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2013/03/28

Occhio alle truffe (2)

Sempre la stessa storia


Un parente di mia moglie che vive in Canada le ha inviato una e-mail contenente un link a un sito con un articolo su una mamma di Spokane negli USA che fa migliaia di dollari al mese utilizzando il suo computer. 


All'inizio non c'è nessun indizio che faccia pensare a una truffa all'orizzonte. Poi, se cadete nel tranello ve ne accorgete da soli, meno male che il grande mondo del web vi mette sull'avviso.

Ho scaricato l'immagine della mamma di Spokane a nome Melissa Johnson dal sito e ho cercato utilizzando Google.

Et voila, tanti nomi una sola immagine: 






Eppoi notate i siti!! Danno l'apparenza si tratti di siti di notizie. Un paio di loro un po' onestamente visualizzano l'inserzione sotto la voce "Pubblicità" o "Redazionale" in alto, ma non è così evidente. Non si presenta come Kathy, o chiunque altro, non ha intenzione di fare migliaia di dollari con il suo computer, non lei certamente, gli ideatori della truffa invece si. E i polli da spennare sarete voi!





Questa truffa ha iniziato a circolare sul web da un paio d'anni e si ripete con regolarita' perche' i polli non mancano mai, in tempi di crisi poi....

All'apparenza sembra essere una notizia. Si paga un po', e sono tanti che lo fanno, con l'idea di guadagnare soldi, qualcuno pensa anche che potrebbe diventare ricco, s'immagina (se sei stato tu a fare gli annunci falsi), alla fine rimarrete con un bel pugno di mosche in mano e il conto svuotato di 80 euro (grossomodo).

Fate attenzione, i truffatori sono molto furbi e non si fermano davanti a nulla!

2013/03/24

Muscoli e Palle: i Marò




In questi giorni che lo sdegno sale per la decisione del governo italiano di ‘restituire’ Latorre e Girone fucilieri del battaglione San Marco agli indiani ho letto di tutto e di più riguardo questa triste vicenda dai colori e odori forti.
Odori perchè, e non accusatemi di razzismo perchè io non sono razzista, tutta questa storia puzza tremendamente, sia da parte indiana che italiana. Colori per via delle solite figure di m... che notoriamente sappiamo sia marrone e delle facce sbiancate di sorpresa, arrossate di rabbia, annerite dall’odio e verdi causa un riversamento di bile dalla vergogna che stanno provando tutti gli italiani che ascoltano le notizie o le leggono direttamente sui giornali al proposito. 

Il titolo sembra offensivo, non lo è, infatti non si riferisce ai nostri soldati ingiustamente detenuti dagli indiani ma a questa Italia che ci delude. I muscoli sono quelli che la settima potenza del mondo, almeno stando al G7, avrebbe dovuto mostrare e le palle sono quelle dei governanti che evidentemente mancano. Se i due soldati sono in questa situazione lo devono anche a una devastante serie di errori compiuta da chi ne doveva sapere abbastanza per risolvere positivamente la questione, e invece...

Ho avuto modo, solo per un paio di giorni, di entrare a leggere la pagina delle ‘Famiglie dei Marò’ nata spontaneamente su Facebook. Solo per un paio di giorni poiché non appena ho spiegato che i due fucilieri non stavano li per difendere la patria mi hanno bannato.
Sorrido naturalmente, tutto il mondo è paese, mi si dirà e gli italiani non sfuggono alla regola. È pure vero che l’informazione puntuale non fa parte delle nostre abitudini, si usa internet per giocarci, per ricevere le email, per leggerle o scriverle molto raramente, per leggere i siti di gossip, per guardarci le immagini porno e magari anche i film in streaming da scaricare rigorosamente illegalmente, per scrivere sulle chat, sui forum o nei blog, per rispondere agli articoli dei giornalisti, per scrivere qualsiasi cosa passi per la mente purché sia senza senso e potrei continuare un’altra mezzora a riportare tutte le ragioni per cui un italiano usa internet meno che: documentarsi! 

E sì, perché l’italico abitante non si documenta, spara quello che gli passa per la testa, lo copia e incolla sulla prima pagina di internet che gli viene a tiro, meglio se su ‘feisbuk’ se l’ha a tiro per farsi bello con gli amici o solo per sentirsi importante. 

E invece?  

E invece le chiacchiere stanno a zero e la storia molto diversa da quella che una parte dei cittadini italici vorrebbero credere, sperano che sia così mentre invece non lo è affatto.
Innanzitutto analizziamo l’argomento partendo dalle origini, lontane origini.
La nave su cui erano imbarcati i fucilieri della Brigata San Marco, comunemente Marò, fanno parte di unità specializzate denominate Nuclei Militari di Protezione (NMP) che possono utilizzare militari provenienti anche da altre armi, non solo la Marina dunque. I NMP sono stati istituiti atteverso l’applicazione dell’articolo 5 del d.l. n. 107 del 12 luglio 2011, e successiviamente convertito in legge il 2 agosto 2011 n. 130. Dal 1º marzo 2013 sono passati a far parte del 2º Reggimento "San Marco" della Brigata San Marco pur appartenendo a forze armate italiane differenti. È previsto l'imbarco su navi mercantili e passeggeri italiane negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria, va detto comunque che le navi commerciali e passeggeri possono avvalersi anche di personale non militare, anzi potrebbero se la legge desse loro questa opzione, purtroppo prevista la variante ma mai inserita nel testo della legge e, questo, ci pone in una condizione paradossale che spiegherò in seguito.
Al comandante di ciascun NMP ed al personale da esso dipendente sono attribuite, rispettivamente, le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria e di agente di polizia giudiziaria riguardo ai reati sulla pirateria previsti dagli articoli 1135 e 1136 del Codice della navigazione. Gli NPM vengono imbarcati secondo un rigido protocollo su alcune delle navi mercantili italiane che incrociano le acque dell’Oceano Indiano, con il preciso compito di proteggere beni e persone dall’assalto dei pirati dei mari. Non rispondono né all’armatore né al comandante della nave che li imbarca, tanto vero che per farli salire a bordo l’armatore deve firmare un contratto che li manleva da qualsiasi responsabilità assicurativa. Sono sotto il comando del CINCNAV (Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare Italiana) e agiscono in forza di precise regole d’ingaggio e sono perseguibili solo ai sensi del codice militare penale in tempo di guerra.

A questo punto gli armatori provvedono a pagare i corrispondenti oneri, allo Stato Italiano.
E siccome si tratta di un servizio a pagamento il servizio offerto non rientra più nella cosiddetta “difesa della patria”. I due fucilieri sono si servitori dello Stato Italiano ma assoldati a pagamento dall’armatore della petroliera Enrica Lexie (in questo caso) e pertanto considerati, sotto un sottile punto di vista che provocherà polemiche a non finire, mercenari o contractors come vengono chiamati oggi per addolcire la pillola.




Prima di analizzare la risposta, anzi le risposte delle due nazioni coinvolte, vorrei inserire una breve descrizione dell’episodio con alcune considerazioni.  Mi si conceda altresì un certa liceità del termine breve, non posso certo limitarmi a due righe, la questione rappresenta uno degli episodi più bui nella storia del nostro Paese, bui per via dell’impreparazione a risolvere le crisi e pertanto pericolosi per l’eventuale ritorno che queste potrebbero avere nei confronti del popolo ‘sovrano’ italiano (della serie ‘ma in che mani siamo capitati’?).

La notte del 15 Febbraio 2012 il nucleo antipirateria, comandato dal capo di prima classe Latorre, ha appena respinto, in acque internazionali, un presunto attacco dei pirati alla petroliera Enrica Lexie sparando colpi di avvertimento in acqua, secondo il rapporto scritto a caldo. A terra la Guardia costiera indiana viene informata che due pescatori sono stati uccisi. Il proprietario del peschereccio sostiene che gli spari sono arrivati da una nave mercantile. Il comandante della Guardia costiera dell’India occidentale, Basra si inventa “una tattica ingegnosa”, come lui stesso ammetterà qualche giorno dopo. Ovvero lancia un’esca sperando che qualcuno finisca in trappola. “Eravamo nel buio più completo riguardo a chi avesse potuto sparare ai pescatori. Grazie ai sistemi radar abbiamo localizzato quattro navi che si trovavano in un raggio fra 40 e 60 miglia nautiche dal luogo dell’incidente” ha spiegato l’alto ufficiale. Gli indiani chiedono via radio se qualcuno “avesse respinto per caso un attacco dei pirati. Solo gli italiani rispondono positivamente”. 

(Grosso errore, negare, negare e sempre negare, come fanno gli americani che poi ammettono, sempre, ma solo quando sono al sicuro e irraggiungibili). 

Quello che Basra non dice è l’inganno comunicato via radio: “Tornate in porto per riconoscere i pirati” che sembrava fossero stati catturati o individuati.

James, il primo ufficiale di coperta indiano della petroliera, conferma: “Eravamo in acque internazionali, ma quando uno Stato costiero chiede assistenza per un’indagine è nostro dovere obbedire. Non solo: ci avevano promesso che non avremmo subito ritardi”. Da terra gli indiani mentono spudoratamente chiudendo la trappola. Il comandante, Umberto Vitelli, deve, per qualsiasi inversione di rotta, segnalarla all’armatore e al charter che affitta la nave. La petroliera è dei Fratelli D’Amato di Napoli, la stessa società che per 11 mesi si è vista sequestrare la nave Savina Caylin, con cinque ufficiali italiani a bordo, dai pirati somali. Secondo più fonti che si sono occupate a lungo del Savina, dalla società armatrice arriva il via libera per tornare a Kochi.

I marò informano il proprio comando e la Marina contatta la Farnesina. Il ministero degli Esteri chiama l’armatore per chiedere cosa stia accadendo. Dall’altra parte del telefono viene garantito che è solo un controllo di routine. La Marina, però, monitorizza la situazione e nota che i media indiani già lanciano notizie di una nave italiana individuata per la morte dei pescatori. La Difesa vuole che la nave tiri dritto, ma è già troppo tardi. La petroliera è entrata nelle acque territoriali indiane. Il sistema si mette in allarme dalle 17:45 ora italiana, ma un elicottero e due motovedette indiani hanno intercettato la petroliera per scortarla in porto. La nave è già alla fonda quando si annusa il pericolo, anche se non risulta ancora chiaro l’inganno.

In serata nella rada di Kochi, il capitano chiede agli indiani: “Facciamo presto che domani dobbiamo ripartire”. A quel punto le autorità locali scoprono le carte e gli ordinano di non muoversi. La trappola si chiude e per i marò il destino del carcere è segnato. La Farnesina sostiene di non aver mai chiesto, né autorizzato il comandante della nave a attraccare a Kochi, né a entrare nelle acque territoriali indiane. L’ex sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica, vuol chiedere una commissione d’inchiesta sul caso, quando i marò rientreranno a casa.

Un altro aspetto sono i particolari rapporti di Luigi D’Amato, l’armatore della petroliera, con l’India. La società riceve commesse legate al trasporto del greggio e le sue navi fanno spesso scalo in India. Se la Lexie avesse tirato dritto, le altre unità della compagnia sarebbero state vessate in tutti i modi dai controlli nei porti indiani. Non solo: a bordo della Lexie c'erano 18 marittimi di nazionalità indiana, come erano indiani i 17 membri dell’equipaggio del Savina finito nelle mani dei pirati. Una delle sei sedi della «V. Ships India management», che recluta i marittimi indiani per l’armatore di Napoli, guarda caso è proprio a Kochi, dove ha avuto inizio la disavventura dei marò.

Sono quindi andato a leggermi (in inglese) le dichiarazioni del comandante del peschereccio indiano che ha affermato di essere rimasto sottoposto al fuoco delle armi per oltre due minuti. Qui mi concedo un dato tecnico: se un’arma da sola spara con una celerità di tiro di circa 600 colpi al minuto, è un miracolo che siano morti solo due pescatori su undici. I fucilieri italiani disponevano infatti di diverse armi, quelle utilizzate erano i mitragliatori Beretta AR 70/90, vedete sotto l’immagine, le caratteristiche tecniche di tale fucile (vecchio e di imminente sostituzione con l’ARX 160 sempre Beretta) dicono che sia in grado di sparare 670 colpi/min ma con un caricatore da 30 colpi rimane un mistero come avrebbero potuto sparare per due minuti di fila ben 1340 colpi ciascuno, leggo anche che il tiro utile sia entro 150 e 350 m e il calibro 5,54 NATO, poco più di quello di una scacciacani. 




La Marina Militare sostenne, e non ha modificato il proprio atteggiamento, di aver applicato correttamente le regole d’ingaggio, per cui mi pongo tre domande fondamentali prima di poter parlare di corretta applicazione delle regole d’ingaggio:

La prima è sulla formazione dei militari impiegati in materia di pirateria marittima e tecniche di contro pirateria. Il non aver distinto un dhow da pesca (la tipica imbarcazione da pesca nell’Oceano Indiano) da uno skiff (la minuscola imbarcazione veloce usata dai pirati somali per attaccare le navi mercantili) è stato un errore piuttosto grossolano. Che si siano poi difesi sostenendo di aver usato le armi da fuoco perché sull’imbarcazione da pesca erano presenti delle armi, non è un esimente. È noto a tutti che i pescatori nell’oceano indiano portano con sé armi proprio per difendersi dai pirati, perché se vengono rapiti vengono trattati come schiavi per condurre e manutenere le navi madri con cui solcano l’oceano.

La seconda riguarda la conoscenza da parte dei militari delle tecniche d’assalto usate dai pirati e delle conseguenti misure di difesa da intraprendere in funzione della reale minaccia. Le Best Management Practise (BMP) cioè le regole scritte dall’IMO l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sicurezza in mare, per esempio, consigliano al comandante di manovrare la nave iniziando una sorta di zig-zag che rende difficile l’avvicinamento ai bordi. Se ciò fosse stato fatto prima di usare la forza letale si sarebbe potuto comprendere la vera natura dell’imbarcazione che si aveva di fronte.

La terza domanda si rivolge all’accesso delle informazioni che devono essere costantemente a disposizione dei militari o del personale di sicurezza imbarcato. Ogni giorno il mondo dei professionisti della sicurezza marittima legge elabora e produce decine di intelligence report con il preciso compito di tenere aggiornati armatori e imprese di sicurezza sull’andamento della situazione nelle acque ad alto rischio e nelle zone di guerra, sulla posizione delle cosiddette navi madre e sui principali eventi accaduti in modo da effettuare delle previsioni statistiche basate su calcoli probabilistici tali da permettere di minimizzare i rischi e gli errori.

Le regole d’ingaggio sono probabilmente state applicate in maniera corretta ma il contesto era quello sbagliato.
Per ciò che è avvenuto pertanto non mi sento di assolvere, nell’ordine, né il legislatore, né il Comando della Marina Militare né i militari del NPM imbarcati. Il legislatore è colpevole di aver cercato e trovato una via di comodo alle giuste pressioni dell’armamento italiano che a mezzo di Confitarma reclamavano una norma che consentisse loro di proteggere gli interessi economici della categoria (e anche i nostri come consumatori) in una regione del pianeta da tempo instabile. Economici, non patriottici, ricordatevelo bene. La scelta d’imbarcare personale militare è discutibile sia dal punto di vista tattico che strategico. 

Tattico perché chi è imbarcato è addestrato a fare la guerra (e costa alla collettività oltre un milione di euro all’anno per la sua formazione in tal senso) ma non è preparato e istruito per compiti di prevenzione di un fenomeno criminale come la pirateria marittima.

Strategico perché, se da un lato abbiamo ora un problema diplomatico in più con l’India, dall’altro non possiamo rischiare di radicalizzare la lotta alla pirateria marittima trasformandola da una questione tra privati in una lotta tra lo Stato italiano e poco meno di 2.000 criminali somali.

Lo Stato Maggiore della Difesa e in particolare la Marina Militare sono colpevoli di aver spinto e appoggiato da subito la soluzione militare ostacolando in tutte le maniere quella privata. Anche, si sospetta per trarne giovamento in termini finanziari. Una cosa è avere unità navali sul teatro d’interesse e un’altra è avere soldati a bordo di un mercantile. 

L’NPM è infine colpevole perché ha tirato il grilletto e ha drammaticamente sbagliato. Non nella mira, s’intende, ma nella decisione da prendere, nel comprendere la situazione, nel valutare che di fronte a sé non aveva una minaccia ma semplicemente una imbarcazione da pesca e questo anche se ancora non è stato appurato il motivo per cui il dhow fosse li, a quell’ora di notte, in prossimità di una nave commerciale e per di più con una rotta di collisione apparente con essa. 

Da parte dei pescatori indiani la colpa è di non aver visto una nave grande come l’Enrica Lexie. Perdonabile? Non credo proprio. La professionalità infatti non sta nel saper centrare un bersaglio a mille metri, ma nel saper decidere quando è il momento di sparare. 

La vicenda dei Marò è uno spettacolo che dimostra l’incapacità politica del governo nel gestire una situazione di crisi. Gestita senza alcuna preparazione, prima si è verificato un errore a monte, quando è stata consentita la presenza dei fucilieri nelle navi occorreva cambiare le regole di ingaggio. In una situazione di crisi il controllo doveva passare ai militari e non rimanere sugli armatori. 

Dopo questo si sono commessi altri errori e la diplomazia italiana ha completamente travisato la pericolosità dell’evento. Non solo, anche il governo indiano ha violato diverse norme e accordi internazionali e da quel momento bisognava cercare l’appoggio dell’Onu e dell’Unione europea, ma si sono saltati tutti i passaggi. Come sappiamo l’episodio è accaduto in acque internazionali, lo ha riconosciuto anche l’Alta corte indiana, era quindi competenza della magistratura italiana stabilire se si trattasse di un incidente o di un reato. Non della magistratura indiana e comunque i reati militari non sono gestibili dalla magistratura ordinaria, nemmeno se compiuti in uno Stato estero, ricordatevi dell’incidente occorso alla funivia del Cermis. In quel caso pur rinconoscendo l’errore del pilota, gli Stati Uniti si sono ben guardati da consegnare i due piloti sull’A10 rivendicando, con ragione, il diritto di processare e condannare in patria i responsabili. Come doveva essere anche per il caso dei fucilieri mentre sappiamo non è andata così. 

Anche l’episodio di limitazione della libertà di espatrio nei confronti dell’Ambasciatore Mancini è frutto di incapacità anche nostra, maggiore da parte dell’India, completamente illegittimo. L’India ha commesso una serie di atti non in linea  con i patti internazionali ai quali anche l’Italia non ha risposto adeguatamente, anzi, ha confuso ulteriormente le acque. 

Parlo della decisione di non rispettare un accordo sottoscritto dal proprio Ambasciatore e pertanto, proprio perchè l’Ambasciatore rappresenta lo Stato Italiano, era lo Stato Italiano che non rispettava i patti e andrebbe potuto essere perfino sanzionato se l’India, incapace anch’essa di gestire la crisi con raziocinio, avesse denunciato l’episodio e la violazione alle competenti autorità all’ONU. 

Vorrei ricordare che esiste anche un accordo bilaterale tra l’India e l’Italia il quale stabilisce che le condanne devono essere scontate nei Paesi dei condannati, quindi, nel caso dei Marò l’Italia. Non si capisce la ratio di tutto questo. La vicenda è stata gestita in solitudine quasi di nascosto, sembrava ci si vergognasse di aver subito tale affronto e non essere capaci di risolverlo secondo le regole diplomatiche e gli accordi, tutto questo ha portato la diplomazia italiana al totale imbarazzo.

Mentre il caso dei marò va avanti e i leader decidono quale politica adottare, fonti all’interno della Marina militare italiana confermano che molti ufficiali hanno deciso di prendere malattie, permessi e ferie pur di non salire sulle navi attive in operazioni anti-pirateria. La garanzia di “scampare la condanna a morte” non rappresenta certo un sollievo.

Come corollario di questo articolo vorrei ricordare che l'Italia non è sempre stata gracilina e malata. C'è stato un tempo in cui mostravamo di avere i muscoli, le palle e anche il cervello che adesso, pare, manchi a chi ci rappresenta in Parlamento.

L'episodio viene ricordato come "Il volo su Vienna" fu compiuto il 9 agosto del 1918 da 9 Ansaldo S.V.A. dell'87ª Squadriglia Aeroplani, detta la Serenissima. Il Maggiore Gabriele d'Annunzio, era il comandante della Squadra Aerea San Marco che compì l'impresa.

Il volo era stato progettato dallo stesso D'Annunzio, più di un anno prima.

Una bella dimostrazione di "muscoli" e di "palle" da cui i nostri politici, qualche volta, dovrebbero trarre una lezione.


2013/03/22

Pericolo Offerte di Lavoro - Danger Jobs Scam


PERICOLO OFFERTA DI LAVORO TRUFFA
L’idea di questo articolo nasce da una lettera che un amico ha ricevuto qualche mese fa prima delle festività natalizie. Il motivo dell’articolo non può che essere evidente, sono troppe le offerte di lavoro che ci arrivano per email che si rivelano essere delle vere e proprie truffe. Il fine, sappiatelo, è sempre lo stesso: intascare illecitamente denaro, piccoli importi, mai oltre ai duecento euro, raramente e per casi eclatanti si arriva a trecento. Immaginate quei trecento per il centinaio di allocchi che abboccano e potete capire quanto conti questo fenomeno per chi organizza le truffe. Poi il truffato raramente ammette, spesso per vergogna, di esser stato truffato e il gioco continua. Immaginate quanti sono quelli che cadono nel tranello, a volte anche subdolo perché l’offerta arriva a chi un lavoro non l’ha e magari lo cerca disperatamente da mesi, e sono molti quelli che sono disposti anche a pagare piccoli importi pur di averne uno e poter continuare a sperare, perché lavoro significa sopravvivere. Che saranno mai duecento euro si dicono in molti, se questo rappresenta uno stipendio fisso di mille, duemila e più euro al mese? E qui il gioco perverso, duecento euro a persona, considerando quanti sono quelli che ingenuamente ci cascano fanno molte miglia di euro al mese che sono illegamente incassati dal truffatore di turno, organizzazione o illusionista che sia.

Veniamo dunque alla lettera del mio amico che è in inglese, a una prima lettura sembrava ben fatta, così bene che quando lui me la inviò per un commento gli dissi di accettare al volo l’offerta, sembrava veramente una grande occasione. Subito dopo, rileggendola, sorse un dubbio, parti del testo erano scritte in rosso, molto strano per una lettera di lavoro, sembrava quasi volessero attirare l’attenzione su specifici paragrafi, alcuni innocenti istruzioni generiche un altro, e solo quello, per evidenziare che, se si voleva accedere all’offerta di lavoro, bisognava pagare. Controllando meglio scoprii che il logo del proponente sembrava realizzato con un semplice copia e incolla e nemmeno di buona qualità. Insomma una struttura professionale che non possiede carta da lettera intestata in forma elettronica? Scorrendo il testo, ripeto molto ben concepito da sembrare realistico, scopro che si richiedono anticipazioni in denaro per ottenere il NERF (mai sentito prima) che il proponente (apparentemente a nome di un noto hotel londinese a cinque stelle) giustifica come un codice di registrazione per nuovi assunti. Tutta la lettera ruota attorno a questo “fee” (tassa) che riassume in poche parole, anzi in una sola, tutta la ‘fatica’ della lettera stessa. Tu paghi io godo e ti fotto.

Evidente che non c’era alcuna offerta di questo albergo (uno dei migliori della capitale inglese). Per essere certo ho inviato la lettera all’ufficio personale ricevendo un adeguato e gentile messaggio di risposta che sostanzialmente negava ogni coinvolgimento, lo sapevo, volevo solo una conferma.

GUARDATEVI DALLE OFFERTE DI LAVORO TRUFFA



L’attuale condizione del mercato del lavoro in Italia non sta certamente aiutando coloro che hanno la necessità di trovare un’occupazione seria e rapidamente, il problema riguarda anche la cattiva gestione imprenditoriale del mondo del lavoro, lo sfruttamento attuato e la politica inacettabile degli stipendi troppo bassi rispetto al resto d’Europa, quasi da terzomondo nel quale l’Italia viene ormai collocata, a livello della peggiore repubblica delle banane. In queste condizioni di precarietà diffusa molte persone finiscono per cadere nel tranello delle offerte di lavoro allettanti solo all’apparenza, nella realtà inesistenti, un vero incubo. Una quantità di falsi annunci di lavoro che sta aumentando in maniera preoccupante. Tutti ne parlano, su molti forum compaiono storie che raccontano di offerte di lavoro rivelatesi ingannevoli o truffaldine, evidentemente false a partire dallo stesso annuncio che seppur ben congeniato dovrebbe essere chiaro fin da subito a chi lo riceve. Eppure...

Eppure abboccano ancora in molti, troppi.

Dobbiamo chiederci per quale motivo questo genere di offerte trovino tanto spazio sul web per quale motivo continuano a proliferare questi annunci truffa capaci di raggirare la gente con evidenti necessità di lavorare, magari da casa o sul web. Proprio il web offre molte possibilità, tuttavia non bisogna dimenticarsi che la mancanza del contatto fisico fra chi offre il lavoro e chi ha il lavoro porta a questo tipo di situazioni in quanto non esiste un contatto fisico fra chi offre e chi riceve. Una volta si veniva chiamati dalla società che offriva il posto di lavoro, ci si rendeva conto della reale (ma anche apparente) consistenza del proponente, e poi si effettuavano delle scelte.


Oggi invece succede che si viene contattati per telefono o email, per via elettronica ti arriva tutto, l’offerta, il contratto, il biglietto aereo o del treno, il visto sul passaporto. Alla fine rischi di non incontrare mai il tuo datore di lavoro se questo risiede in un paese diverso da quello dove andrai a lavorare.

Non si può più accettare o prendere per buono tutto uello che si riceve, servono accorgimenti per identificare con certezza gli annunci farlocchi, truffaldini, che si presentano bene, con titoli accattivanti e nascondono lavori malpagati quando c’è un lavoro.

Se pensate che l'offerta che avete ricevuto sia falsa, una truffa, piuttosto che rimanere nel dubbio, inviatela all'azienda a cui si riferisce, in genere rispondono subito per informarvi della grande sfortuna in cui incorsi. Esiste un sito del consolato onorario in Cameroun che smaschera le offerte di lavoro che provengono dall'area africana, questo il link: Ambasciata Italia Cameroun
Verificate anche li se la vostra offerta rientra fra quelle truffaldine, farlocche! 
Altri links utili:
Servizio antibufala
Scam warners 
 

Ecco allora qualche suggerimento pratico per stabilire la veridicità o meno di annunci ed offerte.

In Italia o comunque nel vostro Paese di residenza

Diffidate delle aziende che non indicano ragione sociale e IVA: denotano scarsa serietà e non vi offrono la possibilità di effettuare ricerche online, nel Registro Imprese della Camera di Commercio sul sito dell’Agenzia dell’Entrate. Inoltre, attraverso la chiave di ricerca “nome azienda + truffa” potete verificare se la società in questione abbia già un passato di dispensatrice di fregature.

Falsi annunci e false promesse.

Le offerte a nome di aziende che chiedono contributi economici o rimborsi a priori probabilmente non hanno intenzione di offrirvi un lavoro (è la ditta che offre e paga, non viceversa).
Non acquistate alcun kit di prodotti dimostrativi ”indispensabili” per avviare l’attività richiesta.
Diffidate da coloro che vi chiedono di compilare form generici con dati personali, indirizzi email e recapiti telefonici, con la promessa che verrete ricontattati. Spesso si tratta solamente di catene di Sant’Antonio, Multilevel o cose simili.

Le realtà affidabili non nascondono nulla e descrivono da subito in cosa consiste il lavoro presentato, quali sono i requisiti e il probabile compenso anche se, come nel caso del mio amico era proprio perfetta, c’era tutto, anche lo stipendio, peccato che fosse una truffa. In genere le aziende serie pubblicano i loro annunci su portali di reclutamento a pagamento per loro o si affidano a agenzie anche queste serie o che hanno dimostrato di esserlo.

Le aziende serie vi fanno leggere e firmare un contratto prima di iniziare qualsiasi sorta di attività.
Diffidate di chi vi promette guadagni facili e vi rimanda a siti colmi di informazioni sul “lavoro da casa”.
Può capitare che qualche azienda si faccia pagare per corsi o training di avviamento al lavoro. E’ molto raro, ma in questa eventualità il costo verrebbe detratto dal primo stipendio e non dovreste essere voi ad anticipare dei soldi. Una società che vi offre un’occupazione (in ufficio o da casa), certamente vorrà prima vedere il vostro curriculum vitae e le vostre referenze, oppure un portfolio con alcuni esempi dei vostri lavori passati.

Assolutamente non inviate mai alcun pagamento o rimborso in denaro a priori. Mai!

E se avete avuto esperienze di lavoro negative oppure conoscete altri accorgimenti da adottare in situazioni simili, raccontate la vistra esperienza su facebook, sul blog, in tutti i siti che parlano di offerte di lavoro false, truffaldine. Aiutate la vostra coscienza e voi stessi a metabolizzare la fregatura subita.

Un esempio fra tanti:

Buonasera!



Internet sondaggi hanno mosrtato che maggioranza abitanti di Suo regione Non e soddisfatta del reddito settimanale.

Le invitiamo a lavorare un`po in florido mercato della` pubblicita` on-line.

Se ha a giorno per collocare 1-2 ore in annunci pubblicitari internet.

Lei guadagnera su questo il pagamento garantito piu` percentuali di vendite.

Quando ricevete questo tipo di proposte di Lavoro cestinatele subito e non rispondete assolutamente!

La truffa in rete si arricchisce di una nuova figura professionale, se c’è chi svuota il conto bancario online, ora c’è l’intermediario che mette a disposizione il proprio conto per lavare e far sparire il danaro. Il fenomeno del cosiddetto phishing è quello che oramai impazza nelle email di tutti i giorni. Ti chiedono i dati del tuo conto online, compresa password per entrarvi, spacciandosi per la tua banca. E poiché non si sa quale sia la banca dove hai i tuoi soldi, le e-mail sparano nel mucchio con tutti i più importanti istituti bancari.  

Persino il famoso sito delle compravendite online eBay è nel mirino dei truffatori per non parlare di Paypal. Sperando che tu sia un venditore online, ti arrivano delle e-mail di persone incavolate perché non hai proceduto ad inviare la merce per cui ti si chiede la password per entrare nella tua personale home page della compra-vendita. L’obiettivo è quello di usare i tuoi parametri per vendere il "nulla" a poveri sfortunati. Una truffa nella truffa.

Ma il giro si fa più importante perché arrivano false offerte di lavoro. E’ quello che è capitato a una signora disperata dopo aver accettato una di queste “offerte di lavoro” ed averci rimesso circa € 10.000 e anche una denuncia.

E sì, perché coloro che sono riusciti a svuotare il conto ad ignari malcapitati, cercano ignari assistenti online che mettano a disposizione il proprio conto corrente su cui far transitare i soldi delle truffe da convogliare su quello di altri amministratori online anche tramite trasferimento contanti (wester union ecc) che creano dei conti correnti vergini (a zero) per ricevere i pagamenti e fare a loro volta bonifici. La signora è stata avvertita dalla sua Banca che quelle operazioni potevano essere sospette e la signora ha sporto denuncia alla Polizia Postale e dietro loro consiglio ha bonificato rendendo indietro i soldi ricevuti agli ignari correntisti. La signora, anche se in buona fede, si è trovata con una denuncia penale.

Carrellata delle truffe più frequenti sul web


Per riconoscere una frode sul web bisogna capire come funziona e come si presenta, tenendo presente che ognuna "sfrutta" i punti deboli degli utenti gabbati (bisogno di soldi, necessità di trovare un lavoro, voglia di cambiare vita e così via).

Ecco la top 10 delle truffe online più diffuse


Agevolazione nella ricerca di lavoro

La truffa consiste nel proporre un impiego su misura con frasi del tipo: "Il lavoro perfetto per te ti sta aspettando. Noi ti aiutiamo a ottenerlo". Così, le vittime sono spinte a pagare delle cifre, a volte piuttosto alte, per avere accesso al posto di lavoro sognato. Che poi, naturalmente, non arriva. Oppure, per essere messi in lista d'attesa per il lavoro richiesto, ai malcapitati viene domandato di fornire i propri dati bancari con il pretesto della raccolta delle informazioni personali necessarie all'assunzione.

Servizi per ridurre i debiti

I truffatori si propongono come persone in grado di aiutarvi a cancellare o a ridurre i vostri debiti. In cambio di una percentuale di quello che dovete alle banche o in genere ai vostri creditori, promettono di estinguere o rinegoziare gli obblighi finanziari che avete contratto. Il risultato? I consumatori gabbati si trovano ad avere debiti più elevati rispetto a quelli di partenza.

Lavoro da casa

In questo caso, il raggiro punta a convincere le vittime che lavorando da casa si possono avere guadagni migliori che in ufficio. I criminali propongono, sotto pagamento, di insegnare i segreti per fare soldi online acquistando prodotti da rivendere a prezzo più alto oppure invitano a diventare un acquirente "fantasma", pagato per testare la qualità delle merci e dei servizi delle aziende. I bersagli di queste truffe sono gli impiegati stanchi del lavoro d'ufficio: in molti casi, senza saperlo, diventano dei mediatori per la rivendita di beni rubati. In altre parole, ricettatori. Alla fine, anziché guadagnare denaro, si finisce con il perdere migliaia di euro in azioni legali contro i delinquenti.

Intermediazioni immobiliari


Avete bisogno di vendere la vostra casa al mare ma non avete il tempo per farlo? Affidatevi a noi e in cambio di piccole commissioni porterete a termine la vendita con successo e in poco tempo. Con slogan del genere, i frodatori che si fingono agenti immobiliari riescono a raccogliere migliaia di euro in commissioni e poi, nel momento in cui le compagnie truffaldine devono vendere gli immobili scompaiono con il bottino. E le case restano invendute.

Offerte di prova gratuite (ma non troppo)

Uno degli inganni online più diffusi. Nelle mail, sono presenti inviti a provare gratuitamente dei prodotti o dei servizi. Il pagamento degli stessi beni offerti avviene solo se si accetta di continuare a usufruire di quanto proposto. Il problema è che anche quando i clienti non vogliono proseguire nell'utilizzo delle merci offerte, i truffatori fanno in modo che diventi quasi impossibile cancellarsi dal meccanismo e, dopo la prima "promozione", continuano a spillare soldi ogni mese.

Riparazioni domestiche

Donne, è arrivato l'arrotino online. Si potrebbe sintetizzare così questo tipo di frode su Internet. Ecco cosa succede: sedicenti aziende che si occupano di fare riparazioni in casa si propongono di fare lavori di tutti i tipi (dall'aggiustare il tetto a tagliare gli alberi) per tariffe dimezzate rispetto a quelle di mercato. L'obiettivo dei truffatori, in questo caso, è quello di ottenere degli anticipi in denaro prima ancora di fare i lavori. Perché, ovviamente, quei lavori non verranno mai effettuati, lasciando i malcapitati con la casa ancora da riparare e il portafogli "più leggero".

Premi già vinti


L'esca in questo tipo di raggiro è semplice: "Hai vinto 5.000 euro. Ecco come fare per intascarli". In pratica, si fa credere alle vittime di essere i vincitori di una lotteria o di un ricco concorso a premi, specificando che l'unico step necessario per passare alla fase della riscossione è quello di pagare le tasse relative alla vincita. Chi cade nella trappola, paga il tributo perché vede che è molto inferiore alla somma promessa. Quella cifra però non arriva mai. Ma nel frattempo la tassa è già stata versata. E l'unico a festeggiare è il truffatore.
 
Prestiti

"Hai bisogno di un prestito? Nessun problema. Noi sappiamo come fartelo avere". Attraverso promesse del genere, i protagonisti di questi raggiri riescono a spillare denaro alle vittime sotto forma di "commissioni per avviare la pratica". E le cifre trafugate possono arrivare anche a migliaia di euro. Come prevedibile, alla fine i prestiti non vengono mai concessi.
Restituzione di piccole somme di denaro

Questa tecnica, meno diffusa di altre, è tra le più raffinate. I truffatori riescono a carpire dati sugli ultimi pagamenti in entrata ricevuti dai bersagli delle loro frodi. A quel punto, fingendosi i soggetti che hanno versato le somme comunicano alle vittime che nella transazione eseguita è stato inviato più denaro rispetto a quello dovuto. E aggiungono: "Siete pregati di restituirci questa piccola quota aggiuntiva che non vi spetta". Trattandosi di importi molto bassi, alcuni consumatori tendono a fidarsi e mandano la cifra richiesta. Non si accorgono, però, che il destinatario di quel denaro non è l'individuo o la società che li ha pagati ma un impostore.

Furto di identità

I delinquenti propongono affari online non chiedendo nessuna somma in denaro ma solo la conferma di alcuni dati. Ovviamente, tra quei dati ci sono anche quelli bancari o le informazioni sensibili (tra cui le password) utili ad aprire linee di credito presso le banche del soggetto truffato o direttamente per rubare soldi. I furti di identità sono quelli che costringono le vittime a passare più tempo nel tentativo di riparare a tutti i danni fatti dai ladri.
Con molta probabilità chi ha perso il lavoro, e chi ne cerca uno, utilizzerà il web per la sua ricerca. I siti che offrono annunci di lavoro gratuiti sono moltissimi e per tutti i tipi. Ma attenti, perché non sempre dietro un'allettante offerta si nasconde un vero affare. 

In questi anni sono aumentati i casi di truffa da “annuncio di lavoro”, ragione che ha indotto i principali portali del settore a stilare un breve vademecum per difendersi.
Ammesso che se da un lato è impossibile controllare ogni singola inserzione dall'altro lato però è possibilissimo imparare a difendersi contro quelle che puzzano di truffa. Diffidare dagli annunci di lavoro incomprensibili: quando non si capisce la mansione da svolgere o chi è l'azienda o l'imprenditore richiedente o manca un qualsiasi riferimento telefonico. È chiaro che molte inserzioni sono veritiere e che forse dietro un'apparente imperfezione si nasconde solo un difetto di comunicazione. 

Ma se ci si imbatte in un “cercasi credit manager o brand manager” sarebbe anche opportuno capire di che lavoro si tratta, quali saranno i compiti da svolgere, e quanto si verrà pagati. Tutti questi vuoti informativi rendono la ricerca di lavoro molto difficile nonostante il web sia nato per semplificare le cose.
Accanto a inserzioni che dicono poco ci sono quelle invece che parlano troppo, come nel caso di annunci con un testo talmente lungo e persuasivo da farlo sembrare una pubblicità più che un'inserzione di lavoro. Aggiungiamoci che sempre più spesso vengono richieste una serie di abilità, oggi definite skill, così generiche da oscurare il messaggio di partenza. 

Cosa vuol dire bella presenza? Richiesta indirizzata soprattutto alle donne. La bellezza è soggettiva, e ha canoni diversi a seconda dell'occhio di chi guarda. Un annuncio che prevede la bella presenza per lavori non di modella o che includa un età massima di 26 anni si presta a essere letto con un bel punto interrogativo, senza contare che è una palese violazione della Costituzione, che vieta discriminazioni in base al sesso o all'età. Per non parlare della famosa frase: “siamo una realtà giovane e dinamica”. Che significato può avere per una persona che ha 50 e passa anni e cerca un impiego la parola “azienda giovane”?


Queste subdole discriminazioni sono un problema molto italiano. Salterellando dall'Italia al Regno Unito, ma anche in paesi orientali, come l'India ad esempio, si notano differenze enormi rispetto ai nostri annunci di lavoro. Sul sito JobServe la retribuzione è segnata a parte e le competenze richieste sono molto chiare e semplici. Nel Bel paese la maggior parte delle inserzioni invece mancano di un'accurata informazione sul tipo di contratto offerto e la retribuzione proposta. Gli esperti del settore invitano a diffidare di pubblicazioni simili. Ma nonostante ciò, e di sottobanco, sconsigliano di chiedere prima quanto verrà pagata la propria professionalità. Quasi a sottolineare quella posizione di forza che le aziende che offrono lavoro hanno sul mercato. Eppure le imprese lamentano di non trovare professionalità adeguatamente competenti. 

E la ricerca continua...

Per finire.
 
Poche cose sono immorali quanto truffare chi è in cerca di lavoro e, bisognoso di uno stipendio e spesso inesperto del mondo dell'occupazione, ripone la propria fiducia in organizzazioni fittizie e senza scrupoli, nate col solo scopo di estorcere denaro ai malcapitati.
Io credo fermamente nel diritto al lavoro. Mi ritengo fortunato di vivere in un'epoca in cui viene riconosciuto a tutti il diritto a lavorare. Nessuno può essere formalmente escluso dal mondo del lavoro per la sua religione, per il colore della sua pelle, per la sua zona di provenienza, perché uomo o perché donna, o perché non iscritto a un partito unico, come avveniva in periodi nefasti della nostra Storia. Nel nostro tempo, probabilmente, consideriamo troppo scontato tutto questo, quando invece non lo è stato per quasi tutta la storia del genere umano. Credo in questo diritto al lavoro. Credo tuttavia che nessun cittadino si possa sentire in diritto di chiedere allo Stato che gli venga dato un posto perché è un suo diritto. Credo che a decidere quali posti di lavoro devono essere occupati, creati o distrutti debba essere il mercato. Un mercato contro i cui fallimenti si può intervenire, e che può essere certo corretto (purché si verifichino costantemente i risultati di tale attività), ma a cui non ci si può sostituire. E sono convinto che non deve vedere come un diritto il suo posto di lavoro un fannullone, o un incapace, o uno che rifiuta di aggiornarsi, o uno che approfitta del suo posto per rubare o commettere qualche crimine.

Il sito lavoratorio.it, in un documento scaricabile liberamente (per leggerlo o scaricarlo cliccate direttamente sul link), lancia delle direttive per individuare nella pila chilometrica delle offerte di lavoro quella imperfetta. Si parte col dire che le inserzioni anonime, ossia quelle dove non compare il nome dell'azienda o chi per lei, vanno già lette con diffidenza. Solo le agenzie di lavoro interinale possono diffondere annunci in anonimato, però in questo caso ne sono direttamente responsabili. Il problema sorge quando ci troviamo di fronte a uno dei tanti portali presenti sul web che raccolgono centinaia di annunci di lavoro.
Opuscolo a disposizione della Polizia di Stato: Occhio ai truffatori

E per finire veramente ricordatevi sempre:

Diffidate dagli annunci che vi offrono cifre ragguardevoli, allettanti, la crisi è ovunque, non solo in italia. Gli stipendi si sono dimezzati all'estero rispetto a pochi anni fa. Le cifre che si potevano guadagnare una volta in paesi come il Qatar o Arabia Saudita oggi sono irraggiungibili. Diffidate se sembra tutto molto semplice e bello, nella realtà non lo è mai, nemmeno quando va tutto a buon fine.
E non fornite MAI a terzi (conosciuti o sconosciuti) i vostri dati bancari via internet, postali o password e numeri per accedere al credito! 

Sotto trovate la copia della lettera ricevuta dal mio amico di cui accenno all'inizio. Da notare il riguadro rosso e la freccia rossa. 
E, a proposito, il logo del Dorcester fu modificato qualche anno fa, probabilmente i truffatori non lo sapevano...
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