Considero Mario Draghi come un premier autorevole, ma ho l’impressione che “Supermario” sia molto, troppo attento agli interessi delle grandi multinazionali prima ancora di considerare i loro effetti per i comuni cittadini italiani.
Prima gli interessi delle case farmaceutiche che si sono gonfiate con i profitti Covid senza lo straccio di un calmiere europeo, poi il tappeto rosso alle banche che hanno fregato milioni di risparmiatori, adesso i prezzi petroliferi sui quali si sta intervenendo con grandi ritardi e dopo aver permesso profitti scandalosi.
Ne avevo scritto la settimana scorsa, colpito dai silenzi ufficiali e proprio il giorno dopo si è svegliato il ministro Cingolani che ha parlato di speculazioni, truffe, extraprofitti, manco avesse letto il mio blog. Comunque Cingolani è un ministro davvero sconcertante dichiarando pubblicamente : “Non capisco come ciò sia possibile”.
Il signor ministro non capisce?! Si chiama speculazione, quella che arriva puntuale quando un governo interviene con lentezza, permettendo utili stratosferici alle multinazionali senza scrupoli ma anche alle aziende para-pubbliche che pur dovrebbero fare gli interessi dei cittadini.
Servono poco i viaggi di Di Maio in Algeria a implorare gas se la nostra diplomazia e quella europea non riescono a convincere i paesi del Golfo ad aumentare significativamente la produzione. Paesi arabi che ringraziano Putin per l’enorme regalo portato loro dalla guerra in Ucraina e non è un caso che gli Emirati Arabi si siano astenuti anche in sede di votazioni ONU a condannare la Russia.
L’altro aspetto emblematico (e speculativo) è che i prezzi sono schizzati non appena USA e Gran Bretagna hanno parlato di embargo alla Russia. Facile per questi due paesi parlarne perché hanno una quasi assoluta indipendenza estrattiva rispetto a Putin, ma lasciando nei guai tutti gli altri, ad iniziare dai paesi europei. Il problema è acuito anche dalla ipocrisia del nostro governo: il costo del petrolio incide per circa il 35% sul prezzo alla pompa, le altre componenti fiscali, IVA e accise superano invece il 50% e – soprattutto – viene oggi raffinato petrolio che non è stato acquistato agli attuali prezzi correnti, ma stoccato a prezzi molto inferiori, senza contare che tutte le imprese petrolifere si assicurano forniture a prezzi calmierati o sono contro-assicurate rispetto alle fluttuazioni del mercato.
Per avere un’idea dell’imponenza delle speculazioni che Cingolani “non capisce” basta guardare al 2013-2014 quando vi fu una fiammata mondiale dei prezzi petroliferi.
Il 16 giugno 2014 il prezzo di greggio al barile raggiungeva il prezzo-record di 112,83 dollari, prezzo che oggi – dopo una settimana di alternanti diminuzioni, ma non se ne è accorto quasi nessuno – è intorno ai 100 dollari, ma con un prezzo medio alla pompa (fonte ministeriale del 16 marzo) di 2,18 euro al litro, mentre nel 2014 la benzina toccò il prezzo-record medio di soli 1,72 euro al litro. Una differenza alla pompa di quasi mezzo euro frutto di pura e semplice speculazione che infatti – appena si è cominciato a parlarne – per incanto si è “raffreddata”.
Comunque, se rispetto a 3 mesi fa oggi il prezzo del greggio è aumentato del 30% significa che alla pompa il prezzo della benzina dovrebbe essere aumentato di non più del 10% (un terzo del 35% di incidenza del costo del greggio sul prezzo alla pompa) a parità di “guadagno” dello stato. I carburanti sono però aumentati molto di più e la differenza è tutto maggior profitto della “catena”, dove però per oltre il 50% la catena si chiama “Stato”.
Lo Stato sta quindi generando inflazione che erode i risparmi e gli stipendi “guadagnando” molto dai rincari, oltre agli strabilianti profitti di aziende para-pubbliche come ENEL ed ENI. Si parlava di tassare almeno questi extra-profitti, ma poi tutto è evaporato e non è certo una risposta rateizzare le bollette (che prima o poi vanno comunque pagate) o ridurre di un poco le accise, visti gli extra margini.
Lo stesso vale per gli aumenti dell’energia elettrica che per quasi il 40% è fornita da energia rinnovabile che non ha avuto aumenti di prezzo, eppure con la scusa dell'aumento del prezzo del gas tra IVA, accise e balzelli vari le bollette sono più che raddoppiate.
Se lo stesso governo ha imposto lo stato di emergenza, Mario Draghi deve ora dimostrare coraggio e coerenza imponendo prezzi equi e controllati per energia e carburanti.
D'altronde non c’è libera concorrenza se di fatto un cartello di produttori (e raffinatori) fissa i prezzi a proprio piacimento, in un reciproco interesse di pochi e nel disinteresse delle inutili Autority pubbliche. Draghi dimostri insomma la sua autorevolezza ed indipendenza da quei grandi gruppi economici che troppo spesso si delineando alle sue spalle e che sembrano dettare le regole del gioco con il compiacente placet di Bruxelles.