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2016/12/26

Miliardari si diventa! (meno male)


Non tutti i miliardari sono nati con la camicia.
Il modo di dire “mi sono fatto da solo” può sembrare un luogo comune, ma affonda le sue radici nella realtà.
Con determinazione e perseveranza straordinarie, ci sono persone in tutto il mondo hanno superato le diseguaglianze e ottenuto il successo.
Ecco 19 persone che sono nate povere e sono diventate miliardarie.
Howard Schultz di Starbucks è cresciuto in un complesso edilizio per poveri





Patrimonio netto: 3 miliardi di dollari

Spencer Platt/Getty
In un’intervista con il Mirror, Schultz dice: “Crescendo, mi sentivo sempre come se stessi vivendo dall’altra parte del recinto. Sapevo che le persone dall’altra parte avevano più risorse, più soldi e famiglie più felici. E per qualche motivo, non so perché o come, volevo scavalcare quel recinto e ottenere qualcosa che andasse al di là di quello che la gente riteneva possibile. Adesso mi vedete in giacca e cravatta, ma so da dove vengo e cosa significa”.
Schultz ottenne una borsa di studio per il football americano alla University of Northern Michigan e dopo la laurea iniziò a lavorare per Xerox. Poco dopo, rilevò una caffetteria della catena Starbucks, che all’epoca aveva solo 60 negozi. Schultz divenne l’AD della compagnia nel 1987 e la portò a oltre 16.000 negozi in tutto il mondo.
Nata in povertà, Oprah Winfrey è diventata la prima corrispondente televisiva afro-americano a Nashville






Sara D. Davis / Getty Images
Winfrey è nata in una famiglia povera del Mississippi, ma ciò non le ha impedito di aggiudicarsi una borsa di studio alla Tennessee State University e diventare la prima corrispondente televisiva afro-americana dello stato a 19 anni.
Nel 1983, Winfrey si trasferì a Chicago per lavorare a un talk show radiofonico che sarebbe stato ribattezzato poi “The Oprah Winfrey Show”.
Il presidente dalla squadra di rugby del Montpellier e imprenditore dell’anno, Mohed Altrad, è sopravvissuto con un pasto al giorno quando si trasferito in Francia






Patrimonio netto: 1,02 miliardi di dollari

Alliance Internationale/Flickr
Nato in una tribù nomade del deserto siriano da una madre povera che venne violentata dal padre e che morì quando lui era giovane, Altrad fu cresciuto dalla nonna, che gli proibì di frequentare la scuola a Raqqa, la capitale dell’ISIS.
Altrad la frequentò lo stesso e, quando arrivò in Francia per frequentare l’università, non conosceva il francese e viveva con un pasto al giorno. Però, ottenne un dottorato di ricerca in scienze informatiche, lavorò per alcuni importanti compagnie francesi finché non comprò una società di impalcature in fallimento che trasformò nella produttrice di impalcature e betoniere più importante al mondo, Altrad Group.
È stato nominato Imprenditore dell’anno in Francia e a livello globale.
Kenny Troutt, fondatore di Excel Communications, si è pagato gli studi universitari vendendo assicurazioni sulla vita






Patrimonio netto: 1,41 miliardi di dollari

Jamie Squire/Getty Images
Troutt è cresciuto con un padre barista e ha pagato i propri studi alla Southern Illinois University vendendo assicurazioni sulla vita. Ha realizzato la maggior parte del suo patrimonio con la compagnia telefonica Excel Communications, da lui fondata nel 1988 e quotata in borsa nel 1996. Due anni dopo, Troutt ha fuso la sua compagnia con Teleglobe con un accordo da 3,5 miliardi di dollari.
Adesso è in pensione e investe in cavalli da corsa.
Il magnate russo e proprietario del Chelsea Roman Abramovich è nato in povertà e rimase orfano a due anni






Patrimonio netto: 8,7 miliardi di dollari

Ben Radford/Getty Images
Abramovich è nato povero nella Russia meridionale. Rimasto orfano all’età di due anni, fu cresciuto dalla famiglia di uno zio in una regione subartica della Russia settentrionale.
Da studente del Moscow Auto Transport Institute, nel 1987 avviò una piccola compagnia che produceva giocattoli di plastica, con la quale poté finanziare un’impresa petrolifera e farsi un nome nel settore. Poi, in quanto unico capo della compagnia Sibneft, portò a termine una fusione che la rese la quarta compagnia petrolifera al mondo. La compagnia è stata venduta al titano statale Gazprom nel 2005 per 12 miliardi di dollari.
Ha comprato il Chelsea Football Club nel 2003 e possiede lo yacht più grande al mondo, che gli è costato quasi 400 milioni di dollari nel 2010.
I genitori dell’investitore Ken Langone erano idraulico e barista





Patrimonio netto: 2,8 miliardi di dollari

REUTERS/Rick Wilking
Per pagarsi i corsi alla Bucknell University, Langone ha fatti svariati lavori e i suoi genitori hanno ipotecato la casa.
Nel 1968, Langone lavorava con Ross Perot per quotare in borsa Electronic Data System (poi comprata da HP). Appena due anni più tardi, si associò con Bernard Marcus per fondare Home Depot, anche lei quotata in borsa nel 1981.
John Paul DeJoria, l’uomo a capo di un impero per la cura dei capelli e della Tequila Patron, viveva in una famiglia adottiva e nella sua macchina






Patrimonio netto: 2,9 miliardi di dollari

AP
Prima di compiere 10 anni, DeJoria, americano di prima generazione, vendeva biglietti natalizi e giornali per contribuire al sostentamento della propria famiglia. Fu quindi mandato in una famiglia adottiva e fece parte anche di una banda di strada prima di entrare nell’esercito.
Con un prestito di 700 dollari, DeJoria creò John Paul Mitchell System vendendo shampoo porta a porta mentre viveva nella propria macchina. Più tardi fondò Patron Tequila e adesso investe in altri settori.
Da giovane, l’imprenditore Shahid Khan lavava piatti per 1,20 dollari l’ora





Patrimonio netto: 7,1 miliardi di dollari

Rob Carr/Getty Images
Adesso è una delle persone più ricche al mondo, ma quando Khan arrivò negli Stati Uniti dal Pakistan, lavorava come lavapiatti mentre frequentava la University of Illinois. Khan possiede ora Flex-N-Gate, una delle maggiori società private degli USA, la squadra di football americano Jacksonville Jaguars e la squadra di calcio inglese del Fulham.
Il fondatore di Forever 21 Do Won Chang appena trasferitosi in America ha lavorato come guardiano, benzinaio e barista






Patrimonio netto: 2,8 miliardi di dollari

Getty Images/Alberto E. Rodriguez
La coppia — Do Won Chang e Jin Sook — dietro a Forever 21 non se l’è passata sempre così bene. Dopo essere arrivato in America dalla Korea nel 1981, Do Won ha svolto tre lavori contemporaneamente per far quadrare i conti. Insieme alla moglie Jin Sook ha aperto il loro primo negozio nel 1984.
Adesso, Forever 21 è un impero internazionale con 480 negozi che ricava circa 3 miliardi all’anno.
Una volta Ralph Lauren faceva il commesso da Brooks Brothers





Patrimonio netto: 6,1 miliardi di dollari

G. Paul Burnett/AP
Lauren si è diplomato in un liceo del Bronx a New York, ma più tardi ha abbandonato l’università per entrare nell’esercito. Fu mentre lavorava come commesso da Brooks Brothers che Lauren si chiese se gli uomini erano pronti per cravatte dai disegni più vari e più allegri. L’anno in cui decise di realizzare il proprio sogno, il 1967, Lauren vendette cravatte per 500.000 dollari. Fondò Polo l’anno seguente.
Il magnate dell’acciaio indiano Lakshmi Mittal è di umili origini





Patrimonio netto: 15,3 miliardi di dollari

Reuters/Benoit Tessier
Un articolo della BBC del 2009 riporta che l’AD e presidente del consiglio di amministrazione di ArcelorMittal, nato nel 1950 da una famiglia povera dello stato indiano del Rajasthan, “fondò le basi della sua fortuna in due decenni facendo la maggior parte della sua attività nell’equivalente di un discount del settore dell’acciaio”.
Oggi Mittal gestisce la maggiore azienda produttrice di acciaio del mondo ed è multimiliardario.
Il magnate del lusso Francois Pinault lasciò il liceo nel 1974 dopo essere stato bullizzato perché era povero





Patrimonio netto: 14,7 miliardi di dollari

Anthony Harvey/Getty Images
Pinault è adesso il volto del conglomerato della moda Kering (ex PPR), ma una volta dovette abbandonare il liceo perché veniva preso in giro pesantemente per essere povero. Come uomo d’affari, Pinault è conosciuto per la sua tattica predatoria, che prevede l’acquisto dei marchi più piccoli per una frazione del loro valore quando il mercato crolla. Ha poi fondato PPR, che detiene le case di alta moda tra cui Gucci, Stella McCartney, Alexander McQueen e Yves Saint Laurent.
Oggi, possiede Christie’s, la più grande casa d’aste al mondo.
Leonardo Del Vecchio è cresciuto in un orfanotrofio e ha poi lavorato in una fabbrica in cui ha perso un pezzo di dito






Patrimonio netto: 16,4 miliardi di dollari

Wikipedia/Luck1112
Del Vecchio, uno di cinque fratelli, fu mandato in un orfanotrofio perché la madre vedova non poteva mantenerlo. Lavorò poi in una fabbrica stampando parti di automobili e montature per occhiali.
A 23 anni, Del Vecchio aprì la propria azienda per stampare montature che poi ampliò fino a farla diventare il maggiore produttore di occhiali da sole e da vista al mondo con marchi come Ray-Ban e Oakley.
Il leggendario trader George Soros è sopravvissuto all’occupazione nazista dell’Ungheria ea Londra ha lavorato come facchino






Patrimonio netto: 24,9 miliardi di dollari

Getty Images / ChinaFotoPress
Nella prima adolescenza, Soros si finse figlioccio di un impiegato del Ministero dell’agricoltura ungherese per restare al sicuro durante l’occupazione nazista dell’Ungheria. Nel 1947, fuggì dal paese per vivere con i suoi parenti a Londra. Si mantenne alla London School of Economics facendo il cameriere e il facchino.
Dopo la laurea, ha lavorato in un negozio di souvenir prima di ottenere un impiego come banchiere a New York. Nel 1992, la sua famosa scommessa contro la Sterlina lo rese miliardario.
Dopo la morte del padre, il magnate Li Ka-shing ha dovuto lasciare la scuola per sostenere la famiglia





Patrimonio netto: 30,1 miliardi di dollari

Dario Cantatore/Getty Images
Ka-shing è scappato dalla Cina continentale a Hong Kong negli anni Quaranta, ma suo padre morì quando lui aveva 15 anni, rendendolo responsabile del mantenimento della famiglia. Nel 1950, avviò a propria compagnia, Cheung Kong Industries, che iniziò producendo plastica per ampliarsi in seguito al settore immobiliare.
Sheldon Adelson ha abbandonato il college ed è cresciuto dormendo sul pavimento di un caseggiato di Boston






Patrimonio netto: 33,6 miliardi di dollari
Adelson, figlio di un taxista, è cresciuto a Dorchester, nel Massachusetts, e ha iniziato vendendo giornali all’età di 12 anni, spiega Bloomberg Businessweek.
Un profilo Forbes spiega che, dopo aver abbandonato il City College of New York, “ha costruito una fortuna gestendo distributori automatici, vendendo pubblicità sui giornali, aiutando le piccole imprese a quotarsi in borsa, costruendo condomini e organizzando fiere campionarie”.
Adelson ha perso quasi tutto il suo patrimonio nella crisi del 2009, ma ne ha recuperato gran parte negli anni seguenti. Adesso gestisce Las Vegas Sands, la maggiore società di casinò al mondo, e Forbes lo considera il finanziatore politico di più alto profilo.
Il co-fondatore di Oracle, Larry Ellison ha abbandonato l’università dopo la morte della madre adottiva, e ha svolto lavori occasionali per otto anni






Patrimonio netto: 48,2 miliardi di dollari

AP Photo/Eric Risberg
Nato a Brooklyn, New York, da madre single, Ellison è stato cresciuto a Chicago dagli zii. Dopo la morte della zia, Ellison abbandonò l’università e si trasferì in California per svolgere lavori occasionali per i successivi otto anni. Ha fondato la compagnia per lo sviluppo di software Oracle nel 1977, oggi una delle maggiori compagnie IT al mondo.
Il settembre scorso ha annunciato il proprio piano per dimettersi da AD di Oracle per diventare CTO e direttore esecutivo.
Guy Laliberté faceva il mangiatore di fuoco prima di fondare il Cirque du Soleil





Patrimonio netto: 1,33 miliardi di dollari

Michael Buckner/Getty Images
All’inizio della sua carriera, Laliberté aveva il fuoco in corpo — letteralmente. Il busker canadese suonava la fisarmonica, camminava sui trampoli e mangiava il fuoco.
In seguito tentò la fortuna e comprò un biglietto di sola andata da Québec a Los Angeles per la compagnia circense che a Las Vegas sarebbe diventata il Cirque du Soleil, di cui ora Laliberté è AD.
Il fondatore di WhatsApp Jan Koum puliva i pavimenti




Patrimonio netto: 8,2 miliardi di dollari

David Ramos/Getty Images
Koum è nato a Kyiv, in Ucraina. A 16 anni, accompagnò la madre in California, dove si assicurarono un appartamento tramite sussidio governativo. Per sopravvivere spazzava i pavimenti in un negozio locale.
Secondo l’Independent, Koum imparò l’informatica da autodidatta. Nel 2009, co-fondò il più grande servizio di messaggistica istantanea WhatsApp, che fu acquisito da Facebook nel 2014 per 22 miliardi di dollari.

2016/12/16

Luci e ombre di Christo


Non fatevi ingannare dal titolo, il Christo di cui qui si parla è l'artista americano di origini slave Christo Vladimirov Yavachev che ha ideato e costruito la FP Flowting Piers. L'analisi di Business Insider mette tutto sotto una lente e racconta fatti e misfatti di un'opera discussa. Leggiamolo insieme.

I veri conti del Floating Piers: rischia di guadagnarci solo Christo 

Il New York Times l’ha messa l’8 dicembre tra le tre opere più significative del 2016. Per il Governatore lombardo Roberto Maroni è stato «un successo mondiale», destinato a divenire «un modello per il Governo su come si devono gestire i grandi eventi». Per gli oltre 1,2 milioni di spettatori, un’installazione entrata nella storia, la dimostrazione tangibile di arte fruibile da tutti. È il Floating Piers (FP), il pontile galleggiante costruito dall’artista Christo Vladimirov Yavachev, che dal 18 giugno al 3 luglio scorso ha permesso di assaporare il “miracolo” di camminare sulle acque del Lago di Iseo dal paesino di Sulzano (Bs) a Montisola, l’isola lacustre più grande d’Italia.


Gian Vittorio Frau / AGF
Un’esperienza che molti hanno chiamato la “piccola Expo”, tessendone le lodi, pur sottolineandone le carenze organizzative. Buchi dovuti principalmente a una macchina “tarata” per accogliere 40.000 visitatori al giorno, ma che ha dovuto fronteggiarne più del doppio. Nonostante i disagi, l’evento è stato descritto come l’esempio di marketing territoriale che ha rilanciato la zona del Sebino a livello planetario; o come l’ennesima dimostrazione di come la cultura quadruplichi ogni euro speso. Molti hanno messo anche l’accento sull’intelligente sinergia delle istituzioni che, libere dalla burocrazia, hanno compiuto l’impresa. Insomma, FP è stato celebrato come un miracolo ottenuto senza sborsare un euro pubblico, visto che Christo se ne è accollato tutti i costi, circa 18 milioni di euro.

Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e i’ideatore del progetto
Christo Vladimirov Yavachev visitano l’installazione “The floating piers” sul Lago d’Iseo.
Elio Villa / AGF
A sei mesi di distanza, si può tentare un bilancio più distaccato, che consideri l’indotto creato, le ricadute future, l’organizzazione dell’evento per finire con le spese nella loro totalità. Si scopre così che non è tutto oro ciò che luccica e che i costi non sono stati solo a carico dell’artista. Anzi.

Iniziamo dai guadagni

Chi sicuramente non ci ha rimesso, è Christo stesso, il quale non solo rientrerà dei 18 milioni sborsati, ma vedrà crescere il proprio conto in banca. L’artista infatti, pur non accettando né commissioni, né sponsorizzazioni, né vendite di cataloghi, incasserà copiosamente dalla vendita dei bozzetti preparatori, soldi che saranno tassati negli Stati Uniti dove risiede e che quindi non produrranno ricchezza per lo Stato italiano. Per dare un’idea, un bozzetto di piccole dimensioni (34X56 cm) parte in media da circa 120 mila dollari, mentre uno di grande dimensioni arriva a 1,2 milioni di dollari. Se si considera che questi prezzi sono “figurativi”, visto che con la visibilità data da Floating Piers le quotazioni sono schizzate alle stelle e le trattative sono quasi tutte riservate, si comprende come per il Maestro le prospettive siano piuttosto rosee. Per lui i benefici sono già iniziati: novembre 2015, un suo bozzetto è stato battuto a New York a 334 mila dollari, con una base d’asta di “soli” 180 mila. A questi, poi, si devono aggiungere le opere per i “meno facoltosi”, come litografie e immagini fotografiche del progetto autografate dall’artista. Queste ultime – che possono avere una firma autografa o una semplice stampa – vanno dai 200 e ai 6 mila euro.
Alberto Nardi / AGF
Circa il comprensorio, invece, i conti sulla ricaduta economica li ha fatti la JFC di Rimini, l’unica società che abbia preparato uno lo studio “post evento”, sebbene nessuna amministrazione l’avesse commissionato… «The Floating Piers non può che essere considerato un grande successo», scrive nel rapporto Massimo Feruzzi, «capace di portare sul lago d’Iseo 808.900 persone che non vi erano mai state prima, sugli oltre 1,2 milioni di visitatori. Complessivamente le imprese del territorio hanno incassato in 16 giorni ben 88,1 milioni di euro: di questi, il 76,5%, pari a 67,4 milioni, sono stati fatturati grazie all’evento». A questa cifra va aggiunto il “value brand” che il Lago ha ottenuto grazie all’evento, valutato circa sette miliardi. Alla luce di questa analisi sarebbe dura sostenere che non sia stato un successo. Tuttavia: il brand value si riferisce al momento dell’evento, quando cioè il mondo intero cercava su internet Christo, Iseo, Sebino…, mentre non è mai stato ritenuto utile commissionare uno studio sullo stesso valore a sei mesi di distanza!

Circa i 67 milioni di valore aggiunto, un’analisi elaborata dal Comitato Territoriale di Confcommercio a tre settimane dall’evento, dimostra come da un punto di vista imprenditoriale il “miracolo Christo” abbia beneficato solo alcune aziende, mentre ne avrebbe danneggiato molte altre. Il volume di affari di quanti – bar, ristoranti e supermercati – si trovavano in prossimità dei punti di arrivo, è triplicato, mentre per gli operatori dell’accoglienza posizionati in luoghi più distanti, il fatturato è caduto anche del 70%. Non solo, il blocco totale della circolazione deciso dal prefetto di Brescia Valerio Valenti per fare fronte all’invasione dei visitatori, ha comportato la paralisi delle forniture e azzerato i guadagni nei giorni di saldi estivi. Anche sul fronte dei pernottamenti ci sono state luci ed ombre: mentre gli hotel registravano il tutto esaurito (e innalzavano i prezzi), i campeggi non hanno registrato variazioni sensibili.
Davide La Monaca / AGF
Ai mancati guadagni si deve poi aggiungere la beffa: in previsione dell’evento, molti comuni hanno ritoccato all’insù le tasse locali: come il canone per l’occupazione del suolo cresciuto in media del 38%. Aumenti si sono registrati, ha denunciato Legambiente, anche nelle tariffe della navigazione fluviale: con l’orario entrato in vigore il 18 aprile 2016, la Naviseo ha aumentato gli abbonamenti annuali per i non residenti del 30% (da 236 euro a 307 euro) e del 45% quelli mensili per studenti residenti (da 34,50 euro a 50 euro mensili). Ha inoltre abbracciato un sistema di tariffazione a tempo e non più a tratta, che per l’associazione è stato pensato apposta per costringere i turisti a pagare due tratte singole invece che una andata e un ritorno.

Chi ha sicuramente guadagnato sono stati i comuni interessati: Montisola, Sulzano e Iseo, che hanno visto crescere i loro saldi di bilancio. Tra tasse di soggiorno, trasferimenti dalla Regione, vendita dei biglietti delle navette, parcheggi e multe, gli incrementi sono stati sensibili. Sulzano ha chiuso con + 240 mila euro (25 mila solo di multe), cui si aggiungono i 150 mila bonificati dal Pirellone. A Iseo gli introiti per il Comune sono stati di 250 mila euro (180 mila dai parcheggi, 20 mila dagli autopark e 35 mila dai parchimetri), somma alla quale vanno aggiunte le contravvenzioni. Montisola invece avrebbe ricavato circa 450 mila euro, comprendendo anche i 150 mila euro della Regione. Le multe hanno aiutato anche i comuni non direttamente interessati dall’installazione, come Merone, che si è ritrovato con un +82 mila euro in cassa, grazie soprattutto ai 23.248 arrivati dai verbali.

Le note dolenti

Queste le note positive, ora veniamo alle note dolenti, cioè le spese. Sebbene l’intera operazione sia stata spacciata come a costo zero per il pubblico, in realtà il Pirellone già prima dell’apertura del FP aveva staccato numerosi assegni: 700 mila ai comuni per sostenere il marketing e il progetto; 535 mila per le spese della sanità; 150 mila per i contributi dei volontari della protezione civile; 400 mila per gli agenti della polizia locale provenienti da altre città come Milano; 218 mila per il potenziamento di Trenord. In totale la spesa è stata quantificata in tre milioni di euro.

Tutti fondi, come dichiarato dall’assessore regionale Parolini, decisi prima dell’evento, quando si preventiva un afflusso di circa 40 mila persone al giorno. In realtà l’affluenza quotidiana media è stata di 100 mila visitatori, il che ha determinato un’impennata delle spese. Parolini ha però negato costi aggiuntivi, tuttavia ancora non ci sono le cifre definitive. Per esempio la Regione ignora quanti soldi abbia incassato Trenord per il servizio, né ha saputo dire se i treni, che il prefetto di Brescia aveva soppresso per bloccare la fiumana di gente diretta al FP, siano stati comunque pagati alla società o scorporati dai costi.

Anche Prefettura e Provincia di Brescia hanno negato costi aggiuntivi, sostenendo che la sicurezza è stata effettuata con forze già presenti sul territorio. Tuttavia era stato lo stesso Prefetto Valenti a dire che oltre al contingente territoriale, sarebbero arrivati agenti di rinforzo da Roma: 20 uomini in più in servizio nei giorni feriali e 30 nei giorni festivi. Inoltre la macchina per garantire sicurezza e sanità è stata impressionante: sono stati creati due presidi permanenti di Carabinieri, Polizia, GdF e Forestale con funzioni antiterrorismo; erano operativi due elicotteri, due imbarcazioni della GdF, una motovedetta, due natanti e quattro acqua-scooter, 4 gommoni dei pompieri. Per la sanità, invece, erano in servizio permanente nove ambulanze, due automediche, due gommoni sanitari, due moto-soccorso, sei squadre appiedate. A tutto ciò si sono aggiunti anche i 360 volontari della Protezione civile bresciana e i 120 di quella bergamasca.




Xinhua/Photoshot / AGF

Per un evento del genere è il minimo che le istituzioni debbano fare, ma tale spiegamento ha avuto costi ancora oggi non quantificati. Sull’operazione, dopo un esposto del Codacons nell’agosto scorso, la Corte dei Conti lombarda ha aperto un fascicolo, ha richiesto tutti gli atti amministrativi e sta ancora indagando. A calcolare le spese occulte, ha provato Legambiente in uno studio commissionato per determinare i costi pubblici e quelli collettivi dell’opera (questi rilevati in base anche all’impatto che essa ha avuto sulla vita dei cittadini coinvolti). Per l’associazione, la stima totale arriverebbe a 33,3 milioni: 18 milioni a carico di Christo, 8 milioni a carico degli enti pubblici e 7,8 a carico della collettività. Per Legambiente, solo la mobilitazione delle forze di sicurezza sarebbe costata tre milioni, mentre lo smaltimento delle 900 tonnellate di rifiuti prodotti nei 16 giorni, 2,4 milioni. Per gli ambientalisti, insomma, il gioco non valeva la candela, come dimostra il fatto che per oltre 20 anni Christo ha proposto la passerella galleggiante in giro per il mondo e che nessun Paese abbia mai accettato. A parte l’Italia.

«Sono stati sovrastimati i benefici, mentre non sono stati calcolati costi pubblici, effetti ambientali e stress territoriale. Infatti senza una valutazione ambientale (esclusa incredibilmente dalla Conferenza di servizi) e della spesa pubblica, non è stato possibile effettuare una valutazione complessiva dell’evento. Alla luce del volume dell’investimento, 32 milioni circa tra pubblico e privato, c’è da chiedersi se in un “distretto” turistico come quello del Sebino gli investimenti fatti avranno un effettivo ritorno. La ricettività turistica è limitata e la propensione dell’area non è quella dell’Industria turistica, ma del turismo sostenibile», ha detto Dario Balotta, responsabile Trasporti di Legambiente.

Delle cifre riportate dall’associazione si può discutere, indiscutibile è invece il fatto che nessun ente abbia mai commissionato un’analisi costi/benefici prima di dare l’ok al progetto. Così come è indubbio che Arpa Lombardia non abbia richiesto una Valutazione di impatto ambientale né dell’opera né dell’evento in sé, perché “In quanto installazione artistica, e quindi opera di carattere temporaneo, “The Floating Piers” non è stata sottoposta né a VIA (valutazione di impatto ambientale) né a verifica di VIA”. L’agenzia per l’Ambiente ha solo richiesto “una relazione circa i possibili effetti sull’ambiente e le conseguenti misure da adottare”.

Ciò che invece l’Arpa ha preteso è stato il ritorno alla situazione “ante quo”, imponendo la rimozione dei 160 blocchi di calcestruzzo utilizzati come ancoraggio del pontile. Un’operazione che potrebbe aver fatto più male che bene al lago di Iseo. La rimozione per il professor Marco Pilotti, docente di Idraulica del dipartimento di Ingegneria civile dell’Università di Brescia e tra i massimi esperti del lago d’Iseo, ha sicuramente peggiorato la condizione ipolimnica (lo strato profondo) del lago. «Il recupero dei corpi morti, » dice, «ha certamente sollevato i sedimenti del fondale, dove è contenuta una quantità di fosforo 15 volte maggiore a quella presente nell’acqua immediatamente sovrastante, che già oggi è caratterizzata da valori preoccupanti di concentrazione». Dati precisi però non ci sono né ci saranno, perché mancano i fondi per una ricerca approfondita. Inoltre, nonostante l’immagine “green” che i responsabili hanno sempre cercato di dare all’opera, non è stata mai indicata la quantità di CO2 prodotta. A questo ha cercato di rispondere lo Studioaxs di Lucca, esperti in bioarchitettura, che ha valutato in 5617,7 Tonnellate le emissioni prodotte. Cifra enorme: per assorbirle servono circa 3745 alberi di grande dimensione che purificano per 50 anni consecutivi.

Concludendo: se FP, come dice Maroni, è stato l’esempio da replicare in futuro, molti aspetti devono essere migliorati. Le istituzioni prima di dare l’ok a un’operazione del genere dovrebbero avere chiaro quale sia il bilancio costi/benefici e pretendere un’analisi di impatto ambientale. Dovrebbero poi dare anche una chiara indicazione dei costi sostenuti e rendicontarli. Infine, dovrebbero preparare un progetto a lungo termine. Snellire la burocrazia è produttivo, ma “saltare” a piè pari i più elementari passaggi di valutazione è imperdonabile per chi è chiamato ad allocare fondi pubblici.

Nel caso di FP a oggi manca un progetto organico che capitalizzi il successo della passerella. L’opera ha sicuramente prodotto ricchezza momentanea e ha fatto conoscere il nome di Iseo nel mondo, ma questa era la parte facile. Già da settembre scorso si sarebbe dovuta iniziare un’azione di vero marketing territoriale, che partisse da Christo e investisse su tutto il territorio. «Come sindaci del comprensorio abbiamo fatto delle richieste alla Regione per un accordo di programma che preveda interventi su viabilità, ambiente e investimenti culturali», ha spiegato Paola Pezzotti, sindaco di Sulzano, «perché sappiamo che il difficile inizia ora. Siamo in attesa di risposta». Il Pirellone ancora non si è pronunciato, né ha indicato le opere da finanziare, nonostante Maroni lo avesse promesso con grande enfasi durante le celebrazioni post evento. Ora il tempo stringe e si rischia seriamente di perdere molti dei benefici del miracolo di Christo.

2016/12/12

Apocalisse finanziaria mondiale


Prima di Natale e prima dei migliori astrologi Saxo Bank, specialista danese nel trading e negli investimenti, si getta in dieci previsioni shock sull'economia per il 2017. Con senso dell'humor tipico delle brume del paese di Amleto la banca ci elenca quelli che chiama, con cautela, "cigni neri" cioè gli eventi inaspettati e imprevedibili, resi noti dal libro di Nassim Nicholas Taleb che, appunto, nell'edizione italia, recita: "Come l'impossibile governa la nostra vita".

Vediamo la top ten di Saxo, così alla fine del prossimo anno potremo verificare se ha centrato le previsioni.

Il Pil cinese raggiunge l'8 per cento.

Come è noto la Cina sta attraversando una fase di transizione che punta su investimenti e consumi. Il rapporto prevede che arrivi a termine con successo, riporti Pechino ad una crescita dell'8 per cento (oggi è intorno al 6) e che l'indice del mercato azionario di Shanghai superi quota 5.000.

La Fed torna al QE

Tutti pensano che sia finita l'onda del quantitative easing e, anzi guardano a Mario Draghi perché fischi il termine della partita. Invece Saxo prevede che con il previsto aumento dei tassi della Fed ci saranno turbolenze sui mercati e che la banca centrale Usa sarà costretta a nuove misure di "allentamento": nascerebbe il QE Endless che agirebbe tenendo bassi i tassi a lungo.

Il default rate sui rendimenti supera il 25%

Previsione nefasta: il tasso medio di insolvenza delle obbligazioni ad alto rendimento è oggi del 3,77 per cento: nel 2017 raggiungerà un picco del 25 per cento.

Brexit, la Gran Bretagna ci ripensa

La sollevazione populista globale riconduce a più miti consigli Bruxelles che ammorbidisce le proprie posizioni sulla Gran Bretagna. Di conseguenza Londra ha margini di ripensamento sul Brexit: il Parlamento fa marcia indietro.

Doctor Copper frena

Il rame, anticipatore di ripresa, dopo l'elezione di Trump, ha cominciato a correre. Ma secondo Saxo, il nuovo presidente Usa non manterrà la promessa degli investimenti e la crescita globale comincerà ad affievolirsi. Rame in calo a due dollari alla libbra dopo l'exploit.

Trionfo dei Bitcoin e l'apocalisse valutaria

Trump fa spesa pubblica, il decit Usa triplica dai 600 miliardi di dollari a 1,8 trilioni. La crescita dell'inflazione farà tracollare il dollaro Usa e la Cina e gli altri paesi cercheranno valute alternative come i Bitcoin. Scenario apocalittico.

Obamacare nel panico

Secondo Saxo Trump alla fine taglierà la spesa sanitaria, nonostante le rassicurazioni sull'Obamacare. Di conseguenza il settore sanitario andrà a precipizio: per il fondo Health care select sector si prevede un dimezzamento delle quotazioni.

Effetto tequila

Sovrastimata la reale capacità di Trump di reprimere gli scambi commerciali con il Messico. Il peso risale.

Banche italiane top performer in Europa

Miracolo al limite della fantafinanza. Fallisce una banca tedesca e la musica cambia: nasce la Banca europea dei crediti detriorati per ripulire i bilanci delle banche europee. L'Italia beneficia del male comune.

L'Europa si rilancia con gli Eurobond

Le elezioni europee, dalla Francia alla Germania, sono dominate dai populisti. Ultima spiaggia delle tecnocrazie che giocheranno la carta di un New Deal europeo finanziato con una enorme emssione di Eurobond da 1 miliardo di euro.

Sarà vero? Memorizziamo le informazioni e ritroviamoci qui per confrontare i dati reali con la fantascienza, poi vediamo se hanno indovinato.

2016/12/01

Nonostante tutto!




Alle 3 e 27 del pomeriggio del 15 gennaio del 2009, a due minuti dal decollo, a circa 900 metri sopra la città di New York e a 7 chilometri dalla pista di atterraggio più vicina all'aeroporto La Guardia, l'Airbus A320-214 della US Airlines — volo 1549 — intercetta la traiettoria di uno stormo di oche canadesi. Le centra in pieno e il risultato dell'impatto è drammatico: entrambi i motori sono inutilizzabili. L'aereo, diretto a Charlotte, North Carolina, non ha più propulsione, rischia lo stallo. «Hit birds», comunica immediatamente il capitano Chesley Sullenberger, detto Sully, «Abbiamo perso spinta su entrambi i motori. Stiamo tornando verso LaGuardia». Al suo fianco ha il copilota, Jeff Skiles, in cabina, oltre alle 3 hostess, ci sono 150 passeggeri.

Quando Sully pronuncia quella frase sono passati pochi secondi dalla perdita dei motori e lui, che ha 59 anni, 40 anni di esperienza e circa 20mila ore di volo alle spalle, mentre ordina al copilota di prendere il manuale e avviare la procedura di emergenza per tentare di riavviare i motori e riprendere il controllo dell'aereo, non sa ancora cosa deve fare. L'Airbus che sta pilotando sta andando circa 350 km all'ora e, contando che non ha più i motori, ha appena raggiunto la massima altitudine a cui può arrivare.

Dalla torre di controllo del LaGuardia gli propongono due alternative. Per l'uomo della torre sono le uniche: o provare l'atterraggio di emergenza al LaGuardia, da dove è partito due minuti prima, o tentare la stessa manovra all'aeroporto di Teterboro. Ma mentre il controllore della torre dà a Sully le istruzioni per la prima manovra, intanto che il copilota capisce che la procedura di emergenza non gli permetterà di riaccendere i motori, Sully ha già deciso cosa fare. Risentendo ora la comunicazione, la voce del capitano risulta ferma e decisa, ma tutto sommato tranquilla. «We're gonna be in the Hudson», dice, «Stiamo andando nell'Hudson». Mentre in torre di controllo non ci vogliono credere, Sully prende il microfono di bordo e, con la stessa voce ferma e decisa, fa un annuncio in cabina: «Brace for impact». Prepararsi all'impatto.

Dopo 90 secondi l'Airbus galleggia alla deriva sull'Hudson. Sulle ali e dalle uscite di emergenza escono con ordine 155 persone, tutti sulle proprie gambe. L'ultimo a uscire è Chesley Sullenberger. E mentre tutti stanno già parlando di lui come di un eroe e di quello che è successo come un miracolo, una commissione di inchiesta comincia a indagare su Sully, l'uomo che non ha seguito le procedure.

È esattamente questo il punto in cui si inserisce Clint Eastwood, il momento in cui un uomo che fa il suo dovere e diventa suo malgrado un eroe agli occhi degli altri, viene messo in discussione, oltre che dall'autorità e dalla burocrazia, dalla propria coscienza, da se stesso. Eastwood è fatto così. È uno che, nelle sue storie, ama una cosa soprattutto: prendere un eroe, disinnescare la retorica che lo circonda, metterlo allo specchio e mettersi comodo a guardare cosa succede, cercando di vederci in controluce l'umanità. Lo ha fatto tante volte, l'ultima volta proprio con quel Chris Kyle al centro di American Sniper, e lo rifà ancora una volta con Sully.

La storia del volo 1549 della US Airways è una storia difficile da raccontare. Soprattutto se il tuo obiettivo è quello di evitare la retorica. Eppure Clint Eastwood ci riesce. E ci riesce usando la tecnica di sempre: lasciare la retorica alla storia e toglierla dal racconto; non usare il forcipe da commozione e quindi mostrare, senza spiegare.

Quello che interessa Eastwood, infatti, non sono i 200 secondi in cui si gioca tutta la partita, quelli in cui Sully e il copilota, mettendo in pratica una manovra praticamente inedita, riescono a fare atterrare un aereo di linea su un fiume portando a terra sani e salvi tutti i 150 passeggeri a bordo, più le tre assistenti di volo, più loro due. Quello che interessa a Eastwood è tutto quello che succede dopo, nei giorni seguenti — che nella realtà sono a qualche mese di distanza, ma che nel film, per esigenze narrative, sono stati spostate alle ore successive all'incidente — andando a parare su uno dei temi narrativamente più interessanti dell'ultimo secolo: il rapporto tra l'uomo e la macchina.

Nel film di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell'amore, Toni Servillo nei panni di Titta Di Girolamo a un certo punto pronuncia una frase molto potente: «Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini. Il giorno che accadrà, sarà un giorno sbagliato». Nel suo caso le macchine sono delle macchine conta soldi, e lui sta per truffare una banca svizzera. Ma la stessa frase, presa di peso e portata nella storia di Sully, mantiene tutto il suo senso.

Per la commissione di inchiesta sull'incidente, infatti, Sully non è un eroe. E non lo è perché non ha salvato 150 persone dalla morte, ma perché quelle stesse 150 persone le avrebbe messe in pericolo a causa della sua improvvida decisione di ignorare le procedure e agire d'istinto. Il tradimento della procedura per la creatività, ovvero la vittoria dell'istinto sulla ragione, per la struttura è un atto gravissimo, insopportabile, di lesa maestà contro la Struttura.

Per punire l'uomo e difendersi, la Struttura si affida alle macchine, schiera gli algoritmi e per sostenere le sue accuse porta al processo decine di simulazioni, sia al computer che con l'ausilio di piloti umani. Il responso è sempre lo stesso: calcolando tutti i parametri inseriti dall'accusa, quell'aereo poteva atterrare sia a LaGuardia che a Teterboro. Secondo le macchine, quindi, non solo Sully avrebbe agito con imprudenza. No, peggio, scambiandosi per un dio, Sully avrebbe messo in pericolo 154 vite solo per affermare egoisticamente la propria individualità ribellandosi alla certezza matematica delle procedure. Sully sembra spacciato, chi mai potrà battere un computer quando di parla di algoritmi e procedure?

La risposta è una sola, ed è l'unica variabile che le procedure non possono calcolare, quella variabile X che è poi quella che ha garantito al volo 1549 di non schiantarsi su New York. È il fattore umano, in questo caso il fattore Sully, che facendo ricorso alle proprie sensazioni, al proprio istinto e alla propria esperienza è riuscito dove nessuna macchina avrebbe potuto riuscire: ha fatto una scelta totalmente contraria a ogni tipo di procedura, ha affrontato una situazione che non si era mai presentata prima e ne uscito camminando sulle sue gambe e salvando 154 vite, più la sua.

Non è detto che Eastwood volesse passarci una morale raccontandoci questa storia. Ma se lo voleva fare, allora la morale è la seguente: l'epoca che stiamo vivendo ci sta portando a consegnare la nostra vita in mano a delle macchine, a degli algoritmi, a delle gelide procedure. Stiamo smettendo di avere fiducia negli uomini. E il giorno sbagliato si sta avvicinando. Per evitare che succeda, per resistere e non abdicare la nostra umanità abbiamo bisogno di ricordarci che non è vero, che le macchine, da sole, per quanto siano miliardi di volte più veloci del nostro cervello, non riusciranno a prendere il suo posto.

Nella filologia, ovvero la disciplina che studia l'origine dei manoscritti ricostruendone l'albero genealogico, esiste un metodo che si usa da metà Ottocento. Non è un metodo scientifico, ma come tutti i metodi basa la propria affidabilità sulla applicazione ferrea di una procedura, un algoritmo. Eppure, una macchina non sarà mai in grado di eseguirlo. Perché? Semplice, perchè c'è un punto dello schema delle procedure in cui l'incertezza davanti a un bivio è totale, in cui non abbiamo sufficienti indizi per scegliere con certezza tra A o B. Per uscirne c'è soltanto una procedura, l'unica che un computer non è in grado di capire e che porta l'affascinante nome latino di Divinatio. Cosa vuol dire? Semplice, che davanti al bivio che lo blocca, il filologo, come il pilota, deve scegliere da sé, ricorrendo alla propria esperienza, al proprio istinto, alle proprie sensazioni. Come Sully.

2016/11/29

Ma Trump è veramente un cretino?




Per quasi tutta la stampa italiana Donald Trump è un cretino. Come sempre avvenuto, quando arriva un candidato diverso dalla sinistra-radical-scic non si va a valutare seriamente come la pensi, ma lo si fa diventare un pagliaccio. La ricetta è semplice: si prende una frase, la si estrapola dal contesto, la si commenta in modo demagogico, la si fa diventare titolone e così lo si censura. 

Un esempio? Se leggo “Trump; la Clinton ha fondato l’ISIS!” (titolo Corsera) è una idiozia, ma se lo ascolto e comprendo che ha detto “L’ex segretaria di stato Hillary Clinton con la sua politica di destabilizzazione americana in Medio Oriente ha portato alla nascita dell’ISIS” Trump ha perfettamente ragione. Purtroppo in Italia la politica estera è spot, sensazioni, superficialità e - nello specifico - è in atto una “santificazione” della Clinton considerando i sostenitori di Trump dei buzzurri cretini. 

Si aggregano al cicaleggio i cinquettii della Boldrini, della Mogherini, della Boschi tutte corse alla convention democratica (con i soldi dei contribuenti) a sbavare per un “selfie” insieme alla candidata.

Ricordo la stessa politica di demonizzazione verso il partito di destra della mia gioventù o anche recentemente contro la Lega Nord (e oggi contro il M5S) , con tanti servizi TV dove i leghisti apparivano sempre come degli zoticoni con le corna di mucca in testa, ma raramente c’era spazio per capire od approfondire gli avvenimenti. I commenti alle elezioni americane sono stati sconcertanti davanti a due candidati entrambi discutibili, ma dove da una parte c’era per lo meno un forte senso di discontinuità, dall’altro una liturgica approvazione dello “status quo” e non mi pare che gli USA in questi anni abbiano fatto sfolgoranti progressi, soprattutto facendo pagare a altri (come agli europei) le loro speculazioni finanziarie. Certo che ora che ha vinto Trump, per l’Europa sarà dura, ma per prima cosa credo si dovrebbe cercare di capirne meglio il fenomeno. 

Lo stesso vale per la crisi delle banche dove leggendo dozzine di articoli sfugge un concetto: chi, come e perché ha permesso gli indebitamenti colossali di tanti creditori insolventi, quelli che – per esempio – hanno affossato Monte dei Paschi di Siena, banca “politica” (di sinistra) per eccellenza? 

Nel mio lavoro ho assistito tanti clienti nei loro rapporti con le banche ed ho visto come sia stato sempre difficile ottenere correttamente crediti, finanziamenti, aiuti per le piccole imprese e sempre - anche per poche migliaia di euro di crediti - servono firme, fidejussioni, avvalli ecc.

Ma come è mai possibile arrivare a sofferenze di miliardi di euro? Non ci sono direttori generali, consigli di amministrazione, responsabili dei fidi cui oggi andrebbe chiesto conto? Nessuno paga se non gli azionisti (quelli piccoli, gli altri sono stati prioritariamente sistemati) che in campo bancario hanno visto perdere anche il 99% del proprio investimento. Ma possibile che Banca d'Italia e CONSOB non si sono accorte di niente anche negli ultimi anni? Ed è corretto che ora le banche dietro al Fondo Atlante possano acquisire banche per mezzo piatto di lenticchie? Questi sono misteri tutti italiani che nessuno sembra voler approfondire. 

Un ulteriore esempio di disinformazione è per la Turchia e lo pseudo golpe di Erdogan dove ho letto ben poco fuori dal coro. Ma chi sono stati i golpisti, come hanno portato avanti questo maldestro tentativo di colpo di stato che è abortito in pochi minuti? Oppure – come temo – è stata una plateale “patacca” auto-organizzata o almeno ben a conoscenza di Erdogan che ne ha approfittato per far fuori ogni opposizione? Non si arrestano 2.350 giudici in poche ore senza avere dietro un piano preciso, così come poter impunemente epurare e imprigionare giornalisti, TV, partiti, professori, militari a decine di migliaia. 

Diciamoci la verità, ovvero che oggi la Turchia serve all’Europa e agli USA per molti “lavori sporchi”, ricatta l’UE per i profughi, ha in Europa milioni di suoi cittadini. Erdogan è furbo, tratta e commercia come tutti i turchi e ha scoperto un “cliente” europeo da tenere per le palle. Ecco che in Europa spariscono i guaiti sui diritti umani, non si vedono più le immagini delle torture, non ci sono sanzioni, nessuna delegazione “va a vedere” sul serio cosa succeda nelle carceri turche. Poche le eccezioni, come quella coraggiosa di Lucia Goracci che ha intervistato Erdogan senza ipocrisie, anche se lui ha risposto ovviamente come voleva. 

Sul piano interno lo spettacolo più indecoroso: la “dispar condicio sul referendum” dove non c’è un minimo di equità nell’illustrare anche le ragioni del NO ed è un continuo inno al SI senza vero contradditorio o spazio per spiegare le critiche. Così il SI serve - dice la fatina Boschi - addirittura contro il terrorismo, per dar soldi ai poveri, per superare la crisi economica e via a spararle più grosse. 

Vale per le grandi testate ma soprattutto per la RAI TV, piegata come sempre sul leader a violare qualsiasi regola di “par condicio” con il maghetto di Firenze che appare ovunque con le sue cicalanti vestali. Avevo allegato al blog il documento di un gruppo di parlamentari del PD (che ovviamente rischiavano il posto) che coraggiosamente spiegano il loro NO e un articolo apparso sul Corriere della Sera del prof. Stefano Passigli che – sfuggito alla censura? – con molta pacatezza fa dei ragionamenti chiarissimi e che i fautori del SI dovrebbero forse mediare. 

Ma a fronte di queste indecenze l’unica cosa che conta è sempre la demagogia ricordate la notizia del licenziamento in tronco del direttore di QS (quotidiano sportivo del gruppo Monti) perché in un articolo (tra l'altro in chiave di simpatia) erano state definite "cicciottelle" le tre atlete che hanno perso le possibili medaglie alle olimpiadi nel tiro con l'arco? Ebbene, è di questo che sto parlando mentre nessuno se ne accorge, rane oramai bollite in attesa del pranzo frugale di mister Renzi, alla faccia nostra.

Ma vi sembra un termine così offensivo?! Ogni giorno la verità è mistificata, nascosta, ignorata su problemi ben più gravi e ben altri sarebbero da licenziare! Ma è quel “cicciottelle” a contare… Può funzionare un paese così intriso di ipocrisia? No, ma a furia di buonismi e di "political correct" viene francamente da vomitare, è la sublimazione delle imbecillità.