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2014/06/15

SMILE


Una storia d'amore che inizia in silenzio, il suono di una voce, uno sguardo, un sorriso. Smile, sorridi. Parole che dicono tutto e niente, sentirsi soli anche in mezzo alla gente, una ventata di primavera anche se fuori è inverno. Una storia d'amore ha sempre mille cose da imparare. Parlare di una storia d’amore quando si fa sera viene difficile si rischia di cadere e precipitare nel banale, nelle solite descrizioni che a questo punto si usano per descrivere l'attimo, nemmeno volessimo idealizzare la donna dei nostri sogni repressi. 

Mio padre, se ben ricordo, una volta mi fece notare, nel corso di una delle poche volte che gli raccontai dei miei patemi di cuore, che le donne devono avere due tette, due occhi, un naso, una bocca, due gambe un bel culo e tutto il resto è un optional. In tempi successivi aggiunse che dovevano avere anche begli occhi, da non guardare troppo altrimenti portavano assuefazione, come la droga. Lei è lei, una donna, ecco, come posso descriverla? Diciamo che con il metro di mio padre ha tutto quello che serve, forse non nelle proporzioni che lui immaginava, ma c'è. E c'è anche quel cervello che a lui evidentemente non serviva, non prendeva nemmeno in considerazione. Per mio padre le donne erano oggetti, soprammobili da utilizzare quando venivano utili, possibilmente nemmeno troppo spesso, meglio farle decantare come un buon vino e assaggiare quello che restava ma a piccoli sorsi, con accortezza, per non farle riscaldare troppo, era una questione di stile o forse solo per pavoneggiarsi con gli amici oppure da sottomettere e fare figli. 

E ne sono arrivati tanti di figli.

Per me le donne rappresentano l'altra metà del cielo e scusate se è poco. Io amo le donne, le ho sempre amate, desiderate, sognate, immaginate, anche idealizzate, create come uno scultore, plasmate come l'argilla. Ma una alla volta e possibilmente abbastanza lontane nel tempo lasciando trascorrere mesi se non anni fra un rapporto e l’altro per cercare di recuperare quell’indipendenza persa e sperare di essere, o almeno smbrare all’apparenza, normale. Almeno fino a ieri, all'altro ieri.

E poi è arrivata lei, così in punta di piedi, e non sono più io. 

Non è una storia di quelle banali che si ascoltano troppo spesso mentre parlando con gli amici, attorno a un tavolo, ci si vanta di impossibili conquiste o sogni svaniti nel vento. No, questa è una storia di quelle che portano via tempo, risorse, anima e respiro. Come dire? Non so nemmeno come descrivere questo mio turbamento perché il turbamento è evidente che c'è, esiste, lo tocco con mano, ma non riesco a fermarlo e sto peggio di prima.

Qualcuno potrebbe dire che si tratta di una storia immaginata.

Se lo fosse non starei qui a parlarne, se me ne  fossi inventato una per intrattenere gli amici allora potrei essere trattato come uno dei tanti scribacchini della domenica che cercano inutilmente di intrattenere quei pochi, oramai, canuti e indefessi concittadini che si ostinano a comprare il giornale della mattina per leggere le notizie del giorno prima.

Storie, storie per innamorati delusi o che cerchi di raccontarci?

Cerco di raccontarvi che è sempre tempo di amare. Credevate voi che arrivati alla veneranda età di 75 anni come me il mondo si ferma, appendete il cuore al chiodo e chiudete la porta a quei possibili ma fugaci innamoramenti che la vita ci concede? Sbagliato, quella porta è sempre aperta, uno spiraglio di luce che saetta all'interno dell'anima e annuncia la sua presenza con piccoli e laceranti dolori di petto, tanto che magari, dopo aver incrociato quella che possiamo pensare di credere sia la donna della nostra vita, magari la seconda o la terza o come per me l'undicesima, siamo portati a pensare che l'amore non ha età.

Ma non stavi parlando di una storia?

Vero, l'avevo quasi dimenticato, la colpa è vostra con tutti questi divagamenti e divagazioni che portano fuori strada anche il più coriaceo dei determinati a concludere una storia parlata, e non quella reale che potrebbe, la seconda, interrompersi solo con la fine dei sogni o la lontananza. Meglio di no altrimenti la sofferenza dell'anima sarebbe atroce. Che poi lo sanno tutti che la lontananza è come il vento, che fa dimenticare chi non s'ama, ma è già passato un mese e quell'incendio che mi brucia l'anima non accenna a finire (grazie Domenico per l’ispirazione). Una storia imbastita con un filo forte che non sfila e non si stacca, con tanto affetto e tanti sogni e rispetto e dedizione e poi viene da chiedersi come si fa a vivere così.

Uh ma che noia, continui a girarci attorno ma non se ne vede la fine.

È cominciata per caso, avevo chiesto a una persona di aiutarmi a trovare un indirizzo, e quella si era adoperata per farmi avere la paginetta dove era pubblicato quell'indirizzo corredato da fotografie e descrizioni varie. Poi parlando con un amico scopro che lui mi può accompagnare e, dimenticandomi di aver chiesto aiuto, lo seguo e spendo la giornata con lui parlando di mogli, di fidanzate, di figli, del presente e del passato, e magari anche del futuro, come due pensionati che non si decidono a lasciare la panchina sulla quale oziano ogni giorno pur di non perdere quell'attimo magico dello stare in compagnia.

Lo so che qualcuno potrebbe pensare che comincio da molto lontano, tuttavia è tutto qui. Un paio di fine settimana dopo mi ricordo del mio amico che mi aveva suggerito di andare a visitare un museo, quello della guerra dei trent'anni, a suo dire interessante. E chiedo. Chi mi risponde è lei. All'inizio abbozzo, non nutro particolare attrazione, anche perché a me va a finire sempre in un bel matrimonio, non penso a una undicesima moglie il che vorrebbe dire una sfilza di figli e figlie da aggiungere alla lista invero già lunga. 

Nonostante questo la prendo per mia temporanea accompagnatrice e partiamo all'avventura. A lei del museo della guerra dei trent’anni non interessa poi tanto, lei propone e io accetto, andiamo a teatro e poi a vedere spettacoli di inaudita bellezza nei parchi cittadini, e quelli sull'acqua e un tripudio di luci e colori dei mercati e piano piano sento quella porticina che si apre, lasciando filtrare sempre più luce, prima solo una lama e poi un abbagliante raggio di sole. 

Non voglio sembrare sentimentale semmai sono romantico. Il fatto è che i sentimentali credono che le cose durino a lungo, si sviluppano in contorti percorsi dell'anima e sfociano in un mare di luce immaginario, io sono romantico, penso di aver dato tutto di me e per quello devo essere amato, magari odiato, picchiato, malmenato e... attenzione a non farmi troppo male perché più infierite su di me e maggiore sarà il mio amore per lei. Quindi state buoni e godete l'attimo sfuggente di questa storia d'amore che vive e non morirà mai.

Tutto qui? Nella tua banalità hai dimenticato di parlare di te, di lei, dei suoi occhi, dei sentimenti.

Potrei parlarne per mesi di questa lei, di questo amore infinito, invece il blog mi limita, si scompone e ricompone e non da adito di capire lo sconforto di un uomo alla soglia della vecchiaia, che dire quasi decrepito, che si accorge, e non ditemi mio malgrado perché non è affatto vero, che una luce è entrata e si è ricavata uno spazietto importante nel suo cuore. Sono tornato giovane, con le mie angosce, i miei sussurri, con le cuffie attaccate alle orecchie quasi fossi un teppistello di quelli di oggi, uno che ascolta sempre musica a livelli fonometrici tali che il mio vicino di casa che abita al sesto piano, mentre io sto al quarantasettesimo, definisce catalettici. Io ascolto una musica sola, sempre la stessa, una monotona ripetizione che frulla da sola nel cervello, entra da un orecchio e esce dall'altro tornando alla fonte e ricomincia il giro. Io sono un uomo d'altri tempi e, non me ne vergogno a dirlo, ascolto solo Luigi Tenco, un mito della mia generazione finito troppo presto per amore. Ahi noi innamorati persi. 

Ho persino, udite udite, ricominciato a pedalare alla cyclette, almeno per dare l’impressione che sia dimagrito quel tanto che basta per dire che è merito dell’amore. Mia figlia, quella grande, parla di un miracolo della natura, i nipoti invece si affacciano alla porta della palestra ridendo come solo i bimbi son capaci e poi corrono dalle rispettive mamme dicendo che il nonno è diventato matto. Il nonno non è matto, ma innamorato e scusate se è poco.

Va bene abbiamo capito, straparli e non connetti, non vuoi raccontarci una storia, ma lei come si chiama? 

Troppo facile signori miei. Se vi dicessi il nome qui subito si spezzerebbe l’incantesimo, potrei venir tacciato malamente e pesantemente da stuoli di arrabbiatissimi teenagers che guardano con invidia ai miei successi in amore e ai loro insuccessi nello stesso campo. Sono già oggetto di frecciate feroci quando io e lei camminiamo mano nella mano in città, il nonnetto e la nipotina, se dovessi scrivere qui il suo nome sarebbe per lei la fine, io sono forte e resisto alle bordate ma lei no, ne perirebbe, sono sicuro. Lasciamo tutto come è ora e lasciate correre l’immaginazione....

Di questa storia Uno può immaginare quello che preferisce. Ogni casualità è ammessa. Nessuno tuttavia può permettersi di dire che non sia vero. Grazie a chi mi mantiene in vita. Ho tanti segreti, accumulati e custoditi con grazia, e sentimento. Uno di quelli che il mondo di sopra vorrebbe far conoscere al mondo di sotto, passa attraverso le porte di Yangon. E li si vede chi vince e chi perde, e se poi vinco io? Non ditemi che non vale. Come tutte le belle storie anche questa Ha un significato. Uno soltanto che deve essere scoperto affinché Nessuno sia veramente perfetto. Grazie a tutti per aver letto il mio messaggio di amore, psyche e follia.  I LOVE YOU.



Don't fall in love with someone you can live with, fall in love with someone you can't live without.


2014/06/14

Alitalia: ali spezzate?


Quando uno è con l’acqua alla gola e sull’orlo del fallimento ha sempre poco da fare: accetta le proposte di strozzini e creditori e cerca di salvarsi come può.

E’ il caso di Alitalia che pare abbia scelto, come ultima spiaggia, gli arabi di Etihad con base a Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti che – ovviamente – per il loro parziale salvataggio si fanno pagare, e salato.
Quello che però mi resta sullo stomaco è come si sia arrivati a questo sfacelo. Centinaia di milioni (di euro) di deficit, ma una crisi conclamata che dura da sempre, con una azienda di fatto in mano pubblica dove tutti hanno pescato a man salva e dove sono man mano approdati manager pubblici che prima di tutto si sono riempiti le tasche non senza ringraziare i propri sponsor politici.

Il tutto con comandanti e personale strapagato rispetto alla concorrenza e con benefit assurdi per decenni. Furibondo “no” a tutti i partner man mano interessati a collaborare nel Nord Italia, Malpensa prima costruita e poi dimenticata a favore di Roma, quasi che i milanesi per un volo intercontinentale non preferiscano ora Parigi, Zurigo  o Francoforte visto che Milano è stata di fatto cancellata.
Adesso ci sono migliaia e migliaia di dipendenti in esubero (ancora?!) e c’è da chiedersi  quante decine di migliaia di dipendenti erano allora di troppo visto che i piani di ristrutturazione vanno avanti da anni. 
Certo sarebbe interessante vedere la residenza di tutti questi dipendenti visto che sono stati assunti in una azienda “di bandiera” ma di fatto da sempre romanocentrica che ha fatto errori clamorosi e ricorrenti alla faccia dell’intero paese sottraendosi poi sempre alle proprie responsabilità. 

Ma possibile che non ci sia un Magistrato che non colga anche le responsabilità personali  di management incapaci? 
Quando Berlusconi volle fortemente il salvataggio “italiano” della Compagnia perché si è insistito a scegliere Roma come hub peggiorando ulteriormente i conti? Queste sono le risposte che vorrei ascoltare dal Ministro Lupi che – da lombardo e persona seria – penso se le sia poste anche lui. Per quello che serve...

Alitalia, ali spezzate! 

2014/06/11

Why this is important to me


Change the New Immigration Laws in S.Africa passed on 26 May 2014. We call for an immediate revise by the HA Committee.

Dear Mr. Galusi Gigaba,


The Portfolio Committee on Home Affairs needs to meet immediately in order to revise and debate the new legislation brought into effect without public appeal or grace period on the 26th of May 2014. The reasons for the immediate revision of the laws are listed below and have been collected from various South Africans and foreigners working in SA and which have since been published on a multitude media channels across South Africa and abroad since the new laws were passed:

- The department did not allocate sufficient time for public comment in February when the draft regulations were gazetted.


- The regulations’ various omissions and lack of definitions and criteria raise serious concerns and will be subject to misappropriation and abuse by the department and its officials. 


- The new immigration law prohibits foreigners from using agents or lawyers for visa applications, calling for all applicants to apply in person. 


- People who enter South Africa as visitors are barred from renewing or changing their visa status while in the country. Foreigners must renew visas from the country they reside in.

- It has left thousands of people trapped both in and outside the South African borders with no body/ organization / institution or entity not even the newly appointed VFS Global to turn to in order to resolve each case.

- Mothers and/or fathers are being declared "undesirable" and banned for 12 to 60 months, often because the Department concerned is unable to process their applications within a reasonable time.

While the regulations governing travel for foreigners residing in SA, and children, may well be correct and good, their implementation without a period of grace leaves much to be desired.

- The new regulations also affect businesses looking for workers with skills they cannot find locally and could frustrate highly skilled foreigners seeking to live and work here lawfully.

- The fact is that some people applied for permits/visas up to two years ago, and now find themselves unable to leave the country for fear of being banned and thus separated from their families.

- It’s going to be longer processing times; it’s going to be a lot more documentation. The process is going to be very cumbersome and it is almost certainly going to detract from foreign investors wanting to invest, start businesses and work with South African businessmen.

- A British national Olivia Lock, like many others, who is married to a South African, was banned in May for 12 months for leaving South Africa while on an expired visa. She had been waiting for the outcome of her visa renewal application.

- Before, one could travel using a receipt from home affairs indicating their application was pending but now this is no longer the case and anyone travelling on an expired permit could be declared “undesirable” and banned from returning to the country for up to five years.

- Under the new regulations applicants for general work visas will be required to obtain certification from the department of labour, stating among other things that their salary and benefits are commensurate with those paid to South African citizens in similar positions. How long this will take to process “remains to be seen”.

- The revised immigration rules do not take into account South Africa’s labour context and skills shortages, which might discourage foreign investors.

- The Board of Airline Representatives South Africa (Barsa) said in a statement made available to APA on Tuesday that the new immigration rules would cost the country billions in lost tourism business.

- Furthermore, the full cost of these regulations to our local economy and country’s reputation remain to be seen.

In less than a month the new regulations have already ripped apart families, dissuaded investors, and led to the suspension and even cancellation of multi-million rand film and tourism ventures and much more. As FIPSA chairman, Gershon Mosiane, pointed out “The Constitutional Court says you cannot deprive someone the right to live (as they want). We don’t want an environment of anarchy; we want a constitution in line with the international law." Chairman of the Immigration Law Specialist Committee of the Law Society of South Africa Julian Pokroy agrees: “Family life (is sacrosanct) and anything that prevents people from being together is unconstitutional”. Thus we ask for the following actions to be put into place and emergency meeting of the Home Affairs Portfolio Committee to discuss the following:

IMMEDIATELY:

We propose the implementation of a period of grace (six months) in the implementation of the new regulations, so that:

- Foreigners resident in South Africa can travel in and out of the country with receipts proving that the necessary applications for visas or permits have been made for that period, and until their applications have been finalized; 

- People can travel with their children;


- People have sufficient time to obtain all necessary documents, such as unabridged birth certificates, passports, identity documents and visas or permits, before issuing new regulations, which require these documents.


-A meeting of the Portfolio Committee on Home Affairs and request that these regulations be reviewed and debated by the committee and a sufficient grace period be given to current applicants in order to clarify and determine the below points:

• The list of skills eligible for the newly instituted Critical Skills work visa;
• What according to the Department and its regulations is considered businesses in the ‘national interest’; and
• What the Department and its regulations consider "undesirable business" among other things.
We understand that your objective is to protect the integrity of our borders and the sovereignty of our country, but the above reasons are enough proof that they in fact do not facilitate socio-economic development of this great country. We therefore ask that this matter be brought to your immediate attention and the above points and issues raised be resolved in accordance with our constitution. 

2014/06/09

L'ASSALTO AL CILIEGIO - ESTATE 1977




A Dalmine, in un giardino che ometto di dire dove ubicato per rispettare la privacy, c'era uno ciliegio gigantesco. Grossi frutti amaranto pendevano da questa enorme pianta invitando noi ragazzini come le sirene di Omero. Passavamo pedalando ipnotizzati e attratti dal grave carico pendente della pianta che ogni giorno si incurvava sempre di più sul peso enorme dei suoi stessi frutti.

Non si può dire che non ci avesse provato nessuno a chiedere al proprietario di prenderne una manciata, il quale però era burbero e scorbutico come un rottweiler con l'orchite, e non permetteva a nessuno di avvicinarsi a quel miracolo della natura. Essendo il mastino stesso incredibilmente disinteressato al frutto della sua gigantesca pianta la quale non faceva altro che sganciare a terra frutti enormi, succosi e zuccherini destinati a marcire o alla meglio a venir mangiati dai merli. Condizione insopportabile. Cadevano a terra facendo un sordo "Splat", quasi da pesca matura. Era un suono pari ad una pugnalata al cuore per qualsiasi giovincello che avesse provato almeno una volta le dolcezze di quel mostro fruttifero. A peggiorare le cose c'erano le ciliegie vendute al mercato del Giovedì o quelle che raramente arrivavano nei negozi del quartiere, le quali a confronto con quelle angurie rosse che crescevano sulla pianta del mastino, sembravano acidi semi di chissà quale pianta esotico-tropicale.

Le leggende sulle ciliegie di quella pianta rasentavano il paranormale. Si narrava di frutti grossi come pesche e croccanti al punto che nel mangiare tali frutti i semi in essi contenuti, segnale inequivocabile che il pantagruelico pasto era finito tutto nello stomaco, erano scomparsi quasi del tutto.

Fu così che la frustrazione raggiunse il suo culmine. Bisognava agire. L'oratorio fu la sede della prima riunione carbonara del gruppo d'assalto. Il piano prevedeva un diabolico attacco al tramonto. Obbiettivo: mangiare l'intero raccolto in una sera!

Il mastino era uso nell'andare a dormire ad orari piuttosto gallineschi, e d'estate significava avere la pianta praticamente incustodita nelle fasi immediatamente antecedenti il crepuscolo, il che consentiva a qualche "dolce" ladruncolo di arrampicarsi sulla pianta in sicurezza e al chiaro. Poi, con il calare della sera, essendo già all'altezza adeguata, mangiarsi in santa pace l'intera pianta.

Tutto fu organizzato nel minimo dettaglio. Al calar del sole, la luce del bagno del mastino si doveva accendere, poi spegnere, poi accendere quella della camera da letto, poi spegnere, bisognava aspettare 10 minuti, e il caratteristico russare (la finestra era aperta) era il segnale per l'assalto. Basisti del colpo erano alcuni non-partecipanti per evidenti limiti di età (16-17 anni) i quali avevano agito rocambolescamente negli anni precedenti e conoscevano il campo di battaglia.

Furono diligentemente distribuiti i ruoli e le gerarchie. Non meno di 40 ragazzi fra gli 8 e i 13 anni erano coinvolti nell'attacco frontale. La discussione dei ruoli causò alcune animate discussioni che finirono ovviamente con delle litigate furibonde con orecchie rosse e guancie in fiamme. Poi, una volta ristabilito l'ordine, si stabilì la data dell'assalto. Il Mastino sarebbe andato a dormire fra le 8 e le 9 di sera, sicuramente il martedì. Non che si sapesse il motivo del martedi in particolare, ma tutti si fidarono di quello che dicevano i veterani.
Insomma, vestiti scuri, se possibile e tanta pazienza.
Nella fase iniziale tutto si svolse come da copione. Luce accesa in bagno, luce spenta. Luce accesa in camera, luce spenta. Russare profondo. Via.

I primi a salire, silenziosissimi e veloci come il ghepardo furono i tre fratelli Bordin (NdB: nome di fantasia, molto meglio delle X dell'autore), i quali essendo magri e agili arrivarono laddove i rami erano più ricchi di succosi frutti. Subito dopo fu il turno di Mario e Robertino, addetti alla parte medio-alta della pianta, e in seguito, con audaci movenze pari solo a certi artisti del circo, fu il turno della terza linea di raccolta, formata da alcuni dei più dotati fisicamente ma meno agili. Il loro compito era quello di portare con il massimo del silenzio possibile una trentina di sacchetti bianchi a marchio "Vegé" in blu, meticolosamente raccolti nella settimana antecedente il colpo a tutti i componenti della banda. 

I tre fratelli Bordin in cima alla pianta avrebbero ricevuto i sacchetti una volta messa in sicurezza e assestata la loro postazione di assalto, riempiendoli con il tesoro e passandoli, una volta pieni, alle postazioni più in basso. Ai piedi della pianta c'erano a questo punto alcune staffette che maschiamente avrebbero dovuto recuperare i sacchetti trabordanti il maltolto, staffettando verso la rete di recinzione ove un nutrito gruppo di ciclisti in erba avrebbero dovuto portare il bottino in un luogo sicuro convenuto precedentemente.

Insomma, tutto si svolse come nei piani almeno fino alla prima parte.

Il Mario probabilmente era soggetto ad una forma di colite che lo affliggeva già in tenera età, ed era suo uso emettere delle violente sonorità per le quali si era reso famoso ben oltre i confini del quartiere, facendosi soprannominare da tutti "Rombo di tuono". Nemmeno in questa occasione mancò di esibirsi in tale performance, e fu l'inizio della Caporetto dei ciliegiai dalminesi. Una piccola parentesi: alcuni amici con i quali sono ancora in contatto oggi, asseriscono che Mario, letteralmente scomparso alcuni anni dopo, non solo era soggetto attivo in questa singolare disciplina musicale, ma ne era vittima in quanto per una misteriosa malattia ereditaria era praticamente costretto ad abbandonarsi alla performance ogni qualvolta si fosse presentata, diciamo così, l'occasione. Una bomba ad orologieria, praticamente. Si mormora che sia partito per l'India, dove tale pratica non è soggetta a tabù come da noi, ma anzi, è usanza comune. Chi lo sa.

Immaginatevi perciò, nel silenzio operativo, un boato di Mario mentre tutta la truppa era schierata nelle postazioni di combattimento. La pianta ebbe un fremito improvviso. Ognuno dei combattenti ora lottava per trattenere le risate che si facevano largo prepotentemente oltre ogni ragione. Il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo, se il Rottweiler si fosse svegliato.

Mario pensò bene di dare nuovo slancio alle sue ragioni con un'altra bordata di potenza inusitata. Ormai due dei tre fratelli in cima alla pianta erano partiti a ridere cercando di trattenersi il più possibile, e gli altri ragazzi sui rami di mezzo non erano molto lontani dall'esplosione. Qualcuno di quelli a terra si indignò per quello che stava accadendo sibilando: "Mario! Mòchela docà!". Lui rispose con un "pota..." e con un'altra botta che causò il tracollo definitivo. Luce accesa in camera. Segnale d'allarme. "Via via!!"

Tutti i presenti ai piedi della pianta riuscirono a dileguarsi, mentre gli scalatori rimasero appollaiati sulla pianta in attesa che le acque si calmassero. Ma il rottweiler fece la sua comparsa in giardino. "Tò èst! Ti ho visto! Cognòse tò pàder! Ghèl dighe! Tà ederèt!" (Conosco tuo padre, glielo dirò, vedrai!) urlava nel buio il mastino.

Poi, una volta verificata l'integrità della rete di recinzione, non senza aver pronunciato dei sonori porconi destinati a farsi sentire nei dintorni, sicuro di essere ascoltato, il mastino se ne tornò verso l'ingresso di casa. Ma a questo punto accadde l'inpensabile: da una delle postazioni mediane il povero Robertino, che insieme agli altri 10 o 11 e con la complicità del didietro di Mario sulla pianta aveva mantenuto il più rigoroso silenzio, persè l'appiglio e rovinò a terra proprio davanti ai piedi del mastino.
Costui, sorpreso dalla caduta di una ciliegia di così importanti dimensioni, non ci mise troppo tempo a scoprire che la massa informe che stava ai suoi piedi era il cucciolo di un essere umano, e nemmeno tanto carino.

Accertatosi prima di tutto che il poveretto caduto dall'alto non si fosse fatto male più di tanto (era balzato in piedi come una molla subito dopo aver toccato il suolo, a riprova della sua natura gommosa), il mastino prese le notevoli orecchie del malcapitato così come si afferra un'otre carico d'acqua, e sollevandolo di peso lo portò oltre il cancello d'ingresso, calciandolo fuori quasi fosse un pallone da rugby verso la porta avversaria. Robertino, che a dispetto del nome aveva una massa adiposa in costante crescita, si ritrovò a galleggiare a mezz'aria per alcuni istanti, per poi ricadere poco distante. Era la sua seconda esperienza di volo in meno di 10 minuti.
A questo punto il mastino aveva realizzato che la sua pianta contava più abitanti di Guzzanica. Disse, con voce ferma: "Egnì zò..." (venite giù). "Egnì zò PORCO .....!!" Silenzio. Si diede inizio così ad una breve trattativa.

"Me egne zò, però te ta ma lasèt indà!" (Io scendo, ma tu mi lasci andare!)

"Te cumincia e ègn zò!" (Tu comincia a scendere!)

"No me ègne mia zò perché te ta ma pìchet. Me stò ché" (No, io non scendo perché tu mi picchi. Io sto qui.)

Insomma, la cosa andò avanti fino ad un certo punto, quando il mastino si rese conto che la massa presente sull'albero avrebbe avuto la meglio sulla sua voglia di prenderli a scarpate uno per uno.

"Alura, pudì tirale zò, se ùlif. MA GHI TEMP DES MINUCC!!" (Allora, potete tirarle giù [le ciliegie] se volete, ma avete dieci minuti di tempo!)

Fu così che al punto di raduno, dove si stavano facendo le ipotesi più funeree sulla fine dei poveri soldati rimasti sulla pianta, abbattuti al pari della "piccola vedetta lombarda", lo stupore fu immenso nel veder arrivare il gruppo degli scalatori con ben 4 sacchetti del "Vegè" pieni di succulente ciliegie.
Il povero Robertino era corso a casa dolorante, con il 45 abbondante del mastino stampato sul didietro, un grosso livido sulla coscia destra e le orecchie in fiamme.

Fu un'estate straordinaria, come tante altre estati straordinarie e primavere ricche di profumi e di gente che ride, o come gli inverni dove il freddo ti tiene incollato al termosifone o alla stufa, o quegli autunni dove non vedi altro che le castagne che scoppiano una-si-e-una-no, una si, e una no. Bastava tagliarle, o chiedere a mio nonno. Lui le cuoceva senza tagliarle e senza farle scoppiare. Mah.

Chissà dove siete finiti tutti voi, bambini del ciliegio...

(Da un racconto di Aldo Villagrossi, pubblicazione autorizzata dall'autore).

2014/05/24

Chi mi ama mi segua


La vita assume significato solo se hai uno scopo che ti guida. Senza uno scopo, non saprai perché stai vivendo, non riuscirai a dare significato alle cose che ti accadono. Non è che devi sempre avere in testa quello che vuoi da ogni singola situazione da adesso e per sempre! Ma di chiedertelo per le situazioni meritevoli. Come nella scelta del lavoro, del partner, della gestione del tuo benessere fisico e mentale. Ci sono cose che è bello e giusto che ti sorprendano e ti stupiscano. Ci sono cose invece che vuoi direzionare, influenzare e realizzare. Allora è bene chiederti: "Che cosa voglio realmente da questa situazione?"

Se non hai uno scopo chiaro e definito, rischi di rimanere in balia degli eventi. E' come salire in auto e, a motore acceso e marce inserite, schiacciare l'acceleratore ma senza toccare il volante. L’auto si muove, ma senza una direzione: è solo uno spreco di energia, non porta da nessuna parte, è pericoloso per te e per chi è sulla tua strada. È come molti vivono la loro vita. Si agitano, fanno mille cose, ma senza una direzione precisa. Persone che faticano tutto il giorno, tutti i giorni, ma senza sapere perché, per chi, e dove li avrà portati tutto questo. Senza essere veramente impegnati in qualcosa di importante per la loro vita.

Le persone ti seguiranno solo se sai dove stai andando, e se quello sembra un buon luogo dove andare. Conoscere la direzione offre sicurezza, e la sicurezza crea il margine di vantaggio del vincente. La percezione che le persone hanno di te nasce dal grado di sicurezza che trasmetti. Le persone sono attratte in modo naturale dalle persone sicure. E la tua sicurezza è data dal conoscere la direzione, dall'avere uno scopo nella vita. Nel perseguirlo e nel far percepire che tu sei una persona che sa dove sta andando e che quello è un posto migliore!


Per raggiungere ciò che vuoi devi esserne sicuro. Non basta desiderarlo, lo devi volere, e devi credere di essere capace di ottenerlo e di meritarlo. Presto o tardi coloro che vincono sono coloro che credono di poterlo fare. Anche se non sai ancora come farai, devi credere di poterci riuscire. Di poter diventare la persona capace di realizzare ciò  che vuoi. Tutto si basa sul tuo grado di sicurezza. Se sei sicuro tutto ti riesce meglio. Quando pensi a un nuovo obiettivo da raggiungere, ci sono tre livelli di convinzione necessari per poter sviluppare il giusto grado di sicurezza. Per ognuno dei tuoi obiettivi, devi pensare intensamente che: è possibile, ne sei capace e te lo meriti. L'unico limite a quanto in alto possiamo andare, è quanto crediamo di poter salire.