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2013/01/10

Il Razzismo (secondo Ari)!


Ricevo da un carissimo amico un lungo commento al mio precedente articolo sul razzismo. Siccome supera abbondantemente le cinque righe permesse dal software di blogger gli propongo di pubblicarlo.
A me è piaciuto molto e per questo ho chiesto e ottenuto il permesso di inserirlo nel mio blog affinché resti a imperituro ricordo, fatemi sapere, gli amici per email e tutti gli altri se si diletteranno nello scrivere un commento qui sul blog, se vi è piaciuto. Anche se non vi è piaciuto, tanto l’articolo resta lo stesso, semmai prenderò in seria considerazione i vostri commenti per i miei futuri articoli sulla comprensione umana. 

Sentirsi superiori. 
Se per superiorità si intende conoscenza, senso civico, educazione, cultura ed intelligenza, io mi sento superiore a molta, anzi moltissima gente che ho visto e conosciuto in giro per il mondo. Mi sento parimenti inferiore a chi ha doti maggiormente sviluppate delle mie fra quelle elencate. Quindi, mi sento superiore alle mie domestiche, ad esempio, alle quali è difficile far capire persino la differenza fra “pulito e sporco”. Per contro mi sento inferiore a Piero Angela, a Bill Gates e a tantissima altra gente. 
Sistemi di pensiero. Se si accetta l’idea che è necessario stabilire una piattaforma di convenzione su cui basare criteri, giudizi, opinioni, allora vale quanto ho indicato qui sopra. Altrimenti si potrebbero stabilire altri criteri su “superiorità ed inferiorità”. Può l’altezza di un individuo costituire valore di superiorità? Oppure il peso corporeo? O la capacità di bere più alcool? 

Filosofie e religioni. 
Su cosa basavano i loro pensieri gli antichi filosofi? Sulle conoscenze dell’essere umano, della vita e della natura, sostanzialmente. Per coniare una massima che magari è piú che mai valida e ancora oggi utilizzata correntemente, dovevano per forza avere idee di cosa fosse buono, cattivo, utile, essenziale, superfluo... dovevano saper interpretare sia le proprie emozioni che quelle degli altri. Cosa facciano i filosofi moderni lo ignoro, filosofeggeranno sulla borsa? Sulla politica? Oppure rapporteranno ai tempi moderni lo stesso ordinamento di pensiero dei loro illustri predecessori? E se è vero che i maggiori filosofi erano Greci, dove le regole del vivere civilmente in società erano indubbiamente conosciute, Si può dire che i Greci di allora (su quelli di oggi ci sono molti dubbi...) erano superiori agli aborigeni australiani? O magari si possono ribaltare queste teorie, forse questi ultimi erano più avanzati dei primi ma non è stata data loro la giusta “pubblicità”? 

Ma si può discutere di questo oppure non ne vale la pena? 
L’opinione mondiale, conta oppure no? Religioni, argomento complesso, astruso di cui si capisce di primo acchitto che quanto più un individuo è ignorante, tanto più sarà “plasmabile”. In un contesto multiplo ciò è ancora piu’ fattibile, basti pensare ad Hitler e cosa è riuscito ad ottenere dalla sua gente...L’Islam che come un rullo compressore si sta diffondendo sempre piu’ nel mondo va oltre la religione. L’Islam per i mussulmani è la vita. In nome del suo profeta si fa di tutto, compreso l’uxoricidio, l’omicidio di parenti e addirittura figli, si fanno sacrifici corporali, mutilazioni dei genitali femminili...insomma cose che la natura non ha previsto ma che secondo molti di loro è giusto fare. Loro credono di essere superiori a tutti gli “infedeli” che non sanno neppure mangiare, secondo loro, in maniera igienica. Il maiale non sarebbe neppure commestibile. Mah, avranno ragione loro? Per me no, infatti sono fortemente razzista verso i mussulmani fanatici, anzi li odio profondamente. Li tengo persino fuori considerazione da questa analisi, come fossero una specie animale aliena.

L’adeguata risposta si può già dare, relativamente al sentimento di “razzismo”, rispondendo a qualche ulteriore semplice domanda da inserire nella discussione. Cosa è il disagio? Cosa è pericoloso? Cosa ci fa paura? Dunque, se non si prova disagio a stare in mezzo ad individui che non curano l’igiene personale (perchè forse non hanno acqua corrente, tantomeno soldi per comprare diversi vestiti, ma ci sono anche quelli che dispongono di entrambe le risorse ma non hanno la forma mentis di usarle), allora si è quasi scevri dal provare sentimenti di razzismo. Se in un locale pubblico un gruppo di persone parla a voce esageratamente alta, anche in una lingua sconosciuta, schiamazza, si muove senza circospezione, importuna chi non è parte di quel gruppo, non osserva leggi o regole di buonsenso e tutto questo non ci da fastidio, vale quanto detto sopra. Se in una strada o piazza pubblica vogliamo fare una passeggiata e dobbiamo camminare fra rivoli di urina umana, vetri di bottiglie appena spaccate intenzionalmente, gente che non considera la presenza altrui e anche qui non proviamo disagio o fastidio, non siamo di sicuro razzisti. Se ci rapinano per strada o in casa nostra, ci danneggiano beni personali e accettiamo di buon grado quanto subito, non possiamo mai diventare razzisti sia nei confronti della categoria “ladri e vandali” che di quella più specifica “stranieri ladri e vandali”.

Ed il pericolo, la paura? Se veniamo accerchiati da un gruppo di zingari, sporchi, puzzolenti, dalle facce poco amichevoli (si vuole forse fare anche una disamina di cosa si intenda per faccia amichevole, puzza e sporcizia? Spero di no), ci sentiamo in pericolo? Ne abbiamo paura? Sarebbe prudente cercare di imporre loro il nostro diritto di essere lasciati in pace? Sarebbe consigliabile alterare il nostro vero sentimento in favore di uno che possa compiacere le persone con cui non abbiamo mai avuto intenzione di avvicinarci? Ossia, invece di gridare “ma che volete, perchè non ve ne andate via, ma chi vi ha cercato?” dire al gruppo “salve, voglio proporvi un gioco, io compro una cassa di birra e vediamo se riusciamo a berla entro cinque minuti, così battiamo il record”. Se sì, significherebbe aver dimostrato di avere paura, di aver avvertito la sensazione di pericolo, proprio pericolo fisico, quello di subire percosse, escoriazioni, fratture, menomazioni, perdita della vista, dei denti, forse anche della vita. 
Il mio sentimento è tutto il contrario di quanto ipotizzato sopra circa il disagio. Quindi sono razzista. Lo sono nei confronti di tutti quelli che mi disturbano, infastidiscono, danneggiano. 

Qualche mese fa ero a pranzo con la mia famiglia più una coppia di amici in un ristorante filippino fronte mare. Alla fine del pranzo, e per fortuna non prima, erano entrati due giovani individui corpulenti, uno flaccido, l’altro più tonico. Parlavano in russo, a voce molto alta, incuranti degli altri, famiglie come la mia, bambini... Le facce erano decisamente di gente di basso profilo (la fisiognomica, non sarà una scienza esatta ma spesso ci azzecca...), i loro modi assolutamente incivili. Non credo che qualcuno fosse contento della loro presenza, forse neppure il proprietario o gestore del ristorante. Bevevano liquore dalla bottiglia ed è facile immaginare come può andare a finire se si resta ancora a lungo. Appena l’alcool fa effetto, quella gente diventa più espansiva con gli sconosciuti, ma non vorranno confrontare opinioni su economia o gastronomia... troveranno un pretesto per attaccare briga e allora si salvi chi può. 

Non sono gli unici russi che non mi sono piaciuti, per cui sono da considerare aprioristicamente razzista verso i russi. Ma lo sono anche verso certi inglesi (forse anche peggiori dei russi), ma qui già distinguo, per i russi sono più generalista, proprio non posso neppure sopportare di sentire la loro lingua, mentre per gli inglesi è assai diverso. Non sono disturbato dalla loro vista, comportamento, modo di parlare, atteggiamento. Lo sono ancora verso quelli dell’est europeo, dato che ci ho vissuto per anni ed ho avuto spesso spiacevoli sensazioni nel vivere in mezzo a loro. Ma lo sono addirittura verso i miei stessi corregionali. Molti sardi non posso sopportarli. Una volta un collega aveva fatto una considerazione su un terzo collega: “cosa ti aspettavi da lui? È pugliese”. E così mi faceva osservare cose cui non avevo mai fatto caso. Cose negative che interessavano i pugliesi. Ripensando a certe mie esperienze passate, avevo dovuto concordare su certe caratteristiche negative dei pugliesi. Le considerazioni erano basate su fatti oggettivi. Semplici coincidenze oppure caratteristiche degli abitanti di quelle regioni?

Quando ero in Croazia capitava che fra noi dell’Europa di allora (la CEE era di 12 Paesi) si parlasse dei locali. Mah, i croati non piacevano a nessuno. Non ci piaceva il loro essere sgarbati, grezzi, maleducati, approfittatori, non ci piaceva la lingua e altre cose. Qui nelle Filippine fra noi stranieri si fanno spesso conversazioni sui locali. Ci raccontiamo esperienze, ci chiediamo del motivo per cui non riescano a comportarsi in modo a noi consono e così facendo ci danneggiano. Subiamo i loro ritardi, i mancati pagamenti, le truffe, l’inaffidabilità... Ci sono alcuni che obiettano sul cosa sia il “modo consono” a noi più congeniale. Si parla di cose che universalmente sono conosciute e standardizzate come il tempo. L’orologio è uno strumento comune per misurarlo, e un ora in Germania ha la stessa durata di un ora cambogiana, o italiana o filippina. Anche sui giorni della settimana non dovrebbero esserci discussioni: sono 7 dappertutto. E lasciamo perdere disquisizioni ed elucubrazioni su calendari cinesi, stima visuale del tempo e altre cosette. Se non si è d’accordo su questa piattaforma delle cose basilari non c’è discussione. 

Se non mi consegnano della merce che ho prepagato nel giorno stabilito perchè qualcuno sbaglia a contare i giorni, oppure sbagliano l’orario per motivi simili, mi creano un danno, quantomeno un disagio. Se queste cose avvengono più che sporadicamente ma pressoché su base stabile, allora scatta quel sentimento che ci fa imprecare: “dannati questi, o quelli”. Si potrebbe continuare a lungo su questo tema, sui danni provocati da certa gente a causa della loro incompetenza / disonestà / stupidità. Come nelle costruzioni. Chiunque qui abbia costruito qualcosa ha da mettersi le mani nei capelli quando ripensa alle disavventure. Come in un’ordalia...qui lo standard è questo: devi realizzare qualcosa? Metti in preventivo perdite di tempo, di danaro e salute. Se invece uno vuol farsi la casa in Scandinavia, dovrà altresì prepararsi alle stesse cose oppure può affrontare la questione con maggior serenità? Gli scandinavi, già. Perchè vengono spesso citati come modelli di civiltà e progresso? Sono balle oppure hanno una marcia in più rispetto ai Ghanesi o ai Filippini? E questi ultimi, giusto per citare un esempio attinente ad una categoria di lavoratori, i marittimi, perchè sono considerati inefficienti ed inaffidabili da diverse compagnie di navigazione? Ho letto che sono giunte proteste ufficiali in tal senso, così che le autorità filippine hanno deciso di chiudere per poi riformare le scuole professionali marittime, dovendole adeguare a degli standards che i marinai locali non sono attualmente in grado di rispettare. 

Due Italiani che lavorano nel settore e che ho interpellato sulla questione mi hanno confermato queste cose. Quindi esistono differenze fra i diversi popoli (non potendo più parlare di “razze” per evitare di offendere qualcuno, visto che forse anche etnie non è corretto, spero che “popoli” possa andare bene), ci sono quelli più versati per la tecnologia, le scienze, le arti e via dicendo. Se anche il grado di progresso raggiunto da un popolo può rientrare anch’esso nella piattaforma basilare, è possibile redigere una “scala”, un ordine di quali siano i popoli migliori e peggiori? Forse no, perché dovremmo includere diversi altri parametri quali la percentuale di incidenti, di delitti, di truffe...
Quindi non si puo’ semplificare come in un sistema scolastico, dove chi ha i voti migliori è considerato il più bravo, il più intelligente, insomma il migliore. Il migliore è superiore al peggiore, almeno da un punto di vista, credo sia apodittico. Ma chi ha inventato i voti, i sistemi di attribuzione di questa superiorità? Perchè è stato necessario formare delle graduatorie, invece che promuovere sempre tutti quanti a prescindere dal rendimento scolastico? 

Poi, cos’è questa discriminazione sul lavoro, ovvero la ricerca di figure per certi incarichi in possesso di un alto titolo di studio con corredo di specializzazioni? Gli altri che non hanno le stesse carte, come sono considerati? Semplicemente “non idonei” oppure possono essere definiti inferiori? Io che non ho studiato sentendomi definire tale accetterei di buon grado. Purtroppo non posso competere con chi ha studiato e si è qualificato dimostrando capacità ed intelligenza. Ovviamente non si parla di superiorità assoluta ma relativa, anch’io posso avere qualche caratteristica che mi rende “superiore” rispetto ad un plurilaureato. 

Un giorno parlavo di cose pratiche di campagna con un amico tedesco residente nelle Filippine da molti anni. Concordavamo sull’abilità di qualsiasi filippino, uomo o donna, nell’accendere un banale fuoco. Entrambi avevamo confessato la nostra incapacità a fare altrettanto. Malgrado l’esperienza di aver acceso chissà quanti fuochi per poi arrostire carni e pesci, sia in Sardegna che altrove, qui nelle Filippine non mi è quasi mai riuscito di accendere un bel fuoco che bruciasse bene come sanno fare gli indigeni. Quel tedesco mi diceva che insieme ad altri tedeschi intenzionati a fare barbecue, non riuscivano nemmeno a far prendere le fiamme con spruzzate di benzina. Per quanto sia stata curata la disposizione di carta, esca, pagliuzze, rametti e legni piú grandi, qualcosa nella combustione non funziona, il fuoco tende a spegnersi e per farlo partire bisogna affrettarsi ad aggiungere altra carta, legnetti asciutti.... I filippini sono superiori a noi nelle tecniche di sopravvivenza, conoscono le caratteristiche di ogni pianta, arbusto, foglia. 

Chissà se Bill Gates si è mai dedicato al barbecue...





2013/01/04

Perché sei razzista?

Parliamo di razzismo, che è anche attuale, visti i sentimenti che animano i nostri giovani, e non solo i giovani, negli ultimi tempi, nella vita e nello sport. Nello sport poi non ha senso, è un’incongruenza, il razzismo sta allo sport come il cavolo a merenda, come un goccetto appena alzati, come un cappuccino con panna prima di andare a nanna, ci metterei anche la paura del diverso che sta dilagando un po’ ovunque e che spinge spesso ad atti inconsulti. Vedi quei quattro deficienti di Busto Arsizio colpevoli di cori razzisti nei confronti di alcuni giocatori del Milan nel corso di una partita amichevole con la locale Pro Patria. 

Penso che sarebbe materia più per la psicologia che per la filosofia chiedersi da quale sentimento derivi il razzismo, ma è possibile anche aprire una prospettiva filosofica a riguardo. Mi sembra infatti un atteggiamento abbastanza primordiale, non costruito su basi filosofiche o politiche, al massimo, come purtroppo sappiamo, è accaduto che venisse legalizzato e sfruttato, ma in sé mi pare principalmente istintivo (l'istinto non è sempre bene). 

Secondo una mia riflessione sul piano morale credo che il razzismo sia uno dei tanti modi di anteporre una prospettiva totalitaria, quella di etnia o presunta 'razza' ad esempio, alla dignità dell'altro essere umano che in quanto tale non si lascia ridurre ad un gruppo o, peggio, ad uno stereotipo. Per superare il razzismo occorre sempre valutare prima il singolo uomo che non il gruppo al quale cerchiamo, forzatamente ed arbitrariamente, di ricondurlo inventandoci un’appartenenza.

Questo non significa che le generalizzazioni circa le persone siano sempre inutili e dannose, anzi alle volte sembrano indispensabili, ma dobbiamo riaffermare la priorità dell'altro in quanto uomo libero, nostro pari, ma irriducibile a noi e ai nostri stereotipi proprio in quanto libero. Non bisogna superare il razzismo affermando che siamo tutti uguali, non siamo tutti uguali ma simili. Ogni etnia gode di piccole differenze che la caratterizzano pur facendo parte della stessa razza umana, però occorre capire la diversità irriducibile del prossimo, che si manifesta nella sua libertà. Uguali perchè diversi ed irriducibili l'uno all'altro. 

Sappiamo, perché noi persone di cultura l’abbiamo letto sui testi scolastici, che molteplici  razze umane non esistono, sappiamo che siamo tutti figli della stessa razza anzi per dirla tutta, della stessa specie, l’uomo per l’appunto, qui semmai si dovrebbe parlare di etnie perché il termine “razza” viene utilizzato per identificare le differenze fra le razze di animali domestici, creati dall’uomo. Evidentementente queste spiegazioni non attecchiscono nel pensiero razzista di certi individui che fanno della prevaricazione una condotta di vita. 

Nella sua definizione più semplice infatti, per razzismo si intende la convinzione preconcetta e scientificamente errata (come dimostrato dalla genetica delle popolazioni e da molti altri approcci metodologici), che la specie umana sia suddivisa in "razze" biologicamente distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive, con la conseguente idea che sia possibile determinare una gerarchia di valore secondo cui una particolare e ipotetica "razza" possa essere definita superiore o inferiore a un'altra.

Le radici del razzismo sono antiche ed intrinseche, già nell’antichità vi erano nobili e schiavi, i cristiani venivano perseguitati e massacrati; negli Stati Uniti vi è stato il razzismo coloniale, nel corso del secolo scorso la presunzione di superiorità della razza ariana, proclamata da Hitler, causò lo sterminio di milioni di ebrei da parte dei nazisti; e anche le stragi etniche di molti conflitti, come quelli nella ex Yugoslavia, in Rwanda e Burundi, in Congo e nello Zaire, sono state compiute con motivazioni che convergono nel razzismo. 

Quando si parla di razzismo viene associato, soprattutto, alla discriminazione verso colori di pelle diversi; ciò non è del tutto esatto perché la selezione può riguardare anche il sesso, le differenze religiose, politiche, economiche e di collocazione geografica, e, anche se ci rifiutiamo di ammetterlo, verso gli handicappati o gli anziani, considerati come un peso dalla società moderna. 

Da ciò scaturiscono gli atteggiamenti di intolleranza pressoché quotidiani che si verificano in molte parti del mondo e si concretizzano in vari tipi di violenza, che partono da gesti di scherno e minacce, fino a arrivare all’omicidio , verso coloro che vengono ritenuti diversi e, più di ogni altra cosa, inferiori; infatti il razzismo oltre a riconoscere le differenze, le ingigantisce, con lo scopo di dominare, legittimando così la superiorità di un gruppo nei confronti di un altro.

I corsi e ricorsi storici ci hanno reso chiaro quanto gravi e disastrose possano essere le conseguenze dei pregiudizi razzisti, ma, a dispetto di tutto ciò questi continuano ad sussistere ed a manifestarsi; viviamo in una società piena di gravi problemi, dove la violenza e gli atti criminali sono all’ordine del giorno, la disoccupazione è un fenomeno di grosse proporzioni, dove il valore più importante sembra essere quello del denaro; così è conveniente trovare dei capri espiatori a cui attribuire tutte le responsabilità.

Vi è poi l’abitudine di parlare di questo fenomeno come di un qualcosa che non ci riguarda, sosteniamo che non è giusto ma non facciamo niente di concreto per combatterlo; sono convinto ci sia anche tanta ipocrisia, e che la vera domanda da porsi sia: in fondo in fondo siamo veramente sicuri di essere totalmente tolleranti ed aperti verso chiunque? E’ facile fare proclami o scrivere belle frasi, bisogna vedere come ognuno reagisce in una situazione reale che lo riguarda.

La prima azione da compiere per combattere la discriminazione è cercare di approfondire la conoscescenza di tutte le circostanze storiche ed economiche che l’hanno prodotta, così saremo in grado di combattere le differenziazioni e bisogna anche ricordarsi bene che identificare un’etnia e definirla razza inferiore a un’altra non è un’opinione ma un reato.

Domandiamoci tutti: quali sono i motivi di un’ideologia che ci porta ad sentirci superiori a un altro essere umano? Quali i sistemi di pensiero, le filosofie o le religoni, che stanno dietro tutti questi sentimenti? Quando saremo capaci di trovare le risposte a queste semplici questioni allora avremo risolto un quesito che affligge da migliaia di anni il genere umano senza mai, veramente, trovare una adeguata risposta.


2013/01/03

Election Day


Innanzitutto non si capisce perché in Italia, dove è risaputo si parli e si scriva in italiano, si debba usare un termine nella lingua d’Albione per indicare le prossime elezioni. L’abbiamo sempre chiamato “il giorno delle elezioni” adesso siamo costretti nostro malgrado a chiamarlo “Election Day” in omaggio a una inglesizzazione del nostro idioma ormai, evidentemente, vecchio e fuori moda. Ché, seppur vero che agli italiani le lingue stanno indigeste come il mal di pancia, è altresì vero che in Europa siamo in buona compagnia, almeno in quell’Europa del sud, tutta povera e vicina al collasso finanziario nonché economico formata da Spagna, Portogallo, Albania, Romania e Grecia dove l’Inglese si parlicchia ma insomma con certi accenti da far rabbrividire non solo Shakespeare che di Albione era probabilmente un acculturato ma anche del sommo poeta nostro Dante che della lingua perfetta è sempre stato un fautore. Ordunque torniamo al nostro election day, il giorno delle elezioni. Perché deve essere un giorno che poi sappiamo bene che son sempre due? Già qui ci sarebbe da discutere, non è mai successo nella storia della Repubblica che le elezioni si svolgessero in un mese freddo. Si sa che il freddo non favorisce le persone, i più anziani preferirebbero starsene al calduccio in casa propria invece di andare a porre una croce su alcune schede che tanto si sa, sono sempre voti buttati via, qualunque schieramento si scelga poi fanno quello che vogliono loro alla faccia del popolo sovrano.

Il popolo sovrano, altra grossa balla. La Merkel di teutonica origine ci impose il Mario Monti senatore a vita per interrompere quella che, secondo lei - e la banda dei quattro di cui era ed è rappresentante di spicco - era una condotta politica e finanziaria volta al disastro a opera del nazional popolare Berlusconi, legalmente eletto e voluto dal popolo sovrano, coinvolgendo, e questo è il vero motivo, nella caduta il resto d’Europa perchè l’Italia non è un Paese del terzo mondo ma una delle colonne dell’Europa Unita.
Ma come? Siamo una delle colonne dell’Europa si saranno chiesti gli italiani. E da quando?

Non si è mai notato in passato, quando siamo stati sempre vilipesi, malconsiderati, ignorati, ridicolizzati agli occhi dell’Europa e del mondo. Quando la Merkel e il tappo francese Sarkozy si facevano quattro risate alludendo al nostro Berlusconi, che sarà tappo anche lui pur ricorrendo a a scarpe con ben 4 centimetri di tacco ma quelli se li poteva comprare come un campione del suo Milan con qualche milione, visto che, al confronto dei due poverelli e malmessi politici d’oltre le Alpi, è sempre uno dei più ricchi uomini d’Europa, che dico, del mondo intero. 

Ecco che di colpo diventiamo colonna portante in nome di un’Europa che va salvata. E lì già sorgono altri dubbi, i dubbi di chi standosene fuori dai confini italici nota e ha notato quanta grande fosse la disparità fra i cittadini del sud Europa rispetto a quelli del nord. Noi saremo anche colonne d’Europa ma non entriamo nel consiglio di sicurezza dell’Onu dove entra la Francia per esempio, anzi i Francesi che pure han perso la guerra, la grande guerra come noi, che pure hanno assecondato la Germania pur di cavarsela in qualche modo come noi, come dimenticare il Governo di Vichy altrimenti detta Repubblica di Vichy?

Per chi la storia non la ricorda e per chi fa finta di dimenticarsela ecco che inserisco un paragrafo di storia affinché serva quale monito alle generazioni future. L’Italia e gli uomini che avrebbero dovuto difenderne il nome, non è mai stata capace di difendere con forza e coraggio i propri diritti, e nonostante tutto abbiamo sempre subito la forza e l’arroganza dei nostri vicini. Basterebbe pensare alla Francia ma anche alla Germania che non aveva alcun diritto alla fine della seconda guerra mondiale, eppure abbiamo visto dove sonoarrivati. E la Francia? Abbiamo detto della Repubblica di Vuchy, i sostenitori della legittimità del governo di Vichy affermano che la formazione del nuovo Stato avvenne tramite regolare votazione della Camera e del Senato, mentre i suoi detrattori, in particolar modo i Gaullisti, sottolineano che la votazione avvenne in un momento di notevole disordine pubblico per la Francia e che non fosse conforme ai principi della Repubblica. 

L'11 luglio gli atti del Parlamento conferirono pieni poteri al Maresciallo Pétain con il compito di redigere una nuova Costituzione, che venne scritta e mai promulgata. Di fatto venne decretata la fine della Terza repubblica e dato inizio ad un nuovo ordinamento che prese il nome di Stato francese. Pétain prese il titolo di "Chef de l'Etat" (Capo di Stato), mentre i primi tre capi del governo che si succedettero ebbero il titolo di vicepresidente del consiglio. Pétain instaurò in breve un regime appoggiato da movimenti fascisti, nazionalisti, monarchici ed antisemiti presenti in Francia, facendo leva sul carisma derivatogli dall'immagine di eroe della Grande Guerra. Le camere non furono sciolte, e gli altri partiti non vennero proibiti. Tuttavia il parlamento fu "aggiornato fino a nuovo ordine" e mai più convocato.
Il 24 ottobre 1940 Pétain ufficializzò la sua collaborazione con i tedeschi incontrandosi e stringendo la mano ad Adolf Hitler a Montoire-sur-le-Loir.

Ecco la Francia, quella stessa Francia che alla vigilia dello sbarco in Normandia non condanna l’aggressione tedesca in Marocco ma si limita a poche e convenzionali lettere di protesta, lettere che sollevano i compiti del governo che passa totalmente in mani tedesche. E quando Roosevelt, presidente degli Stati Uniti scrive al Premier britannico “Quando l'America è entrata in guerra, l'unica Francia che conosco stava dalla parte dei tedeschi. “ si capisce perfettamente quanta volontà e desiderio di essere liberati animasse i francesi. Così tanto che sessantasei anni dopo il Premier tappo francese Sarkozy scherza e deride il nostro Capo del Governo Berlusconi insieme alla culona tedesca Merkel erede di quella stessa Germania che aveva invaso e annichilito la Francia 70 anni prima. E sempre il tappo francese si permise di dettare le condizioni all’Italia, supportato dalla culona di cui sopra, dimentico di quello che i crucchi avevano perpetrato ai danni del suo paese. 

Ecco che adesso il popolo italiano si accinge a votare, con paure e indignazioni, con il timore di cadere dalla padella nella brace, con la consapevolezza che, mai come prima, il destino dell’Italia è nelle proprie mani. Quando è caduto il governo Monti con il paventato ritorno sulla scena di Berlusconi molto media hanno confermato quanto già si sapeva: senza una decisa e autorevole agenda europea l'Italia resta un Paese a rischio. Pericolosa per sé e per l'intero continente.

Ecco, le preoccupazioni degli altri, quei compagni di merende degli europei a cui si uniscono gli americani, riguardano non già l’Italia come popolo sovrano in crisi d’identità e di cultura politica, basterebbe pensare ai guai provocati dalla casta dei politici ingordi, riguardano soprattutto gli equilibri mondiali che potrebbero vacillare sotto il peso di un fallimento politico e finanziario del nostro Paese, fallimento che interessa gli altri solo per le ricadute nei confronti di tutto l’establishment finanziario, il gotha della finanza mondiale, l’asse di controllo europa america che crollerebbe insieme al castello di carta creato artificialmente dalle banche, vero pericolo mondiale (altro che le sinistre caro Berlusconi).  

Ecco che non è solo «il ritorno della mummia» come ha titolato a tutta pagina il francese Liberation (si guardassero le loro mummie francesi invece di venirle a cercare nei nostri palazzi, si guardino il caro Hollande che, novello Robin Hood, punisce i ricchi per salvaguardare la faccia ma non premia i poveri che invece soccombono sotto una raffica di aumenti di tutto il tassabile), o «di nuovo bunga bunga» come ha scritto la tedesca Bild Zeitung, a preoccupare. E nemmeno la convinzione che Silvio Berlusconi «sia il simbolo della politica marcia», come ha vergato il Financial Times, e «il peggiore ciarlatano del dopoguerra», come ha ripetuto il Tagespiegel, ad inquietare le cancellerie europee.

È la paura che l'Italia torni come un anno fa, e forse sarebbe anche meglio di adesso, tutto sommato stavamo meglio quando pensavamo di stare peggio. Questi pensano che possiamo tornare a essere un Paese inaffidabile, incapace di mantener fede alle riforme avviate dall’ultimo governo, riforme? Quali riforme? Un paese prigioniero degli interessi personali ed elettorali di chi governa? E quando mai?  

Troppo a lungo come italiani ci eravano abituati a fare i furbi, non rispettando i bilanci e scaricando sulle casse pubbliche la nostra dolce vita, non portando a termine i compiti assegnati e giocando a svalutare la lira o a gonfiare l'inflazione per camuffare la nostra impreparazione ad affrontare strutturalmente i problemi. Fin che questo avveniva, potevano permetterci anche politici arraffoni, inconcludenti, populisti, vergognosamente indaffarati solo a fare i propri interessi, anche giudiziari e patrimoniali, come l'intera disastrosa parabola partitica insegna. 

Purtroppo quanto avviene in Italia, se cade un governo la responsabilità ricade sull'intera Europa, perché noi siamo parte piena dell'Europa, siamo uniti dalla stessa moneta e dagli stessi destini, ne subiamo gli stessi attacchi speculativi e ne beneficiamo degli stessi effetti positivi quando calano i tassi e il costo del denaro. Fare quel che vogliamo, anche distruggere noi stessi (o il futuro dei nostri figli) come abbiamo fatto allegramente negli ultimi trent'anni, ora non ci è più consentito. Perché il danno non lo facciamo solo a noi, ma all'Europa intera. E per questo motivo che l’Europa guarda alle nostre elezioni, per la paura di crollare insieme a noi, e allora poi si che saranno problemi, direi finalmente, problemi per tutti, non solo per l’Italia.

Ecco perché le elezioni fra poche settimane, nel 2013, saranno epocali, come e più di quelle del 1948. Perché si tratterà di decidere se stare dalla parte dell'Europa o contro, se rimanere un grande Paese e una grande economia mondiale o sprofondare nel vuoto.

Su questo si voterà a febbraio. Non si tratterà più di scegliere fra tre schieramenti, destra, sinistra e centro. Non ci sarà più un referendum su chi sta con o contro qualcuno. Sarà una conta su chi pensa che l'Europa sia la soluzione dei nostri problemi, e senza l'Europa non c'è Italia ma anche il contrario di tutto perché l’Europa non è la salvezza nostra, ma solo della Germania, forse della Francia e di pochi eletti Paesi, la salvezza è cambiare il nostro modo di pensare, di vivere, di decidere il meglio e il peggio in tutte le possibili varianti e colori passando dal bianco al nero. Se invece spareremo sull'Europa, non significherà aver perso, forse sarà solo un primo vero passo verso la libertà.

Sarà una campagna elettorale incandescente, dai toni duri e dagli effetti devastanti, dove uscirà il peggio del populismo e del qualunquismo che è stato seminato in questi anni e che ha partorito il dissesto attuale. Sarà una campagna elettorale dove da una parte ci sarà chi sparerà quotidianamente sull'euro, sulla Merkel, sui «burocrati di Bruxelles» e sul rispetto degli impegni presi. Dall'altra chi invece crede che l'Italia non ha futuro se non in Europa, e solo in Europa può contare nel mondo.

Sarà una campagna elettorale che vedrà alleati gli estremismi e gli egoismi della destra illiberale e xenofoba, con gli estremismi della sinistra antisistema, movimentista e giustizialista. La destra dell'Italietta provinciale che pensa solo ai propri miseri tornaconti immediati, unita nello stesso linguaggio e negli stessi obiettivi della sinistra del «no», del «contro», degli slogan dei diritti senza l'impegno dei doveri. Dall'altra parte verso il centro ci saranno i battuti centristi con Casini e Fini fratelli ini di un partitino che non è mai riuscito a combinare nulla se non dimostrare di saper spender bene i soldi dei poveri italiani che hanno assunto il premier dimissionario Monti per tentare di uscire dall’anonimato di un elettorato deluso. Delusi saranno loro e ancora non lo sanno, hai visto mai che gli italiani delusi e mazziati diano credito a chi li ha ridotti peggio di prima? 

È questa la posta in palio nel voto di febbraio. 

Sarà una partita decisiva. Soprattutto per le prossime generazioni.



Lettera a una stronza ergo uno stronzo!

C'è gente che dedica la vita alle persone che soffrono, c'è gente che spende la vita per salvare quella di chi sta peggio di loro... e purtroppo c'è anche gente che non perde occasione per scaricare livore e merda su altri che probabilmente hanno avuto di piú dalla vita, o forse di meno, non saprei e francamente non me ne importa un fico secco.

Ora c'è una persona, e badate che persona è un insulto alla razza umana, all'inizio pensavo che fosse semplicemente una stronza invece pare sia uno stronzo. Poco importante se è maschio o femmina, questa persona mi ha preso in antipatia, qualsiasi cosa scriva, qualsiasi sia il mio pensiero deve, vuole essere migliore di me.
E quel volerlo essere lo esprime attraverso il turpiloquio, le offese, le ingiurie, le accuse, le parolacce.
Come si chiama? Non lo sapevo, adesso lo so ma non ne sono sicuro, ho paura si tratti di un ennesima finzione, un ulteriore imbroglio, ne fossi certo non starei qui a parlarne, avrei sicuramente incaricato i miei avvocati di tutelare il mio nome nonché immagine e credibilità.
Purtroppo non sono sicuro quale sia il vero nome anche se ho molti indizi.

Per certo è una stronza (la persona) con un nome femminile che è anche maschile, una di quelle che s'incontrano una sola volta nella vita, che incoccia la tua strada per caso e poi sempre per caso le strade si dividono e chi la sente più (speriamo presto).

Questa persona io non l'ho mai incontrata, non la conosco, cioè so che faccia abbia perchè qualche ricerca sul web son capace di farla anch'io, pensate che so pure dove abita, quante volte si cambia d'abito, il colore dello spazzolino, quello dei capelli e della pelle ma...

Ma non la conosco.

E chissenefrega.

Cara persona stronza mi hai proprio rotto, posso dirti una cosa confidenziale?

Ma vaffanculo, di cuore!




2013/01/02

Dieci modi per creare un Blog

È eccitante l’idea di creare un nuovo blog vero? Pensate che sia difficile? Assolutamente no, chiunque è in grado di cimentarsi e chiunque ha le necessarie capacità per riuscire, il fine è crearsi una audience di affezzionati lettori, gli stessi che compreranno in seguito i vostri libri. 
Avete deciso di creare un blog? Allora pensate a quello che volete scrivere prima di tutto, di che argomento volete trattare nei vostri post. Tenete anche in considerazione quello che leggete sui blogs degli altri, guardate come sono fatti, come si organizzano. Va bene, non sono tutti perfetti, guardate quelli che più vi ispirano, quelli che scrivono e inseriscono post più frequentemente perché sono sicuramente vincenti. 
Un consiglio: non è, almeno all’inizio, importante la qualità di quello che scrivete, molto più importante sarà la quantità, perchè chi vi segue vuole leggere sempre storie nuove, intriganti o interessanti, coinvolgenti, affascinanti, che incuriosiscano, che proseguano il vostro filo logico e di stile, non interessatevi troppo alla qualità, quella viene col tempo, le storie e lo stile di scrivere miglioreranno man mano che scrivete. 
Siate onesti, a voi interessa arrivare a scrivere un libro. 
Un blog diventa un semplice e economico sistema per migliorare il proprio linguaggio e farsi conoscere. 
Ascoltate anche quello vi dicono gli altri e come scrivere, le esperienze altrui sono sempre importanti nella vita professionale di uno scrittore. 
Voi scrivete e passate attraverso diverse modifiche per rendere il vostro blog il più interessante possibile. Se il vostro scopo è aiutare i vostri lettori a raggiungere una meta nella loro vita, magari di contribuire positivamente alla loro esistenza allora sappiate che dovrete maggiormente impegnarvi, sappiate anche che così facendo non migliorate la vostra. Scrivere un pensiero, trasferire su carta anche se virtuale il vostro pensiero, aiuta sicuramente quelli che ritrovano speranza e esperienza nei vostri scritti, anche se identificano essi come una guida da seguire per il loro cammino. Non ponetevi come guide spirituali, potreste perdere di vista il vostro scopo, non aiuterete loro e non aiuterete voi stessi, perdere la via diventerebbe facile, chi vi segue deve avere ben chiaro fin dall’inizio quale sia il vostro scopo. Cercare di seguire le vostre gesta è sicuramente positivo, quindi dare positività a quello che scrivete aiuterà moltissimi lettori a trovare una loro via, qualsiasi essa potrà essere e voi sarete felici di questo. Non ergetevi a giudici, non siete nella condizione di giudicare le altrui scelte, voi indicate una via, una qualsiasi via, poi saranno i vostri lettori a decidere se seguire la vostra via, il vostro cammino, camminare vitualmente insieme a voi leggendo le vostre storie e gioendo dei vostri scritti. Giorete voi per averli scritti, gioiranno loro per averli letti e saranno sempre loro che compreranno i vostri libri quando smetterete di scrivere il vostro blog. 
Se però lo scopo del vostro blog è quello di aiutarli a raggiungere qualcosa di fantastico allora sappiate che non sarà affatto facile. In questo caso probabilmente il vostro blog sarà perfetto ma voi non avrete raggiunto uno scopo specifico. Quindi decidete prima perchè scrivete un blog, sia che sia per farvi conoscere, sia che sia per aiutare il prossimo dovete averlo chiaro in mente fin dal primo momento, non potete modificare il percorso intrapreso altrimenti confonderete chi vi segue.
In quel caso caricare sempre più post nel vost blog solo per scoprire che solo poche decine di seguaci li hanno letti, potrebbe diventare veramente alienante, scoraggiarvi a tal punto da rinunciare all’esercizio, probabilmente a farvi perdere l’ispirazione. Ci sono diversi modi per scrivere, tutti (o la maggior parte) i vostri messaggi in modo che diventino popolari, e per questo avere la possibilità di essere trovati da persone in cerca di un particolare argomento trattato nei vostri post. 
Con questo esercizio voglio dare la possibilità a tutti di seguire alcune semplice regole per rendere i vostri blogs disponibili per essere letti e soprattutto trovati nel grande mondo del web. È ovvio che si dovrebbe cominciare questo processo creando ottimi articoli, ma non è necessario farlo fin dal primo momento. Se i vostri post sono ben scritti, se i pezzi saranno utili, per chi li leggerà, a comprendere il vostro messaggio allora avrete fornito un servizio a voi stessi e ai vostri lettori e questo dovrebbe essere sufficiente.

1. Condividete i vostri post per renderli popolari 

Iniziate con la barra di navigazione, cercate il pannello nella parte superiore del vostro blog. Andate lì per vedere cosa è e a che serve la barra di navigazione. Fare clic su "Altro". Un menu a discesa vi darà 4 opzioni. È possibile inviare i vostri post via email oppure condividerli su Twitter (con un url in minuscolo), Facebook. Non dimenticate che è possibile condividere un post su Twitter più di una volta. È vitale la condivisione, fatelo più volte al giorno, non sarete noiosi, tutt'altro, i vostri post saranno sicuramente più interessanti di certi “cinguettii” di Twitter o messaggi noiosi di Facebook, copiate il link del vostro nuovo post e condivideteleo, condividetelo e condividetelo. Meglio condividere l'ultimo articolo piuttosto che tutto il blog. Sono le novità che attraggono il lettore, rileggere vecchi post può essere interessante solo se si tratta di vostre emozioni che volete condividere con altri. Siate anche leggermente aggressivi, in Italia a parlar male, senza far nomi mi raccomando, di qualcuno che conta di solito paga, siate vaghi ma non tanto, siate incisivi ma senza scriver nulla di estremamente preciso. Vedrete aumentare considerevolmente le visite, a me di solito funziona benissimo.

2. Utilizzate i social media per creare un post popolare nel vostro blog 
Se siete un membro di Blogflux, accedete al vostro acconto e utilizzare uno dei vostri crediti per aggiungere un nuovo titolo. Questa è una caratteristica molto apprezzabile di Blogflux. Troppe persone si uniscono e si limitano a visualizzare i link del blog sulle loro pagine. Non esiste solo Blogflux, anche BlogItalia. Questo sito oltre a dare visibilità al vostro blog consente di iscriverlo a una speciale classifica, più visote avrete maggiori possibilità di visuzlizzazioni ci saranno, perché è risaputo che un blog che sale in classifica riceve più visite man mano che scala la classifica.

3. Utilizzare directory blog per creare un post popolare blog

Assicurarsi che il vostro blog è stato presentato a categorie pertinenti sui vari elenchi dei blogs. Qualsiasi collegamento è di vitale importanza per ottenere la maggiore visibilità per il vostro blog. Ricordatevi che l’essere presente su elenchi online viene spesso visto come un indice di qualità sul web (che porta a più punti di vista, quindi piú visite). Inoltre, su questi elenchi, che utilizzano spesso atom/rss, tutti i nuovi post vengono automaticamente aggiornati senza il vostro internvento, buono no?

I più comuni elenchi di blogs in Italia sono:
http://www.Blogger.com
http://www.BlogItalia.it
http://googleblog.blogspot.it/
http://www.BlogFlux.com

4. Iscrivere il proprio blog su elenchi online contribuisce a creare un blog popolare 

Se avete aderito per esempio a E-zine, sarebbe una buona idea scrivere un riassunto del vostro post e presentare questo come un articolo su questo sito di alta levatura. (Questo deve essere un post diverso, un articolo più breve sullo stesso argomento - non solo una copia del post che volete evidenziare o condividere, giusto per creare un doppione, cercate di essere intraprendente, scritti perfettamente uguali non attirano i lettori). E-zine consente due collegamenti su ogni articolo che inviate. Utilizzate questa opportunità per condividere il vostro nuovo post.

5. Utilizzate testi come links corretti per i post più popolari del vostro blog 

Se un post è diventato più popolare rispetto a altri, significa che interessa maggiormente i lettori, allora evidenziatelo e condividetelo più spesso, assicuratevi che lo si sta collegando con una parola adatta – inserire solo 'clicca qui' è banale, non pensiate sia automatico, cercate termini che possano incuriosire, anche se il significato è intrigante, spesso questo aiuta a avere il meritato successo. Per esempio, se voglio costruire la reputazione di un sito che tratta di poesie, è molto meglio per me scrivere 'Visita il mio blog di poesie” piuttosto che scrivere semplicemente “Clicca qui” in questo modo fornisco già una guida, un’immagine e il lettore si incuriosisce e va a leggere il vostro sito.

6. Utilizzate i servizi offerti sul web per rendere popolari i vostri post

Fate in modo che i vostri articoli siano letti dai  tutti i nuovi arrivati non appena caricano la pagina, inserire un riferimento al vostro blog o all’ultimo post è importante, significa aumentare drasticamente le visite. Badate bene che non è il numero delle visite casuali che rende interessante un blog, ma le visite di chi sa apprezzarne i contenuti, quegli stessi che copieranno il link del vostro blog e lo condivideranno su facebook o twitter ma anche sui loro siti, o forums, o boards affinché altri possano apprezzarne i contenuti. La tecnica è la stessa utilizzata quando si vuole propagandare un nuovo libro, in genere funziona meglio il passaparola della pubblicità. 
Ci sono poi diversi siti dedicati ai blogs dove vengono offerti dei servizi di distribuzione del link relativo al vostro blog, sfruttateli tutti, l’importante è farsi conoscere.

7. Segnalate il vostro blog ai motori di ricerca per assicurarvi che il traffico confluisca verso di esso

Alla fine per il vostro blog - o addirittura, per qualsiasi articolo da indicizzare sul web - è fondamentale inviare il vostro sito ai motori di ricerca di grandi dimensioni come Google, Bing e Yahoo. Avete solo bisogno di inviare la vostra homepage a Google o Bing o entrambi. Yahoo vi incoraggia a presentare le singole pagine o articoli, in modo da fare pieno uso di queste.


8. Ricordatevi che Yahoo Answers può portare traffico verso i vostri nuovi articoli.
Se avete tempo, entrate in Yahoo Answers e provate a rispondere alle domande. È permesso un collegamento per ogni domanda a cui si risponde.

9. Aggiungete Google Webmaster Tools al blog e vedere i dettagli dei vostrii post diventare più evidenti.

10. Incoraggiate i vostri amici a condividere i vostri articoli ai loro siti preferiti di social networking. 

Posso consigliare Facebook per un grande afflusso di visite. Tuttavia, tenete presente che i visitatori di questo sito visitano una pagina e non rimangono così a lungo. Li dovete incuriosire, attirare cercando di creare soggetti che siano attinenti con le discussioni sul social network del momento. Lo so che sembra difficile ma non è impossibile, se riescono altri potete farcela anche voi. Fate sempre attenzione a non spammare, se insistete potreste essere considerati come spammers, mostrarsi va bene ma con discrezione e se verificate che da quel sito non ci sono riscontri importanti, lasciate perdere, cambiate sito, insistere potrebbe solo creare malumori e polemiche!