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2016/02/21

Maro', 4 Anni!


Il 19 febbraio sono trascorsi esattamente QUATTRO ANNI da quando i nostri due marò sono bloccati dalla “giustizia” indiana. Quattro anni di privazione preventiva della libertà senza neppure che a oggi siano state formulate contro di loro delle accuse chiare e circostanziate, un capo d’accusa e tantomeno si sia svolto un processo.

E’ inaudito che l’Italia si stia facendo prendere in giro in questa maniera non solo dopo aver svenduto ogni credibilità internazionale, ma soprattutto dopo essere stata fatta fessa per quattro anni da governanti indiani evidentemente molto più astuti dei nostri responsabili politici.  

Basta, per favore,  con i belati di certe fanciulle che – come la Mogherini – due anni fa ci raccontarono “Li riporteremo a casa”: questa è una vergogna mondiale che a causa di politici incompetenti sta coprendo di ridicolo il nostro paese. 

Immaginatevi se gli indiani avessero sequestrato due militari statunitensi, russi od israeliani! Ma noi ci siamo abituati a tutto, non abbiamo un minimo di spina dorsale, di decisione… per questo già sappiamo già che finirà debitamente insabbiata e nel nulla anche l’inchiesta sul nostro connazionale ucciso recentemente al Cairo. 

2016/02/08

Le verità nascoste di Schengen



Le immagine drammatiche che accompagnano i vari TG non possono lasciarci indifferenti e troppo semplicistica è l’opzione di sbarrare (ma regolarmente solo a parole) le frontiere europee. Abbiamo a che fare con esseri umani come noi e il dovere dell’accoglienza è sacro. L’Europa deve saper accogliere, ma proprio per poterlo fare deve darsi organizzazione, fondi e imponendo delle regole, facendole poi applicare e i governanti – a cominciare da quelli italiani – devono togliersi dalla testa l’idea di fare i furbi. Viviamo in una realtà simile a quando si scatena il panico in una sala chiusa: se scappano tutti insieme verso le uscite la gente si schiaccia da sola, se il deflusso è ordinato tutti si salvano.

Bloccare Schengen allo stato attuale significherebbe – al di là della retorica sui sentimenti europei - che l’Italia continuerà ad accogliere un illimitato numero di migranti dal “fronte sud” (e tra poco probabilmente anche dall’Adriatico), migranti che troveranno sbarrate le vie del nord e quindi – respinti – rimarranno in Italia. La prima cosa da fare è quindi decidere o almeno cercare di concordare una linea comune, ma poi soprattutto applicarla.

Se stabiliamo che in Europa devono arrivare solo profughi “politici” bisogna informare tutti gli altri che non saranno più ammessi, ma allora poi gli altri - purtroppo - bisogna veramente respingerli, e non lasciarli quindi partire. Gli oppositori a regimi totalitari (i “politici”) se invece saranno ammessi vanno “verificati” fuori dall’Europa ed incanalati in modo organizzati. Giusto quindi aiutare la Siria e creare l’ “avamposto” in Turchia e/o i centri di identificazione, ma chi non dà le sue generalità controllabili e complete deve sapere prima che non verrà accolto.

A monte il problema è comunque ridurre il numero dei profughi e per fare questo deve risorgere una Europa “politica” ovvero capace di trattare e discutere nel proprio interesse con i vari governi “esterni” a cominciare dalla Siria. E’ criminale sollecitare le guerre civili interne (Libia, Siria) e poi lamentarsi delle conseguenze. Intanto prendiamo atto una volta per tutte che la democrazia e il metodo parlamentare non sono sempre è merce esportabile, che l’ISIS se ne frega di queste cose e quindi imporre i nostri canoni di pensiero agli estremisti religiosi e fanatici è semplicemente impossibile.

In questo quadro l’Italia ha per anni fatto la furbetta sperando che i migranti – incontrollati – sparissero poi al più presto verso Nord e passando così ad altri il problema. Gli altri paesi non sono stupidi e non ci stanno più, ci chiedono di identificare chi arriva (il che tuttora non sempre si fa) e farlo concretamente, non a chiacchiere. A oggi non stiamo riuscendo ma neppure vogliamo riuscirci anche perché è nato e cresciuto il “business del profugo”, la malavita siciliana ci sta sguazzando da un pezzo sui transiti e sulla pelle dei poveracci e non è stato mai lanciato chiaramente l’avviso “Non si entra”, facendolo applicare.

Deve valere questo per i migranti “economici”, termine spaventoso per indicare quelli che comprensibilmente cercano un futuro migliore, ma senza alcun altro titolo per farlo. Certo sono essere umani con i loro diritti ma se si stabilisce che non sono ammessi se non in numero prefissato devono capire che per emigrare bisogna rispettare quote e caratteristiche, basta con l’anarchia.

2016/01/29

A proposito di gender e famiglia


Non so voi, io la famiglia la vedo come nella fotografia in alto. Un padre (di sesso rigorosamente maschile), una madre (di sesso rigorosamente femminile) una nidiata di marmocchi, poi d'accordo, le famiglie moderne sono allargate e vanno doverosamente aggiunti almeno i nonni, qualche zio, i cugini vicini e magari anche quelli lontani che si rivedono una volta all'anno nelle feste comandate, ma sempre di famiglia parliamo. Lo so che sono vecchio ho delle idee che diventa difficile sradicare. Lasciate che resti nel mio brodo e pensatela come volete ma leggetevi il testo sotto, poi magari discutiamo.

Sarebbe opportuno che su di una questione seria come il riconoscimento delle coppie omosessuali e relativi diritti – comprese le eventuali adozioni – ci fosse una discussione seria, ponderata, che vada al di là degli schieramenti partitici. Credo che per inquadrare il problema dovremmo guardarci indietro e chiederci come mai oggi spesso ci lamentiamo di come la nostra società, la famiglia, la comunità sociale registri una terribile involuzione che si ripercuote sulla stabilità stessa del paese da tutti i punti di vista. 

Se andiamo alle origini di questa crisi strutturale scopriremo che alla base ci sono stati anche tutta una serie di atteggiamenti, mentalità, leggi, cedimenti, compromessi che poco alla volta hanno distrutto i principi stessi di una comunità umana e tutti ne possono vedere gli aspetti negativi. Se la droga diventa libera, se i diritti cancellano i doveri, se il senso di responsabilità diventa una presa in giro, se i genitori sono assenti e non sono da eempio, se la scuola spesso non è all’altezza, se le famiglie sono sfasciate, se il risparmio è disprezzato, se a vincere sono sempre i “furbi”, se ogni debolezza o vizio diventa “scelta personale di libertà”, se ci si ammazza per un telefonino e si dimenticano o si cancellano i doveri, alla fine non crolla solo un paese ma – come avviene – soprattutto si incrinano i rapporti tra le persone e le generazioni. 

Per questo la discussione sulle coppie omosessuali imporrebbe di riflettere non solo sui “diritti” dei singoli, ma sulle conseguenze generali che tutta una serie di scelte portano all’equilibrio sociale. Credo che debba essere garantito il diritto degli/delle omosessuali ad esprimere la propria personalità ed avere tutta una serie di diritti di coppia: diritti civili, fiscali, patrimoniali, pensionistici, ma non che le scelte di una minoranza condizionino una intera società. 

Se ognuno deve essere libero di pensarla e vivere come vuole, un conto è una scelta personale, un’altra condizionare con questa scelta persone estranee, come i figli potenzialmente adottati. Diciamocelo con franchezza: esiste oggi una lobby gay che di fatto controlla e condiziona l’informazione, lo spettacolo e anche la politica, per esempio è stato incredibile vedere come siano stati moltiplicati almeno per cinque il numero delle persone partecipanti alle manifestazioni gay di domenica scorsa, senza che nessuno avesse il coraggio di obiettare qualcosa... 

Era sbagliato criminalizzare, emarginare ed ironizzare ieri sugli omosessuali, ma oggi si ridicolizzano quelli che chi chiedono semplicemente la normalità di una società che - se è arrivata fin qui nel correre dei secoli - in fondo è solo perché c’è una differenza naturale tra uomo e donna. In questo senso non servono crociate religiose o anatemi, ma ricordare per esempio che ci sono migliaia di coppie “normali” che attendono per anni un bambino in adozione e di cui non si parla mai. 

Soprattutto ricordiamoci che le donne italiane generano 1,3 figli a testa mentre 2,1 sarebbe il minimo per mantenere la popolazione, eppure oggi Italia non si fa molto per difendere le famiglie, cominciando da quelle “normali”.  Guardate all’estero come si riempiono le culle con una tutela concreta della maternità e del lavoro, con aiuti per le scuole, gli inserimenti, gli asili-nido, i contributi fiscali, le detrazioni... in Italia siamo spaventosamente indietro. 

Perché allora si discute tanto di figli da fare adottare alle coppie gay e non si sveltiscono per cominciare le pratiche di adozione italiane ed internazionali, un “buco nero” con violenze inaudite verso aspiranti genitori e potenziali figli, affogate spesso in un mare di corruzione? C’è mai stato un dibattito consapevole in Italia su queste vergogne burocratiche di coppie che per anni e anni devono attendere senza neppure sapere se verrà loro assegnato o meno un figlio? 

E poi le questioni “scientifiche” dove si è partiti da aiutare la maternità ma per infilarsi poi in una spirale sempre più folle ed economicamente miniera d’oro per cliniche, medici e ricercatori. Anche qui le questioni si giocano sempre sui “diritti”, ma poi nascono e si moltiplicano situazioni sempre più irreali ed assurde: spermatozoi conservati per anni e impiantati nel ventre di no-mamme ma di uteri in affitto, selezione di geni e di genere, crescite in vitro, banche di seme e manipolazioni genetiche, con gente che va e viene dall’estero “perché là è un mio diritto riconosciuto”. 

Sullo sfondo – come sempre - il solito “dio-denaro” per cui se paghi ottieni e puoi, altrimenti aspetti. Per favore, fermiamoci.

2016/01/15

"I Don't Want To Miss A Thing"



"I Don't Want To Miss A Thing"




I could stay awake just to hear you breathing

Watch you smile while you are sleeping

While you're far away and dreaming

I could spend my life in this sweet surrender

I could stay lost in this moment forever

Every moment spent with you is a moment I treasure




Don't wanna close my eyes

I don't wanna fall asleep

'Cause I'd miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



'Cause even when I dream of you

The sweetest dream would never do

I'd still miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



Lying close to you feeling your heart beating

And I'm wondering what you're dreaming,

Wondering if it's me you're seeing

Then I kiss your eyes and thank God we're together

And I just wanna stay with you

In this moment forever, forever and ever



I don't wanna close my eyes

I don't wanna fall asleep

'Cause I'd miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



'Cause even when I dream of you

The sweetest dream would never do

I'd still miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



I don't wanna miss one smile

I don't wanna miss one kiss

Well, I just wanna be with you

Right here with you, just like this



I just wanna hold you close

I feel your heart so close to mine

And just stay here in this moment

For all the rest of time, yeah, yeah, yeah!



Don't wanna close my eyes

Don't wanna fall asleep

'Cause I'd miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



'Cause even when I dream of you

The sweetest dream would never do

I'd still miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



I don't wanna close my eyes

I don't wanna fall asleep

'Cause I'd miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



'Cause even when I dream of you

The sweetest dream would never do

and I'd still miss you, baby

And I don't wanna miss a thing



Don't wanna close my eyes

I don't wanna fall asleep, yeah

I don't wanna miss a thing

I don't wanna miss a thing

Testi e musica degli Aerosmith

2016/01/05

Trappole climatiche e antropogeniche, in sintesi: ci stanno fregando!



Tra revisionismi, correzioni e ipocriti silenzi, la religione del clima esce dalla Cop21 di Parigi piuttosto acciaccata. All’apparenza compatta nell’obiettivo prometeico: contenere l’aumento temuto della temperatura del pianeta, entro la fine del secolo, sotto i due gradi (1,5). 

In realta’, tra le pieghe, pesantemente, segnata da divisioni, scetticismi, sospetti, fardelli propagandistici e aspettative non credibili. Premessa: il dogmatismo climatico e’ segnato da quella che si potrebbe definire la trappola della CO2. Vale a dire, la pretesa di ridurre il clima, fenomeno caotico per eccellenza, a un modello di laboratorio, astratto e informatico, movimentato da un solo fattore: la quantita’ di CO2 antropogenica immessa in atmosfera. 

Operazione da sciamani. 

Predire matematicamente il clima, ammonisce il bistrattato professor Zichichi, comporterebbe l’uso di equazioni differenziali con un numero di variabili troppo elevato per consentirne la soluzione. Impresa razionalmente impossibile. E che riporta, piuttosto, alla mente il diavoletto di Maxwell che divide le singole molecole di gas (per ridurre la probabilita’ a certezza) o l’apologo di Laplace: “ …se esistesse una possibilita’ di calcolare e misurare i movimenti di ogni singola particella fisica, sarebbe possibile descrivere passato, presente e futuro del mondo con esattezza matematica…”. 

Esattamente quello che pretendono di fare gli ideologi dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il club internazionale di esperti governativi custode della dottrina ufficiale sul clima. E’ ovviamente impossibile controllare le interazioni della meccanica del clima, al fine di prevederne l’evoluzione. Un calcolo che comporterebbe, esattamente come il diavoletto di Maxwell, la misura di ogni gas o composto atmosferico e del feedback con fattori, naturali e artificiali, variabili nel tempo. 

Impossibile. 

E cosi’, per comodita’ intellettuale, i modellisti del clima hanno ridotto gli algoritmi a una sola variabile: i tassi di CO2 antropogenica immessi in atmosfera. 

Rasoio di Occam? No: riduzionismo elementare. 

Che produce, percio’, modelli irreali, distanti da un effettivo rispecchiamento della realta’, artificiali e, puramente, ipotetici. Basti dire che vengono esclusi, dagli algoritmi della modellistica del clima, i fattori chiave dei suoi andamenti evolutivi, quelli naturali: attivita’ del sole, magnetismo terrestre, oscillazioni orbitali, irraggiamento cosmico ecc. Perche’? Non tanto per la difficolta’ di misurare tali fattori quanto una pretesa programmatica intenzionale: isolare l’attivita’ umana (la CO2 antropogenica) come esclusivo fattore di incidenza. Al fine di farne l’imputato unico del riscaldamento. 

Una metodologia, osserverebbe Einstein, poco “elegante”. 

Essa semplifica l’oggetto indagato, il clima, oltre il lecito e il necessario, riduce eccessivamente la complessita’ delle variabili e insinua nei calcoli un solo fattore ad hoc, una singola costante, i volumi di emissione della CO2, per giungere a esiti pre-determinati. Nella dottrina del clima, i tassi di emissione della CO2 antropica funzionano come una sorta di termometro artificiale: tarato su una scala in cui a ogni grado di misura delle emissioni corrispondono temperature. E a ogni grado di temperatura corrispondono eventi deterministici e effetti conseguenziali. Fino a una soglia, i due gradi di aumento rispetto alle medie attuali, che segna un avvento: l’inizio di un’epoca di catastrofi. 

Insomma: millenarismo. 

Nella letteratura dell’IPCC, l’evoluzione climatica viene raffigurata in modelli predittivi e “scenari” (a 20, 30 o 50 anni e piu’) fondati, tutti, sulle medesime premesse metodologiche e differenziati, negli esisti predeterminati, solo in base a assunzioni del comportamento umano. Davvero l’uomo funziona, nei modelli dell’Ipcc, come il prometeico regolatore del clima. Una proto-scienza, insomma, quella dell’Ipcc e una sorta di religione con tutti gli ingredienti conseguenti: la pretesa del devotismo dai credenti, l’irrisione degli scettici, la scomunica dei negazionisti. Dagli “scenari” proto-scientifici dell’Ipcc, si pretende di dedurne prescrizioni e dettare comportamenti per i policy makers, condotte dei governi e contenuti delle agende politiche. 

Il problema e’ che, col passare degli anni (siamo ormai con quella di Parigi del 2015 alla 21 conferenza sul clima e a 25 anni dalla “madre” di tutti gli eventi sul riscaldamento climatico, la Conferenza di Kyoto del 1997) la dottrina del clima mostra una crescente e imbarazzante contraddizione: l’allarme degli esiti catastrofici sale sempre piu’, e sempre piu’ ravvicinato, ma l’efficacia delle prescrizioni si rivela, crescentemente, discutibile. Di piu’: la CO2 antropica, isolata e esagerata come esclusivo fattore scatenante dei cambiamenti, si rivela una trappola. 

Laddove i suoi effetti sono descritti, ansiologicamente, come sempre piu’ minacciosi, la possibilita’ e la capacita’ anche solo di mitigarne il peso in atmosfera si dimostra impossibile. In 25 anni di politiche anticarbonifere e in 20 anni di denunce e prescrizioni dell’IPCC, la quantita’ di CO2 antropica in atmosfera e’ aumentata del 60%. E con essa i costi della (inefficace) mitigazione. I criteri e le ricette della dottrina del clima inchiodano i governi a condotte e agende tanto piu’ costose quanto inefficaci ai fini dell’obiettivo dichiarato: un arresto della crescita delle emissioni. 

Una dottrina, quella del riscaldamento del clima, nata per contestare la sostenibilita’ dei modelli di sviluppo dell’ultimo secolo e mezzo, si va dimostrando, crescentemente, insostenibile nella costosa inefficacia delle prescrizioni. Negli ultimi quindici anni, tralaltro, in cui la CO2 e’ sempre aumentata, non si registrano aumenti delle temperature. La correlazione clima-CO2 non appare cosi’ salda. Appare salda, al contrario, la correlazione inversa tra costi delle politiche climatiche e efficacia. 

Il burden economico delle politiche del clima, tra il 2005 e il 2015, e’ impressionante: 176 miliardi di dollari (dati World Bank del 2011). E solo considerando il global carbon market: l’enorme bolla alimentata dal trading delle emissioni e e dai progetti di investimenti verdi. A questi volumi della finanza verde vanno aggiunti il costo degli incentivi fuori mercato alle energie rinnovabili e la fattura legata all’ import dei loro componenti impiantistici. Questa enorme esplosione finanziaria (in cui e’ prevalsa, col tempo, la componente puramente speculativa) ha partorito un aumento delle emissioni di CO2 e un costo dell’energia crescente. 

L’80 % del fardello di queste politiche si e’ concentrato in Europa. Dove, non a caso, il decennio del global carbon market ha coinciso con la crescita lenta, la crisi del debito e l’arretramento manifatturiero. Il bilancio delle politiche verdi comincia a indurre stress nei governi. E a Parigi lo si e’ avvertito. La trappola della CO2 comincia a far sentire la stretta dei suoi lacci. E fa aggrovigliare i calcoli. Il bilancio dei 25 anni alle spalle pesa. Il 90% del mondo, formalmente, sottoscrive l’impegno della Cop21: tenere le temperature del pianeta sotto i due gradi di aumento nel 2050. Ma il pathway verso l’obiettivo e’ del tutto incerto, evanescente e problematico. Azzerare in 34 anni le emissioni di CO2 (aumentate invece, come abbiamo visto, del 60% negli ultimi 25) e’, palesemente, irrealistico. 

Nelle stesse conclusioni della Cop21 il problema si e’ evidenziato in modi bizzarri: da un lato, l’unanimita’ commossa sull’obiettivo di contenere l’aumento di temperatura sotto I due gradi; dall’altro, l’evidenza che gli impegni sottoscritti dai governi portano a sforare quel tetto e a attestare l’aumento delle temperature, oltre la soglia, a 2,7 gradi. Come dire: piena catastrofe (se stessimo alle assunzioni dell’IPCC). Quello che appare sempre piu’ imbarazzante per molti osservatori e policy makers e’ l’impasse delle politiche climatiste: raggiungere l’azzeramento delle emissioni serra al 2050, attraverso la sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili e con il risparmio energetico, e’ tecnicamente irrealizzabile. 

I conti dell’IPCC non stanno in piedi. 

Il World Energy Outlook (WEO) smentisce, clamorosamente, scenari e aspettative del climatismo ufficiale: nel 2040 le fonti fossili e emissive peseranno, ancora, per il 55% dei consumi energetici (solo 15% di riduzione, quindi, rispetto ai consumi attuali); le fonti rinnovabili rappresenteranno solo un quarto del mix di energia del 2040 (e solo comprendendo il nucleare tra le fonti carbon free). Il nucleare, tralaltro, con buona pace di Greenpeace, e’ la fonte che conoscera’ il maggiore boost rispetto ai dati attuali (con una crescita del 60%). Questa e’ la vera novita’. Che gli ideologi dell’IPCC non avevano considerato. La percezione crescente di un ruolo limitato delle tecnologie rinnovabili come sostituzione delle fonti fossili, ha riproposto l’attualita’ e l’indispensabilita’ del nucleare come fonte carbon-free. 

Con evidente imbarazzo dell’attivismo climatista. 

L’esistenza di una quota di energia nucleare, attestata piu’ o meno intorno ai livelli attuali (6% di contributo di energia e 11% di energia elettrica) e’, ormai, ineliminabile in qualsiasi scenario realistico di mix energetico che intenda ridurre la quota di gas e carbone. Con 438 reattori attivi in 30 paesi e una potenza installata di 400 GWe, il nucleare e’ diventato imprescindibile nella contabilita’ della de-carbonizzazione: in termini di CO2 evitata e in termini di mix futuro. Senza la stabilizzazione della quota attuale di contributo del nucleare al portafoglio energetico non sarebbe ipotizzabile alcuno scenario di riduzione delle fonti fossili. 

Archiviati, ormai, irrazionalismi e emotivita’del post-Fukushima, la partita del nucleare si gioca non piu’ sulla sicurezza ma, solo sulla sua affordability economica: i costi degli investimenti fissi piu’ alti comparati a quelli degli impianti fossili (gas e carbone). Uno scenario destinato a cambiare: per il peso che assumeranno le politiche di tassazione della CO2; per la possibile ripresa di investimenti orientati al lungo periodo: le tecnologie di oggi consentono a una centrale nucleare un ciclo vita di oltre 60 anni (fino a quasi 100) rispetto ai 20 di media degli impianti fossili. 

In ogni caso la de-carbonizzazione totale e’ un mito da sfatare. Secondo il WEO lo scenario che ne prevede la realizzabilita’ al 2050, risultera’ gia’ vanificato nel 2040. I numeri evidenziano un racconto del tutto diverso. Le fonti fossili (gas e carbone) copriranno, alla fine del secolo, ancora oltre la meta’ del mix energetico. Le energie rinnovabili non riusciranno a essere sostitutive delle fonti convenzionali (gas, carbone e nucleare) e si attesteranno, inesorabilmente, intorno al 30% del mix energetico. Il risparmio energetico non portera’ a una decrescita dei consumi di energia ma, in base al cosiddetto paradosso di Jevons e al rebound effect (“una risorsa energetica, resa piu’ efficiente, e’ usata di piu’”) piuttosto a un aumento di essi. La de-carbonizzazione entro questo secolo, dunque, non esiste. E, conseguentemente, si dovranno rivedere le correlazioni, schematiche e perentorie, tra CO2 e temperatura imposte dalla dottrina del clima. 

Ben piu’ importante, nel medio-periodo, sara’ un dilemma che va insinuandosi, dietro l’immagine di facciata delle foto di gruppo di Parigi. Gli ultimi 25 anni, in contrasto con la retorica climatista, hanno registrato un aumento continuo delle emissioni di CO2. Secondo alcuni a tassi che sono i piu’ alti di sempre. Sara’ un caso che gli ultimi due decenni sono stati anche quelli di una prepotente riduzione degli indici di poverta’? E dell’ingresso, a un ritmo inedito nella storia moderna, di due miliardi di persone nel perimetro dello sviluppo? C’e’ una correlazione tra i due processi? C’e’ chi non si sente di escluderlo. E inoltre. Per i prossimi 34 anni (fino al 2050) la politica “ufficiale” del clima si propone non piu’ una “mitigazione” degli impatti emissivi ma, addirittura, un azzardato “azzeramento” delle emissioni fossili e, comunque, un loro drastico abbassamento. Quale sara’ l’effetto sociale di tale proposito? Come abbiamo visto l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni carbonifere e’, tecnicamente, irrealizzabile dal lato della generazione di energia (le fonti rinnovabili si attesteranno solo sul 30% del mix di energia e sul 40 % di quello elettrico). E allora? Il timore e’ che possa farsi strada l’idea di abbordare l’azzeramento delle emissioni dal lato, invece, dei consumi. 

C’e’ un dato piuttosto inquietante degli scenari dell’IPCC per il 2050: la scarsa considerazione e, spesso, il silenzio sul tema dei consumi energetici futuri. Qualcuno (R.Partenen & M.Korhonen, Climate Gamble) vi ha visto il gioco d’azzardo che allignerebbe nella contabilita’ energetica del climatismo ufficiale: la velleita’ e l’illusione di congelare, sul lungo periodo, i consumi di energia. Tendenzialmente la domanda di energia nel mondo aumentera’ del 37% gia’ nel 2040. La popolazione mondiale, dai 7 miliardi attuali, raggiungera’ i 10 miliardi di persone nel 2050. 

Gli scenari dell’IPCC riflettono scarsamente questo dato. Nei modelli piu’ ottimistici del club del clima si percepisce una convinzione: al 2050 la dotazione di energie rinnovabili sara’ tale da coprire, da sola, il livello attuale di consumi energetici. Appunto: il livello attuale! E che ne facciamo della domanda di energia di tre miliardi di persone in piu’ esistenti a quella data? Proiettato sulla popolazione mondiale al 2050, il livello attuale di consumi soddisfarebbe solo un terzo del fabbisogno energetico dell’unanita’. Per non parlare dei numeri diffusi nei programmi dell’ambientalismo radicale. Per Greenpeace al 100% dei fabbisogni energetici al 2050 provvederanno fonti rinnovabili (80%) e risparmio energetico (20%). 

Ma il fabbisogno ipotizzato al 2050 e’ l’attuale livello dei consumi. Vale a dire: 9 miliardi e mezzo di persone dovrebbero, necessariamente, dimezzare il consumo di energia oppure, in cambio, 3 miliardi e mezzo di persone dovrebbero rinunciare, quasi del tutto, a consumare energia e elettricita’. Il sospetto dei paesi poveri o in via di sviluppo verso le implicazioni sociali e sottosviluppiste della de-carbonizzazione e’, dunque, fondato. 

La trappola della CO2 puo’ operare, effettivamente, come un fattore di freno dello sviluppo: nell’impossibilita’ tecnica di sostituire le fonti fossili dal lato della generazione di energia, qualcuno immagina, follemente, di realizzare l’obiettivo dal lato dei consumi. Una prospettiva terrificante di impoverimento e di stagnazione. E una clausola dissolvente formidabile frapposta alle aspettative dei paesi in ritardo. Strano che questo sospetto sociale e malthusiano della retorica della de-carbonizzazione sia sfuggito alla Chiesa della Laudato si. 

A Parigi, invece, nel backstage delle celebrazioni ufficiali della Cop21, la diffidenza sociale e la preoccupazione del gamble stagnazionista si e’ fatta avvertire: con il nulla di fatto sulle ipotesi di massiccio ricorso alla tassazione del carbonio; con il rifiuto dei paesi poveri di aderire, sin da oggi, a impegni troppo vincolanti sulle emissioni future; con lo stesso ridimensionamento lessicale della de-carbonizzazione nei documenti ufficiali; con la richiesta di massicci trasferimenti verso I paesi poveri. La talpa del revisionismo climatico sembra aver iniziato a scavare.

Scritto da Umberto Minopoli per Il Foglio 6 Gennaio 2016

2016/01/03

Tributo alle vittime innocenti di una ferocia senza confini

Eccoli, sono loro, i volti delle vittime del terrore, di un tranquillo weekend di paura diventato l'incubo peggiore per centinaia di famiglie che in una notte hanno perso figli, padi e madri, fratelli e sorelle, nipoti e amici. Il terrore non deve sovrastare gli animi, l'odio non deve annichilire le menti, non posso parlare di vendette, non sarebbe umano ma l'indifferenza non è la soluzione allora chi ha cOlpito va punito, risalendo la catena dell'odio fino a chi l'ha generata, e non importa quanto in basso o in alto è necessario andare. E se dovessero arrivare a distruggere un popolo lo faranno affinché le genti non vivano sempre nel terrore.







La cosa peggiore è riconoscere, all’uscita della Morgue, i lineamenti di queste ragazze e di questi ragazzi, logorati dal tempo e dalla sofferenza, sul volto delle madri e dei padri venuti a riconoscerli. 

La cosa peggiore è avere 129 vite solo da immaginare. Vite di artisti, di ricercatori, di scrittori: immaginare quanto sarebbero state belle le loro canzoni, le loro scoperte, le loro opere. Immaginare quanto sarebbero stati belli i loro figli. Vite infinite.

La cosa peggiore è che, ora che tutti sono stati riconosciuti, non resta nessuno che possa pensare: lui, o lei, potrebbe essere ancora vivo.

La cosa peggiore è l’ignoranza di assassini che non sanno cosa significhi aver portato un bambino nella pancia o averla accarezzata, aver pianto quand’è nato, essersi svegliati di notte quando piangeva, essersi preoccupati quando faceva tardi con gli amici, aver gioito per la sua laurea, aver provato un misto di orgoglio e di nostalgia a vederlo partire per una grande città.

La cosa peggiore è pensare a tutti i genitori condannati a sopravvivere a un figlio, e alla pena che la strage di Parigi rinnova dentro di loro.

La cosa migliore è considerare quanto il dolore ormai appartenga al mondo, quanto sia globale e condiviso: le vittime venivano da 19 Paesi diversi.

La cosa migliore è la consapevolezza che le vittime sono più forti e lasciano segni più profondi dei carnefici.

La cosa migliore è riascoltare la dichiarazione della madre di Valeria Solesin, le uniche parole in italiano sentite in questi giorni alla tv francese - «nostra figlia mancherà molto a noi e anche al nostro Paese», e concludere che è davvero così.

La cosa migliore è rileggere Pasolini, in morte del fratello Guido: «Quanto sia il dolore di mia madre, mio e di tutti questi fratelli e madri non mi sento ora di esprimere. Certo è una realtà troppo grande, questa di saperli morti, per essere contenuta nei nostri cuori di uomini». Ma «senza il loro martirio non si sarebbe trovata la forza sufficiente a reagire contro la bassezza, e la crudeltà e l’egoismo». «Noi alla società non chiediamo lacrime; chiediamo giustizia».


L'articolo originale viene dal Corriere.it, a firma di Aldo Cazzullo. I nomi delle vittime li trovate sul web. Sempre sul web potete trovare tutto, volevo che il ricordo fosse perpetuato dai volti prima che col tempo svaniscano.


2016/01/01

Zuppa di smog a colazione, pranzo e cena...



Scritto da Nicola Porro per il giornale.it

La mini polemica tra il sindaco Pisapia e Beppe Grillo su smog e alberi tagliati a Milano, conforta la tesi dello storico Robert Conquest: «Tutti sono di destra nelle cose di cui si intendono».

Pisapia sembra un pericoloso conservatore quando ricorda al leader dei Cinque stelle che sì, a Milano, sono stati tagliati circa cinquecento alberi, ma per far posto ad una verde metropolitana. Entrambi, vittime dell’integralismo ambientale, sbagliano però il bersaglio.
Non è certo che questo inquinamento sia così mortale come lo dipingono (tra poco lo vedremo) ma è sicuro che nulla ha a che vedere con il mito della deforestazione. In Italia si realizza, i sorrisi si evitino please, un censimento pubblico degli alberi. Ebbene non è mai esistita una stagione (in migliaia di anni dicono gli esperti) con un maggior numero di foreste. 

Vi sembra grossa? Anche a chi scrive, ma è così: abbiamo 210 alberi pro capite. Negli ultimi dieci anni, mentre ci raccontavano del consumo del suolo e piripi piripa, in Italia abbiamo piantumato quasi fossimo dei maniaci di Hay Day. Ecco i numeri totali: nel 2005 avevamo 10,4 milioni ettari di bosco (circa un terzo della nostra superficie); dieci anni dopo l’estensione è salita ad 11 milioni. Il che vuol dire 600mila ettari di boschi in più. Nella sola Lombardia si sono sviluppati 26mila ettari di boschi e foreste aggiuntivi. Tra un po’ gli alberi diventeranno come i cinghiali in Maremma: un discreto fastidio per gli abitanti del luogo.

La relazione tra deforestazione ed inquinamento non funziona più. Anzi, a voler essere polemici essa si sarebbe invertita: più alberi uguale più inquinamento. Tocca inventarne un’altra. E la tendenza riguarda l’intero continente. L’Europa (la fonte questa volta è Forest.org) dal 1990 al 2015 ha piantumato come una pazza. La superficie boschiva è cresciuta di 17,5 milioni di ettari, per intendersi è come dire che in Europa nell’ultimo quarto di secolo è nato un bosco grande come tutto il Friuli Venezia Giulia ogni anno. Piogge acide (ve le ricordate?) permettendo.

Come la mettiamo allora con i 68mila morti in più dell’Italia che si registreranno nel 2015? E di cui i politici illuminati si fanno un gran cruccio. Per Grillo rischiano di essere legati proprio all’inquinamento. Anche l’Oms parla di record di «morti premature», causa smog. Partiamo da una piccola considerazione: quella dei morti è l’unica statistica che si riesce a fare con precisione prima della fine del periodo di osservazione. Ma prendiamoli pure per buoni. Nel 2015 ci potrebbero essere più morti (lo ricordava anche Silvio Garattini) grazie alla chimica. 

Ma non quella inquinante: quella buona. Grazie alla quale siamo tra le popolazioni più longeve del mondo. Si arriva ad un punto in cui però tocca morire: non più a 70 anni, ma in media per le donne in Italia a 84 anni. Questa media si è spostata in avanti e ciò corrisponde ad un effetto statistico semplice: bassa mortalità ieri, recupero oggi. Garattini addirittura ci ricorda come la folle campagna antivaccini (tra cui quelli influenzali soprattutto per i più anziani) stia determinando una piccola, ma pericolosa, epidemia nelle fasce di popolazione più a rischio. 

Riguardo all’Oms e ai suoi morti non bisogna aggiungere molto a quanto scritto da Umberto Veronesi: «Morti premature è un termine ambiguo su cui sono scettici molti scienziati. Tumori al polmone e malattie cardiovascolari riconducibili in qualche modo all’aria che respiriamo sono in diminuzione». Avanti con la prossima frottola ambientalista.

Ps. Per favore considerate la vostra responsabilità ambientale prima di non stampare questo articolo. Se potete, stampatelo su un bel foglio di carta A4, alimenterete così l’industria cartaia, di cui l’Italia era un’eccellenza, contribuirete a generare posti di lavoro e al taglio degli alberi in eccesso.



2015/12/06

Scienza ad capocchiam


Scienza ad capocchiam 

Primo: L’aumento della temperatura del pianeta è stato di 0,8 gradi in quasi un secolo e mezzo circa (dal 1850). Poi nel 1998 si è fermato. Da 17 anni non aumenta più? Di quanto dovrebbe riprendere, nei prossimi pochissimi anni, per portarci ai 4 gradi in più previsti dai religiosi del clima riuniti a Parigi? Nessuno lo dice.... 

Secondo: se in un secolo e mezzo (1850/1998) di piena industrializzazione e di CO2 umana immessa in atmosfera, la temperatura è aumentata di 0,8 gradi come è possibile che nei soli prossimi 80 anni (previsioni dei religiosi del clima) aumenti di 5 gradi? 

Cervellotico. Niente di scientifico. Sciamanismo. 

Dovuto al fatto che siccome non si possono fare previsioni esatte sul clima, data l’inferenza sull’andamento del clima di variabili che lo influenzano e i cui effetti non sono calcolabili, i climatisti hanno scelto, per comodità, un solo criterio (il gas serra immesso dall’uomo, la CO2) ) e su di esso si costruiscono modelli matematici di proiezioni sul futuro. Che non sono dunque previsioni scientifiche. 

Che sono impossibili. 

Terzo: come fa ad essere antropico l’effetto dovuto alla CO2 industriale che è solo il 5% della CO2 naturale in atmosfera. Che è solo, a sua volta, il 10% degli altri gas serra (vapore acqueo e metano ) di origine naturale. Che però hanno un effetto serra cumulato assai maggiore della CO2. La fisica e la chimica nelle proiezioni dei climatisti religiosi sono ad capocchiam. Di catastrofico c’è solo il conto economico delle assurde politiche anti CO2. Che, tralaltro, sono realizzate dalla sola Europa che però nel conto della CO2 internazionale umana (che pure è, come abbiamo visto, infinitesimale) conta come la briscola a merenda. 

Però è sufficiente a tenere bassa la crescita europea. Ai poveracci seguaci della religione del warming sfugge che quelle risorse enormi che pure si spendono inutilmente (perché le emissioni stanno aumentando sempre nonostante le 20 conferenze sul clima che hanno preceduto questa di Parigi) sulla CO2 (emission trading, incentivi fuori portata per le rinnovabili) potrebbero essere spesi per combattere, invece, l’inquinamento, i pericoli alla salute (Hiv, epidemie ecc), per tecnologie a difesa degli eventi estremi (città costiere, assetti idrogeologici ecc).

Quarto: nessun criterio fisico, chimico e ambientale può dimostrare una correlazione tra CO2 e catastrofi climatiche. In 12,000 anni di vita dell’uomo noi abbiamo sperimentato solo effetti benefici della CO2. Perché, invece, un 5% di CO2 umana (sul 95% che è naturale) dovrebbe, in futuro, essere catastrofico? È solo una premonizione religiosa. 

Biblioteche di libri anticonformisti e schiere di migliaia di scienziati (una di essi era la coraggiosa Montalcini) che la dittatura del pensiero unico del warming antropico mette al bando, smentiscono. 

Quinto: la causa dei periodi di riscaldamento (anche assai superiori all’attuale) vissuti in precedenza, quando non c’era CO2 umana, a che erano dovuti? Erano dovuti a cause naturali: oscillazioni dell’asse terrestre, attività del sole, oscillazioni dell’orbita terrestre, cicli degli oceani. Siccome, però, di queste cause fisiche conosciamo ancora poco, i chierici del warming si buttano sulla “politica” delle cause antropiche e della CO2, in mancanza di meglio. 

Scienza da scarpari. 

Ci sarebbe abbastanza da potersi togliere i paraocchi. O no? 

L'Ottimista


L'OTTIMISTA

"Sono un ottimista razionale. Razionale perché non sono arrivato a posizioni ottimiste per indole o per istinto, ma esaminando le prove […] finché qualcuno, da qualche parte del mondo, è incentivato a inventare nuovi modi per soddisfare meglio i bisogni del prossimo, allora l'ottimista razionale deve concludere che il progresso della vita umana riprenderà sempre il suo corso." (Matt Ridley)

2015/12/02

Uncle Bean, all natural and organic



Inspiration and Motivation

My name is Sergio Balacco, I am the Founder of Uncle Bean but not only that. You may have seen me in the web, in some magazine, or simply in a blog or maybe you are one of the happiest reader of my book. Well, I am that and much more.

The inspiration for Uncle Bean Soy Sweets & Dine comes from a trip I make some years ago in Asia, but it was a dream to open it since longtime. It came from all my travels, observations and inspired conversations with some of colleagues and friends who already succeeded in the food and beverage business. I one time I knew this was what I truly wanted instead of a full-time job but I didn’t really have a chance to make it happen until now. There are too many priorities behind the choices each one does in one's life. The family first, and then come the children and then the social state and then go into a vortex from which it is difficult to escape.

I believe that at some point in life you have to make choices, make compromises, to live better, to be happy. I've always been a good cook, I invented new recipes in order to improve my life and the lives of those around me, family, children, friends, colleagues.
The initial idea was to use soybeans as the basis of my recipes. I have been a precursor of soy, I agreed to eat soy steaks when even the taste was similar to the soles of shoes, I drank concoctions made from soy just to say that were good for the health. My Mediterranean culture left no room for this product of clear Asian origin, then after I was married to an Asian girl I discovered all the delights and peculiarities of this type of diet, mainly at the base of soy, exotic fruit, delicate natural herbal ingredients that wisely mixed are able to feed anyone making the right balance of calories and protein.

From a culinary point of view I am a citizen of the world.

I was born in Italy, in an average middle-class family without too many demands, besides the usual ones: earn money and live in the bunch. My father ran the world for business, the family followed. I attended my school years in six different countries, from every culture have absorbed customs and traditions also from a culinary point of view. My mother was open to try new recipes originating in each of the countries we visited, and maybe to process them to suit our Mediterranean tastes. 
 My brother and I grew up in a family that preferred to feed on fresh fruit and many vegetables rather than meat, because the latter carries cholesterol and with it health problems. It was just important to know that the meat had at the time high costs, and vegetable dishes were preferred as an alternative which filled and fed properly. The meat was a little but not as fish, this to make it clear to the reader that I am not vegan or even vegetarian. While loving vegan cuisine I do not want to give up the pleasures of the traditional Mediterranean diet. 


To make the idea a reality, serves a commercial space permanently. As the idea took shape, I started to prepare my favorite recipes using a system that works pretty well in Northern Europe but that wears a lot and moreover is too individual, it does not involve the rest of the family and, often, I feel lonely. Through a company that organizes parties at home, I prepared my smoothies, cakes, dishes to the delight of those present. Often praised and sometimes criticized because I do not put available my skills and my knowledge to all but only to the lucky few who could afford a party at home.
We need a permanent commercial space with a kitchen so that we can produce our global organic soy smoothies and sweets, cookies, tofu, soups, Taiyaki cakes and Takoyaki fish balls.

We need to improve our capacity to prepare, process, and package our original recipes. 

We need to explore the world of healthy eating soy-based, to experience new flavors, new combinations and then offer it to our customers. 

To be able to invent, test, try new recipes so that can meet the taste of our future customers, trying to satisfy even those who have never considered the soy as a health food.

We need to increase our support for vegan food programs and raising awareness on the benefits that soy brings to humans.

We need also a space where we can provide training and mentorship for youth, the prospect of a fulfilling job and always new.

We need to support the business community. 

Our goal is to raise €150,000

This will enable us to lease a commercial space and purchase the required equipment and cutlery, including: 

Industrial blenders - €2,800
Large industrial mixers - €6,000
Large Tayaki makers - €3,200
Walk-in fridge and freezer - €15,000
Vacuum Packaging Machine - €3,000
Industrial Juice Extractors - €1,500
Soy Milk and Tofu Production Machine - €22,000
Soy Milk Boilers - €1,500
Electrical & Plumbing - €4,200
Shelving, racks, tables, etc. - €3,500 

What happens if we do not reach our goal?

There's no harm in trying. If we do not reach our goal, we're aware that this might happen, so should we reduce our primary goals, reducing expenses. A space just for us (for rent) it's imperative to work and be able to experiment new recipes, we will make sacrifices, but we will have to reconsider our plans and continue working to achieve the goal in a longest term. The finishing of the commercial space will be made in economy, we'll figure us as painters and electricians, find out how to make an electrical system without ever seeing one, or improvise with minimum hydraulic knowledge.

This will take a lot of time. We are proud to have thought to grow, to create our own space but if we do not have enough funds we must reconsider everything, because we can not sacrifice quality of our recipes. We'll have to be able to focus on the possibilities of growing other aspects of the business even if it means reviewing our social commitment in the community, the time will be running out and we can not be everywhere at once.

You'll get a delicious return for your contribution

Depending on your contribution level, you will get:
  • A selection of Tayaki biscuits with soy cream or exotic fruits.
  • A selection of recipes for the preparation of delicious smoothies soy-based with tropical fruit and vegetable essences.
  • Handwritten thank-you note from the Chef.
  • Invitation to a post-campaign Celebration Cocktail Party
  • A fresh, tropical and organic light menu for up to 10 people, catered by Chef Sergio in the comfort of your home.
It is a tasty and appetizing proposal, reserved only for large contributors....

We have the talent, the recipes, the knowledge, the experience, the principals, the ethic, the enthusiasm necessary to succeed in our goal. We need your support to continue to grow!

Please join us in this fantastic and innovative culinary experience.

You can help other ways too: 

  • Please spread the word about our campaign to your friends. 
  • Looking for a holiday gift? Consider donating on behalf of family or friends.

 If you wish to contribute at Uncle Bean please click here: INDIEGOGO