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2017/04/06

Avanti i Populisti!


Il prossimo 23 aprile la Francia si recherà alla urne per le elezioni presidenziali. Tale scadenza viene caricata di significati contrapposti da parte di chi ritiene che ci sia lo spazio per la vittoria elettorale della Le Pen, il che significherebbe l’affondamento del disegno politico-bancario-finanziario di questa Unione Europea, e chi invece la considera l’occasione per battere ogni rivincita dei Popoli (i populismi) e riaffermare il primato della cultura positivistica-democratica su ogni ipotesi alternativa. Entrambi le suggestioni sono improbabili. 

E’ previsto un grande successo della Le Pen, che dovrebbe arrivare prima con il 25-30% dei voti al primo turno, salvo poi ad essere sconfitta con un 60/40 % al ballottaggio contro il candidato di centrosinistra moderato filo-Unione Europea, Macron. Un pò lo stesso scenario e la successiva interpretazione errata del risultato delle elezioni olandesi svoltesi lo scorso marzo, dove il candidato uscente, il Primo Ministro Rutte è stato dichiarato vincitore ed il candidato populista Geert Wilders è stato dichiarato sonoramente battuto. In realtà il candidato populista non aveva alcuna possibilità di vincere, perchè il proporzionale puro spinge sempre a risultati più o meno di centro-sinistra, ma il suo Partito per la libertà (PVV) è passato dal 13% ad oltre il 16% conquistando 5 nuovi seggi, arrivando a 20. 

Il Partito Liberal-democratico del Presidente Rutte ha perso invece un pò più del 5% e 8 seggi, scendendo da 41 a 33; il suo alleato del Partito Laburista ha perso il 19% conquistando un pò meno del 6%, scendendo da 38 a 9 seggi con un saldo netto negativo di ben 29 seggi. Complessivamente l’alleanza di Governo di centrosinistra ha perso ben 37 seggi e quasi il 25% dei voti (un elettore su quattro) scendendo dal 51,3% al 27%, cioè una catastrofe. Ma il presidente uscente Rutte è stato dichiarato, quasi una beffa, grande vincitore.

Dove finiscono i voti? Successo importante a sinistra dei Verdi, che passano da 4 a 14 seggi e dal 2,3% al quasi 9%, e aumento significativo di due Partiti minori di centro-centrosinistra moderato che complessivamente passano da 25 seggi a 38 seggi, cioè interpretano la fuga degli elettori dai due grandi Partiti di Governo liberal-democratici e laburisti, attraverso modeste varianti. Tutto il resto è poca cosa. Nessuno avrà la maggioranza per governare e molto probabilmente nascerà una coalizione frammentata, molto debole sui contenuti e a continuo rischio voto parlamentare, di cosiddetta unità nazionale contro i populisti. Cioè si creerà una situazione di instabilità e poi di transizione, come è già accaduto gli anni scorsi in Spagna, in Belgio e in Grecia. Cioè per quanto il Partito anti-Unione Europea non abbia sfondato, ha di fatto distrutto tutti gli equilibri precedenti.


E’ molto prevedibile che la stessa cosa accada in Francia, dove alla fine l’unità di tutti al secondo turno contro il Front National permetterà la sopravvivenza del sistema dell’Unione Europea, ma con tutti gli equilibri parlamentari fortemente compromessi. E poichè il rinnovo dell’Asssemblea legislativa avverrà l’anno successivo, a quel punto la Le Pen potrebbe conquistare la maggioranza dei seggi nel nuovo Parlamento. La marcia della riscossa dei popoli europei è lenta, anche perchè ha una concentrazione ostile di interessi economici, centrali ideologiche e culturali impressionanti, poteri forti finanziari, affaristiche e di lobby avversari smisurati, ma le ragioni dell’istinto di sopravvivenza degli europei, minacciate dall’onda musulmana e dal logoramento etico e morale interno, appare più forte. 

Mentre è facile mettere tutti insieme contro la Le Pen, è molto più difficile affondare nei singoli collegi le personalità antagoniste al disegno politico-culturale dei progressisti e democratici declinanti. Se c’è una cosa chiara che emerge, dall’Olanda alla Spagna agli Stati Uniti, è che la sinistra e il suo progetto politico è in crisi in tutto il mondo, perchè non sa dare risposte ai problemi contemporanei, nè quelli economici, nè quelli sociali, nè quelli esistenziali. Non siamo al tramonto dell’Occidente, ma quello della sinistra occidentale. Occorre perciò un Manifesto fondante degli uomini che vogliono rappresentare la riscossa dell’Occidente che non vuol scomparire, nè dal punto di vista demografico, nè delle idee, nè del futuro del mondo.

fonte: il secoloditalia.it

2017/04/05

Vergogna!



E così per San Pietroburgo le luci sono rimaste spente. Le luci del Colosseo. Le luci della Porta di Brandeburgo. Le luci della Torre Eiffel. E tutte quelle luci che sempre illuminano e hanno illuminato i simboli delle Capitali d’Europa per i motivi più diversi: tutte spente. 

Niente luci per San Pietroburgo. Come se non ci importasse. Come se non ci riguardasse. Come se non fosse Europa. Come se quel sangue nella metropolitana non fosse anche il nostro sangue. 

Sangue del tutto uguale a quello di Londra, di Parigi, di Bruxelles, di Madrid, di Nizza, di Berlino. Nessuna solidarietà è scattata per i poveri morti di San Pietroburgo. Nessuno li ha pianti. 

Pochi secondi di televisione, ma nessun approfondimento. Nessun talk-show, nessun dibattito. Quasi un senso di fastidio per quell’attentato, per le immagini di quella carrozza della metropolitana squarciata, per quei corpi distesi sul marciapiede della stazione, per quei volti di cittadini sanguinanti e terrorizzati. 

Nessuna luce per San Pietroburgo. E, in compenso, tante ombre. Tante ipotesi. Una delle più gettonate ha addirittura adombrato una diretta, possibile responsabilità di Vladimir Putin. Ombre gettate lì. Ipotesi costruite a tavolino. E ancora ombre. Il blogger in galera. Le manifestazioni contro il presidente russo. 

La repressione della polizia. 
Il vulnus alla democrazia. 

E silenzio sul consenso ben oltre il 75 per cento di cui Putin gode in Patria. Che vergogna quelle luci spente. Si può solidarizzare con tutto e per tutto; lo si può persino fare per la mitica e intoccabile comunità LGTB (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) che ha avuto l’onore delle luci del mondo, ma non lo si può fare per i morti di San Pietroburgo. 

Come se quel sangue fosse un fastidio da rimuovere, quasi non fosse mai esistito. È così questa Europa infingarda, guidata da vigliacchi e ubriaconi, s’è girata dall’altra parte. Ipocrita come non mai. Costretta a registrare l’attentato, l’ha subito archiviato. 

Perciò, nessuna solidarietà per i morti di San Pietroburgo. 

E luci spente.

2017/04/02

E noi paghiamo....



C’è l’Europa dei soldi, e c’è l’Europa dei valori morali. In entrambe, l’Italia è messa male. Nessun leader politico ne ha parlato in questa campagna elettorale, e questo mi induce a pensare che anche dopo il voto di domenica non cambierà nulla, o ben poco. Non è pessimismo, ma una previsione basata sui fatti. Prendiamo l’Europa dei soldi. Per ogni euro che versa all’Unione europea, l’Italia riporta a casa appena 60 centesimi, e li spende non male, ma malissimo.

COME FUNZIONA IL SALDO NEGATIVO

Il sistema funziona così. Ogni Paese contribuisce al bilancio europeo con l’1% del pil nazionale. Nel 2013 l’Italia ha così versato nelle casse di Bruxelles circa 15 miliardi di euro e ne ha riportati a casa poco più di 9 da investire in progetti che, in teoria, dovevano rilanciare l’economia, ma in realtà hanno ingrassato le clientele. È un andazzo vergognoso che dura da anni. Rispetto al contributo versato, l’Italia ha perso 5,4 miliardi nel 2012, addirittura 7,4 nel 2011, ben 6,5 nel 2010, e così via. In dieci anni abbiamo versato nelle casse europee 159 miliardi di euro (presi dalle tasse pagate in Italia), e ne abbiamo ripresi appena 104: in totale, 55 miliardi persi, buttati via per grave insipienza politica, sia a livello nazionale che regionale. Mancavano i progetti sui quali investire. E quando sono stati presentati e finanziati, il risultato è stato deprimente: a malapena l’Italia è riuscita a spendere il 52,7% dei fondi comunitari assegnati.

NON E’ UNA NOVITA’

Questo saldo negativo tra il dare e l’avere con l’Europa non è una novità. Su internet si trova ancora il libro bianco che nel 2006 l’allora ministro per le politiche europee, Emma Bonino (governo Prodi), dedicò allo scarso utilizzo dei fondi europei, promettendo un maggiore impegno per il futuro. Da allora non è cambiato nulla. Il Censis lo ha confermato di recente: pur essendo al 12.mo posto nella graduatoria europea del pil, l’Italia è il terzo «contribuente netto» dell’Ue, finanzia il 12% del bilancio europeo (pari a 140 miliardi), ma non riesce mai a riportare a casa i soldi che versa. Meglio di noi fanno altri Paesi, considerati «percettori netti», come la Polonia che porta a casa 8 miliardi l’anno più del versato e la Spagna con 3,1 miliardi. Perfino la Grecia ci supera, incassando ogni anno 4,6 miliardi più del contributo pagato.

COME SONO STATI SPESI I SOLDI

Se poi si va a vedere come sono stati spesi i soldi europei, c’è da restare allibiti. Invece di investire in progetti di ricerca, innovazione delle tecnologie e ammodernamento delle infrastrutture come dovrebbe fare un Paese industriale degno di questo nome, l’Italia si è distinta per i finanziamenti a pioggia, destinati alle iniziative più incredibili. Per averne un’idea basta leggere due libri, il primo di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo («Se muore il Sud», Feltrinelli) e il secondo di Mario Giordano («Non vale una lira», Mondadori). Vista dalla Sicilia con gli occhi di Stella e Rizzo, l’Europa non è altro che una allegra dispensatrice di mance alle clientele politiche («Currìti! Currìti! Piccioli europei pì tutti!»): 3.541 euro alla trattoria Don Ciccio di Bagheria, specialità «pasta cu finocchi e i sardi»; 12.075 euro all’impresa edile Pippo Pizzo di Montagnareale; 2.271 euro alla gelateria Mozart di Castelvetrano; perfino 3.264 euro all’agenzia funebre Al Giardino dei Fiori di Gangi. Non solo. In Sicilia non sembra esserci un solo evento sportivo che non sia stato finanziato da Bruxelles: 188 mila euro per la maratona di Palermo (due edizioni); un milione e mezzo per il concorso di salto a ostacoli; 2,4 milioni per i mondiali di scherma; 127 mila euro per il volley femminile. Attività che con i fondi europei per lo sviluppo non hanno nulla a che fare.

IL CLIENTELISMO DEL NORD E DEL CENTRO

Oltre a quello del Sud, l’Italia ha fatto conoscere a Bruxelles anche il clientelismo del Nord e del Centro. Tra il 2011 e il 2012, segnala Mario Giordano, il Friuli Venezia Giulia è riuscito a ottenere decine di migliaia di euro per finanziare corsi di long drink e cocktail nelle principali città della Regione. La Lombardia ha ottenuto 2.239 euro per «controllare la genuinità della polenta valpadana» e altri 18.095 per «le tecniche di pizzeria» di Tolmezzo; idem in Piemonte, dove tra i tanti progetti insulsi spiccano i tremila euro destinati a una ditta di onoranze cimiteriali di Baveno. Nel Centro Italia sono arrivati finanziamenti a pioggia per le scuole di tattoo, spuntate come funghi dall’oggi al domani, il che aiuta a capire come sia cresciuta questa moda tra i giovani. Idem per i centri massaggi: quello di Serrungarina nelle Marche ha preso 817 euro, mentre il Dharma Centro Massaggi a Civitanova Marche ne ha incassati 2.971. Più robusto il contributo allo Sport Village di Castel di Sangro: 80 mila euro.

L’EUROPA DEI SOLDI SPESI MALE

Si potrebbe continuare con i fondi agricoli europei destinati alle gare di motocross, ai circoli del golf, alle scuole di equitazione, il tutto grazie alla complicità tra politici miopi, clientele fameliche e burocrati strapagati quanto indifferenti al pessimo uso dei fondi Ue. Questa è l’Europa dei soldi spesi male, che vorremmo non vedere più. Anche perché è questa Europa che, mentre dispensava mance, ha distrutto i valori della tradizione culturale europea per imporne una diversa, mai votata da nessuno. Ha scritto Giordano: «È l’Europa che celebra le festività sikh e indù, ma vuole cancellare il Natale; che vieta il crocifisso e punisce chi lo indossa; che non riconosce le proprie radici cristiane; che propone l’insegnamento della masturbazione negli asili o l’abolizione del concetto di mamma e papà (meglio il più neutro genitore 1 e genitore 2); che ha perso i riferimenti morali. L’Europa che si è svenduta all’euro». Tutto vero, purtroppo. E cambiare questa Europa matrigna, per rilanciare il sogno di un’Europa solidale, prospera e democratica, non sarà facile per nessuno.