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2013/03/06

Le parole che non ti ho detto


Avete presente quel bellissimo film con Kevin Costner e Robin Wright protagonisti? 

No? Allora, va detto che il titolo è "Le parole che non ti ho detto" ma solo in Italia, perchè il titolo originale era "Message in a Bottle". In pratica Kevin Costner nella parte di Garrett Blake è un costruttore e riparatore di barche che, da quando sua moglie è morta, fa vita ritirata. Theresa Osborne interpretata da Robin Wright, è una ricercatrice del "Chicago Tribune", divorziata e con un figlio. Un giorno, mentre si allena facendo jogging, trova sulla spiaggia una bottiglia con un messaggio d'amore firmato "G". La donna resta colpita dal testo e, senza volerlo, fa nascere un caso giornalistico al punto di essere incaricata dell'individuazione del misterioso "G". Scopre Garrett e i due si innamorano ma qualcosa impedirà il lieto fine. 

Questa la sintesi, naturalmente la trama è più complessa. Ve la racconto:

Theresa Osborne (Robin Wright), è una ricercatrice al Boston Times, è stata lasciata dal marito, che ha preferito un'altra donna, e dedica la sua vita al figlio Jason e al  lavoro. Durante una vacanza, mentre corre lungo la spiaggia sola, il figlio si trova con il padre, trova una bottiglia con dentro una lettera toccante indirizzata ad una donna di nome Catherine. La tentazione di risalire all'autore è grande. Il direttore del Chicago Tribune ne fa un articolo, e tanti lettori scrivono al giornale per saperne di più. Con tenacia, Theresa arriva ad individuare una località, Outer Banks nella Carolina del Nord, e un nome, quello di Garret Blake.
L'autore della missiva è un fabbricante di barche che vive una solitaria esistenza accanto al padre Dodge. Viene a conoscenza che Catherine era la moglie di Garret, morta, lasciando in lui un senso di colpa senza fine. Garret è anche ossessionato dai parenti della moglie che rivorrebbero i quadri di lei, pittrice dilettante.
Tra i due nasce una corrisposta simpatia ma la figura di Catherine pesa come un macigno sul loro rapporto. Theresa torna a Chicago e invita Garret a raggiungerla nella sua casa. Lui ci va, ma scopre la bottiglia e vede l'articolo pubblicato sul giornale. Scopre anche che Theresa ha rintracciato un messaggio, credendolo scritto da lui, mentre in realtà è stato scritto da Catherine. Dopo una discussione con Theresa, lui lascia la casa e ritorna dal padre.
Un anno dopo, Dodge rintraccia Theresa e la informa che Garret è morto in mare: in una tempesta, mentre rischiava di naufragare, cercava di salvare una famiglia di tre persone, con madre, padre e figlia; con il suo atto di coraggio riuscì a salvare la vita al padre e alla figlia, ma nel tentativo di salvare la madre, Garret perse la vita.
Nella barca, viene ritrovata una bottiglia con un messaggio all'interno, e così Theresa scopre che è stato scritto la sera prima della morte di Garret in cui chiede scusa a Catherine. Theresa dice di aver trovato in lui un vero amore, un amore per cui deve lottare.

Questo il film che ho trascritto solo per allietarvi nella lettura di questo articolo che, mi sembra logico, vuole occuparsi di altro visto che di mestiere non sono critico cinematografico. Le parole che non ti ho detto si riferiscono a tutti, politici o VIP, sportivi e starlette, piccoli e grandi personaggi pubblici famosi condannati a sottostare alle perfide leggi mediatiche del nostro Paese, bistrattato finchè si vuole ma bugiardo nel profondo. 

La bugia, il mentire da noi fa scuola, diventa uno sport popolare, non parliamo di mezze verità come spesso troviamo nei titoli di certi giornali stranieri. Titoli che attraggono, che invitano a leggere l'articolo salvo poi trovare descrizioni leggermente diverse, no, da noi, in Italia, si mettono in bocca ai personaggi maggiormente esposti al momento, dal punto di vista mediatico, intere frasi non solo parole, parole che nessuno ha detto. E con questo portano avanti un discorso, che poi viene ripreso da altri che controbattono, che rispondono per le rime e via in un continuo alternarsi di frasi mai dette, di parole mai pronunciate, anche di offese.


Ci si può fidare dei media nostrani? In genere piccole bugie quando si parla di cronaca locale, non dico siano ammesse, ma ci si può passar sopra se queste attirano consensi, se sono in grado di dare al cittadino maggiori informazioni relativi al proprio ambiente, dove vive, magari dove lavora. Sono peccatucci veniali ammissibili ma da non ripetere in un contesto dell'informazione che non decolla. Ma se permettiamo queste piccole bugie, cosa c’impedisce di pensare che di fronte alle “grandi storie” i giornalisti non cadano più facilmente in facili tentazioni? Purtroppo succede spesso, anzi, ultimamente troppo spesso, è diventata la norma in questo clima politico farcito di polemiche a non finire, di accuse e contro accuse, di paura della vecchia classe politica che sente il suolo tremare sotto i propri piedi, che ha paura si apra una voragine e se li porti via tutti. 

Solo un paio di settimane fa scrivevo un articolo sul tema della violenza alle donne. Fatalità proprio in quei giorni un bruttissimo episodio è capitato proprio nella mia città ideale, dove ho vissuto qualche anno, dove ho amici e tanti ricordi. Nello specifico, o meglio, come hanno raccontato i giornali, una modella sudafricana (Reeva Steenkamp), viene uccisa a colpi di pistola dal fidanzato Oscar Pistorius, un famoso atleta paraplegico che con cabarbietà e determinazione era riuscito a partecipare alle olimpiadi e pure a vincere qualche medaglia (non offendetemi se il ricordo difetta, potrei anche sbagliarmi). La modella fu uccisa in circostanze mai veramente chiarite, la polizia e gli inquirenti sudafricani non sono quelli italiani, notizie non filtrano ma… I giornali, i media, devono pur vendere, devono pur guadagnarci sulla vicenda e quindi ci ricamarono su alla grande, sminuendo alla fine una storia di violenza domestica, abitudini sbagliate, maschilismo allo stato puro. 

I media italiani invece si sono preoccupati dell'atleta ferito nel morale e non della vittima, ne fiore degli anni, con una vita tutta in discesa davanti. Una pessima figura. Questi pennivendoli dei nostri media falsificano la realtà per vendere i giornali? Oppure per quale altra a noi oscura ragione cercano di aggirarla? 

I media italiani descrivono nei loro articoli una parte della realtà in modo tale che i lettori arrivino ad esprimere consenso a una o all’altra parte e si creino un opinione completamente deviata? Si, certamente, non può essere che così. Stiamo parlando di vera e propria spazzatura. La notizia analizzata rappresenta un pezzo di giornalismo criminale che mette ancora più in evidenza la corruzione di quelli che vengono fatti passare per giornalisti, in realtà politici travestiti che hanno il solo scopo di influenzare le masse come pecore - avete presente le pecore? - sospinte dal cane pastore.

E così scopriamo "le parole che non ti ho detto" a proposito di una intervista del leader del M5S rilasciata a un giornale teutonico, che vengono riportate sui nostri giornali in modo totalmente distorto per favorire Bersani o Berlusconia scapito di altri schieramenti. Un Grillo che ai tedeschi giura che non garantirà mai la fiducia all'altro contendente che ha vinto le elezioni, diventa il contrario di tutto, che si, la fiducia potrebbe anche votarla, e quindi il Beppe nazionale si infuria, a ragione, e rinnega le dichiarazioni mendaci del giornale italiano colpevole, e via discorrendo, potrei scrivere sull'argomento non già un blog, un libro!


E torniamo al punto di partenza.

Ogni giorno leggiamo sui giornali di piccoli e grandi fatti di cronaca, di politica, dello sport, di religione. Quanto sono attendibili? Ci sono giornalisti che forse non escono neppure dalle loro redazioni e ricamano le storie sui verbali messi loro a disposizione dalla polizia o che leggono e mal traducono da siti stranieri. Ci sono giornalisti che inventano di sana pianta una storia partendo da uno stupido dettaglio solo per essere osannati dal pubblico e dall'editore che potrà vendere giornali.

Successe a me anni fa, nel 1989. 

A quel tempo lavoravo principalmente in Medio Oriente. Mi recai in Irak per una missione di lavoro e rientrai in Italia giusto un giorno prima dell'invasione del dittatore irakeno ai danni del Kuwait. Il giornalista che scrisse l'articolo ebbe la possibilità di leggere una lista passeggeri, credo dell'Alitalia, dove risultava il mio nome in partenza da Roma per Bagdad giusto dieci giorni prima dell'invasione. Io rientrai in Italia via Bahrain con la Gulf Air, l'Alitalia non aveva quindi una lista dove risultavo uscito dal paese. Il giornalista mise a confronto le liste (spero) scoprendo che io ero entrato e non uscito. E su quello imbastì il proprio articolo, andando anche a intervistare mia madre che non ne sapeva assolutamente nulla. L'articolo che venne fuori fu pubblicato in prima pagina su un quotidiano che adesso non esiste più, "Il Giorno", credo fosse di proprietà  ENI.

Naturalmente nessuno si prese la briga di verificare se realmente ero ancora in Irak, magari prigioniero delle milizie di Saddam Hussein dittatore padre padrone del suo paese e in seguito giustiziato dopo un processo farsa. Naturalmente nessuno mi informò. Come scoprii di esser diventato una star? In volo da Milano a Copenhagen, per una breve vacanza, i piloti o le hostess scoprirono il mio nome sulla lista passeggeri e sul giornale. Ebbi il mio momento di gloria, ammesso in cabina di pilotaggio per pochi minuti ma abbastanza per poter godere di una vista riservata a pochi e tutto per un'immane bugia, per vendere qualche copia di giornale in più.

A chi giova?


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