solo mi sembrano di cattivo gusto, ma a volte “mi fanno schifo” supero o no la linea rossa del punibile?

Per esempio c’erano tante persone che festeggiavano liberamente e simpaticamente ai vari “gay pride” (e siano le benvenute nella loro libertà di espressione), ma certi costumi, pose, travestimenti a me hanno fatto letteralmente schifo: potrò ancora dirlo? Non era offensivo il gay che andava in giro sculettando facendo la macchietta di Gesù con tanto di maxi-croce di cartone sulle spalle? E cosa ha a che vedere con l’omosessualità? Chi tutela e tutelerà il mio diritto all’indignazione?

Perché il ddl Zan non si limita a chiedere pene più pesanti per atti concreti di violenza (reali, non di opinione), ma costruisce soprattutto una serie di attività di “propaganda gender” (la giornata nazionale del 17 maggio, i corsi obbligatori nelle scuole, anche a bambini di dieci-dodici anni) che evidentemente servono a condizionare le libere opinioni, più che a proteggere le eventuali vittime.

Ma perché dovrei subire una propaganda in questo modo? La Zan non è una legge per “salvaguardare” ma per “rovesciare le carte” ovvero diventare apertamente fonte di propaganda. C’è di più: ogni espressione contraria in questo campo (ovvero sostenere idee “normali”, senza per questo qualificare “anormali” chi la pensa diversamente, ma dobbiamo pure intenderci) rischia di essere accusata di essere “discriminante” e quindi perseguibile.

La legge che si vuol approvare è poi volutamente scritta in modo incomprensibile.

Per esempio l’art. 1 introduce la definizione di sesso e genere. Voi per “genere” anziché scrivere semplicemente “uomo” e “donna” lo definireste: “Qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso”? Oppure “identità di genere” la definireste “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione” ??

Ma come si fa a scrivere un testo di legge così?

L’articolo 3 della legge è poi un autentico guazzabuglio, un minestrone. Nella versione emendata recita: “Ai fini della presente legge sono fatte salve le libere espressioni di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti“

Vi sembra un modo chiaro di esprimere un concetto?

Perché – attenzione - l’articolo 3 non si riferisce agli omosessuali ma ai “normali” e ai loro limiti di potersi esprimere “contro”. Fatemi capire: devono essere “fatte salve” le MIE opinioni? Qui siamo al travisamento della situazione: questo diritto dovremmo averlo già perché è nelle leggi, nella Costituzione, nei diritti acquisiti di tutti, omosessuali e non omosessuali, ci mancherebbe una legge che adesso ci “consente” di esprimere una opinione! E’ il rovesciamento dei ruoli: per tutelare una minoranza di “diversi” si conculcano i diritti della maggioranza di “normali”!

Ma gli italiani in grande maggioranza NON HANNO CAPITO di che cosa si tratti altrimenti credo che la stragrande maggioranza dei cittadini sarebbe contro questa normativa.

Si parte con questi testi astrusi e all’estero dopo leggi come queste il concetto si è esteso al punto che un giudice può perseguire un cittadino che dica “La famiglia è fondata su un padre ed una madre”!

Se io continuerò a condannare la pratica dell’utero in affitto, per esempio, potrò essere accusato di omofobia da una associazione LGBT o da un opinion leader transgender. Mi chiedo come possa il PD sostenere un simile mostro giuridico e non chiedere almeno un testo più chiaro e – sommessamente – lo chiedo anche ai cristiani che ne fanno parte perché va bene il “liberi tutti”, ma ci son dei principi che non possono essere totalmente disattesi.

Oltretutto di una legge così in questo momento non ne abbiamo alcuna necessità.

2020/12/03

La fine di una storia deve essere totale, non parziale!



Il pensiero di Ignazio Corrao lo rispetto, aggiungo la sua storia per i posteri, ma non è detto che io lo condivida.
Essere eletto nelle file di un partito o movimento politico significa guadagnarsi uno stipendio perché si è stati eletti in quel partito o movimento che sia, uscirne senza rinunciare allo stipendio è il vero tradimento.
Io non sono d'accordo, rinunciare a tutto è corretto, solo parzialmente assolutamente no.

Scrivere un post del genere non è operazione semplice, è uno di quei post che scrivi, cancelli e riscrivi. Questo è uno di quei post in cui non sei mai sicuro se sia giusto provare a spiegare tutto dettagliatamente oppure lasciare al tempo il compito di riempire le caselle mancanti.
Provo a tracciare, a grandi linee, i motivi che mi portano oggi a scrivere, dopo mesi e mesi di enorme sofferenza interiore, questo post.
Quando una lunga e intensa storia d'amore finisce, mi insegna chi ci è passato, si passano diverse fasi. Dal rifiuto di accettare che questa non sia più quella che era, quindi il rifiuto dell'idea di perdere qualcosa che si ama, si passa al disperato tentativo di recuperarla, di riavere indietro quel bellissimo rapporto che vive ancora nei nostri pensieri. Superate queste due fasi, in cui tenti in ogni modo di recuperare le cose con un atteggiamento costruttivo, di solito subentra una terza, quella caratterizzata da rabbia e frustrazione a causa di tutti i tentativi andati a vuoto, che alimentano una delusione che ti porta verso una botta di realismo e quindi dritto verso la fase 4, quella in cui sostanzialmente perdi le voglia di rivalsa e le speranze che le cose si possano recuperare. Una fase caratterizzata da tristezza, delusione, malinconia e perdita di fiducia. Fase che per fortuna generalmente passa e viene superata dalla fase finale, quella della accettazione della realtà. In cui si elabora l'accaduto, lo si razionalizza e si volta pagina, si va avanti portandosi questa esperienza nello straordinario e personalissimo bagaglio della nostra vita.

Con le dovute differenza e distinguo, quello che sto per scrivere è un post di chi è stato tradito in una intensa storia d'amore, ma che - trascorso più di un anno dall'inizio degli eventi traumatici - ha già passato le 5 fasi e può raccontare i fatti in modo sereno e razionale.
La mia storia con il m5s inizia nel 2005, avevo 21 anni, giravo il Mondo e avevo una voglia matta di cambiarlo. Quando non viaggiavo studiavo all'università (di Palermo, giurisprudenza) e detestavo profondamente la classe dirigente italiana e l'esercito di lacchè che gli andava (e continua ad andare) dietro per avere vie agevolate nella vita a scapito di altri, più meritevoli. Era l'anno in cui Beppe Grillo aprì il suo seguitissimo blog, che spinse tanti altri ragazzi a cimentarsi in operazioni di ricerca e diffusioni di informazioni alternartive. La mia storia con il m5s inizia lì, con la controinformazione che pian piano si diffonde con l'avvento dei social networks e che porta alla nascita di una vera community intorno al blog di Beppe Grillo: i meetup. All'inizio furono un caotico ma felice luogo, virtuale e fisico, ove scambiarsi idee e informazioni e coordinare azioni a livello locale (e non solo), poi divennero il volano per la presentazione delle prime liste civiche, con delle regole e obiettivi chiari e univoci (carta di Firenze) e quindi si arrivò ai V-Day e alla nascita del MoVimento 5 Stelle.

A quei tempi io ricordo cosa dicevamo, facevamo fiato sul collo per avere trasparenza dalle istituzioni e quando eleggevamo un consigliere comunale o regionale eravamo le persone più felici del Mondo perchè avevamo qualcuno che da dentro potesse tirar fuori informazioni e documenti e renderli conoscibili ai cittadini, attraverso la rete. Attraverso questa attività di divulgazione eravamo certi che la pressione su una politica autoreferenziale e senza trasparenza sarebbe stata tale da spazzarla via. Abbiamo lottato e dedicato giornate, settimane, mesi e anni interi per divulgare questi messaggi e aumentare il numero di persone disposte a farlo. Parlavamo di democrazia diretta ma il reale obiettivo era una rivoluzione culturale, fare in modo che un cittadino informato fosse un cittadino consapevole e quindi un cittadino libero, che non crede alla propaganda e alle bugie che vengono vendute come verità sui media (a anche sui social da qualche anno).

Per anni ci siamo riusciti ed è stato meraviglioso, straordinario. Una incredibile storia che mi porterò nel cuore per tutta la mia vita e di cui sono stato testimone oculare e anche protagonista. Ero in prima linea quando per anni ci siamo trovati con persone del tutto estranee alla politica e agli interessi che ci girano intorno, persone che ci hanno messo la faccia e il tempo gratuitamente, anzi spesso ci hanno messo denaro di tasca, parchè uno dei cavalli di battaglia era quello che non ci volessero barche di denaro pubblico per far politica. Era vero.
Per carità, c'erano cose che non funzionavano e andavano corrette e cambiate anche allora, ma avevamo la fortuna di avere due fondatori senza ambizioni politiche e di carriera personali, che portavano avanti una idea rivoluzionaria e non prendevano decisioni in base ad un tornaconto personale o per stare più a lungo possibile su una poltrona (anzi di poltrone non ne volevano, nè per loro e neanche per loro amici e parenti). Quando il neonato moVimento 5 Stelle prendeva numeri da prefisso telefonico alle prime tornate dove partecipavamo, io c'ero. Venivamo derisi e non considerati, ma eravamo orgogliosi di fare qualcosa di giusto. Quando il m5s ebbe i primi risultati considerevoli, nel 2012 a Parma e in Sicilia, io c'ero e non dimenticherò mai l'adrenalina di quei momenti. Allora si capì subito che saremmo entrati in parlamento con numeri importanti, e molti provarono a riciclarsi e saltare sul carro anche allora.

Solo che un signore visionario di Milano lo impedì consentendo di candidarsi solo a quelli che ci avevano messo la faccia prima nelle liste civiche, quando non c'era niente da guadagnarci. Funzionò e nel 2013 entrarono in parlamento ragazzi agguerriti, estranei alle logiche del sistema, che portarono nelle tetre stanze del potere romano una ventata di freschezza e novità. Si sarebbe potuto andare al governo subito (seguendo la logica che tutti i politicanti italici hanno sempre seguito, ossia fare sempre l'esatto contrario di quel che si dice, si vince sempre tutti), mettendosi d'accordo con quelli che avevi promesso di mandare a casa. Si preferì giustamente tener fede agli impegni presi con gli elettori e si fece opposizione vera, chiudendo la triste epoca del bipolarismo finto in cui maggioranza e opposizione fingono di litigare solo in campagna elettorale e sono sempre d'accordo sulla protezione dei grandi interessi e sulla difesa di privilegi comuni. Stessa cosa in Europa, entriamo nel 2014 e io sono il più votato e il primo capodelegazione, entriamo nelle istituzioni e ci battiamo contro il tarallucci e vino dell'establishment, portiamo fuori dati, documenti, battaglie. Ci facciamo conoscere e apprezzare. Sembrava un processo inarrestabile, eppure, a un certo punto, le cose sono iniziate a cambiare.

Il primo evento, estremamente traumatico, che cambia la storia e il percorso del m5s è datato aprile 2016. Scompare il fondatore del MoVimento 5 Stelle e con lui se ne va una sorta di filtro e di garanzia, sia nell'attuazione di scomode azioni politiche che di respingimento degli assalti del sistema. Non posso dire con certezza che tutto cambia da quel momento ma di sicuro da lì inizia un lento ma inesorabile percorso di snaturamento. Alcuni potranno dirmi, e probabilmente lo fanno con ragione, che era evidente la trasformazione già a fine 2016 e inizio 2017, quando si cambiò lo statuto e si tentò la sciagurata (e respinta) entrata nel gruppo politico dei liberali dell'ALDE. Con il senno di poi, posso anche dargli ragione, ma in quella fase io ero ancora straconvinto che quei sintomi (rivelatosi poi segnali evidenti) fossero delle piccole e superabili cose rispetto allo straordinario cambiamento che potevamo realizzare. Avevo la testa a portare risultati in Europa (dove eravamo si nel gruppo con Farage, ma avevamo piena autonomia di voto e portavamo avanti battaglie giuste, contro l'establishment, di cui ero fiero e orgoglioso) e alle regionali siciliane, dove mi sono battuto come un leone girando la mia isola comune per comune (pur non essendo candidato, come nelle precedenti) per riuscire a cambiarla. In quella campagna del 2017 ero il coordinatore dei 70 candidati del m5s. Ci siamo battuti non lasciando nulla di intentato e ci siamo andati vicini. Da lì via la strada verso le politiche del 2018, qualche mese dopo, in cui visti gli ottimi risultati siciliani (anche nei Comuni, che coordinavo) mi viene chiesto di coordinare i referenti di ogni Regione a livello nazionale.

Nel 2017, esattamente nella nostra kermesse di Rimini, si procede anche all'elezione del nuovo capo politico (senza alcuna competizione interna vince Di Maio), una figura che doveva avere solo un valore formale, in quanto richiesta dalla legge, ma che si trasforma presto in una sorta di figura monarchica investita di pieni poteri esecutivi e nessun contrappeso. La successiva campagna delle politiche è un altro passaggio problematico che snatura il m5s, un po' per via della assurda legge elettorale (mista e senza preferenze) e un po' per responsabilità nostra, che avalliamo tutti la ricerca dei nominati all'uninominale nella "società civile", ossia al di fuori dei nostri gruppi e dei meetup. Scelta dettata dalla volontà di incassare il massimo risultato possibile aprendo e allargando la base e che effettivamente porta al raggiungimento del risultato sperato. Ma quale è stato il prezzo da pagare?
Il ritorno in parlamento nel 2018 è stato trionfale. Riconosciuti universalmente come i vincitori delle elezioni ci si mette al lavoro per andare al governo e realizzare il nostro programma, così come promesso in campagna elettorale. Dopo varie vicissitudini si riesce a trovare una quadra e con un "contratto di governo", votato e sottoscritto, si sancisce la nascita del governo Conte I.
Nei primi mesi dai neofiti di Governo, il moVimento 5 Stelle ha la spinta del popolo e dalla gloriosa campagna elettorale appena conclusa e fa il MoVimento 5 Stelle: impone il rispetto del contratto, detta i tempi e l'agenda, fa pesare il suo 33%, quindi essere 2/3 della maggioranza e trasforma in legge alcuni dei punti salienti della campagna elettorale (reddito di cittadinanza, decreto dignità, spazzacorrotti, inizia l'iter per taglio vitalizi e taglio parlamentari ecc). Remiamo tutti nella stessa direzione e rivendichiamo con forza, sui media e sui territori, il lavoro che si sta portando avanti, Poi, ad inizio 2019, qualcosa si inceppa e cambia irreversibilmente. Sarà stato l'abituarsi allo strabiliante luccichio dei palazzi ministeriali romani o aver iniziato ad ascoltare più i superburocrati dello Stato che gli inascoltati cittadini? Questo non lo so, ma di sicuro da lì in avanti qualcosa si modifica e si trasforma ad un ritmo costante ed esponenziale, come in una folle corsa verso il baratro.

Nel rapporto con la Lega nord qualcosa comincia a non funzionare. Salvini acquisisce troppa popolarità e incute riverenza in tantissimi esponenti del m5s, che di fatto cominciano ad assecondarlo e inseguirlo. Quello è il primo momento in cui capisco che qualcosa non funziona più, che forse si è rotto irreparabilmente. Ma ancora sono nella fase 2 della fine dell'amore e sono convinto che la crisi sia passeggera e recuperabile, come altre avvenute in passato. Invece non è così, provvedimento dopo provvedimento Salvini si mangia il m5s al governo e inverte i rapporti di forza, che si materializzano in un raddoppio dei consensi della Lega alle europee a fronte di un dimezzamento dei consensi del Movimento 5 Stelle. Si, le europee, una campagna elettorale in cui si è fatto tutto quel che di sbagliato si poteva fare. In preda alla paura (che rappresenta il peggior nemico di chi è nella posizione di dover decidere qualcosa), la dirigenza del movimento che nel frattempo si è trasformato in un partito iperverticistico, decide su suggerimento di qualche sondaggista di puntare su 5 capoliste donna (stessa operazione fatta da Renzi, con successo, 5 anni prima). Il sacrificato capolista nella circoscrizione più piccola, quindi quella con meno spazio, sono io. La considero una cosa ingiusta (ero il capolista stravotato dagli iscritti, rimosso di imperio per essere sostituito da una esterna sconosciuta) e una estrema mancanza di riconoscenza (nei miei 5 anni mi ero battuto senza sosta per il m5s e tutti i suoi esponenti sia in Europa che sul territorio, sacrificando tutto il tempo libero e ogni rapporto personale. Avevo pure lasciato da sola la mia compagna per tutta la gravidanza e il primo anno e mezzo di mia figlia) ma vado avanti senza batter ciglio e nonostante debba correre azzoppato da tutti i lati (oltre ad essere rimosso da legittimo capolista, cosa che come sanno tutti gli addetti ai lavori, vale migliaia di voti di preferenza in più, nella nostra lista di 8 persone c'è una candidata che si chiama Corrado, che giocoforza avendo il cognome quasi uguale al mio comporta la perdita di altre migliaia di preferenze, essendo i nomi scritti a mano e facilmente confondibili, quindi annullati e dati come voti di sola lista) faccio lo straordinario risultato di circa 116.000 voti di preferenza, secondo più votato in tutta Italia per pochissimi voti nonostante gli handicap con cui ho dovuto correre. Quasi 50.000 in più rispetto a 5 anni prima in cui ero stato il più votato d'Italia e quasi 30.000 in più della capolista nominata (non eletta e quindi paracadutata al governo, in pieno stile partitico italico).

Mi ci sono voluti mesi per smaltire le tossine di quella campagna elettorale. Nel 2014 era stata bellissima, entusiasmante. Facevo autostop (anche dopo essere stato eletto ;-)) e dormivo a casa di attivisti. Nel 2019 di movimento era rimasto poco, tra capoliste spinte dal partito centrale e candidati che investivano decine di migliaia di euro (provenienti da dove?) in campagne spinte come quelle che criticavamo ai partiti. Ce l'ho fatta ma è stata dura, avevo il dovere di ribadire le battaglie per cui avevamo acquisito consenso e l'ho fatto, con il dovere di proseguirle quelle battaglie lì. In quei mesi i rapporti con la Lega degenerano, la questione TAV, il tema immigrazione, la sensazione generale è che Salvini sia il capo assoluto di un governo a sua disposizione. Dopo la vittoria schiacciante alle europee questo atteggiamento si accentua e il potere negoziale del m5s sparisce. In estate, prima del famoso suicidio politico salviniano del Papeete, sembra che si stia per procedere ad un rimpasto in cui il m5s è ormai inerme e pronto a cedere su tutta la linea pur di restare al governo. In tutto ciò il m5s continua ad essere rappresentato dagli stessi protagonisti del disastro delle europee, che in qualsiasi partito del mondo civile si sarebbero dimessi convocando un congresso ma da noi, naturalmente, no.
Ricordo i giorni della fine del Conte I in maniera molto lucida, la Lega con prepotenza dettava condizioni su ogni cosa e il m5s incassava senza proferir parola. Ricordo discussioni con molti altri portavoce in cui mi si chiedeva di abbassare i toni su Salvini e la Lega perchè non si poteva rischiare la crisi e il voto (si usavano esattamente le stesse parole che si usano in questi mesi con il PD). Dopo essermi lamentato più volte, sia all'interno che pubblicamente, sulla lega e su come stesse degenerando il nostro rapporto con loro, sbottai definitivamente con questo post (https://www.facebook.com/Corraofb/posts/3017277418299399) in cui chiedevo di farla finita. Il m5s non fece comunque nulla, ma poi magicamente ci pensò Salvini, che fece tutto da solo. Inutile che vi dica che gli stessi che invocavano calma e rispetto nei confronti di Salvini (mentre attaccavano il PD) cominciarono a fare l'esatto contrario con una invidiabile nonchalance.
Quindi arriva il Conte II, rigorosamente negoziato dagli stessi che avevano invertito il rapporto di forza con il PD, con protagonista al tavolo tal Spadafora, politicante italiano che dopo aver fatto il giro delle 7 chiese (raccogliendo nomine dall'UDEUR alla margherita di Rutelli, passando per i Verdi e arrivando al PDL) trova l'anticamera del successo diventando assistente di Luigi Di Maio, luogo che gli vale la nomina prima in parlamento, poi come sottosegretario nel Conte I e quindi addirittura Ministro del m5s nel Conte II. In questa negoziazione ci si dimentica che il m5s aveva il 33% e il PD il 17%, si cede di tutto ma si salvano le poltrone di chi negozia, che ovviamente i dem fanno pagare care, ne parlai dettagliatamente in questo post (http://www.ignaziocorrao.it/ma-voi-siete-davvero-contenti-…/).

A questo punto, con il nuovo governo che giura, questa volta senza particolari programmi e ambizioni e con il consueto contorno di frasi fatte, la nostra storia si sposta a Bruxelles. Come sapete nei 5 anni precedenti (2014/2019) eravamo stati all'interno di un gruppo un po' strano (EFDD) insieme con gli inglesi di UKIP. Non si può continuare con loro, semmai si fosse voluto, perchè nella nuova legislatura sono in uscita per via della brexit. Quel gruppo ci aveva consentito di lavorare in modo pazzesco (gli inglesi non lavoravano, quindi tutto lo spazio era nostro), di farci conoscere e apprezzare da tutti e di mettere lo zampino su centinaia di regolamenti e direttive, lasciando una impronta del m5s sulla legislazione europea. Torniamo quindi a Bruxelles, a giugno 2019, dopo la disastrosa campagna elettorale, con 5 anni di intensissimo lavoro alle spalle e tutta la voglia di capitalizzare l'esperienza acquisita in modo più incisivo. Purtroppo, però, tutti i tentativi di formare un gruppo nostro vanno a vuoto. Quando inizia la nuova legislatura, siamo a luglio 2019, ci troviamo tristemente isolati nei "Non iscritti" ossia il gruppo misto del parlamento europeo. Così accade che, nelle more di un rapporto con la lega sempre più difficile, loro si tirano fuori all'ultimo (forse volevano rassicurazioni, non date, sul commissario europeo che erano convinti di nominare loro) dal sostegno al candidato Presidente della Commissione Europea del Partito Popolare Europea (partito che abbraccia la Merkel, Berlusconi e Orban, per capirci) Ursula Von der Leyen, mentre il m5s dichiara un sostegno che si rivelerà decisivo. Si consegna per il decisivo servizio una sorta di assegno in bianco all'establishment europeo, che si presume venga riempito prima che venga confermata la Commissione Europea stessa qualche mese dopo con il voto finale, quella sulla squadra intera della Von der Leyen.
A questo punto molti penseranno "bene, avete fatto politica e avete fatto pesare i vostri .voti". Il minimo che ti aspetti è che il Commissario Europeo lo nomini il m5s (questo dura 5 anni e sopravvive a qualsiasi eventuale cambio di governo e legislatura) e che venga risolta la questione gruppo, abilitando il m5s ai lavori in uno dei gruppi (il preferito è sempre quello dei verdi, perchè ambientalisti e sempre affini nei voti, ma loro del m5s non ne vogliono sapere in quanto lamentano la mancanza di democrazia interna). Invece non solo il Commissario Europeo in quota Italiana lo nomina il PD, il partito più sonoramente sconfitto alle elezioni, ma PD e FI si spartiscono tutte le cariche di sottogoverno nei gabinetti dei vari commissari e non lasciano neanche le briciole. Il m5s viene ricompensato per il sostegno con un "grazie" e qualche supercazzola e viene lasciato abbandonato nel gruppo misto totalmente tagliato fuori da ogni possibilità di lavorare e incidere. A novembre 2019 mi sfogai su questa assurda situazione e mi rifiutai di votare la conferma alla Commissione Von der Leyen (http://www.ignaziocorrao.it/no-alla-commissione-von-der-le…/), a distanza di più di un anno, e visto come è stato trattato il m5s, ritengo che quella fosse la scelta giusta. Sì, perchè la condizione di abbandono a distanza di un anno e mezzo (quindi con 1/3 di legislatura praticamente buttata nel cesso), non è affatto cambiata. Siamo ancora nel gruppo misto (questo ricordartelo agli analfabeti funzionali che attaccano chi critica dicendo corbellerie del tipo "volete andare nel misto") e dei voti decisivi tanto decantati da alcuni miei colleghi si sono scordati tutti. L'assegno in bianco è stato compilato e incassato dal PD.
Quello è il momento che segna la prima grande spaccatura, una differenza di visione su quel che è il nostro mandato ed il significato del voto espresso al m5s. Si tira avanti per qualche tempo, fino a quando a gennaio Di Maio si dimette da capo politico. Si dovrebbe votare un nuovo capo politico entro febbraio per regolamento, ma i 30 giorni passano senza che Crimi abbia neanche pensato a come farle queste elezioni (o congresso) e con marzo arriva anche la pandemia che sospende qualsiasi velleità democratica. Che non ci sia voglia di alcun confronto interno lo dimostra il fatto che anche quando si potrebbe procedere a un congresso (d'estate), si preferisce andare a mare o fare disastrose campagne elettorali piuttosto che dotare di una leadership legittima e di democrazia interna il partito di maggioranza relativa che governa il nostro Paese. In qualsiasi Paese democratico una cosa del genere sarebbe stata inaccettabile, da noi invece è stato normalissimo che per quasi un anno decisioni delicatissime siano state prese da un cerchio magico a titolo personale senza alcun confronto e legittimazione interna.

Il resto è storia recente, in un crescendo di tensioni e con una gestione sempre più opaca e autoreferenziale. Dalla questione nomine, tra cui la clamorosa vicenda descalzi-profumo, https://www.facebook.com/Corraofb/posts/3612596045434197, che fu secondo me la vera causa del primo procedimento disciplinare nei confronti miei e dei miei colleghi (oltre a mettere un riflettore su una cosa scandalosa che volevano far passare nel silenzio generale, in quel caso facemmo notare che chi parlava e negoziava a nome del m5s lo faceva a titolo personale e non aveva alcuna legittimazione a farlo, cosa talmente evidente che li mandò in bestia), passando per i continui ammiccamenti e favori ai grandi poteri di questo Stato che erano sempre stati tutelati dall'intero panorama politico italiano, tranne il m5s. La gestione delle nomine meriterebbe in realtà un capitolo a parte, visto che in quanto a trasparenza il nuovo m5s è stato campione di opacità. Nessuno sa quante persone sono state nominate, chi sono, che titoli hanno e quanto guadagnano. Nei ministeri, nelle partecipate, nelle agenzie, nei parlamento, La nostra battaglia per la trasparenza e meritocrazia è un ricordo lontano. Quando fai tutto di nascosto e non è possibile avere informazioni è normale che poi nascano legittimi dubbi e sospetti.
Una menzione la merita anche l'assurda gestione delle regionali, dove dopo una serie di contraddizione e l'esperimento di presentarsi con le accozzaglie dell'ultimo minuto che avevamo sempre combattuto, di fronte ad una debacle totale abbiamo ascoltato "i dirigenti" esultare perchè i cittadini avevano votato per mandare a casa un po' di parlamentari (probabilmente anche loro stessi). Anche il collegio dei probiviri che viene azionato a chiamata e che interpreta le regole per alcuni e le applica per altri merita una menzione, o ancora una comunicazione totalmente fuori da controllo democratico che "spinge" alcuni (per amicizia? per ricatto?), isola chi esprime pensieri critici e ignora i tanti portavoce capaci che giornalmente lavorano per trovare soluzioni ma restano sconosciuti e ignorati, o ancora un indirizzo di voto e dei messaggi politici sempre più allineati al centrismo italico, sempre più vicino al PD e a Forza Italia, o una gestione sempre più oligarchica e confusionaria, dove annunci, slogan e sondaggi hanno preso il posto di idee, partecipazione e coraggio. Un movimento di cittadini che si mettevano in gioco per cambiare in meglio le città in cui vivono, sono stati progressivamente rimpiazzati da professionisti della disinformazione e avanzi di sistema.
Attenzione, parliamo di un processo incontrovertibile ma ancora in corso (significa che ancora ci sono molti cittadini che in buona fede corrono sulla ruota del criceto) e non voglio lanciare alcuna accusa generalizzata, dentro ci sono ancora bravissime persone che agiscono mosse da nobilissimi ideali, sia vecchi che nuovi. Molti di loro li conosco e so che hanno bisogno di tempo per processare e metabolizzare quel che è successo e che sta succedendo. In compenso ci sono anche molti che si sono abituati alle comodità della politica, e agiscono mossi dal terrore di tornare alla loro vita precedente e tanti altri che osservano silenziosi in attesa di capire se possono prolungare la propria presenza nelle istituzioni. Il tema del secondo mandato più che un tabù sembra uno spauracchio e mi sembra abbastanza evidente che ci sia una condivisa volontà di superarlo (con delle deroghe) o aggirarlo (con le nomine). Sarebbe bizzarro se una regola creata per evitare il professionismo della politica fosse applicata solo per i ruoli elettivi (che sono peraltro i più controllabili e democratici) e consentisse invece di campare di politica, ad altissime cifre, per non si sa quanti altri anni attraverso le nomine in governo, sottogoverno, gabinetti e staff vari, partecipate, regioni, comuni.
A tutti questi eventi, per dovere di cronaca, aggiungiamo la triste recente consuetudine di venire aggrediti per aver difeso il nostro programma elettorale, come la posizione intransigente contro il MES che portò al primo procedimento disciplinare oppure il recente voto contro la PAC, in linea con il nostro programma e con tutte le associazioni ambientaliste, ma che ci è valso vari schizzi di fango da parte del movimento che si è schierato con PD e Forza Italia. Ma di giravolte politiche, di risonanza mediatica inferiore, ne abbiamo viste anche altre, sulle foreste, sulla tutela degli animali, sulle rinnovabili, sul gas e l'idrogeno da fonte fossile o ancora sulla TAV, sul TAP o sull'ILVA.

Parlando di queste ultime due non si può non fare menzione dell'assurda situazione pugliese (gli iscritti decidono di non allearsi con il PD, la gente ti vota come alternativa e subito dopo le elezioni entri in maggioranza?) e la ciliegina sulla torta degli "Stati generali", organizzati da una società (pagata quanto e come?) che si è occupata di risolvere conflitti per la società autostrade di Benetton (verso le quali gli annunci si sono sprecati ma le concessioni non sono ancora state tolte) e i territori, o di far digerire alle comunità locali progetti come il TAV o la gronda di Genova. Insomma una società con una perfetta expertise di far credere ai pochi rimasti (su 190.000 iscritti hanno partecipato 8.000, al grande evento di chiusura aspettato anni c'erano in media collegate 3-4.000 persone, il 2% degli iscritti, con nessun interesse da parte dei cittadini) di essere parte di un processo democratico che in realtà era indirizzato dal principio, in cui nessuno si è preso la responsabilità politica delle proprie azioni (ma che rivendica solo i successi, anche quando non ci sono) e nessuna discontinuità e cambio reale è stato prospettato. Anche chi li ha seguiti ha difficoltà a capire che razza di congresso sia stato, cosa si sia deciso. Infine si è anche deciso di censurare le voci critiche tagliandole dal momento finale dedicato ai 5 minuti di comizio a testa (caso eclatante quello di Piernicola Pedicini). Una volta che gli argini sono rotti non sai più cosa aspettarti, cosa dovrà essere ancora giustificato o sacrificato sull'altare del governo. Governo che deve sopravvivere sulla logica del "meno peggio" (e su questo posso anche essere d'accordo) con la continua minaccia verso i parlamentari che se non fanno quel che i "vertici" gli dicono di fare si torna a casa. Eppure si potrebbe anche reggere la maggioranza pretendendo che vengano rispettate le buone linee politiche del programma del m5s, che a differenza dell'altro partito che impone uomini, temi e agende, avrebbe anche vinto le elezioni nel 2018. Mettici pure che nel nuovo partito non è più un motivo di indignazione che un candidato (esterno e sconosciuto a noi del m5s) avrebbe preso, secondo la trasmissione report e vari altri giornali, cospicui finanziamenti da lobbisti in campagna elettorale, in barba a tutte le regole e principi del m5s. Oppure mettici che ormai è accettato che i massimi esponenti del m5s non si consultano più con la base degli attivisti e iscritti del m5s ma con i vari Gianni Letta e Massimo D'Alema, e lo fanno con la stessa naturalezza con cui lo farebbero gli esponenti di UDC, NCD e UDEUR.

Ultimi appunti, dopo aver aggirato una posizione politica di lotta al neoliberismo e allo strapotere delle multinazionali (in cui io ho sempre creduto molto), agevolando ad esempio quelle aziende che sono italiane solo quando c'è da riscuotere, ma diventano straniere quando c'è da contribuire (tipo la Fiat, che peraltro possiede un non indifferente impero mediatico in Italia), è arrivata anche la presa di posizione a favore dei ricconi sulla patrimoniale affermando che il m5s è contro a prescindere. Peccato che nel m5s non se ne sia mai discusso e per me ad esempio sarebbe giustissimo chiedere un piccolo contributo a chi ha patrimoni di milioni di euro. Al posto di far pagare tutti in modo lineare attraverso l'indebitamento.
Dulcis in fundo la giravolta sul MES, con annessa presa in giro. Dire lo avalliamo ma "non lo attiveremo" è una clamorosa offesa a chiunque possiede un cervello e anche una incredibile violazione del programma elettorale. Il nostro impegno con i cittadini era di fare il massimo per smantellare, liquidare il fondo salva stati e altri strumenti di austerity. Ma davvero pensano che la gente sia tutta stupida e possa credere al fatto che mentre dici una cosa (convintamente peraltro: "siamo tutti contro il MES") contemporaneamente fai l'esatto opposto? Per mesi, anni abbiamo alzato la pressione su tutti per superare questo strumento (la riforma che vogliono avallare è la stessa a cui c'eravamo opposti un anno fa peraltro). Abbiamo massacrato comunicativamente il centrodestra e Monti per aver negoziato, avallato e ratificato quello in vigore e adesso noi al governo ne avvalliamo un altro anche peggiore? E diciamo alle persone che tanto "non lo attiviamo"? Perchè quello che c'era prima è stato attivato? E allora perchè lo abbiamo criticato e abbiamo detto di volerlo smantellare? Peraltro dire non lo attiveremo è una presa in giro colossale perchè al governo non ci sarai sempre tu e una volta che lo strumento è in vigore qualcuno potrebbe trovarsi a doverlo attivare per forza (debito insostenibile, spread ecc ecc). A quel punto partirà la caccia al colpevole che ha avallato questo strumento e questo avrà il nome di tutto il m5s (anche se la decisione di avallare viene dal solito gruppetto di persone in modo autonomo, senza alcun mandato e in piena violazione di ogni principio, battaglia e programma).

Oggi, superate le varie fasi, le delusioni, la rabbia e dopo mesi e mesi di tentativi di cambiare dall'interno andati a vuoto, vedo con distacco crescente un movimento che ormai è parente lontano di quello per cui ho messo anima e cuore per 10 anni e che ha scaldato i cuori di milioni di cittadini.
Non credete alle tante fake news che i difensori del nuovo partito mettono in giro per screditare chi voleva difendere il programma elettorale. Non vi è in corso alcuna manovra per far cadere il governo e fare cadere il Paese nelle mani delle destre, non c'è da parte mia e dei miei colleghi alcuna simpatia verso le opposizioni. Non c'è alcuna regia o partecipazione di componenti romane (Di Battista ad esempio con le decisioni che prendiamo noi eurodeputati non c'entra assolutamente niente, checché ne dicano i giornali) nella nostra decisione. C'è invece grande voglia di rispettare gli impegni presi con i cittadini e perseguirli con mano ferma, senza cedere al "volemose bene" delle istituzioni italiane, per cui le elezioni sono una formalità e le cose vanno come devono andare comunque. Credo che rispettare i programmi elettorali e la diversità per cui si viene votati non sia solo una qualità, ma un precipuo dovere nei confronti dei cittadini. Se si è deciso di cambiare programmi dopo il voto, non c'è niente di illegale, ma non mi si può rimproverare perchè non ho intenzione di farlo. Se dovevamo fare le stesse cose che fanno quelli che c'erano prima potevamo dedicarci al nostro lavoro ed evitare di dedicare 10 anni di vita a creare alternative. Io ritengo di avere il dovere di portare avanti quelle istanze di tutela del territorio, dell'ambiente e di politiche commerciali ed economiche alternative a quelle perpetrate da anni dal partito unico, a favore dei grandi e contro i piccoli. Alcuni ritengono che se si esce da un partito dopo essere stati eletti (nel mio caso 2 volte con barche di voti di preferenza, che sono certamente legati alla lista ma hanno un valore, altrimenti uno stacco di decine di migliaia di voti tra un candidato e l'altro, ed io ho corso anche pesantemente penalizzato, non avrebbe ragione di esistere) ci si dovrebbe dimettere, anche io ero di questo avviso. Il problema è che in questo anno chi gestisce il m5s sta violando tutte le regole e tutti i programmi per cui siamo stati eletti, mentre alcuni di noi li stanno rispettando. Mi chiedo quindi se non si dovrebbe dimettere chi, dopo essere stato votato per portare avanti un programma alternativo, continua ad imporre azioni e voti riconducibili a PD e Forza Italia. Mi chiedo se non si dovrebbe dimettere chi contravviene al nostro statuto svendendo il nostro programma elettorale, chi prova a giustificare oggi in modo improbabile (avete sentito anche voi la supercazzola "avalliamo il nuovo MES ma siamo contrari e con noi al governo non sarà mai attivato"? E allora perchè abbiamo attaccato per mesi quelli che avevano avallato e ratificato gli altri strumenti di austerity? Neanche loro li hanno attivati finora) ciò che è inaccertabile.

Si dovrebbe dimettere che sta utilizzando da mesi la comunicazione del fu Movimento 5 stelle per confondere e disinformare i cittadini (negli ultimi mesi ci sono decine e decine di esempi di tentativi di giustificare l'ingiustificabile e di spostare l'attenzione altrove). A me sembra nettamente più grave imporre un cambio di politica in corso (peraltro senza alcun confronto democratico). Quindi se qualcuno dovrebbe dimettersi è proprio chi sta facendo questo, lasciando attraverso le continue giravolte senza rappresentanza milioni di cittadini che ci hanno votato per fare qualcosa di diverso rispetto a quello che hanno sempre fatto centrodestra e centrosinistra, cittadini che hanno votato un programma e sono rimasti orfani di rappresentanza.
Capisco anche l'imbarazzo del collegio dei probiviri nell'irrogare sanzioni, considerato che vengono azionati con chiamata dall'alto e sulla base del principio per cui le regole si interpretano per alcuni e applicano per altri (violazioni regolamentari ben più gravi non hanno portato neanche ad apertura di procedimento, è facilissimo verificarlo). So benissimo che sono in imbarazzo perchè espellerci per motivi politici (perchè di quello si tratta, non essendoci nient'altro) è cosa non piacevole per chi deve farla. Siccome nel procedimento precedente le nostre osservazioni, motivate in modo dettagliato, non furono prese in considerazione, questa volta gli togliamo l'imbarazzo e il problema e salutiamo prima della sicura sanzione che gli viene chiesta nei nostri confronti. I due procedimenti disciplinari nei nostri confronti sono medaglie al petto per aver tenuto la barra dritta nonostante le pressioni. Perchè un programma elettorale vale sicuramente di più di una maggioranza che si forma (dopo chiamate da Roma?) grazie ad alcune persone esterne al m5s che fanno parte della delegazione europea. Ho difeso il nostro programma elettorale e le nostre posizioni originarie (risoluzioni aiuti economici in cui c'era anche il MES e Politica Agricola Comune) e ne sono fiero, non ho mai avuto problemi per mancato rispetto di impegni presi con i cittadini, per mancate restituzioni o per atteggiamenti scorretti, parliamo solo ed esclusivamente di questioni politiche e di programma (ovviamente tutto lascia pensare che i procedimenti per quei voti siano in realtà per posizioni politiche espresse contro i vertici, tipo sulle nomine e sull'illegittimità di ogni decisione presa senza leadership elettiva). C'è anche un problema di agibilità politica, è passato un anno e mezzo dalle ultime elezioni europee e ancora non abbiamo avuto modo di lavorare nella nuova legislatura, essendo tagliati fuori nei "non iscritti".

Essere o non essere in un gruppo significa poter rappresentare o meno i cittadini che ci hanno votato, in questa legislatura non ci è stato consentito farlo. Mentre nei 5 anni della passata legislatura eravamo stati tra gli eurodeputati più produttivi di tutto il parlamento, mettendo mano su centinaia di regolamenti e direttive, in questa legislatura il m5s è spettatore dei lavori europei. Non è accettabile, è già stato buttato via quasi 1/3 di legislatura senza poter lavorare.
Sia inoltre chiaro che ad impuntarmi su questioni di principio io ho solo da perderci. Perchè di scemenze in giro ne ho sentito parecchie, peccato che lo capirebbe anche un bambino che se uno degli esponenti più visibili e conosciuti, come me, avesse abbassato la testa e l'ascia di guerra agevolando le giravolte, ne avrebbe guadagnato sia in visibilità, che in protezione, che in prospettiva di carriera futura, come molti miei pari grado stanno facendo. Anzi ad andare contro determinati interessi come abbiamo fatto alcuni di noi ci si espone a possibili ritorsioni. Non conviene, anche perchè spesso non viene affatto compreso.
Così come si deve essere dei perfetti imbecilli (o profili fake o analfabeti funzionali) per venirmi a dire che ci lamentiamo perchè vogliamo andare nel misto (visto che tutto il m5s in Europa è già nel misto da maggio 2019, isolati dai lavori parlamentari europei) oppure mettendo in mezzo l'infame tecnica di insinuare questioni di soldi (sono perfettamente in regola con tutti i miei colleghi, tutti e 14 esattamente nella stessa identica situazione con le restituzioni in Europa, sfido chiunque a dimostrare che abbiamo versato 1 solo euro in meno degli altri colleghi del m5s) o adducendo a interessi personali quando, come spiegavo sopra, uno nella posizione mia (invidiata da centinaia di lacchè) standomene buono con chi sta al vertice e chi ha potere (non solo nel m5s) avrei avuto la tavola apparecchiata per tanto tempo e la protezione del sistema.

Ma come avrete intuito preferisco le sfide e non alcun problema nel tornare a lavorare fuori dalla politica e dal denaro pubblico, come sempre fatto da tutti i miei familiari e da me stesso da quando avevo 16 anni. Sarei anche un avvocato tra le altre cose, iscrivermi all'albo e dedicarmi ai diritti delle persone da quel punto di vista è una opzione, così come tante altre sfide e idee nel mondo privato non mi spaventano affatto. Ma solo dopo aver fatto il massimo fino all'ultimo giorno di mandato e aver tentato tutte le strade possibili per la realizzazione di quei giusti programmi e quei cambiamenti per cui ho messo la faccia e battagliato finora. Ci ho provato con tutte le mie forze a cambiare le cose da dentro, lotto da più di un anno e in tutti i modi possibili, con la gentilezza, con la diplomazia, con i voti, con il dialogo, con i blocchi, con le dichiarazioni, con le telefonate, con qualsiasi mezzo che la politica e la diplomazia mettono a disposizione. Sono arrivato, con altri, alla conclusione che non c'è più modo di riprendere il percorso, capisco e rispetto chi ancora investe ed energie perchè crede sia possibile, ma credo che avrà solo bisogno di altro tempo per arrivare alla stessa conclusione.

L'aria dentro è irrespirabile da mesi e gli spazi di confronto interno del tutto azzerati (per questo sono aumentate le esternazioni pubbliche). Così i rapporti umani, anche quelli belli, rischiano di essere compromessi e non ne vale la pena. Io non rimpiango nulla, è stato tutto molto bello, abbiamo fatto insieme qualcosa di unico e irripetibile e sarò sempre orgoglioso di averne fatto parte, in prima linea. Che il movimento avesse un inizio e una fine era noto a tutti noi sin dal principio. Non sono nessuno per dire che è finito ma sono sicuramente in grado di dire che quelli che oggi si chiama m5s è un'altra cosa, qualcosa di più simile agli altri partiti e sicuramente qualcosa a cui, da cittadino, non mi sarei avvicinato (così come non mi avvicinai agli altri a suo tempo). Gianroberto Casaleggio diceva che i partiti, prima di scomparire, proveranno a somigliare al m5s. Purtroppo è successo l'esatto contrario grazie ad un fattore riconducibile alla natura umana che il visionario fondatore non aveva considerato.
Ho provato a spiegare le tappe di questa trasformazione e preferirei non tornare più sull'argomento. E' una cosa difficile, che fa male. E' la tua famiglia che non c'è più. Per anni abbiamo condiviso non solo un progetto, ma esperienze, emozioni, stanze e confidenze di ogni tipo. Mantengo rispetto per molti dei miei colleghi e amicizia per altri e non ho intenzione di togliere tempo al lavoro litigando con loro. Così come non ho intenzione di offendere la mia intelligenza e il mio percorso scendendo al livello di fango di alcune persone che non si sarebbero presi manco nel NCD e che una volta saltate sul carro, abusano di un simbolo e di un nome con cui non c'entrano nulla. Ma queste ultime hanno solo velocizzato e imbruttito, con grande tornaconto personale, un processo che sarebbe avvenuto comunque.

Forse sarebbe auspicabile un cambio di nome per salvaguardare il ricordo di qualcosa di molto bello, di storico, di unico, che rischia di essere rovinato anche nel ricordo, nell'immagine collettiva.
Ho scritto tanto e credo di aver spiegato più o meno tutto, citando fatti e con toni civili. Se permangono dubbi sarò lieto di chiarirli in privato e nei commenti. Qualsiasi commento, anche critico, è ben accetto solo se posto in termini civili e se inerente al post o qualche cosa che rimane poco chiara. Come ho già spiegato in post precedenti (http://www.ignaziocorrao.it/i-social-nuova-piazza-per-fals…/) in questa pagina non è concesso alcuno spazio per i profili falsi, haters, trolls o analfabeti funzionali che gli vanno dietro. Quelli che commentano dopo essersi informati da distributori di fake news ricevono l'avvertimento, se continuano li banno, non è il mio compito fare l'educatore dei social.

2020/10/22

Partiti in movimento?



Sappiamo tutti, spero, che va benissimo curare i sintomi  di una malattia. Ma non bisogna assolutamente perdere di vista la causa della stessa. Assistiamo giornalmente al putiferio che si scatena intorno a qualunque commento e relativa critica all’operato e alle dichiarazioni di un componente del direttivo di un movimento e ai suoi richiami al rispetto dei princìpi. Le critiche e relative polemiche, non hanno una base logica.

Dove sta l’equivoco? Nel non aver messo in chiaro la causa, cioè la differenza tra movimento e partito. Il partito si colloca sul terreno della politica, cioè del potere, i movimenti invece su quello del raggiungimento di obiettivi parziali. I movimenti perseguono obiettivi parziali, per questo le persone che vi aderiscono sono più numerose di quelle che militano nei partiti. Un lavoratore può essere assolutamente favorevole a difendere il proprio salario con lo sciopero ma, per quanto contraddittorio ciò possa sembrare, può allo stesso tempo votare a destra. Vi sono molte persone che solidarizzano sinceramente con le popolazioni del Terzo Mondo e dunque si spendono a favore del consumo critico e contro il Fmi, ma, all’ora del voto, scelgono partiti moderati.

Ciò costituisce una contraddizione solo se si adotta il punto di vista del piano politico, cioè un punto di vista complessivo, che dà una spiegazione, non necessariamente corretta, di tutte le parzialità riconducendole ad una sola logica. Ma non è così dal punto di vista del movimento, che ha una visione parziale. Il movimento cioè risponde ad un bisogno di massima unità per il raggiungimento di un obiettivo specifico. Porre problemi di prospettiva politica viene percepito dalla massa degli attivisti di movimento come un attentato a questo sforzo, come un tentativo di divisione, e per questo è solitamente respinto come “strumentalizzazione”.

Aderire a un movimento, accettandone le impostazioni in quanto tale, risulta tanto riprovevole se il fondatore o chiunque al posto suo, richiami ai princìpi fondanti frenando deviazioni?
La conquista di un posto accanto ai detentori del potere politico, non può far deviare un movimento dalle sue originali impostazioni. Pertanto, reclamare interventi che assecondino accordi ai fini del conseguimento di potere, significa voler trasformare un movimento in partito, o quantomeno in fronte popolare.

Altra definizione che si pone tra le due configurazioni di movimento e partito e presuppone l’accordo tra partiti al fine di instaurare un governo ben preciso, in contrapposizione ad altri, esattamente come successo, con alterne fortune, in Europa, alla fine della seconda guerra mondiale. Gridare, quindi, alla mancanza di scelte precise su temi di politica e economia nazionale e internazionale, non ha alcun senso finché permane la scelta di definirsi movimento. Semmai, il dibattito interno a un movimento, dovrebbe essere incentrato, dopo un innegabile successo elettorale, sulla possibilità e fattibilità di un cambio di obiettivi e organizzazione.

Il tutto senza strombazzamenti e accuse di centrismo o totalitarismo verso uno o l’altro difensore del principio movimentista. Cosa che farebbe presupporre il non recepimento e la non comprensione degli obiettivi accettati al momento dell’adesione al movimento stesso, oltre alla non conoscenza della differenza tra partito e movimento.

Nello scenario italiano, il successo elettorale e la possibilità di un incremento della rappresentanza del Movimento “grillino” in Parlamento, quasi impone un cambiamento di rotta e di obiettivi. Ma trasformare un movimento in partito, presuppone una organizzazione e un cambiamento tale che, se da un lato potrebbe portare alla conquista di un potere politico determinante per le scelte di sviluppo dell’intera nazione, dall’altro certamente farebbe scemare il consenso da parte dei sostenitori che non si inquadrano in una ideologia ben precisa, ma hanno deciso di dare l’appoggio a chi si proponeva il raggiungimento di obiettivi parziali e ben definiti, più vicini al sentire comune. Tra l’altro vorrebbe anche dire uniformarsi a un modo di concepire la politica e la democrazia, secondo schemi e canoni che hanno dimostrato le incongruenze della democrazia di partito.

La “democrazia dal basso”, propagandata dai capi del movimento grillino, ha delle basi che presuppongono una presa di coscienza che rasenta, stante l’attuale realtà sociale italiana, l’utopia. Intanto sembra attecchito il seme dell’informazione. Adesso deve crescere diventando conoscenza e maturare diventando presa di coscienza. Tempi lunghi dunque. Inutile schieramenti pro o contro accordi o altro. Le scelte si fanno prima. Consapevolmente. Come le scelte durante.

fonte: il fatto quotidiano

2020/06/28

I due Presidenti


Come spesso accade in momenti di ansia e incertezza, il popolo cerca figure di riferimento rassicuranti. L'Italia segnata dal Covid ne ha individuate due con chiarezza: una sta al Quirinale ed è già da prima dell'emergenza l'emblema stesso della fiducia. 

L'altra invece sta a a Palazzo Chigi e si è costruita la propria reputazione giorno per giorno, passando attraverso alterne vicende ma alla fine ritrovandosi in una posizione molto più salda di quanto non fosse quella pre-coronavirus. Giuseppe Conte, l'uomo con la pochette, sta riuscendo - non solo per meriti propri - nell'impresa di diventare "l'avvocato degli italiani" che aveva promesso di essere nel giorno del suo insediamento (con un'altra maggioranza): secondo la rilevazione Demos di Ilvo Diamanti, 6 cittadini su 10 promuovono la sua azione di governo. Un po' meno rispetto a due mesi fa, ma comunque più del Conte 1, più di Gentiloni e più dell'ultimo Renzi. Non solo, ma gli italiani credono anche che l'attuale esecutivo durerà a lungo, mentre gli elettori dei 5 Stelle vedrebbero proprio Conte come nuovo leader del Movimento.

Sul gradimento e la fiducia in Sergio Mattarella invece non c'è bisogno di sondaggi né conferme. A Bergamo, in una serata di grande impatto emotivo, il Capo dello Stato ha chiuso simbolicamente la tragedia della città più colpita dal Covid, quella dei 6 mila morti e delle bare portate via dai camion militari. A loro Mattarella ha reso omaggio, ma non senza ricordare gli errori le carenze di sistema e la necessità di riflettere su quanto accaduto.

Quando si incontrarono per l'affidamento del primo incarico di governo, Mattarella e Conte sembravano due mondi lontani e con pochi punti di contatto. Oggi il destino li accomuna nel difficile compito di risollevare l'Italia. Buona fortuna, presidenti.

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