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2012/12/11

Dieta per la vita

Dieta per apparire o essere? Dieta per la vita!


Parliamo di diete dimagranti oggi e a ragion veduta.

Le diete, gioie e dolori per una buona parte della popolazione italiana, orfana della nostra Dieta Mediterranea, apprezzata anche all’estero e mai fuori moda, che poi proprio nostra non è ma viene praticata con diverse varianti anche in tutti i Paesi che si affacciano al Mediterraneo.
Come i media ormai ripetono da anni i dati sull'obesità in Italia sono allarmanti. Secondo i medici italiani, se non si invertirà la tendenza attuale, un italiano su tre sarà obeso entro il prossimo decennio e l'allarme è stato lanciato dell'associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, non certo da uno sprovveduto ministro della sanità. L'alimentazione e gli errori a tavola sono uno dei motivi di maggiore tendenza all'accumulo dei grassi nel corpo, ma è importante anche notare che è la mancanza di attività fisica che comporta l'appesantimento.


Il problema italiano, direi che si tratta di un falso paradosso in tutta questa vicenda, è rappresentato dalla ricchezza e disponibilità di denari quando si tratta di sedersi a tavola. Besterebbe vedere cosa accade in occasione delle feste comandate andando a scoprire come si spendono risorse importanti fra pranzi e cenoni troppo spesso di una ricchezza spropositata rispetto al livello sociale di riferimento. E dovrebbe suonare come un campanello d’allarme conoscere che nonostante la crisi noi contiamo ancora oltre sei milioni di obesi, e questo con una crisi conclamata, contingente e secondo me non ancora reale. Infatti, e non stupisce più di tanto, è vero che i consumi degli italiani si sono contratti in questi due anni a livelli propri dell’inizio degli anni settanta ma, non si assiste alla stessa contrazione di consumi negli altri Paesi anche europei coinvolti nella crisi mondiale che pure scontano situazioni peggiori della nostra. Segno evidente che da noi i consumi erano esageratamente gonfiati per effetto di una falsa ricchezza, che ricchezza non era e mostrava una falsa immagine delle reali disponibilità di spesa del popolo italico.

Se analizziamo lo status sociale dei disperati, di quelli che si lamentano più o meno a gran voce delle difficoltà a spendere e risparmiare, causa aumento sconsiderato della pressione fiscale, si scoprirà che costoro erano disperati ben prima che la crisi mostrasse i punti deboli di una certa parte della popolazione. Quegli stessi disperati che non esitano a sorbirsi ore di code al freddo per acquistare prodotti di effimera importanza quali telefonini e televisori, la coda per le ultime novita’ di Louis Vuitton o quelle per acquistare i capi della nuova collezione di Prada. Diciamocelo francamente come è la situazione italiana.

Tornando quindi all’argomento di questo articolo va sicuramente analizzato lo spirito, la filosofia con la quale l’italiano affronta il suo stato fisico, l’aspetto fisico ahi noi più che quello mentale ma tant’è, e si rende conto della necessità di ridurre il proprio peso in tempi e quantità accettabili con lo stato fisiologico. 

Si dice dunque con dati ricavati da approfondite analisi di eminenti scienziati, che entro il 2025 gli obesi in Italia potrebbero diventare oltre venti milioni, non quantificando quell’oltre venti per cento che oggi si identifica con numeri vicini ai venti milioni di itialiani e che potrebbe esser parente dei trentamilioni e sicuramente sempre un terzo, ora e anche fra dodici anni, della popolazione. Ormai è un dato di fatto: l'obesità in Italia tende ad anticipare sempre più verso l'età infantile. I dati più recenti, indicano infatti che nel nostro paese il 30-35% dei bambini sono sovrappeso (cioè il loro peso supera il 10% del valore ideale in rapporto alla statura e alla costituzione fisica) e il 10-12% dei bambini sono obesi (per definizione in tale evenienza il peso supera del 20% il valore ottimale).
D'altra parte, troppe mamme sono ancora - purtroppo - convinte che il livello di salute si misuri sul piatto della bilancia e temono sempre che il proprio bambino non si alimenti mai abbastanza. Ma, a prescindere dalle conseguenze sul piano estetico, il vero motivo di allarme, è legato alle conseguenze a lungo termine dell'obesità, in particolare l'aumento della probabilità che il bambino diventi un adulto iperteso e vada incontro, nel corso della sua vita futura, a complicazioni cardiovascolari, dovute soprattutto all'ostruzione dei vasi sanguigni causata dall'arteriosclerosi. L'obesità, inoltre, aumenta anche la probabilità di comparsa di diabete mellito. Malattie, queste, che, per quanto finora considerate tipiche dell'individuo anziano, tendono a insorgere sempre più precocemente, interessando fasce d'età sempre più giovani.

Troppo facile dare le colpe alle merendine troppo caloriche assunte quotidianamente e del junk food.
Chi è che consegna questi alimenti ai nostri figli se non noi stessi, chi è quel genitore che rinuncia all’acquisto di una merendina per una mela da mettere nella cartella del bambino, chi è che ammette che perdere del tempo per preparare un alimento adeguato per i nostri figli sarebbe meglio invece di limitarsi a imbucare una merendina e vai... Sappiamo che l’effetto dannoso delle merendine varie è evidente, non solo nei bambini ma anche e soprattutto negli adolescenti, tutto a discapito del benessere e della salute, pregiudicata sul lungo periodo. Ma un'altra rilevazione altrettanto necessaria va fatta a riguardo dell'aumento della sedentarietà. Non dimentichiamo che la ricomparsa dell'obesità è favorita anche dallo stile di vita sedentario, e se pensiamo che i nostri giovani passano molte ore seduti a scuola, davanti alla tv, davanti al laptop o al pc di casa, appare evidente che manca proprio la base del famoso enunciato latino "mens sana in corpore sano". 
Maggiore è la durata della vita in condizioni di obesità e maggiori sono i rischi di sviluppare malattie gravi come il diabete, le malattie cardio-circolatorie e varie forme di tumore. Come invertire questa tendenza? L'invito dei medici è condurre uno stile di vita all'insegna dell'alimentazione sana e povera di grassi, composta per la maggior parte di frutta e verdura, quindi ricca di fibre, e praticare o aumentare il tempo dedicato allo sport e all'attività fisica.

E la Dieta Mediterranea allora? 

Cominciamo con il dire che la Dieta Mediterranea non è realmente una dieta, un procedimento creato con l’intento di dimagrire, semmai va identificata come un’abitudine alimentare propria di certe ben identificate popolazioni i cui Paesi si affacciano sul Mare Nostrum. In cosa consiste dunque questa Dieta e chi fu che ne scoprì i positivi effetti? Il primo a intuire la connessione tra alimentazione e malattie del ricambio, quali diabete, bulimia, obesità, colui che viene considerato il "padre" della Dieta Mediterranea fu il medico nutrizionista italiano Lorenzo Piroddi che ne scoprì e decantò i positivi effetti in una pubblicazione e in seguito in un libro di cucina. 
Probabilmente, pur avendone comprese le peculiarità non fu in grado di considerarla totalmente un’abitudine alimentare, bensi preferì trattarla come una qualsiasi dieta dimagrante e trarre dei vantaggi economici dalla scoperta attraverso saggi e libri di cucina. Fu invece, qualche anno dopo, lo scienziato americano Ancel Keys che si fece promotore dell'ampio programma di ricerca noto come Seven Countries Study e autore del libro Eat well and stay well, the Mediterranean way. Keys aveva notato una bassissima incidenza di malattie delle coronarie presso gli abitanti di Nicotera e dell'isola di Creta, nonostante l'elevato consumo dei grassi vegetali forniti dall'olio d'oliva, e avanzò l'ipotesi che ciò fosse da attribuire al tipo di alimentazione caratteristico di quell'area geografica. In seguito a questa osservazione prese l'avvio la famosa ricerca enunciata precedentemente, basata sul confronto dei regimi alimentari di oltre diecimila individui, di età compresa tra quaranta e sessanta anni, sparse in sette Paesi del mondo fra cui l’Italia. I risultati dell'indagine non lasciarono dubbi: la mortalità per cardiopatia ischemica come scientificamente viene chiamato l’infarto è molto più bassa presso le popolazioni mediterranee rispetto a Paesi, come la Finlandia, dove la dieta è ricca di grassi saturi (burro, strutto, latte e suoi derivati, carni rosse). Ancel Keys, e altri scienziati che presero parte allo studio, proseguirono i lavori a Nicotera in Calabria, a Crevalcore in Emilia, a Montegiorgio nelle Marche e a Pioppi nel Cilento. Fu proprio nel Cilento che Keys continuò a vivere per oltre 40 anni fino alla morte avvenuta ben 100 anni dopo la nascita e considerata da molti come migliore riprova delle sue teorie. 

Purtroppo in Italia, per non dire in tutto il Mediterraneo, ormai a fare da padrona a tavola è la fretta. Fretta che porta l’italiano medio a ingurgitare qualsiasi cibo che dia, nell’immediato, compiacimento e plachi la fame come un buon pasto di antiche tradizioni ma, ma che di antiche tradizioni non è. A causa della fretta come detto, preferiamo pasti consumabili in dieci minuti invece che nell’ora buona e mai troppo di più che il buonsenso dovrebbe riservare al pasto. La Dieta Mediterranea, lo sappiamo benissimo, è sana, non ingrassa, e protegge da malattie cardiovascolari e tumori, tanto che l'Unesco l'ha aggiunta alla lista dei patrimoni immateriali dell'umanità. Purtroppo però, è anche considerata costosa e non sempre con ragione, sia in termini di acquisto degli alimenti di base che la compongono sia per il tempo necessario alla preparazione dei singoli piatti e questo, sembra, fa si che sempre meno persone riescano a permettersela. Perchè dunque viene indicata come causa del suo mancato sviluppo una ragione puramente economica? Sappiamo che la Dieta Mediterranea ha potuto svilupparsi nel tempo proprio perchè si basa su alimenti di tipo comune in qualunque area considerata, ergo lungo le coste del Mediterraneo bacino marino sul quale si affacciano numerosi paesi quali la Francia, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Egitto, Palestina e Israele, Libano e Siria, la Turchia e poi la Grecia e salendo lungo la costa adriatica Albania, Montenegro, Croazia e Slovenia. Paesi con differenti tradizioni anche alimentari, parlo naturalmente di quelli islamici nel Nord Africa e del medio oriente più vicini ma anche di quelli dell’ex blocco yugoslavo che hanno abitudini alimentari maggiormente orientate verso le culture dell’est europeo. Di quale alimento si parla dunque? Dell’olio di oliva, Nella piramide nutrizionale idealizzata nel tempo per quanto riguarda questa Dieta Mediterranea, l’olio di oliva occupa un posto importante. È vero che non tutti i popoli che si affacciano sul bacino mediterraneo consumano gli stessi alimenti, ma è anche vero che tutti hanno un alimento in cui uno degli elementi principali è l’olio di oliva. Le popolazioni a maggioranza islamica di Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Palestina, Libano, Siria e Turchia, e anche la Grecia che non ha gli stessi orientamenti religiosi, ma in cucina non si discosta molto dalle abitudini e gusti del proprio ingombrante vicino turco, preparano salsine a base di legumi o aglio in cui il componente “grasso” principale è l’olio d’oliva.

La Dieta Mediterranea quindi acclamata in tutto il mondo, seguita ovunque , indicata come modello nutrizionale per allungarci la vita viene decisamente ignorata dalle nostre popolazioni che preferiscono ingurgitare tutto quello che l’industria alimentare produce piuttosto che perder tempo in cucina per la preparazione di cibi sani, leggeri, gustosi e nutrienti e rispettosi delle nostre arterie e di quella fantastica pompa che è il cuore.

La soluzione ideale

Non esiste una soluzione ideale, oltre alla succitata Dieta Mediterranea, come non esiste una dieta perfetta che si adatti alle esigenze di tutti. Siamo tutti diversi, e non parlo del colore della pelle ma del DNA che fornisce l’impronta genica di ogni individuo. È dunque questo patrimonio genomico che determina quali siano le esigenze di ogni individuo, comprese quelle alimentari ma anche ambientali e culturali. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di due discipline mediche basate sullo studio del patrimonio genetico e in grado di stabilire con maggiore precisione le migliori condizioni affinché il nostro organismo opera> Ambedue le discipline affrontano lo stesso argomento, quindi il patrimonio genetico dell’individuo, ognuna partendo differenti considerazioni eppure legate a doppio filo fra loro. Quali sono? Una è la Nutrigenetica, l’altra la Nutrigenomica.
Defizioni simili che possono indurre confusione, confusione assolutamente inestistente fra gli addetti ai lavoroi e vediamo perchè. 

La Nutrigenetica

Le scoperte più recenti sul genoma umano ci forniscono gli strumenti e le basi per comprendere i meccanismi molecolari attraverso i quali singoli geni, o loro combinazioni, rispondono ai cambiamenti nella dieta e nello stile di vita (esposizione al fumo di sigaretta, consumo di alcol ecc.), rendendo un individuo particolarmente sensibile a contrarre un certo tipo di patologia e di far luce sui meccanismi tramite i quali la dieta, influenzando l’espressione genica, può esercitare un effetto protettivo. In definitiva le potenzialità offerte da questo nuovo approccio ci introducono in una nuova era della scienza della nutrizione, la nutrigenetica. La nutrigenetica riguarda l’identificazione delle variazioni genetiche nell’uomo che causano differenze nella risposta fenotipica alle molecole introdotte con la dieta, con l’obiettivo di valutare i rischi e i benefici per l’individuo di determinate componenti della dieta. In termini pratici, con la nutrigenetica è possibile sviluppare una nutrizione personalizzata alla costituzione genetica dell’individuo, tenendo conto della variabilità dei geni coinvolti nel metabolismo del nutriente e del suo bersaglio. La nutrigenetica può avvalersi di potenti strumenti in grado di fornire informazioni specifiche, individuali e precoci, rispetto ai tradizionali sistemi diagnostici, sul ruolo preventivo svolto dai nutrienti. Sono state messe a punto tecniche bio-molecolari per caratterizzare i geni e chiarire le interazioni tra questi e i nutrienti.
Le basi concettuali di questa nuova branca considerano che i composti introdotti con la dieta possono esercitare a livello del genoma umano effetti diretti o indiretti, alterando l’espressione e/o la struttura dei geni inoltre la dieta può rappresentare un fattore di rischio o uno strumento di prevenzione per le patologie degenerative quindi il grado in cui la dieta può influenzare il bilancio salute/malattia dipende dal corredo genetico di ciascun individuo ne consegue che un intervento nutrizionale basato sulla conoscenza del genotipo e dello stato di nutrizione dell’individuo può essere usato per prevenire o curare le patologie. Con la nutrigenetica, il concetto di medicina «personalizzata» viene esteso all’area della nutrizione. La variabilità genetica individuale, determinando come i nutrienti vengono assimilati, metabolizzati, accumulati e in fine escreti, è alla base della peculiarità di ciascuno nel rispondere alle molecole introdotte nell’organismo e, in generale, agli stili alimentari e di vita. Senza dubbio però la più affascinante delle opportunità che si aprono nel campo della nutrigenetica è lo sviluppo, partendo dalle differenze genetiche individuali, di una «nutrizione personalizzata», allo scopo di ottenere una effettiva terapia dietetica «salutare» in grado di prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie correlate all’alimentazione, per singoli individui o per particolari sottogruppi. Sono convinto che assisteremo a dei profondi cambiamenti negli anni a venire anche riguardo alle diete dimagranti che non devono e non dovranno più essere riserva di caccia di chiunque ma diventare una disciplina in mano specialisti con capacità e conoscenze non solo nutrizionali ma anche genetiche, l’obesità è una malattia, non dimentichiamocelo, e come tale va curata con tutti i mezzi e le risorse che la medicina potrà mettere a disposizione di qualunque malato e non solo di chi ha ingenti risorse per pagarsi le necessarie cure.

La Nutrigenomica

È la scienza che ci dice quali cibi fanno bene e quali no, cioè lo studio degli effetti degli alimenti e componenti alimentari sull'espressione genica. Viene considerata per lo studio e analisi dell'influenza della variazione genetica sulla nutrizione correlando i geni e confrontandoli con il metabolismo e gli effetti biologici. La nutrigenomica mira a sviluppare mezzi razionali per ottimizzare la nutrizione, rispetto al soggetto genotipo. Direi che potrebbe rappresentare un miglioramento rispetto alle diete che sono molto aleatorie e non personalizzate (generiche). La nutrigenomica fu usata negli Stati Uniti per la prima volta per comprendere come mai le popolazioni mediterranee che utilizzavano l'olio di oliva, quindi una materia ricca di acidi grassi polinsaturi potesse rallentare il processo di invecchiamento di un organismo, ridurre il rischio di trombosi, infarti ecc. L'olio d'oliva chiaramente contiene anche molti antiossidanti che contribuiscono a renderlo la base dell'alimentazione detta dieta mediterranea.
La Nutrigenomica è un approccio innovativo per comprendere i problemi nutrizionali direttamente generati dalle diete e le malattie metaboliche. In alcune malattie la componente genetica e biochimica si fondono e risulta quindi importante un approccio che identifica le corrette correlazioni tra questi due aspetti di uno stesso problema. 

La cucina orientale e Cinese 

Non e' vero che i cinesi non ingrassano mai, entrambe le mie cognate assomigliano a balenottere mi diceva scherzando un collega maritato con una ragazza cinese.
Il riso nella cucina cinese rappresenta la base della loro alimentazione, ricordo che il riso è alla base della dieta mediterranea, che forse i cinesi non hanno mai conosciuto, e non sappiamo se Marco Polo abbia mai riferito qualcosa al riguardo. I cinesi mangiano riso perchè, per tradizione, avevano solo quello, il riso infatti è ricco di sali minerali e vitamine, soprattutto quelle del gruppo B, che assicurano un buon funzionamento dei processi metabolici facendo sì che l’organismo bruci meglio l’energia introdotta con l’alimentazione. Poi sono magri e longevi perchè mangiano poco e sano. Non fanno diete, ma in ogni pasto si fa attenzione a evitare lo spreco. In Cina la popolazione si ricorda ancora quando la fame era argomento comune, il cibo viene visto sotto un diverso aspetto. In casa si continua a cucinare due volte al giorno e i piatti sono così semplici e buoni che il resto del mondo comincia a accorgersi di una sua imprevista superiorità anche a tavola. Secondo me il tempo in cui la maggioranza del pianeta mangerà cinese, o comunque all'orientale non è poi molto lontano. 
Attenzione che mangiare all'orientale non significa solo mangiare quello che mangiano loro, ma cucinare come fanno loro anche i nostri piatti tradizionali, cambiare lo spirito della preparazione e della cottura degli alimenti in modo da essere naturalmente accettati dall'organismo. In Cina si moltiplicano libri e progammi, condotti anche da famosi cuochi europei, che rivelano i segreti per cui stiamo per cinesizzare anche il nostro palato. Ragione essenziale: fa bene, costa poco e si fa in fretta. 

Mia moglie dice spesso che il cibo con una gamba va preferito a quello con due e questo è migliore di quello con quattro. Una "gamba" ce l'hanno le verdure in genere, due il pollame, tre le vacche. Loro mangiano anche i serpenti, che gambe non ne hanno, le cavallette, e tremila altre cosette di cui è meglio non parlarne, comunque tradizionalmente mangiano quello che conosciamo anche noi della loro cucina. 

Per i cinesi frutta e verdure sono la base di ogni pasto e il pollame è maggiormente assimilabile di bovini, suini e ovini. Gli animali vanno mangiati raramente, solo in occasioni di festa e dopo essersi assicurati che siano stati allevati in libertà, vissuti felici e morti senza soffrire. La prima regola però èmangiare cibo vero, quanto basta e cresciuto nella terra. Le foglie sono più ricche dei fusti, l'acqua di cottura è la migliore per essere bevuta, i vegetali vanno acquistati con le radici e la terra attaccata, la tavola più completa è quella che offre verdure e frutti di colori diversi, meglio se verdi, gialli, rossi e arancioni. Capovolto, rispetto all'Occidente, anche il ruolo della carne. In Cina è un contorno, un aroma e spesso solo un profumo, nascosto tra gli ortaggi saltati, nella pasta fresca e nel riso.

L'obesità

L’obesità è la malattia del benessere, conquistato dal dopoguerra ad oggi e ancora diffuso. Il vero problema oggi è la crescita del Paese perché, siccome abbiamo un debito ingente a carico del settore pubblico che grava sulle prestazioni dello Stato, è evidente che, in queste condizioni, se non esiste una crescita economica che ci permetta di ripianarlo e operazioni di privatizzazione abbastanza ampie utili per tagliarlo, ci troveremo ad avere crescenti difficoltà per quanto riguarda il welfare, il sistema pensionistico, tutto quanto fa leva particolarmente sulla macchina pubblica. La crisi morde nel ridurre posti di lavoro, non certo nel portarci alla fame.

I grassi complessi: sono buoni o cattivi?

Gli acidi grassi e tri-, di-, mono-acilgliceroli (esteri del glicerolo o trigliceridi) sono lipidi utili per l'apporto energetico; gli acidi grassi forniscono 9kcal/g e dovrebbero rappresentare tra il 25 ed il 30% delle calorie nella dieta. Esiste una differenza essenziale nella qualità degli acidi grassi, che in prima analisi si possono differenziare in Saturi e Insaturi.
I grassi saturi sono quelli che principalmente derivano dagli alimenti di tipo animale. Sono comunemente definiti grassi cattivi perchè, pur fornendo le stesse calorie degli altri, tendono a innalzare il colesterolo LDL circolante favorendo l'insorgenza di malattie cardiovascolari.
I grassi insaturi sono quelli principalmente derivanti dagli alimenti di tipo vegetale, al contrario, sono molto utili nella conservazione e cottura degli alimenti, monoinsaturi, contenuti soprattutto nell'olio extravergine d'oliva, e comprendono anche una categoria di molecole delle quali alcune essenziali quindi polinsaturi, contenuti soprattutto negli oli da condimento, nella frutta secca, nel pesce azzurro e nell'olio di pesce. Questi acidi grassi detti essenziali (AGE o PUFA) appartengono alla famiglia degli omega3 sono contenuti soprattutto nel pesce azzurro, nell'olio di pesce, nell'olio di krill e in alcuni oli vegetali  e degli omega6 contenuti soprattutto negli oli vegetali e nella frutta secca, e posseggono funzioni importantissime per l'organismo.
In definitiva, gli acidi grassi monoinsaturi possono essere considerati “grassi buoni” purché apportati in misura idonea, quantità oltre la quale, come i saturi e i polinsaturi non essenziali, contribuiscono all'aumento del peso corporeo per deposito adiposo; mentre gli acidi grassi polinsaturi essenziali, se introdotti nel giusto rapporto reciproco (omega3:omega6 = 1:3 o più a favore degli omega3), sono considerati assolutamente “grassi buoni”.

Le diete 

Se sono troppo restrittive, si sa, non funzionano. I chili persi si riprendono tutti, rapidamente e con gli interessi. L'unica è evitare i regimi alimentari "scorciatoia" e cambiare radicalmente il proprio stile di vita. 
Una ricerca europea dimostra che si può mangiare bene senza ingrassare, scoprendo la “dieta perfetta”. Così l’ha annunciato un gruppo di ricercatori dell’Università di Copenaghen, pubblicando i loro risultati in una prestigiosa rivista scientifica, come conclusione di un progetto di ricerca che è iniziato nel 2005 e che è stato finanziato dall’Unione Europea. L’indagine è stata realizzata con un campione più che vasto, con oltre 700 famiglie europee, per fare in grado di raggiungere risultati significativi. Gli scopi della ricerca erano nobili, ho il sospetto che invece fosse il tentativo nemmeno troppo nascosto di arrivare alla “dieta perfetta” non sia altro che un bieco mezzuccio per vendere qualcosa alla massa di obesi che affollano i centri di cura di qualsiasi città europea e che vorrebbero raggiungere dei risultati apprezzabili in tempi ridotti. Il comunicato diramato dal gruppo di lavoro però nega la ricerca della “dieta perfetta”, ossia, non cercavano una dieta per dimagrire velocemente o una dieta rapida; affermano invece, che l’obiettivo era quello di trovare un regime alimentare che permettesse un’alimentazione giusta ma che consentisse anche qualche capriccio dimenticandosi totalmente delle due nuove, e nemmeno tanto, discipline summenzionate, la Nutrigenetica e la Nutrigenomica, che sono la soluzione ai problemi degli obesi piuttosto di una dieta magica che apporti benefici risultati apparenti in limitati periodi di tempo. 
Il metabolismo non modifica le proprie funzioni soltanto perchè cambiamo per un mese le nostre abitudini alimentari, servono altresì anni affinché questo risultato sia raggiunto e una educazione alimentare che porti benefici evidenti solo sul lungo periodo.

Non ci credo più, non credo alle diete miracolose, miracolose solo per che le inventa con lo scopo di aumentare considerevolmente solo il proprio conto in banca donando alle proprie vittime l’effimera sicumera del dimagrimento raggiunto per via della dieta seguita, salvo poi scoprire amaramente che la prima apparente trasgressione porta in un precipizio più profondo di quello dove si pensava di essere finalmente usciti.

Le diete da evitare 

Possiamo tranquillamente inserire quest’ultima creazione dei ricercatori Danesi, forse perchè si sono dimenticati di eliminare dalla loro dieta alimenti da sempre conosciuti come adduttori di grassi zoosteroli alimentari naturalmente presenti negli alimenti di origine animaleapportatori di colesterolo perché il suo eccesso nel sangue è responsabile dell'aumento di mortalità per malattie cardiovascolari, che non portano affatto benefici all’organismo, e da sempre alla base della loro alimentazione povera di olio d’oliva ma ricca di burro di origine animale. Secondo i ricercatori poi si dovrebbero preferire gli alimenti che si digeriscono più lentamente, tipo la carne, quest’ultima in cima alla piramide alimentare della Dieta Mediterranea e quindi in conflitto con quest’ultima che mantiene sì sempre elevato il senso di sazietà ma che aumenta le prospettive e probabilità di tumori al colon o stomaco. Questa dieta assomiglia molto da vicina alla dieta Plank (o dieta di Planck)  di cui tratterò in seguito. Diete differenti ma risultati uguali, se volete vivere a lungo eliminatela.

La dieta Plank

La dieta Plank (o dieta di Planck) è una tra le tante diete “last-minute” che si trovano sui giornali femminili e dappertutto su internet, la tipica dieta che si presenta come soluzione magica per dimagrire velocemente. Alcuni siti web dicono di non sapere nemmeno da dove sia uscita; altri invece la mettono in relazione con la prestigiosa Max Planck Society, un’organizzazione di ricerca scientifica tedesca, che invece non ha niente a che vedere con questa dieta.

Questa dieta è la tipica dieta sbilanciata, senza regole o principi nutrizionali, sebbene sia molto semplice (ed è per questo sicuramente che è popolare). È una dieta ipocalorica che prevede l’eliminazione dei carboidrati e offre un ridottissimo programma da seguire con solo tre pasti principali (colazione, pranzo e cena). Cioè, tutta sbagliata! Se avete letto alcuni articoli sul metabolismo, sulla differenza tra dimagrire e perdere peso, sulla dieta perfetta, insomma: se avete imparato qualcosa sulla vera e sana nutrizione, allora questa dieta non la seguite.
La dieta Plank non prevede pesare gli alimenti, e le indicazioni riguardo le quantità sono molto generiche (“prosciutto cotto, quanto volete” “pollo alla griglia”, e così via).

Elimina del tutto i carboidrati della dieta (né pane, né pasta, né cereali sono previsti), anche la frutta (la indica solo una volta alla settimana), e questo provoca dei gravi danni al fegato e lascia i neuroni senza la loro “benzina” giornaliera: quindi, è molto probabile che chi la segua senta spesso mal di testa.
I piatti sono principalmente proteici (carne rossa, uova sode, pesce lesso) ma anche grassi (non fa referenza a che la carne sia magra). È carente di fibra alimentare, micronutrienti e della maggior parte delle vitamine che apportano la frutta, le verdure e cereali, perciò anche seguendo la dieta Plank per pochi giorni, il corpo viene sottoposto ad un grande stress fisico ed alimentare.

Ci sono anche delle contraddizioni nei diversi siti web che promuovono la dieta Plank; ad esempio, certi siti affermano “vietata l’acqua minerale, solo acqua di rubinetto”, mentre altri suggeriscono l’uso della prima. Il programma alimentare quindi è molto ripetitivo, sbilanciato, rigido, e non trova fondamento scientifico o nutrizionale alcuno. Non è previsto nessuna fase di mantenimento né un programma di attività fisica serio. Come capita spesso con queste diete magiche le sue promesse di dimagrimento sono disparate, ad esempio dicono sia possibile perdere fino a 9 kg in due settimane. Invece, visto che si tratta di una dieta altamente restrittiva, quasi con certezza i chili persi verranno ripresi poco tempo dopo la fine del regime. La ripartizione errata dei macronutrienti, lo scarso apporto di fibre e micronutrienti, una colazione ridotta al minimo, la concessione di una cena in cui si può mangiare qualsiasi cosa, la mancanza di una educazione alimentare, sono errori gravi che violano i principi basilari di una corretta e sana alimentazione. Forse l’unico vantaggio di questa dieta è che, essendo così proibitiva, la maggior parte della gente che decide (erroneamente) di seguire questa dieta mollerà nei primi giorni.

La dieta Plank quindi? Da dimenticare.

Metodo Slim-Data

Come suggerisce il neurobiologo e nutrizionista Yann Rougier con il "metodo slim-data", frutto di 25 anni di ricerca scientifica coordinata tra le università di Francia, USA e Giappone.

1) Scegliere sempre cibi con pochi grassi
Nei prodotti a basso contenuto di grassi questi spesso vengono sostituiti da zuccheri o sostanze chimiche. Danno sapore ma sono più dannosi per l'organismo. Controllate bene l'etichetta nutrizionale.

2) I grassi fanno male
Ridurre i grassi fa perdere peso, è vero. Ma non tutti fanno male. Quelli insaturi, polinsaturi e monoinsaturi, per esempio, riducono le infiammazioni e diminuiscono il rischio di contrarre alcune forme di tumori.

3) Bere troppa acqua gonfia
È  vero il contrario. Il nostro corpo si gonfia solo quando è disidrato perché è obbligato a trattenere la poca acqua ingerita. Più acqua si beve e più la si elimina. Il quantitativo corretto è di otto bicchieri al giorno.

4) Frutta e verdura: meglio fresche che surgelate
Nel momento in cui un prodotto viene surgelato, il suo processo di deterioramento s'interrompe. Non è vero che perde le proprietà nutritive. Anzi, molto spesso è un alimento molto più sano di quello fresco che arriva nei supermercati, di media, quattordici giorni dopo essere stato raccolto dalla terra.

5) L'importante è consumare prodotti naturali
Spesso si confonde il prodotto naturale con quello bio, ma sono due cose completamente diverse. La verità è che l'United States Department of Agriculture (USDA) non ha ancora definito la parola "naturale". I prodotti etichettati come "tutto naturale" possone essere altamente trasformati e contenere ingredienti sintetici, come lo sciroppo di mais ad alto fruttosio, uno zucchero manufatto.

Il metodo Slim-Data quindi? Da dimenticare!

La dieta a punti

La dieta a punti per dimagrire mangiando ciò che volete!
Dobbiamo essere bravi in matematica per dimagrire velocemente? E sì, per forza! Molti di voi sicuramente siete abituati a sommare le calorie per cercare di raggiungere una dieta perfetta. Il problema, è che non sappiamo le esatte calorie di ogni alimento, e a volte ci troviamo in difficoltà.

Per fortuna, (fortuna?) esiste la Dieta a punti, creata dal dietologo italiano Guido Razzoli  (uno che ci conosce e capisce bene!) negli anni ’70, e che ha dimostrato essere molto efficiente per dimagrire, sfortunatamente nessuno ha mai goduto di questi vantaggi, la Dieta a Punti funziona molto bene su internet ma di risultati duraturi reali, ahime, non ve n’è traccia. In che consiste? Ogni alimento ha un suo punteggio, e per perdere peso basta sommarli e mangiare ogni giorno meno di 350 punti. È più semplice di sommare calorie, perché vi vengono dati i punti di quasi tutti gli alimenti in un listino che troverete a continuazione. Si tratta come avrete capito di una dieta generica, che non tiene assolutamente in conto nessuno dei parametri personali di un individuo ma generalizza sui punti, anche questi effimeri perchè non considerano affatto che un alimento prodotto a Palermo può avere caratteristiche organolettiche ben differenti da uno prodotto a Singapore. I creatori pongo dei paletti, si proteggono il lato B da critiche e risultati pessimi, come nella norma. Nessuna dieta è adatta a chi soffre di patologie, ecco dunque che chi ne ha potrebbe vedere gli sforzi per dimagrire non coronati da successo. I creatori di questa dieta dimenticano, a fanno finta di dimenticare, che chi è obeso soffre di una patologia, non sempre fisica, anche psicologica che lo porta a ingrassare senza riuscire a trovare la giusta via di uscita. Nel lungo periodo poi la via viene completamente persa, come in un labirinto il malato non trova la via d’uscita, cade e ricade sotto le sgrinfie di dietisti e nustrizionisti più avventati e finisce per cadere in una forma cronica dalla quale è difficilisso uscire. È inutile spiegare che in questa dieta a punti siete liberi di mangiare quel che volete finché non superate i 350 punti se poi non si va a dire al malato che qualsiasi cibo lui mangerà gli crea degli scompensi nutrizionali.  

La dieta a punti quindi? Dimenticatevela?

La dieta del gelato

“Pittoresco, molto pittoresco!” recitava un attore famoso in una pubblicita’ di alcuni lustri addietro. Corrisponde alla stessa valutazione che possiamo dare a questa dieta. La dieta del gelato? Ma mi faccia il piacere risponderebbe il buon Totò se fosse ancora vivo. Il gelato contiene glucosio, il glucosio è uno zucchero anzi è un monosaccaride, cioè uno zucchero che non può essere idrolizzato in un carboidrato più semplice. La maggior parte degli zuccheri complessi presenti nell'alimentazione viene scissa e ridotta in glucosio e in altri glucidi semplici. Il fegato è in grado di trasformare in glucosio altri zuccheri semplici, come il fruttosio e la quantità giornaliera che l’organo può elaborare è alquanto limitata, di norma si posiziona attorno ai 70gr di giorno. Pur essendo un componente essenziale della nostra alimentazione, le cellule del cervello vengono alimentate esclusivamente dal glucosio ematico sciolto nel sangue, non si dovrebbe esagerare con il consumo per non compromettere il delicato rapporto insulinico e gluconico (la sostanza che nel fegato processa il glucosio). Il glucosio in eccesso pi viene conservato dal metabolismo in alcuni tessuti, tra cui quello muscolare, sotto forma di glicogeno o nel tessuto adiposo sottoforma di grassi. Non è mia intenzione sostituirmi a chi fa della medicina il proprio mestiere, quello che posso aggiungere è che i processi che avvengono nel nostro corpo sono tanti e di una tale complessità che non si possono considerare con superficialità come chi ha inventato questa dieta. Questi specialisti, almeno si ritengono tali, che hanno creato la dieta del gelato, per soddisfare tutti quelli che impazziscono per questo classico alimento italiano; così, consapevoli delle calorie che apporta il gelato, hanno sistemato il resto dei pasti giornalieri per fare in modo di godersi almeno una settimana di gelato senza ingrassare, o meglio ancora: dimagrendo!
Pittoresco, molto pittoresco.

La dieta del gelato quindi? Da dimenticare!

La dieta sgonfiante

Un’altra bella invenzione che non ha assolutamente nessuna base scientifica ma spazia allegramente fra definizioni ad hoc messe appositamente per attirare l’allocco. Ci dicono che a volte non è che siamo ingrassati, che semplicemente siamo un po’ “gonfi”. Questo capita quando per diversi motivi non facciamo molta attività fisica, beviamo meno acqua del dovuto, mangiamo con troppa sale o in casi di stipsi. Questi accumuli di liquido nei tessuti, o alimento di lenta digestione all’interno dell’intestino, ci fanno sentire gonfi, pesanti o ingrassati; la maggior parte però di questo accumulo si trova sopratutto nella pancia, e non dispersa per tutto il corpo. Una bella notizia, noi pensavamo di essere grassi, obesi, e invece no. Basta andare sulla bilancia per capire che tutto quel cusinetto che abbiamo attorno alla vita non è grasso, nossignori, quella e’ acqua che va eliminata. Poi siccome qualcosa ve lo devono pur dire allora vi spiegheranno che in realtà la dieta sgonfiante viene realizzata passando da una dieta ipocalorica, che apporta 1200 Kcal giornaliere. Non esiste! Ogni individuo è diverso da un altro, le calorie giorno che potrebbero servire a me per vivere normalmente e senza ingrassare non sono sufficienti a un altro individuo. Però poi che c’entra? Non si era detto che essere gonfi significa avere una importante ritenzione idrica nell’organismo? Perchè mai allora dovrei attuare e sottopormi a una dieta ipocalorica? Un dubbio assale, e se invece son solo scuse? Sappiamo che il regolare consumo di acqua nella misura di almeno due litri al giorno aiuta a mantenere un adeguato livello di liquidi nell’organismo, quindi vengono espulsi i liquidi che contengono le molecole vecchie, i cosiddetti corpi chetonici, e tutt l’organismo se ne avvale in salute. Adesso ci dicono tutto e il contrario di tutto. Tu non sei grasso perchè gli alimenti e le sostanze nutritive che assumi giornalmente sono abbondantemente superiori alle necessità del tuo organismo, no, secondo gli inventori di questa dieta si è obesi perchè abbiamo troppi liquidi ritenuti dal sale ingerito in abbondanza coi cibi e che dobbiamo evacuare.
Aiuto, questo è un attentato alla nostra salute, si vuol far passare per idiota anche il più esperto individuo affinchè ricorra alle amorevoli cure di chi afferma “Non sei grasso, sei solo gonfio!”

Le diete estive

Tutti gli anni arriva l’estate e come al solito porta con sé una colossale offerta di rimedi per dimagrire “last minute”, soluzioni di ogni tipo che promettono di far perdere chili velocemente. In più, non manca la dieta che consiglia l’utilizzo di rimedi naturali o prodotti per dimagrire. In realtà, è giusto capire che non esistono prodotti per dimagrire nel vero senso della parola, e nemmeno erbe e piante che possano in qualche modo collaborare alla perdita di peso attraverso i più svariati meccanismi. La dieta perfetta non esiste, esiste la dieta personalizzata, quella che scrutta nelle vastità del genoma umano e scopre quali sono le azioni che devono essere eseguite (e anche qui non possiamo ancora dire che sia una scienza esatta) affinché si possa dimagrire senza portare altro che delusioni.
Troppo spesso ci troviamo in presenza di frustrazioni che compaiono quando ci si dimentica che i i vari prodotti e le diete sono soltanto metodi non provati, non sufficientemente valutati e adattati alle esigente di ciascuno e non il punto chiave di una strategia completa e funzionale, destinata alla perdita di peso (ossia, la riduzione della quantità di alimenti, la scelta dei cibi adeguati, l’incremento dell’attività fisica, e così via).

Conclusione (per ora)

I consigli per una sana alimentazione e le informazioni in merito ai problemi dell’obesità sembrano non interessare l’italiano che preferisce cedere al gusto e ai desideri della gola  piuttosto che dare "peso" all’ago della bilancia che sale. Un atteggiamento piuttosto dannoso, visto i risultati riportati dai media. 
I risultati riportano una percentuale di obesi in Italia altissima: sono 4 milioni e 700 mila gli obesi in Italia e in pole position troviamo gli uomini fra i 35 ai 74 anni.

Posso dedurre da questi risultati che gli anziani e gli uomini cedono alla gola piu delle donne che a loro volta sono diventate più consapevoli e attente al loro corpo, cercando di mantenere una vita più o meno attiva e adottando un alimentazione più equilibrata. 

La dieta è per la vita, ma la vita non deve essere una dieta.



2012/12/08

Stop Stalking, Now !!!

Leggo in un forum, sempre lo stesso non dubitatene, alcune fantasiose spiegazioni riguardanti lo stalker e certi comportamenti che vengono addebitati a un utente come azioni di stalking. 
Spesso, e proprio in quel caso, viene indicato un utente come il presunto stalker, a quel punto penserete che sia lui il colpevole? 
E sbagliate, lui è la vittima di stalking perpetrato da altri con il solo scopo di portare la vittima a commettere errori tali da portarlo alla fine a essere bannato dal management cieco e disordinato, incapace e sconclusionato e impreparato alla gestione di un difficile strumento quale possa essere un forum.

Gestori di forum non ci si improvvisa, si cresce e si impara dagli errori e se possibile si migliora nel tempo. Invece in quel forum di cui tacciamo il nome si continua a dare credito e spazio a personaggi di dubbia moralità che continuano nella loro azione di disturbo, trolling e stalking anche dopo che la vittima, esasperata da tali comportamenti, sia stata portata a compiere degli errori tali da essere bannata. 

Errori che si sommano al tentativo di vedersi riconosciuti dei diritti, menzionati nella legge sullo stalking, diritti calpestati dall'amministrazione di detto forum. La reiterazione delle azioni nel tempo, anche non più in presenza della vittima, anzi anche contro chi prende o ha preso le difese, va a configurarsi come la reiterazione di un crimine e pertanto punibile dalla legge che, nel caso specifico si rivarrà in prima persona contro il proprietario del dominio dove il forum è configurato, proprietario ben identificabile mediante ricerca su internet consultando un semplice sito denominato Whois.net. 

È altresì inqualificabile che certi personaggi abbiano campo libero, soprattutto se i titolari del forum sono personaggi pubblici, uno in particolare, chiamato addirittura da un canale tv nazionale per essere intervistato e proporre un modello di vita totalmente falso quale esempio. Cosa ne penserebbero gli ascoltatori se sapessero che detta persona lascia che si commettano reati così inqualificabili come lo stalking sul suo forum lasciando correre, non intervenendo, anzi minacciando a sua volta la vittima?
Credo che la sua carriera possa finire prematuramente con buona pace di tutti i navigatori che di furbetti e filibustieri credo ormai ne abbiano piene le tasche e non solo quelle.


Andiamo quindi a leggere cosa dice la legge italiana al proposito, soffermandoci eventualmente su alcuni passaggi che siano particolarmente ostici per i miei lettori.

Cosa significa Stalking, essere uno stalker? 

Perseguitare, questa è la traduzione esatta del termine "Stalking" che oggi in Italia è punito severamente.

In che cosa consiste lo Stalking? Può manifestarsi sotto varie forme ma tutte hanno in comune la volontà di perseguitare una persona, ingenerando stati di ansia, di soggezione, di paura perfino per la propria incolumità fisica o quella di persone care.

Dello stalking ne sono vittime soprattutto le donne e nel 55 per cento dei casi è frutto di una precedente relazione. Ma lo stalking non è esclusiva solo di rapporti amorosi: basta pensare che, secondo una statistica diffusa, c'è un buon 25 per cento che riguarda l'ambito condominiale e un 15 per cento i luogi e gli ambienti di lavoro.


Oggi lo Stalking è punito per legge. Recita l'art. 612-bis del Codice Penale: "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita."

Soffermiamoci su alcuni significati di questo articolo. Intanto lo stalker (persecutore) può essere chiunque, ovvero sia di sesso maschile che di sesso femminile, e quel "taluno" fa intendere che anche la vittima può essere chiunque. Quindi anche gli uomini possono essere le vittime.

L'altro aspetto da considerare è quando si parla di "condotte reiterate": qui si apre una vera e propria casistica che permette di identificare lo stalker. Le condotte (quindi diverse) devono essere "reiterate", ovvero essere perpetuate nel tempo.In pratica se la vittima per 5 giorni riceve sms, messaggi di posta elettronica, telefonate, squilli, approcci per strada, visite ecc. non può essere considerato un vero e proprio stalking. Lo diventa se questa condotta è reiterata nel tempo, anzi in un tempo ragionevole, atto a "ingenerare" uno stato d'ansia nella vittima e a fargli cambiare abitudini di vita e a riconoscere nella sua condotta il chiaro intento di ottenere questo.

Non sarebbe stalking quello di un fidanzato lasciato che per qualche giorno tenta di riconciliarsi, oppure che anche nel tempo invia qualche sms o fa qualche telefonata : l'intento deve essere chiaro è deve essere chiaramente "persecutorio".L'aspetto interessante di questa legge, una delle poche serie e ben fatta in Europa, può abbracciare anche altri aspetti della vita: la vicina di casa che mette in atto "azioni" e comportamenti tali da generare ansia, da disturbare il normale svolgimento della vita al punto da far cambiare abitudine al vicino è stalking. Le condotte persecutive, più o meno celate, sui luoghi di lavoro da parte di capi e colleghi, al fine di generare stai di ansia e di disagio sui luoghi stessi è Stalking.


Anche su internet la legge trova immediata applicazione: nelle chat, nei forum è facile riscontrare lo stalking. Se si pensa che in alcuni forum e in alcune chat spesso si assiste a vere forme di persecuzioni verso "taluni" al punto da far abbandonare gli stessi, si intuisce, come soprattutto su internet, sarà possibile essere tutelati. 


Ovviamente la legge mira soprattutto a quei casi che poi , purtroppo, spesso degenerano in reati più grave : nel 90 per cento dei casi alcuni delitti "passionali" sono sempre preceduti da un intensa attività di Stalking. Una legge che tutela soprattutto le donne, dicevamo, ma non solo. Le pene previste dalle legge sono piuttosto severe: si va da un minimo di sei mesi a un massimo di quattro anni, ma sono state previste alcune aggravanti, quali quelle nei casi di persone separate o divorziate o perpetrati ai danni di minori.


Cosa fare se si è vittima di Stalking? Il reato di Stalking è punibile a querela della persona vittima che ha ben sei mesi di tempo dal momento in cui si sono verificati i fatti per proporre denuncia-querela.La persona che è vittima di una condotta di qualcuno riconducibile allo Stalking deve recarsi presso un qualsiasi ufficio di Polizia di Stato e fornire gli estremi dello Stalker e descrivere, possibilmente con prove concrete, la condotta dello Stalker. Sarà bene procurarsi alcuni testimoni magari mostrando loro eventuali sms, oppure email, oppure facendosi accompagnare quando si è pedinate o avvicinate, usando i telefoni vivavoce quando si ricevono telefonate ecc.


I testimoni sono di fondamentale importanza e come in ogni procedimento civile saranno quelli che faranno prevalere le vostre ragioni, quindi sceglietele tra amiche e amici fidati oppure tra persone di provata morale che non si tirino indietro. Il Codice Penale, come detto in apertura, parla di "condotte reiterate" : il legislatore, in un certo senso, ha inteso proteggere la legge stessa da abusi sempre possibili.Come detto non potremo certo parlare di stalking se il collega dopo un litigio ci fa "dispetti" per qualche giorno, o se il vicino di casa alza il volume della radio per qualche giorno in seguito a una lite avuta con lei in condominio, oppure non si può parlare di stalking nel caso in cui il fidanzato o l'amante tenta di riappacificarsi con noi se per qualche giorno ci subissa di sms e telefonate.



La variabile tempo e la diversificazione delle condotte è fondamentale : se per due mesi il nostro ex passeggia per la nostra stessa strada nelle stesse ore nostre non è assimilabile allo stalking, ma se ci pedina, tenta approcci, ci insulta o tiene atteggiamenti tali da metterci ansia e paura, allora è stalking.In pratica se il nostro ex frequenta gli stessi luoghi che frequentiamo noi non è stalking, ma se li frequenta in modo che inequivocabilemnte se ne può desumere una persecuzione nei nostri confronti allora potremo far valere le nostre ragioni.
Inutile dire che in Italia i primi effetti di questa legge  sono già evidenziabili: spesso lo stalker che sa di poter essere punito desiste per tempo lasciandoci vivere la nostra vita in pace.


2012/12/05

Stai zitta cretina

Mio padre lo diceva sempre: il mondo è bello perché vario.
C’è posto per i saggi, per gli intelligenti, per i ricchi, per i poveri e non solo di danari ma anche di spirito, per i cretini.
Il cretino, secondo la Definizione sul Web: trattasi di di persona, atto o discorso che rivela stupidità; che è affetto da cretinismo; persona poco intelligente, stupido, imbecille; chi è cretino...
it.wiktionary.org/wiki/cretino.

Va bene, ero già a conoscenza della definizione, entriamo però nel significato del termine, portiamo degli esempi al fine di comprendere appieno la figura della cretina. Parente povera del cretino si atteggia per superare quest’ultimo in modo da essere assunta a riferimento della specie, dei cretini ovviamente.

Affetta da cretinismo verrebbe da dire tutte le volte che si sbatte, perchè l’incontro con una cretina non va mai considerato un contatto soft, è sempre uno scontro. La cretina fa di tutto affinché quello che sembra ovvio a tutti per lei assuma un significato diverso, a volte il contrario, non necessariamente. Potremmo dire che potendo contare sulla ristretta scorta di intelligenza che il creatore le ha riservato cerca con tutta se stessa non di nascondere il poco bagaglio di stupidità ma di metterlo in mostra ancora di più in modo da rivelare anche al più distratto dei lettori con chi si ha a che fare. Ho riportato il punto di vista del dizionario online wikipedia, su altri i dizionari, meno tirchi di informazioni leggo che si tratta di una malattia, una persona malata, disturbata, fuori controllo, caratterizzata dall’arresto dello sviluppo organico, la sua deficienza è più o meno pronunciata nelle facoltà mentali e in altri disturbi collaterali. Naturalmente parliamo del significato medico. Ma dal punto di vista sociologico esiste la figura del cretino sociale. 

Anzi, della cretina sociale. Volendo approfondire la materia s’incontrano difficoltà oggettive, le discipline sociali non si sono ancora accorte di questo grave problema sociale, la cretineria non viene analizzata come servirebbe, al massimo azzardare definizioni che non rendono completamente l’idea del prodotto finale. 

La cretina sociale non dimostra affatto maturità, tu pensi che potrebbe anche essere, lei sa di non esserlo affatto, chi guarda da fuori e commenta non comprende le ragioni di tanta ottusità o forse le intuisce, immagina che la poveretta non c’arrivi alle stesse conclusioni, immagina di trovarsi davanti una lobotomizzata che non riesce a focalizzare alcuno degli argomenti e sfugge col pensiero e forse anche nei fatti alla logica dell’essere piuttosto che di quella del pensare. Chi sia in realtà non lo sappiamo, possiamo immaginare che abbia subito in età adolescenziale un arresto dello sviluppo morale: non è un adulta equilibrata, non è in pace con se stessa né con il mondo che lo circonda. 

Ignora e attacca, subisce e pontifica, assimila e rifiuta e non resta nulla di tale movimento di quella inutile parte, anzi accessorio dell’organismo chiamato corpo, chiamato cervello che di lei fa parte ma che ignora completamente l’esistenza. 

Sussiste nell’individuo la convinzione di essere irresistibile eppure nessuno la giudica tale, sempre a meno che si tratti di un’altra cretina, potrebbe chiamarsi Brigitte o Federica, insomma, deficienze morali. Inutile qui approfondire le profonde ragioni psichiche (se non psichiatriche, come alcuni sostengono): forse una madre autoritaria, un padre assente, un tata indifferente, compagni di scuola crudeli. Non possiamo invadere il campo degli psicanalisti. 

Prendiamo atto che la personalità morale del cretino o cretina sociale è incompleta. E che da adulto il soggetto ne diventa inconsapevole. E qui va aggiunta la frustrazione, frustrazione di non sapere abbastanza o di sapere e non sapere di sapere. Ma forse non sa che il sapere non si sposa con le ridotte dimensioni del proprio cervello, ripieno di pregiudizi, commenti inconcludenti e banalità assortite, che alimenta con irrefrenabile stupidità quel senso profondo di inferiorità, di inadeguatezza schiacciante, di ottusità diffusa, monca di qualsiasi gratificazione familiare o professionale, affettiva o religiosa. 

La cretina non sa nemmeno di esistere, galleggia in un limbo di conoscenza che non esiste e si fonde con un senso di credibilità fondato sul niente da dove emerge in tutto il suo splendore di emerita stronza, altra categoria alla quale per riflesso appartiene la cretina che si atteggia a persona normale ma, evidente, non può. La cretina sociale è sempre scontenta di sé e del mondo che la circonda, in particolare quest’ultimo mentre delle proprie scontentezze non da molto di cui vedere. 

E’ il terrore dei portinai, tassisti, colleghe, camerieri, fidanzatI, mariti e figli se ci sono. Ma al tempo stesso è capace di assumere un comportamento servile nei riguardi di coloro da cui dipende (il che le costa e acuisce la sua frustrazione). Un caso paradigmatico, semplificando, è quello della mediocre utente di forum che massacra tutti coloro che provano a esprimere punti di vista diversi dai suoi e poi può sembrare accondiscente nei confronti di chi la reguardisce per il comportamento non consono allo spirito dello stesso forum. Il ruolo nel caso specifico è però quello in perenne contraddizione, lo jing e il jang che non vanno fraintesi trattandosi di cultura orientale di ben più alto livello culturale e di saggezza a cui la cretina non potrà mai aspirare nemmeno leggendone i contnuti, e qui vine anche ualche dubbio, chissà se potrà mai afferrarne i contenuti? 

No, la cretina sembra solo, sostanza non c’è.
La cretina ricade in due grandi categorie sociologiche:

1) la cretina che subisce il mondo;
2) la cretina che non lo subisce, anzi lo assale con lo scopo di emergere da quel mare di nulla dove nuota.

Nel primo caso possiamo parlare della cretina rassegnata, passiva.
Nel secondo della cretina competitiva vagamente attiva nella sua cretineria.
La prima tipologia, per riprendere la terminologia di Bauman, designa il cretino allo stato liquido, che passa quasi inosservato. Mentre la seconda indica il cretino allo stato solido e dunque immediatamente riconoscibile… Anche perché maleducata e prepotente. 

Quest’ultima è la specie più pericolosa e noiosa, il motivo di questo approfondimento, di questa dicotomia viscerale per estrarne i contenuti e gettare nella spazzatura ciò che resta. Non ne faremo altro neppure con quello che, almeno inizialmente terremo, ma deve essere considerato un mero esperimento per un fine nobile. Perché la cretina competitiva, a differenza della cretina rassegnata, è in conflitto permanente con tutti. Ha perciò una sua rilevanza se non pericolosità sociale. Dal momento che vuole avere sempre ragione. E non importa come. In genere non è persona di cultura, sfrutta la sua preparazione lavorativa, annaspa leggendo notizie e informazioni a casaccio che immagazzina nel vuoto della memoria e che trae pescando a caso non accorgendosi di prendere spesso lucciole per lanterne. 

Con una cultura molto utilitaristica, tentando di portare l’avversario del momento sul suo campo, molto ristretto, dove applica, come si direbbe a Napoli, una logica e una deontologia da paglietta. 

In genere si tratta di individui a rischio cardiovascolare e con problemi biliari, l’iperacidità indotta dallo stato di invidia e accidia perenne poi spinge la cretina verso il baratro dell’ulcera gastroduodenale, continui disversamenti di bile e succhi gastrici poi ne fanno un essere immondo, puzzolente anche a qualche miglio distante, un isolata anche e soprattutto virtualmente dove si evince in tutta la sua virulenza il ribrezzo per tale individuo. Di regola la cretina competitiva è single, raramente fidanzata, spesso zingara senza fissa dimora, preferisce culture arabe, ama il Marocco, la Colombia e la Spagna dove la sua completa mancanza di intelletto le permettono di vivere estraniandosi dal mondo che la circonda. Ha moderatamente girato il mondo, limitandosi a cavalcate in cinque giorni cinque attraverso il Vietnam dal confine cinese e in sella a una motoretta che le deve aver appiattito l'unica parte tondeggiante del corpo, tale che da quel momento in poi la possiamo considerare meno attraente di un'asse da stiro.

In genere non sapendo decidere sul piano delle relazioni sentimentali tra status e contratto, per dirla con il grande Summer Maine, non riesce a stabilire solidi nuclei affettivi. Di solito preferisce le professioni liberali, la cretina da forum è la preferita a causa di adolescenza difficile con le varie forme di interazione e dipendenza sociale che le fa vivere come una complicata condizione affettiva la famiglia. Pertanto la cretina competitiva non pratica sempre la neutralità affettiva, come invece imporrebbe la modernità.

Sotto questo aspetto è un essere sociale moderno e pre-moderno al tempo stesso: una chimera sociologica. Orripilante, dal punto di vista sociale s'intende. Per alcuni potrebbe essere addirittura una "sopravvivenza" di un mondo primitivo, una dimenticanza del paradosso temporale che, lasciando una porticina aperta ha permesso alla cretina di compiere numerosi raid all’esterno del mondo preferito.

La cretina competitiva non vuole vincere ma stravincere, e su ogni terreno. Di qui un grande spreco di risorse individuali e collettive, legata ai conflitti ricorrenti, contro tutti gli altri quelli che tentano di ignorarla e la feriscono togliendole il piacere della conquista, della vittoria. Le vittime di cotanta cretineria, di riflesso, e se attaccati, sviluppano una strategia difensiva di solito vincente nei confronti della cretina competitiva, se invece perdono non va considerata una vottoria della cretina, semmai quella di altri attori che s’interpongono nel rapporto scontro e tolgono il piacere della vittoria alla cretina.  Avete capito che ci troviamo davanti a una autentica guerra sociale, evitabile. 

Chiunque trovi sulla sua strada la cretina competitiva può ignorarla nel caso di rapporto acquisitivo (legato a una scelta individuale), mentre non può evitare il conflitto in caso di rapporto ascrittivo in un forum per esempio perchè non legato a una scelta individuale e quindi subibile. Perché, va detto, è la cretina competitiva a scegliervi come nemico e non il contrario. Con lei essere benevolenti non serve a nulla. Il poter incrociare nel web - all’interno di un contesto acquisitivo come un forum, acquisizione di informazioni conoscitive, la cretina sociale competitiva, non rappresenta in termini interattivi un problema insolubile: appena viene individuata la si può evitare ma ritrovarsela invece come un membro della propria famiglia che sia una sorella, genitore, collega di lavoro e magari all’interno di un contesto ascrittivo, può essere veramente fonte di gravi difficoltà individuali e sociali, come abbiamo già notato. 

Di regola, il cretinismo sociale, nelle due tipologie qui individuate (rassegnata e competitiva), si manifesta a livello endemico. E perciò è ineliminabile, non solo, risulta anche infettabile e quindi trasmissibile a altri membri lo stesso social forum, per esempio Voglio Vivere così, il forum, è pieno di cretine, sociali e non sociali, perchè lo stesso management non solo non ha saputo cogliere l’attimo della disgregazione socaile degli individui, nella fattispecie le cretine sociali, ma ne ha alimentato lo status mentale favorendo la propagazione dell’epidemia. Non si capisce ancora perché, ma pare che il forum sunnominato sia diventato il terreno di caccia preferito della cretina sociale competitiva. In quest’ ultimo caso, in termini tipologici, si può parlare della cretina competitiva forumsferica. 

Una sub-specie meritevole di essere studiata e abbattuta come si fa con le mucche pazze non appena sono individuate e possibilmente bruciate cospargendole prima di benzina a 98 ottani per esser sicuri non ritornino sotto forma di zombies o altre forme terrifiche assortite. Comunque sia si avverte la necessità di eliminare dal contesto sociale e blogosferico includendo quindi anche i forums a vago sfondo sociologico, le cretine sociali, disperdendole a piccoli gruppi di due su isolotti isolati circaondati da ferocissimi squali e dotati di tutte e più moderne tecnologie di dissuasione alla fuga. Il mondo moderno deve guardarsi le spalle dalla nuova cretina sociale, potrebbe essere in grado di distruggere il mondo.


Sognatore & Erotangos

Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde è un celebre romanzo dello scrittore di Edimburgo Robert Louis Stevenson pubblicato nel 1886. Considerata la più importante opera di Stevenson, è uno dei più grandi classici della letteratura fantastica di tutti i tempi. 
Rappresenta il culmine dell'indagine stevensoniana sulla scissione della personalità.
Qualcuno potrà anche chiedersi come possa entrarci Louis Stevenson nel titolo di questo articolo e con ragione vado a spiegare partendo proprio dal libro ormail famoso. In esso si racconta la storia di un medico che facendo degli studi sulla psiche umana, capisce che ogni individuo possiede una doppia natura, come due personalità contrapposte, una buona e una cattiva. Da quel momento in poi il suo unico scopo diventa quello di creare una sostanza con delle proprietà particolari che siano in grado di riportare alla luce l’identità nascosta di ogni uomo.

Dopo vari tentativi riesce nella sua impresa e bevendo la pozione vengono fuori le due personalità contrastanti. Una notte, buttando giù la sostanza, inizia ad avere delle strane reazioni, sente delle fitte terribili allo stomaco e in un lampo avviene la trasformazione, che lo cambia sia nell’aspetto esteriore che in quello interiore, rendendolo irriconoscibile. Si ritrova dinanzi un uomo malvagio, con un corpo e una mente che non gli appartengono, che non riesce più a gestire e che compie gesti crudeli. Il suo altro si chiama Hyde, che significa proprio nascosto.

Prendendo l’antidoto però è possibile ritornare in sé, perdendo tutte le caratteristiche negative e violente della parte crudele, almeno così sembra inizialmente. Ma con il passare del tempo, il medico si rende conto della lotta interiore che sta vivendo e di come la personalità cattiva e quella buona si stiano contendendo lo spazio che li contiene, per prendere il sopravvento sull’altro. Mr Hyde inizia a commettere dei crimini efferati, non si cura della morale, è completamente ingestibile, aggressivo, e finisce col mettere nei guai il dottor Jekyll che fino a quel momento era stato un uomo dai sani principi, una persona tranquilla.

E’ per questo che dottor Jekyll si decide ad assumere una dose molto più alta rispetto al normale, così che diventi predominante la sua parte migliore, quella dell’uomo che era sempre stato. E per evitare di ricadere in tentazione creando ulteriori problemi, distrugge gli appunti dei suoi studi sulla pozione che ha inventato e rompe le chiavi del suo laboratorio. Il tentativo fatto per “uccidere” la sua parte malvagia sembra essere stata portata a buon compimento, ma è solo un’illusione, dopo qualche mese, infatti, la sua personalità cattiva si ripresenta e il dottor Jekyll comprende che non ci sono molte alternative per riparare al danno. O è costretto a subire o deve reagire.

Il libro è misterioso e intrigante, un giallo che apre la mente mostrando una natura umana che tendenzialmente è taciuta. Una situazione che viene sfruttata dall’essere Sognatore, il quale mira a apparire quello che non è o non vuole essere. Impiegato, livornese, l’appartenenza a una ben precisa città e importante perchè gli individui di quel territorio sono invisi ai vicini pisani, in un gioco che anche in questo caso rasenta la logica del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, il bianco e il nero, il buono e il cattivo, lo stolto pisano e il furbo livornese. E se in questo caso i cliché abbondano, almeno nella prima vita del Sognatore quando è solo un inguaribile sognatore con un sogno, cioè quello di andarsene dall’Italia per vivere una vita diversa, ecco che appare il disegno in tutta la sua pochezza o esaltazione di un concetto espresso da altri, quando sulla scena compare erotangos che altri non è che il sognatore letto al contrario.
E sembra anche il contrario del primo nelle frasi e negli atteggiamenti, attaccato alla famiglia il primo, senza famiglia il secondo, un figlio seppur soprannominato incubo il primo, nessun figlio e nessun legame il secondo, nemmeno una moglie che con il rimo sembra, il condizionale è un obbligo voler guidare il poco fedele compagno di vita sulla retta via.

È solo dopo una presunta e presumibile vacanza in Venezuela che compare erotangos e scompare prematuramente quanto temporanealmente il sognatore originale. Un abile gioco di travestimenti e di situazioni coinvolgenti attirano il lettore verso una posizione o l’altra dando la sensazione di un istrionico elemento il cui continuo variare dell’aspetto, la modifica dell’essere quello che dovrebbe essere provocano astio e incredulità. Del resto molti degli utenti del forum dove il Mr. Hyde de noantri e il Dr. Jekyll toscano hanno compreso che sia il primo che il secondo, sono figli della stessa disturbata mente che ancora gioca a bubusettete o nasconderello con se e gli altri senza capire che la vita va avanti e nel bailmme di incertezze correnti, corrotte e improbabili si cerca qualcosa che ci dia la possibilità di guardare al futuro con serenità. E ci sguazza sopportato e supportato da un management che in nome del dio guadagno è ben disposto a passare oltre al regolamento dello spazio web cercando di giustificare un internet provider code diverso, ignorando di fatto l’esistenza di software adatti a modificarlo, la stessa persona che accusa altri di farne grande uso.
In tutto questo anbaradan di verità imprecise e di imprecisioni indotte si muovono i vari personaggi di contonrno che ora da una parte e poi dall’altra cercano di mettersi in mostra come lucertole nel tiepido sole invernale.
E’ uno schifo signori miei, uno schifo sopportato da tutti a cui nessuno ha veramente detto basta.
Non so perchè ricorda un altro caso di sdoppiamento di personalità, un pover uomo netturbino di professione che pensava di esser diventato un inventore di buchi nell’acqua, anche quello deve aver ftto una rapida carriera, da bucaiolo è diventato un imbucato.  
Che sono dunque erotangos e sognatore?
Nessuno, solo un sogno non trasformatosi in realtà, la sfuggente sensazione del non esserci e del non essere per continuare a esistere virtualmente al di la di un nick inesistente e neppure troppo sognatore.

Che pena mi fa certa gente, pena, tanta pena.


Voglio Vivere Così

Voglio Vivere Cosi col sole in fronte e felice canto.....

Qualcuno di voi sicuramente la ricorda, era il titolo di una canzonetta anni ’50, i mitici anni cinquanta. Mitici perchè la grande guerra era appena terminata, perchè l’Italia si era liberata, finalmente per qualcuno e purtroppo per altri, del Re e della Regina, perchè sono nato io e molti altri che poi hanno rivoluzionato il modo di pensare degli italiani.
La canzonetta famosa, un motivetto orecchiabile che resta in mente facilmente, faceva più o meno così: 

Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto, beatamente... 
Voglio vivere e goder l'aria del monte, perché questo incanto non costa niente
Ascoltatela dal mitico Andrea Bocelli e ritroverete la felicità prduta dopo aver letto le nefandezze compiute nel forum di cui si parla: Voglio Vivere cosi col sole in fronte...

Questo la canzonetta, purtroppo di sole in fronte e felicità non c’è nemmeno l’ombra sull’omonimo sito web che ha preso il titolo della canzone come proprio marchio e chissà se paga i diritti d’autore a chi la canzonetta la scrisse. 

E mi sa anche che costa, costa chi ha puntato a scrivere nel forum e non sa che la sua sola partecipazione allo spazio virtuale, ergo la sola visita con apertura di pagina fa guadagnare al gestore fior di quattrini che chissà se l'amministratore ha dichiarato all'ufficio delle imposte? Un bel quesito questo...

L’Italia si sa è la patria del diritto e il copyright per un prodotto del genio canoro di un individuo si estingue dopo 70 anni dalla morte e sono un diritto del produttore. Sono certo che se ne siano ben guardati dal chiedere l’autorizzazione all’uso pubblico di un dominio privato, questa è l’Italia signori.

Torniamo al sito, si prefigge di aiutare a scegliere chi decide di abbandonare lo stivale verso lidi migliori, in effetti non aiuta nessuno. Eh si perchè è risaputo che chi ha sufficienti risorse si sa organizzare da solo e per tempo, chi le risorse non le ha naviga nei forum ponendo milioni di domande che normalmente restano senza risposta essendo i forum frequentati da altri e simili individui alla ricerca delle stesse risposte ai propri quesiti. 

L’amministratore di quel forum poi è un campione di incoerenza, per sua stessa ammissione evidente, asserisce tutto e il contrario di tutto come chi non ha coerenza e nemmeno ne riconosce l’esistenza. Così tanto da arrivare a attaccare chi scrive pensieri sensati corroborati da esperienze vere e vive mettendosi a plaudire e leggittimare chi invece si fonda sul pettegolezzo, sulla supponenza, sull'accidia e deleggittimanti nei confronti di chi cerca di fornire un valido supporto, un aiuto, una parola di conforto.

Il risultato in tutto questo ambaradan è che un amministratore si permette di distribuire coscientemente impunito e gratuitamente, si spera perchè c’è anche il sospetto che qualcosa abbia anche guadagnato, dicevamo distribuire indirizzi email di utenti del forum ad agenzie che offrono, indesiderate, servizi di pseudo assistenza a pagamento agli utenti stessi del forum, (successo anche a me di ricevere offerte di servizi non richiesti in un account email aperto solo ed esclusivamente per quel forum) giustificandoli come aiuti ma che aiuti non sono. 

E si assiste anche alla farsa di prendere come accoliti del tartassato tutti gli utenti che tentano di dargli ragione. Un bailamme inverosimile dove gli amministratori annaspano in un melting pot di impreparati utenti, la maggior parte supponenti e zingari senza fissa dimora alla ricerca di capri espiatori per giustificare il proprio malcontento. Dove un regolamento sbandierato come il verbo viene sistematicamente disatteso o attivato solo contro chi non si attiene non già alle sue regole ma al diktat degli amministratori molto attenti al loro guadagno e non alla consapevolezza che il loro dovrebbe essere una mission mentre non lo è affatto.

Una massa, fortunatamento non tutti, di assortiti rappresentanti dell'italica pochezza, figli reietti di una casta prodiga di favori anche verso chi non se li merita, che non ha la benché minima idea di quello che significhi mutuo soccorso.

Il buon Andreotti, senatore a vita della Repubblica Italiana un giorno ebbe a dire: 
Il potere logora chi non ce l’ha.
Nel forum, in quel forum il sapere logora chi non ce l’ha.



2012/12/02

Il frustrato e la frustrata, una bella coppia!

La frustrazione è la mancata gratificazione di un desiderio, oppure l'impedimento alla soddisfazione di un bisogno. È uno stato psicologico che si verifica quando un ostacolo blocca il conseguimento di un fine da parte di un organismo che sia motivato a conseguire quel fine.

Questa la definizione, chiara, semplice e lineare. Perchè e come si arriva a definire un individuo un frustrato, nel mio caso potrebbe essere identificato come una rappresentante dell’altro sesso, voglio generalizzare anche perchè intitolare l’articolo “la frustrata” potrebbe dare un diverso significato al mio scritto. Innanzitutto vediamo perchè si verifica: leggo su internet che può verificarsi solo per un organismo che tende a guidare il proprio comportamento dirigendolo verso un fine che nel momento considerato sembra poco chiaro, incomprensibile. 


L'inguaribile frustrazione nell'essere patetica!
Approfondisco e scopro che il comportamento deve essere attivato da una motivazione più o meno specifica; e già qui ha una propria valenza, vedo una luce, occorre che ci sia un oggetto (incentivo) corrispondente al bisogno-desiderio-attesa, in grado di gratificarli, gratificare i frustrati suppongo e scopro che non c'è frustrazione senza l'interferenza di un ostacolo che interviene tra la motivazione e l'incentivo, impedendone l'acquisizione. Interessante, quindi le cause della frustrazione sono molteplici, non solo ed esclusivamente la consapevolezza di non poter usufruire di un supposto privilegio ma anche una forma mens di bisogno inatteso non esaudibile. 

Una spiegazione potrebbe essere che l’individuo frustrato uscendo dal grembo materno è costantemente impegnato ad affrontare un ambiente fisico che ha leggi proprie, non sempre corrispondenti ad una immediata soddisfazione delle esigenze dell'organismo (ad es. fame, sete, riparo, protezione, freddo, caldo, umidità...), il non avere accesso a queste elementari esigenze potrebbe spingere mentalmente l’individuo verso una primaria forma di frustrazione, si spiega ma non giustifica, resta da capire perchè. I fattori sociali vanno considerati, perchè è vero che l'uomo vive in un ambiente fisico "umanizzato", cioè sociale, costruito per adeguarsi alle esigenze dell'uomo. Ma le norme sociali che reggono questo ambiente non sempre favoriscono l'esistenza: molte norme scritte (e non scritte) vincolano l'azione, al punto che impediscono la soddisfazione dei desideri (ad es. un matrimonio misto, la vincita di un concorso...) e qui intervengono i fattori personali propri dell’individuo preso in esame, la casistica li suddivide in biologici, psicologici e sociali. 

Quelli biologici poi riguardano l'organismo (fonte di frustrazione è una particolare condizione fisica: piccolo di statura, capelli rossi, miopia...). Ovviamente la situazione fisica in sé non è causa di un disadattamento, ma lo diventa se viene vissuta così o se viene proposta al soggetto in modo frustrante (chissà se comprende anche l’essere stronza?), i fattori psicologici riguardano la personalità (ad es. vivere in un ambiente centrato sull'efficienza operativa può essere frustrante per chi possiede una personalità desiderosa di coinvolgimento emotivo, contatto umano e comprensione). Infine i fattori sociali riguardano la società (ad es. l'appartenenza a un certo contesto o classe sociale può determinare frustrazione). 

Da notare però che una stessa esperienza di mancata gratificazione può essere percepita da una persona come sgradevole o umiliante, mentre per un'altra può essere stimolante. Spesso l'impossibilità di soddisfare immediatamente un desiderio è utile stimolo di ricerca di nuove soluzioni.

Ci si accorge dell’esistenza di un frustrato nel momento che esso manifesta il proprio status, fino a quel momento la patologia non è riconoscibile, non ce ne rendiamo conto. Purtoppo i danni potrebbero essere anche importanti, danni personali intendo, danni psicologici causati dal subire l’attacco a volte continuato del frustrato che impedisce di avere una visione chiara della situazione e attuare le migliori difese che, ribadisco il concetto, non sono sempre violente, potrebbero anche esserlo in casi limite, in genere la nostra reazione deve spingere il frustrato a riconsiderare il proprio status mentale e accettare la propria situazione anche se portati a desiderare altre e diverse situazioni e non sempre migliori di come il frustrato è indotto a pensare. 

I meccanismi di difesa poi: ansia, angoscia e apatia sono reazione più o meno consapevoli del soggetto. Ma esistono anche dei meccanismi di difesa inconsci ed estremi, appartenenti a qualunque individuo, che sono praticamente espressione della necessità di mascherare o fingere una condizione di vita migliore di quanto non sia in realtà. Naturalmente se la persona si rapporta alla realtà solo ricorrendo a questi meccanismi, allora essi vanno considerati come sintomi di una nevrosi. Che meccanismi sono maggiormente evidenti nel frustrato? Sicuramente la regressione: quando in caso di malattia ricompaiono atteggiamenti infantili oppure la fissazione che porta il frustrato a ripetere un comportamento anche al mutare delle circostanze. 

Quella contro i frustrati è una mia guerra personale. Dovrei dire le frustrate. Donne che amano nascondersi dietro l’immagine apparente di donna=forte mentre invece non sono, donne irrealizzate i cui sogni sono stati erosi dal tempo e dalla realtà, categorie alle quali, ahimé, appartiene il 98% della popolazione mondiale (a essere ottimisti), parlo anche, e soprattutto di quelle che non ci stanno, che non si adattano, che sfogano il loro livore contro tutta l’umanità: quelle sono le frustrate che non sopporto. Che poi magari in questi tempi di crisi finanziaria mondiale sono costrette a lavori umili, magari con due lauree nel cassetto a ammuffire, non era importante la laurea, poco male se non c’è, potrebbero essere benissimo persone dotate di un’intelligenza e un talento prodigiosi ma che sono, purtroppo per loro, nati nella famiglia sbagliata. Io parlo di quelli e quelle che, senza titolo alcuno e con scarsissima dose di buon senso, pretendono che il mondo si inginocchi, che obbedisca loro docilmente, pena “dispetti” e “punizioni” degni di un bambino viziato al primo anno di asilo, che poi nemmeno è vero questa, mio figlio al primo anno d’asilo non si atteggia, non usa l’arma del dispetto ne tantomeno quella della punizione, a lui piace sentirsi gratificato e si comporta sempre di conseguenza. 

Insomma, oggi ce l’ho con una stronza che frequenta un forum dove mi esibisco spesso in quelle che io definisco “storie di vita” vale a dire una guida per viver meglio nel proprio ambiente o in quello che si elegge a proprio anche se non lo è. Si, si, lo sappiamo, la situazione in Italia è sempre la stessa, la gente è insofferente, non si riesce a trovar lavoro, non si riesce a ottenere il minimo fisiologico dei servizi, non si riesce a vedere la fine dopo tutti i disagi ma credetemi non si tratta solo di quello, anche se abbiamo una casta politica intrigante e menefreghista che fa desiderare i tempi quando c’era Lui, lui chi? Lui, lui... Almeno tutti guardavano a valori unici mentre ora pensano solo a riempirsi la borsa, anzi la valigia, di danaro furbescamente sottratto agli italiani fessi e che nessuno mai restituirà nemmeno nel momento in cui finalmente il popolo italiano alzerà ‘sto cazzo di testa mandandoli via tutti. 

Non non pensavo a questo nel definire il frustrato, anzi la frustrata. 
Quando il frustrato entra nella nostra vita e che danni può o potrebbe arrecarci?
Difficile da quantificare, la famosa frase ‘uno, nessuno o centomila’ potrebbe essere tranquillamente applicata senza che si trovi una reale cura o un metodo di guarigione efficace. Diventa a questo punto complicato se non impossibile trovare la guarigione nel frustrato che col tempo rappresenta una minaccia consistente se rapportata a un singolo individuo. Nella nostra vita di esseri umani, molto spesso ciò che fa emergere un conflitto non sono due oggetti o due situazioni, quanto le richieste inconciliabili che provengono dai diversi modelli valoriali e di comportamento che presuppongono i vari ruoli che ricopriamo nella nostra vita. Fra i conflitti di ruolo, si tendono a distinguere i conflitti intra-ruolo (quando le attese da parte di diversi attori sociali nei confronti dello stesso ruolo sono parecchio discordanti) e conflitti inter-ruoli (quando uno stesso individuo ricopre più ruoli che prescrivono attese e comportamenti fra loro discordanti e inconciliabili).

Alcuni dei conflitti di ruolo più tipici della nostra società sono ad esempio quello in cui si trova l’adolescente, diviso fra le esigenze di autonomia che gli richiede il suo ruolo di individuo adulto e quelle di protezione e dipendenza che gli richiede il suo ruolo di figlio, oppure quello delle donne,spesso divise fra il ruolo domestico e quello e quello professionale. Molto spesso questi conflitti, che come abbiamo detto possono riferirsi a sfere particolari della vita di un individuo, possono generare un tale calo dell’autostima e della fiducia in se stessi da allargarsi ad altre sfere, fino a colpire addirittura l’intera persona, in un fenomeno noto come “ego-diffusion”.

La situazione di marginalità, ossia la situazione in cui si trova un individuo che si trovi a far parte contemporaneamente a due o più gruppi differenti, con richieste incompatibili può essere risolto attuando varie strategie:
1) Separazione: consiste nel tentativo di scindere in vari modi (nel tempo e nello spazio) i due ruoli contrastanti. La separazione può agire anche a livello profondo, attraverso un meccanismo che porta a distaccarsi interiormente da uno o più dei ruoli in conflitto (in genere quelli sentiti come colpevoli). Spesso i ruoli scartati possono essere proiettati su di un Io ausiliario. Questo tipo di separazione non viene attuata attraverso una negazione in toto dell’azione, ma solo attraverso una negazione della propria responsabilità. Nei casi più gravi, invece, uno dei due ruoli può essere completamente rimosso, con grandi conseguenze per l’equilibrio psichico dell’individuo.

Ma perché gli esseri umani non riescono a tollerare che due sistemi di valori e di aspettative convivano? Secondo alcuni ciò è riconducibile ad una motivazione sociale, oppure a una motivazione cognitiva, mentre secondo altri si basa sulla teoria della dissonanza cognitiva, la spinta ad essere coerenti nella vita conoscitiva può essere paragonata alla spinta omeostatico nella vita biologica. Infatti la presenza di una dissonanza cognitiva spinge automaticamente l’individuo a tentare di eliminare tale dissonanza. Sono state raccolte diverse prove a sostegno di tale teoria in particolare in occasione di un esperimento durante il quale vennero studiati le reazioni di un gruppo di persone appartenente ad una setta che credeva nell’imminente fine del mondo.

La verità come al solito è sempre la stessa: evitiamo per quanto possibile di essere causa di frustrazioni in altri individui, quando questo non è possibile o fattibile meglio ignorare completamente il frustrato, alla fine si stancherà di voi. La cura che lui o lei deve affrontare non dipende da voi, lasciate che siano altri a affrontare al questione liberandovene definitivamente. 

(Corollario: Perché Frustrato e perché Frustrata? 
Il frustrato é sicuramente colui che in questa storia non partecipa le idee altrui e altrimenti cerca di rendere difficile la vita alla propria vittima designata, la frustrata altro non é che l'estensione della frustrazione del frustrato. Doppiamente frustrato perché tenta di nascondersi nelle sembianze altrui per far credere di, mentre invece l'unico credo che pervade é quello di un  poveruomo. Si riguardi, lo dico seriamente, la vita é breve, magari in un altro racconto gli consiglierò di bersi un Cynar!)


Quanto è vicina la Cina?


Quanto spaventa il mercato globale il Dragone Cinese?
Quanto è vicina la Cina? Sul finire di dicembre dello scorso anno, la nota agenzia di rating Fitch ha dichiarato che la connessione economica Africa-Cina è divenuta un importante fattore nella storia di crescita dell’Africa sub-sahariana.
Negli ultimi quindici anni la penetrazione della Cina nel continente ha in effetti assunto dimensioni stupefacenti. L’Africa, che oggi più che mai rappresenta uno scenario sensibile nel gioco di ridefinizione delle simmetrie globali di potere, ha assistito all’affermazione della solida posizione della Cina nel campo commerciale e degli investimenti. Tanto da diventare un attore in grado di controbilanciare gli interessi geostrategici ed economici dei tradizionali partner occidentali sul continente. 

Tra gli elementi che influenzano la politica africana cinese, ve ne sono alcuni di ordine strategico ed economico ed altri di ordine politico e diplomatico. La strategia che ha guidato l’avvicinamento cinese al continente africano combina oggi elementi di un nostalgico idealismo con stralci di pragmatismo, nel tentativo di bilanciare i crescenti interessi di Pechino con la più tradizionale politica di valorizzazione del legame storico-politico tra le due parti.

Dopo il fallimento del Washington consesus, la gran parte delle economie africane ha guardato alla Cina. Tanto che oggi si parla piuttosto di Pechino consensus, con riferimento all’atteggiamento promosso dalla Cina di valorizzazione del multilateralismo, del consenso e della coesistenza pacifica.

Oggi la Cina è la seconda fonte più significativa di importazioni per l’Africa (dopo l’Europa), e il suo terzo mercato per le esportazioni (di seguito, ancora ad Europa e Stati Uniti). Anche se nel corso del 2011 il volume degli scambi con l’Impero di Mezzo ha risentito della crisi finanziaria internazionale, è dal 2009 che la Cina è divenuta per la prima volta il partner commerciale di punta dell’Africa, riuscendo a scalzare gli Stati Uniti. Con la graduale ripresa di respiro dell’economia globale, poi, anche il commercio internazionale tra Cina ed Africa riacquisira un ritmo sostenuto. Nel 2010 gli scambi hanno raggiunto quota 115 miliardi di dollari e nel 2011, pur scontando la crisi hanno superato 162 miliardi di dollari. Un trend destinato a non arrestarsi, visto che Pechino ha favorito la conclusione di accordi di libero scambio con 45 Paesi africani.

Nel complesso, nel corso degli ultimi dieci anni le esportazioni africane verso la Cina – in larga parte petrolio e materie minerarie – sono aumentate di tre volte, raggiungendo i 430 miliardi di dollari alla fine del 2011. In modo particolare, le esportazioni angolane verso l’Impero di Mezzo hanno rappresentato il 31,3% della quota di PIL di Luanda.

Al momento la bilancia commerciale pende a favore dei Paesi africani, anche se esistono significative eccezioni. Su tutte la Nigeria, il Kenya e il Cameroun. Un dato che riconferma il peso della Cina come gigante del settore manifatturiero. Nel corso del 2011, il 60% dei prodotti tessili importati sul continente è giunto proprio dal colosso asiatico.

Oltre il dato commerciale, è la crescente penetrazione finanziaria della Cina in Africa a suscitare interesse. Gli investimenti cinesi all’estero hanno assunto nel loro complesso dimensioni significative (circa 7 miliardi di dollari nel 2005), come risultato del lancio della strategia di “going out” presentata dall’establishment cinese nel 2001. Le quote più significative si dirigono ancora verso Hong Kong, Stati Uniti ed Europa. Ma di recente gli investimenti cinesi hanno guardato anche all’America Latina e all’Africa. Un riorientamento che dice molto delle necessità strategiche di Pechino: approvvigionamento energetico e individuazione di nuovi sbocchi commerciali.

Tuttavia gli investimenti diretti esteri della Cina in Africa rappresentano ancora una quota molto bassa – solo il 3% del totale – spalmata su pochi Paesi: Sudafrica, Angola, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo. Il dato significativo è in effetti rappresentato dal crescente peso delle grandi banche cinesi. I numeri parlano di quote di prestito di gran lunga superiori ai livelli di investimento diretto.

Attraverso la diversificazione degli strumenti e delle fonti, la finanza cinese sta impostando il ritmo del coinvolgimento della Cina nel continente. Al tradizionale meccanismo “oil for infrastructure” negoziato “in segreto” tra Pechino ed il governo destinatario dei fondi, si sono aggiunte nuove forme di intervento e nuovi attori. Un processo che si sta sviluppando di pari passo con l’evoluzione istituzionale del settore finanziario cinese.
Con la riforma del sistema finanziario cinese a partire dalla metà degli anni ’90, si è provveduto alla separazione della gestione della politica monetaria da quella del credito. La principale innovazione ha visto la distinzione tra banche commerciali e banche di interesse nazionale (policy banks) e il progressivo aumento delle possibilità di coinvolgimento all’estero.

Oggi lo spettro delle istituzioni finanziarie cinesi che operano in Africa comprende istituzioni legate direttamente alle direzioni governative e una crescente presenza di banche private. Gli istituti che presentano i legami più stretti con Pechino, come la China Development Bank e la Export-Import Bank of China (Chexim), sono coinvolti in progetti convenzionali di finanziamento e operano secondo i parametri governativi. Si pensi al China Africa Development Fund. Le banche commerciali e altri istituti finanziari privati, invece, operano sotto licenze statali, ma non rispondono formalmente alle direttive di Pechino.

La China Exim Bank, tradizionalmente la banca più coinvolta in Africa, è una delle tre banche di interesse nazionale istituite nel 1995, responsabile della promozione delle politiche industriali di Stato (in particolare progetti infrastrutturali), del commercio internazionale e della diplomazia economica. Si consideri che Fitch ha stimato che tra il 2001 ed il 2011 i prestiti della Exim Bank in Africa hanno raggiunto i 98,2 miliardi di dollari, superando le cifre stanziate dalla Banca Mondiale nell’arco dello stesso periodo di tempo.

Ma è dall’ottobre del 2007, quando il mondo degli investimenti ha visto l’acquisizione di una quota del 20% della South Africàs Standard Bank da parte della Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) – istituto statale di credito commerciale – che si sono poste le basi per una nuova fase di coinvolgimento della Cina.
Una scelta indubbiamente strategica quella del colosso cinese. La Standard Bank è un partner attraente per la ICBC, perchè opera in 18 Paesi africani. Del resto, anche per la Standard Bank, la ICBC rappresenta un ancoraggio interessante.

L’alleanza con la ICBC, la principale state owned enterprise cinese, consentirà alla banca sudafricana di accrescere la propria posizione sul territorio africano e di acquisire una fetta di business significativa. Sul fronte bancario cinese, si può dire di aver assistito ai primi approcci verso una strategia in fase di consolidamento per i mercati emergenti: quella dell’individuazione e del collegamento alla banca più grande e sofisticata con ramificazioni oltre confine. L’ancoraggio a mercati poco affidabili e conosciuti è assicurato.

Un’altra importante evoluzione è arrivata dal forum sulla cooperazione afro-cinese tenutosi in Egitto nel 2009. La Cina ha annunciato di voler offrire sostegno alle istituzioni finanziarie cinesi attraverso l’erogazione di un prestito speciale di 1 miliardo di dollari destinato al finanziamento del business africano di piccola e media dimensione. Un momento significativo nella politica di Pechino, che adesso incoraggia il passaggio dall’interlocutore Stato al sostegno diretto alla piccola e media impresa radicata sul territorio. Le implicazioni dell’esperienza del Paese asiatico nel settore finanziario africano sono numerose. L’ingresso della finanza cinese sull’onda della crisi finanziaria globale può essere pensato nel contesto di una più spiccata accelerata verso l’internazionalizzazione del settore bancario cinese.

La Cina ha dimostrato di voler giocare un ruolo decisivo nella finanza internazionale, proponendo alternative al dollaro nelle transazioni internazionali. In Africa, dove si inizia a guardare ad est, ma dove il commercio è ancora dominato dal dollaro US (ad eccezione dell’Africa francofona), il possibile passaggio allo yuan potrebbe affermarsi come evoluzione naturale se i trend negli scambi rimangono attestati su questi livelli. 

Forse la Cina conta sui nuovi mercati emergenti per cambiare le regole del gioco della finanza globale?


2012/12/01

Cosa cambia per la Palestina oggi?



Ha vinto la Palestina, era ora. Pensate che il voto del Palazzo di Vetro abbia un valore solo simbolico, o potrebbe avere anche effetti concreti? Il punto di vista di Israele e indubbiamente la prossima e immediata reazione potrebbero condizionare i prossimi scenari in una guerra solo di nervi fra due entità con differente peso in una regione geografica abituata a clima caldo tutto l’anno e non soltanto per motivi geografici? 

Il riconoscimento ha diverse implicazioni pratiche che metteno in imbarazzo Israele e disturberanno il funzionamento delle diverse agenzie delle Nazioni Unite. Nonostante le premesse, le promesse e le paure e nemmeno a sorpresa Netanyahu non l’ha presa bene. Il primo ministro israeliano, oltre a ringraziare i paesi che si sono espressi contro appoggiando Israele in una guerra di nervi più che di armi ha annunciato la costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania. 

E ti pareva. Niente di nuovo all’orizzonte, lo scenario nella regione non cambia affatto e ne cambierà in un prossimo futuro perchè in effetti la Palestina non viene ammesso al club riservato dei Paesi membri ma solo come osservatore dell’ONU, guardare non parlare e probabilmente nuppure toccare la realtà anche se qualche volta riguarderà decisioni prese contro il proprio Paese. In concreto per la Palestina cambia veramente poco. 

L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Ron Prosor aggiunge come corollario alle rimostranze Israeliane che “Abbas preferisce i simboli alla realtà. Preferisce volare a New York invece di venire a Gerusalemme per negoziare“ mentre Limes spiega perché l’ammissione all’ONU è una vittoria simbolica, ma non rappresenta una soluzione, la Palestina, non ha amici all’ONU, infatti se escludiamo la Bulgaria non può contare su Stati amici come Israele, non altrettanto importanti, ricordiamoci che  la gran parte del mondo arabo usa la questione palestinese come diversivo per distrarre la popolazione dai problemi di legittimità interni o per acquisire popolarità a buon mercato. 

E sempre la Palestina non è in grado di minacciare militarmente l’esistenza di Israele; sarebbe sufficiente andarsi a contare le vittime palestinesi in tutti i conflitti ufficiali e ufficiosi fra le due compagini per comprendere come la forza militare di Israele, vicino forse scomodo per il piccolo neonato Paese nello scacchiere mediorientale è costantemente superiore a quella palestinese, in grado di colpire obiettivi e mietere un numero di vite maggiore di quello delle vittime israeliane. 

Semmai la spaccatura tra le due maggiori fazioni del movimento palestinese, Fatah e Hamas, si è indubbiamente amplificata negli anni, giungendo dal 2006 ad assumere anche geograficamente il carattere di una spartizione, una Fatah “governa” a Ramallah, dove risiede il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Abu Mazen, e in tutta la Cisgiordania mentre Hamas ha il predominio sulla Striscia di Gaza. Piccole e insignificanti soddisfazioni per un Paese che invece dovrebbe cercare di unire le forze per avere maggiori possibilità di far valere la propria voce in un ambito dove gli appoggi sono in prevalenza americani nei confronti dell’unico Stato non islamico.

Con questo punto di vista e le suddette circostanze viene difficile pensare che il riconoscimento dell’Onu possa avere qualche effetto sulla soluzione della questione palestinese. Costruisce certamente un precedente, porterà a un isolamento di Israele nel breve periodo, probabilmente anche sotto il profilo diplomatico ma se questo porterà l’ANP a perdere i soldi delle tasse raccolti da Israele e probabilmente anche quegli aiuti occidentali che hanno permesso a Fatah di arricchirsi e istituzionalizzarsi al potere bisogna considerare che la Palestina dovrà inventarsi un nuovo sistema per finanziare la politica e il funzionamento dello Stato partendo da nuovi sistemi e azioni senza per questo disturbare più di tanto lo scomodo vicino. 

Perchè ora come ora la Palestina ha un minimo di riconoscimento in sede ONU e non può più permettersi di condurre campagne infinite di terrorismo senza la certezza di farla franca ancora una volta. Ora che esiste è obbligata a rispettare le stesse regole che Israele rispetta in seno alla stessa organizzazione mondiale di cui entrambe con diversi titoli fa nno parte. La Palestina potrebbe sfruttare il suo nuovo status per denunciare Israele al Tribunale penale internazionale o alla Corte internazionale di giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite è vero ma da adesso in poi anche Israele potrà fare altrettanto e la Palestina dovrà subirne le conseguenze e prendersi la propria fetta di responsabilità.

Sappiamo bene che gli argomenti di diritto internazionale non hanno particolare influenza sulle decisioni dello Stato ebraico. L’eventuale sospensione degli aiuti occidentali potrebbe avere effetti indesiderati per gli Usa e l’Europa, dovendo affrontare in casa propria il peso delle lobbies ebraiche che detengono il potere e la ricchezza di entrambe le regioni goepolitiche, inoltre si assisterebbe all’aumento della popolarità di Hamas, con maggiori ingerenze da parte di finanziatori con abiti differenti tendenti al bianco e religione non apprezzata in quell’ambito, non sicuramente dopo i fatti dell’11/9 ne in quelli recenti finanziari con recrudescenza dell’instabilità, aumento dell’indebitamento finanziario e esposizione nei confronti delle nuove potenza arabe importanti, Qatar in primis seguito a ruota da Abu Dhabi. 

Il riconoscimento ottenuto all’Onu rappresenta l;eredità di Abu Mazen al popolo palestinese ma non scuote le fondamenta della questione israelo-palestinese. 
La soluzione di questa passa per Washington e per le maggiori capitali mediorientali, non per il Palazzo di Vetro di New York. L’Europa infine non ha perso l’occasione di dimostrare la mancanza di una politica estera unitaria, la dimostrazione di una totale mancanza di coesione l’abbiamo sperimentata con nessun accordo preliminare, con posizioni contrarie della Germania e l’astensione di Londra, l’approvazione della Francia scontato e quello dell’Italia a sorpresa, l’Italia che ospita sul proprio territorio la maggiore comunità ebraica d’Europa. 

A qualcuno verrà sicuramente a memoria che ben tremila delegati affollano il parlamento di Bruxelles, a nessuno è venuto in mente che questo atteggiamento non piace ai cittadini che essi rappresentano che a tutti chiedono coesione e sicurezza, sicurezza messa in pericolo non già da un voto che forse aveva anche ragione di esistere, intendo con un risultato potivo per la Palestina, ma dalla partecipazione in ordine sparso delle delegazioni e l’espressione del voto ancora più inaspettato e inconcepibile. Evidente che l’Unione Europea non possiede quell’unità e quella volontà politica necessarie alla proiezione di una identità e di una personalità sulla scena mondiale. Il tempo in cui i Paesi europei avevano una visione comune sembra ormai lontanissimo.

E l’America? Dopo la vittoria di Obama e del pericolo immediato per tutta l’economia mondiale che essa rappresenta, dobbiamo evidentemente assistere a dei successi che non intaccano minimamente la granitica consapevolezza del gigante americano, sappiamo benissimo che per gli americani gli israeliani sono abitanti di un Paese lontano, loro sono semmai presi dalle vicende interne. E poco importa se al momento non hanno pensato al futuro dei loro figli, un futuro per altro richiamato proprio da Obama nel suo discorso di re-insediamento. 

Potrebbe essere un errore di campo fatale perché non c’è futuro per un mondo insicuro come quello disegnato da Obama in questi ultimi quattro anni questione araba compresa. Gli arabi, anzi il mondo islamico rappresenta la spina nel fianco di qualsiasi amministrazione americana degli ultimi 40 anni di storia, ricordiamoci di Monaco 1972. La vittoria di Obama rappresenta un pericolo per il mondo civile, e la decisione sulla Palestina pur con il voto contrario degli americani contribuirà a rendere ancora più insicuro il futuro di una regione abitata da quasi ventisei milioni di individui agitati da sentimento di odio nei confronti di un solo unico Paese e dei suoi alleati. 

Aleggia un’ombra sul futuro mondiale basta dare una occhiata alle agenzie arabe e persiane e alla loro malcelata soddisfazione. Non potevano sperare di meglio, anche i regimi islamici totalitari vecchi e nuovi (Iran, Egitto e Tunisia) sanno che non avranno nulla da temere da quel presidente neppure quando si astiene dal votare contro Israele e a favore della Palestina perchè alla fine a loro della Palestina non interessa poi molto. 

Cosa cambia ora in Medio Oriente? Dipende da alcune cose. La prima e forse più importante questione che risentirà di questa rielezione di Obama è la vicenda del nucleare iraniano. Se sono vere le voci che vogliono contatti diretti tra Iran e USA prepariamoci a un durissimo braccio di ferro tra Gerusalemme e Washington. Israele, come ha ribadito Netanyahu, non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari dietro al paravento dell’uso civile. Al contrario, Obama sembra credere alla favoletta del nucleare ad uso civile ed è tentato di trattare con gli Ayatollah. Un attacco israeliano alle centrai nucleari iraniane, già rinviato più volte e persino interrotto in una occasione, potrebbe scombinare i piani iraniani e americani. Lo vedremo presto, molto presto credo.

E per la Palestina riesploderanno le polemiche degli ultimi mesi in tutta la loro virulenza. C’è da giurare che Obama tornerà alla carica per spingere verso un accordo tra arabi e israeliani. Solo che l’accordo che vogliono gli arabi non è proprio un accordo nel vero senso della parola, che prevede due parti e due posizioni diverse, loro pretendono semplicemente di imporre a Israele le loro volontà. 

Ora però la questione potrebbe cambiare con Obama che ha quattro anni davanti a se con l’impossibilità di ricandidarsi probabilmente smetterà di essere “simpatico”. Potrebbe finalmente alzare la voce, e porre la questione sul piatto del contenzioso iraniano. Tenere buono Israele con l’Iran in cambio di un supporto per la questione palestinese. Il problema però è che per Israele la questione palestinese non è affatto di vitale importanza come invece lo è la vicenda del nucleare iraniano. 

Sappiamo che gli assetti geopolitici in Medio Oriente sono a rischio ogni giorno, non esistono accordi alla luce del sole, tutto avviene nelle stanze buie delle rispettive cancellerie e nei centri di controllo, l’ordine di colpire gli iraniani potrebbe partire in ogni momento mentre scrivo questo pezzo e cogliere impreparati tutti i Paesi coinvolti in un senso o nell’altro in questo scenario con un alto pericolo esplosivo. 

Guardiamo tutti a Obama  che sposta l’asse del proprio interesse verso Ankara con un’occhio al Cairo. Credo, anzi ne sono certo che altro non siano che goffi tentativi di accontentare quelle potenze e distrarre l’occhio attento della diplomazia non statunitense da altre e sottili questioni guarda caso tutte legate al petrolio e suoi derivati. Perchè diciamocelo seriamente, l’Unione Europea non ha ancora imparato la lezione e non ha diversificato le proprie fonti energetiche per rendersi indipendenti dal mondo arabo, in primo luogo l’Italia, che, con il voto a favore della Palestina ha evidenziato ancora il proprio interesse verso l’oro nero che, sempre per caso, è saldamente nelle mani di quelle stesse popolazioni a maggioranza mussulmana come i palestinesi. 

Cosa cambia per la Palestina oggi? Tutto e niente, dipende dai punti di vista. Di certo oggi il riconoscimento dello Stato di Palestina passa obbligatoriamente per il riconoscimento da parte palestinese di Israele come Stato ebraico. Stiamo a vedere la prossima mossa di chi sarà e quali saranno i coinvolgimenti dei vari Paesi nello scacchiere internazionale. Forse contrariamente alla regola, in questo caso "Tutti i mali verranno per nuocere?"