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2014/12/29

PINOCCHIO PATOLOGICO

Questo post è dedicato a qualcuno che sa di essere
un bugiardo cronico ma che non lo ammette.

Perché questo testo anche se sarebbe più corretto scrivere "per chi"?
Viviamo in un mondo di bugiardi, tutti imbrogliano il vicino, l'amico, il fratello, l'amante, la moglie, il marito, i figli e aggiungiamoci il collega, il partner, il capo, il direttore e la lista sarebbe infinita.

Limitiamoci pertanto a una sfera privata, rimaniamo nell'ambito dell'amicizia e consideriamo che, forse, la persona con la quale stiamo per concludere affari d'oro altro non è che un bugiardo patologico, capace di infinocchiare chiunque per suo unico vantaggio. Diffidate di persone come questo descritto, diffidate.

Chi è bugiardo patologico, affetto dalla cosidetta sindrome di pinocchio, manifesta un vero e proprio disagio psicologico, di cui tende a escluderne la gravità, fino ad arrivare a non riconoscerlo neanche. Ciò causa molta sofferenza a sé stesso ed agli altri.

Le principali caratteristiche del bugiardo patologico sono:

Mentono gratuitamente, anche se non è necessario
Sono impazienti
Sono manipolativi nei confronti degli altri
Sono seduttivi e disinibiti
Sono intolleranti alle critiche
Pretendono perché è tutto dovuto loro
Non provano nessun rimorso
Sono incapaci di relazioni affettive mature
Il comportamento di chi “subisce” un bugiardo psicologico prevede tre strategie in tre tempi diversi:

Non tollerare assolutamente le bugie, anzi bisogna smascherarle sistematicamente, affrontandone l'onere di farlo, senza nessuna indulgenza.
Chiedere al bugiardo patologico l'auto-riconoscimento del proprio stato patologico ed invitarlo a chiedere un aiuto esterno per combatterne cause e sintomatologia.
Nel caso che le prime due strategie non siano accettate, prendere in considerazione l'opportunità di “abbandonare” il bugiardo patologico. Spesso questa si rivela l'unica strategia efficace nei confronti di chi è affetto da Sindrome di Pinocchio. Infatti il bugiardo patologico non accetta di rimanere solo.
La sindrome di Pinocchio, all'interno delle problematiche e dipendenze affettive e relazionali, si manifesta attraverso il negare, anche di fronte all'evidenza, tradimenti ed inventare attorno a tali situazioni vere e propri castelli di bugie.

Il partner che accetta tale tipo di comportamento o tende ad essere indulgente verso lo stesso, deve seriamente interrogarsi sul perchè non pone in atto un proprio efficace comportamento di contrasto. Come già accennato prima il bugiardo patologico necessita della presenza dell'altro.

Dal punto di vista clinico il bugiardo patologico può essere affetto da disturbo istrionico di personalità che è caratterizzato da un tipico quadro pervasivo di emotività eccessiva, ricerca di attenzione, ed appaiono a prima vista attivi, interattivi e disinibiti.

Per essere diagnosticato come disturbo il DSM IV prevede che deve manifestarsi in una varietà di contesti con la presenza di almeno cinque dei seguenti sintomi:

la persona è a disagio in situazioni nelle quali non è al centro dell'attenzione
l'interazione con gli altri è spesso caratterizzata da comportamento sessualmente seducente o provocante
manifesta un'espressione delle emozioni rapidamente mutevole e superficiale
costantemente utilizza l'aspetto fisico per attirare l'attenzione su di sé
lo stile dell'eloquio è eccessivamente impressionistico e privo di dettagli
mostra autodrammatizzazione, teatralità, ed espressione esagerata delle emozioni
è suggestionabile, cioè, facilmente influenzato dagli altri e dalle circostanze
considera le relazioni più intime di quanto non siano realmente.

IO NON CI STO!

No a Prodi, Severino o Amato come prossimo presidente della Repubbica,
no ai ladri ai disonesti, ai corrotti. No a chi ha venduto alla UE il popolo italiano.
Io dico NO, noi, popolo italiano dobbiamo dire no o, forse,
sia questa la volta buona che il popolo si ribellerà!

Infrango solo per un momento il proposito di silenzio stampa fino al 2 gennaio per riproporre qui un articolo di Magdi Cristiano Allam a proposito del prossimo Presidente della Repubblica.
Il servo di Bruxelles Matteo Renzi pensa di candidare Romano Prodi detto il mortadella (con la faccia di culo di cane da caccia), Paola Severino o Giuliano Amato e questo sarebbe inaccettabile.
Urliamo il nostro dissenso davanti al popolo italiano e a quello del mondo intero, questa volta posso affermare con cognizione (ma che sia un pensiero comune):

IO NON CI STO!  


Non mandate al Colle l'ennesimo servo di Bruxelles
I nomi di Prodi, Amato e Severino lasciano allibiti gli italiani che credevano di essersi liberati per sempre di simili personaggi. Ma ci ricordano che proprio da queste persone siamo stati venduti alla Ue

Nessun popolo è stato tradito durante tutta la sua storia dai suoi governanti in maniera così determinata, cinica, perversa quanto gli italiani. Governanti che, a partire dal predominio del cristianesimo, hanno odiato, disprezzato, calpestato i loro sudditi in modo tale che la storia degli italiani potrebbe configurarsi come una «storia per tradimenti».

Se si esclude la breve parentesi del periodo del Risorgimento, non si vede altro che i detentori del potere intenti al disprezzo, ossia a poggiare i piedi sugli italiani come «corpo», come pedana dalla quale slanciarsi per raggiungere i propri scopi, offrendo ai magnati di turno, di volta in volta papi, re, imperatori, dittatori, banchieri, commissari europei, il territorio, l'indipendenza, la civiltà italiana. L'Italia è il loro «mezzo», il loro ricchissimo patrimonio-strumento.

Così ha fatto Prodi da quando si è presentato sulla scena politica offrendo l'Italia alla super loggia di Bruxelles: senza lo Stato italiano, senza il territorio italiano, senza la civiltà italiana, nessuna Europa unita è possibile. Altrettanto ha fatto e sta facendo Renzi: le sue famose «riforme» non sono altro (come ripete con vigliacca soddisfazione il ministro Padoan) che l'esaudimento delle pretese dei commissari europei. Bruxelles, del resto, è talmente sicura che il nostro capo del governo sia al proprio servizio che Renzi può permettersi d'ingannare gli italiani lanciando ogni tanto con la sua abituale villania qualche finta sbruffonata contro l'Europa senza turbare nessuno. Renzi del resto è un politico che aspira alle cariche più alte: l'impero europeo è stato costruito appositamente per questo tipo di politici, calpestando ogni diritto del popolo italiano.

«Meno tasse, meno tasse, meno tasse», grida Berlusconi. Ma il problema delle tasse è nato con gli obblighi dell'Unione europea, con il fiscal compact, con i limiti di bilancio imposti da Bruxelles, con la montagna del debito pubblico, con la rinuncia alla sovranità monetaria, non per un capriccio di Renzi. Berlusconi dovrebbe dire con più forza che il problema vero dell'Italia è la sua appartenenza alla Ue e alla moneta unica. In una democrazia il compito dell'opposizione è quello di opporsi, altrimenti si suicida, ma uccide anche la democrazia. La Consulta ha forse dichiarato che non è valida la sentenza con la quale ha sancito l'illegittimità della legge elettorale?

Un'opposizione degna di questo nome non dovrebbe mai aver paura delle elezioni e avrebbe dovuto obbligare le forze politiche a rientrare con il voto nell'ambito della legittimità. L'attuale degrado anche morale in cui vive l'Italia con gli scandali che scoppiano ogni giorno nell'ambito dei politici e degli amministratori deriva anche da questa atmosfera di abbandono di ogni norma scaturito dall'illegittimità generale. 

Quale validità possono riconoscere i cittadini a un governo non eletto da nessuno, che cambia la Costituzione con un Parlamento illegittimo e che si appresta a nominare il presidente della Repubblica con elettori illegittimi? Sarebbero sufficienti i primi nomi venuti alla ribalta come quelli di possibili presidenti della Repubblica (Prodi, Amato, Severino), lasciando allibiti gli italiani che credevano di essersi liberati per sempre di simili personaggi, a ricordarci invece che proprio da queste persone siamo stati venduti alla Ue e che è ancora dalla Ue che siamo governati.

2014/12/20

Natale è Rinascere


Tra pochi giorni è Natale anche se ce lo ricorda soprattutto la petulanza della pubblicità forsennata che ne ha distrutto il senso. Fermiamoci invece un attimo a riflettere e cerchiamo di ricordarci cosa sia e cosa possa significare “Natale”. Vale per i cristiani, ma in fondo anche per tutti: Natale è il simbolo del rinascere, del ricominciare, dell’affermare e credere che tutto sia possibile anche quando “Non c’è posto” e quindi si nasce in una stalla.

Ciascuno deve allora trovare un po’ di tempo per riflettere dentro di sé sulla difficoltà di far “rinascere” sé stesso. Se ne comprendiamo l’importanza e la necessità proprio per questo non possiamo e non dobbiamo abbandonarci al pessimismo, al solito tran tran, alla pancia piena, al dimenticare le radici che sono l’essenza della vita. Soprattutto dobbiamo chiederci quale possa essere il nostro contributo a chi ci sta intorno.

L’invito del Natale è di riscoprire sentimenti di amicizia, di pace, di solidarietà, non scambiarsi telefonini nuovi o panettoni. Ma soprattutto è la sfida a volersi ripulire “di dentro” di tanti pesi e di tanti sbagli che abbiamo fatto per cercare di ripartire rinnovati, rinfrancati, guardando le cose con gli occhi puliti di quando eravamo bambini. L’augurio che quindi mando a tutti i lettori di "Più Alto e Più Oltre" è di avere “occhi nuovi per una terra nuova” e che il vostro, il nostro Natale sia così un voler ricominciare, nonostante tutto, perché solo rinascendo e migliorando - prima di tutto dentro di noi - ha un senso la festa che viene. 

"Più Alto e Più Oltre" si ferma durante le feste di Natale e fino al Nuovo Anno per tornare a deliziarvi a partire dal 3 Gennaio 2015.

A tutti un caro Augurio di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.





2014/12/14

DI male in peggio!


Giusto tre anni fa veniva cacciato il governo di Silvio Berlusconi. Lo spread era inspiegabilmente salito in poche settimane alle stelle e – si diceva - la sua caduta era indispensabile per rilanciare l’economia e salvare l’Italia dalla bancarotta. 
Si è scoperto poi che era tutta una manovra politico-finanziaria, che quell’indice era volutamente “gonfiato” per allontanare l’inquilino da palazzo Chigi (con grande lavorio sotterraneo di Giorgio Napolitano, quello che oggi fa tanto il verginello dicendosi nauseato dalla politica…). Il bilancio successivo è sotto gli occhi di tutti: l’Italia non è economicamente cresciuta né in questi anni è uscita dalla crisi nonostante abbia avuto 3 governi, tutti dati regolarmente affidati a persone NON elette alle elezioni. 

I numeri non sono opinione ma realtà, ed è una realtà impietosa se - dopo Monti, Letta ed ora Renzi - la disoccupazione è salita di 4 punti, quella giovanile raddoppiata, il PIL è andato in recessione e continua a scendere, il debito pubblico è esploso anziché ridursi, la pressione fiscale è passata dal 41 al 43,3% ed è in crescita, le tasse sulla casa rasentano la follia, c’è un caos quotidiano di leggi caotiche e sovrapposte, sono state annunciate riforme che non arrivano, sono ora ipertassate pensioni e previdenza e il governo è ingolfato di “deleghe” (l’ultima quella dello Jobs Act) ma non ne conclude nessuna. 

Non solo: pensate a quanti marchi, aziende, industrie, imprese italiane sono state vendute a stranieri in questi 3 anni con una perdita incalcolabile per il “made in Italy” e per le generazioni future e si capisce cosa sarà del futuro della nostra economia. 

Il Cavaliere (anzi, ormai ex anche di questo titolo) può essere molto criticato, ma la realtà è che i suoi successori stanno facendo - almeno in campo economico - ben peggio di lui e bisognerebbe avere il coraggio di ammetterlo. Certo viene da chiedersi soprattutto il “perché” di quella scelta così fortemente voluta dal Quirinale, complici gli omini di Bruxelles e la manina di Berlino. 

Ovvero quelle stesse banche che - come in Grecia – pensano prima di tutto a fare buoni affari.

2014/11/30

Evoluzione o involuzione?


Per chi oggi ha passato i sessant’anni e vede con preoccupazione il declino e la crisi del Paese sono facili i ricordi e i confronti con l’Italia del dopoguerra, povera e frugale, dove altri erano i bisogni, le speranze, le prospettive di un Paese che voleva riscattarsi.

La nostra società è molto cambiata e si evolve ogni giorno, ma questo cambiamento va verso una crescita o è invece una progressiva ritirata, pur con qualche contrattacco?
Bisogna allora ricordare, conoscere e riflettere anche se le nuove generazioni – sicuramente e naturalmente diverse da noi – non possono conoscere ed avere un ricordo di una Italia che non hanno vissuto e di solito conoscono ben poco. 

Mi è venuta voglia di raccontare  quegli anni leggendoli con gli occhi di quando da bambino ero obbligato alle odiate colonie estive, un gelato era una conquista ed eravamo abituati a giocare tutti in strada dove l’arrivo di un’auto nuova era notizia per tutto il quartiere.

Raccontando  pian piano sono saltati fuori i problemi di tutti i gironi, le discussioni, i commenti e le nuove abitudini che crescevano nelle famiglie davanti alle prime TV in bianco e nero...

E dopo Carosello tutti a nanna...

E così per il divenire della politica, l’imminente ‘68, la scuola autoritaria e rigida con i corsi serali di giovani che volevano conquistarsi un diploma per crescere, in una lotta che per qualcuno poi sfociò nella  violenza e negli anni di piombo.

Intanto cresceva una forte emigrazione interna, ogni giorno migliaia di italiani arrivavano al nord con le loro valige di cartone, tanti altri continuavano il viaggio oltre le Alpi mentre i prati intorno alle nostre città sparivano per ospitare file di nuovi e brutti palazzi, con l’urbanesimo e i suoi nuovi costumi. C’era ancora spazio per idealità oggi scomparse, così come i personaggi dimenticati dello sport, dello spettacolo e i leader politici mitici di quando i partiti erano ancora comunità ideologiche e realtà di appartenenza. I comizi nelle piazze con De Gasperi e Togliatti e poi con Almirante, Amendola o Berlinguer.

Figure che escono dall’ombra e raccontano di anni sconosciuti ai giovani di oggi, ma non dimenticati né cancellabili da chi li ha vissuti quando la realtà era fatta di emarginazione ma anche di speranze, di lotte e conquiste sociali, di stabilimenti che aprivano e di campagne abbandonate. 

Su tutto (o quasi) l’influenza della Chiesa cattolica e della censura sui costumi, l’arrivo del benessere, lo spopolamento della montagna, Firenze tra il fango dell’alluvione e gli effetti della prima crisi petrolifera che ci obbligava in giro a piedi. 
L’evoluzione del ruolo della donna, l’arrivo del divorzio e quel servizio militare mortificante ma obbligatorio, svolto nella noia e senza colpi da sparare, in un’Europa che cominciava appena a muoversi e a ragionare insieme.

Un’Italia cambiata nei gusti e nelle abitudini, nella libertà del tempo libero ma anche per la tecnologia che precedeva l’informatica e privilegiava la motorizzazione di massa.

Non era ancora il tempo dei surgelati, si faceva la spesa giorno per giorno al negozio in fondo alla strada, sui balconi delle tante case in cui i frigoriferi non erano ancora diffusi c’era una gabbietta per preservare i cibi al fresco e dove le mosche non potevano arrivare: era la moscheruola, la piccola dispensa di famiglia, simbolo di un’Italia che oggi non c’è più, che è sicuramente cresciuta ma che per strada ha perso molte cose, forse anche la speranza.