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2019/12/25

Non dimenticatevi di me


“Non dimenticatevi di me”, queste le ultime parole che un uomo in fin di vita lascerebbe per i suoi cari. Scontato? Non tanto. 

Nel tempo delle passioni fugaci anche i ricordi più importanti svaniscono. Il rischio: niente di prima nell’oggi, niente futuro che passi memoria. Non possono darsi progetti che non fanno i conti con le proprie radici. Eppure sembra inarrestabile la volontà del nostro tempo di cancellare la memoria, non solo la storia collettiva, ma la personale, familiare. Bisogna compiere uno sforzo immane per salvarci dalla banalità di un tempo dove non c’è spazio per i ricordi. Anche la cenere che fu corpo è meglio consegnarla al vento.

Oggi più che mai la necessità di lottare per la memoria di chi si è amato è un dovere della salvaguardia dell’umano, non solo per la storia individuale, ma per un’attitudine collettiva alla memoria tradita. A morire si muore tutti, anche se spesso colpevolmente lo dimentichiamo. Paura della morte? Forse. 

Ma la morte, paura o meno, arriva comunque e il rischio è morire da morti senza lasciare nulla di sé. Dovrebbe far paura non la morte finale, ma vivere da morti mentre la vita si distende, quella sì che dovrebbe preoccupare, una vita senza qualità, senza affetti, senza bene consegnato. Il male fatto semina dapprima odio e rancore e poi come logica conseguenza nasce il bisogno di cancellare per sempre la memoria di chi lo ha fatto. Il bene resta, fruttifica in chi riconoscente si aggrappa alla memoria come eredità da accrescere, rende possibile la lotta quotidiana provocando “una corrispondenza di amorosi sensi”.

Possiamo nutrirci di quei singolari momenti per poter affrontare la vita con altra sostanza, con inaudita forza. E come prendere fiato prima di andare sott’acqua. Se riesci a portare nel tuo cuore e nella tua memoria il bello del passato che hai provato, la vita che ti è stata consegnata da chi ti ha preceduto, anche se i luoghi e i tempi di quelle emozioni forti sono ormai lontani, nulla ti vieta di tuffarti proprio in quello spazio dei ricordi in cui trovare forza per trasformare il presente in perenne ottimismo. Nietzsche sosteneva che gli uomini più grandi sono rimasti celati. 

Il rischio c’è se chi si è arricchito della loro vita non esercita il dovere della memoria. Non così dove l’amore sa raccontare il passato al presente, la riconoscenza, la passione di un incontro che la morte non uccide. Porteremo le loro foto nei nostri portafogli, le metteremo in portaritratti sui nostri comodini, ne faremo dipinti che fissino nella tela il loro sguardo, ma soprattutto li terremo impressi nei nostri cuori e nelle nostre menti. E chiameremo memoria la loro vita e della loro vita ricorderemo il giusto e la giustizia. E la racconteremo come esempio da tramandare ai nostri figli.

“Papà mi diceva”, “la mamma mi ha insegnato”, e la vita di chi ha consegnato vita continuerà a respirare nella nostra, porterà a compimento il suo destino. Memoria è legare amore con amore, è fare giustizia dell’amore di chi giusto mi ha insegnato la vita. Maestro, amico, amante, padre, madre, uomo, donna, giusti che hanno salvato il mondo senza saperlo, perché hanno salvato la mia vita: “salva una vita sola e hai salvato il mondo intero”.

A Gerusalemme esiste il “viale dei giusti” dedicato a quegli uomini e a quelle donne che, pur non essendo ebrei, in nome della umanità e della giustizia, hanno messo a rischio la propria vita, per salvare dalla morte e dalla persecuzione degli innocenti mandati al macello dall’ingiustizia umana. Per ognuno di questi eroi, persone comuni ma semplicemente fedeli all’umanità che vestivano, è stato piantato un albero che porta il loro nome. Nei viali della nostra storia personale dovrebbero essere piantati gli alberi dei tanti giusti che coprono con la loro ombra la nostra vicenda umana. 

E se gli uomini non sono capaci di dare merito a chi li ha salvati dalla banalità e dal degrado il loro nome sarà cancellato dalla memoria presente, ma di sicuro i nomi dei giusti saranno per sempre impressi in cielo. Ricordando imparo dal passato dei trapassati il mio dovere presente, la gioia e il dolore del quotidiano da vivere con dignità, appassionato e curioso di quanto la vita mi offre, pronto a dare il mio contributo per renderla migliore per tutti.

2019/12/24

Perché la app di ricette vuole sapere dove sono?





Ieri sera ho aperto la app che uso da molti anni per cucinare. Una app di ricette. 

Volevo un consiglio su come usare i ceci in modo nuovo. Prima della risposta mi ha chiesto il permesso di poter seguire i miei spostamenti. Si chiama geo-tracking ed è l’attività che alcuni pezzetti di software svolgono: ci seguono in tempo reale. 

Ufficialmente per darci informazioni georeferenziate: le notizie della città dove ti trovi, le previsioni del tempo che davvero ti interessano. Ma anche offerte commerciali: guarda che in quel negozio c’è una cosa che fa per te. Si chiama marketing di prossimità. 

Ok, ma le ricette di prossimità che roba sono? Perché una app di cucina ha bisogno di sapere dove mi trovo per darmi dei consigli? Pasta e ceci si fa sempre nello stesso modo, a meno che uno non voglia adattare la ricetta agli ingredienti locali. In altri tempi avrei cliccato ok, dando il permesso.


Ma qualche giorno fa ho letto una poderosa inchiesta del New York Times su questo tema: dice che quei dati consentono di fatto di identificare e spiare chiunque. Possono documentare tradimenti coniugali, inclinazioni politiche, trattative commerciali o anche malattie. 

Volendo, si sa tutto. Tu dai il consenso per una app che ti dice che tempo fa, per esempio, e quei dati vengono rivenduti a società che costruiscono profili sempre più dettagliati. Al punto di poterci identificare uno per uno. Sono tornato così a vedere i termini della privacy della mia app di cucina preferita. 

Dice che i miei dati vanno ad un grande editore italiano, ok; ma anche a tre multinazionali di cui non avevo mai sentito parlare, che di mestiere raccolgono dati che a loro volta hanno dei partner, non menzionati, con cui potranno condividere i miei dati. La mia posizione mentre faccio pasta e ceci, ma anche tutto il resto. Mi sembra troppo. 

Ci vorrebbe un garante della privacy, ma da sei mesi i partiti non riescono a trovarne uno e si sono appena presi altri tre mesi di tempo. Nel frattempo userò un libro di ricette.

2019/11/28

FRANA DI GOVERNO



Non so se ci si rende conto che il governo del premier Conte, incensato dalla TV e dai media buonisti-progressisti, sta inanellando un “buco” dopo l’altro.

Le acciaierie di Taranto sono state messe in crisi anche dallo sconsiderato emendamento del M5S sulla revoca della tutela penale pregressa, l’operazione Alitalia è bloccata e – giunti alla ottava proroga dei tempi -  non si muove foglia, ma intanto perde 900.000 euro al giorno, mentre per la nuova legge sulla prescrizione dei processi non ci si capisce più nulla, così come la “querelle” sul fondo salva stati a livello europeo che ha tutte le caratteristiche di un mega-pasticcio.

La manovra economica resta un ibrido che cambia tutti i giorni aumentando il deficit per far contenti tutti in vista delle elezioni emiliane (con l’Europa che fa finta di essere distratta) e intanto il paese sprofonda come i suoi viadotti.

Certo, per Conte è sempre colpa di quelli “di prima” ma era proprio lui il premier quando è crollato il ponte Morandi e quel genio di Toninelli - che doveva risolvere tutto - non ha fatto neppure fatto partire l’indagine sui viadotti pericolanti che intanto continuano a crollare. Ma cosa si aspetta per penalizzare concretamente quelle società autostradali che hanno guadagnato (e continuano a guadagnare) fortune colossali ma non hanno neppure controllato la manutenzione?

Le divisioni interne al governo sono quotidiane e logoranti con il PD contro i 5 Stelle, e Renzi (nei guai giudiziari e di immagine) che ce l’ha contro tutti: non c’è una sola materia dove ci sia un minimo di coesione, solo la paura ad affrontare nuove elezioni.

MA QUESTA PAURA NON STA CONDANNANDO L’ITALIA AL BLOCCO, ALLA PARALISI, ALLA RECESSIONE?

RIFLETTETE: C’E’ UN PROBLEMA CHE SIA STATO RISOLTO IN QUESTI ULTIMI MESI?

2018/06/01

Zodiac e il Mostro di Firenze

"Io Zodiac e il Mostro? Bugie" Ma l'ammissione è registrata

Pubblicato sabato, 02 giugno 2018 ‐ Il Giornale.it
Francesco Amicone, Firenze. Giuseppe Joe Bevilacqua ha smentito di essere il Mostro di Firenze e Zodiac. "Non ho confessato di essere l'autore dei delitti a loro attribuiti per il semplice fatto che non li ho commessi. Queste notizie - ha detto l'ex militare americano accostato da un recente inchiesta giornalistica del Giornale alla figura dei due serial killer - hanno gravemente leso la mia dignità ed onorabilità, e turbato la serenità dell'intera mia famiglia. Per tali ragioni ho già attuato le vie legali per la tutela dei miei diritti".Se qualcuno gli avesse posto una domanda anche più diretta "Signor Bevilacqua, lei è un'idiota?" la notizia sarebbe stata se avesse risposto di "sì". Ma questa non è una notizia. È l'avvocato di Bevilacqua che dice che il suo assistito non ha ucciso 14 persone. Ma forse l'avvocato farebbe bene a porgli domande migliori. Il suo assistito può ancora giocarsi la carta del pentimento (con ritardo dovuto alla paura, stavolta). A conferma che la smentita di Bevilacqua non conta niente non c'è soltanto il buonsenso, ma anche le sue parole (intercettate) dell'11 settembre 2017, quando al telefono disse (fra le altre cose) al suo biografo: "Loro lo sapevano", riferendosi alla sua vita da serial killer e ai suo colleghi del Criminal Investigation Detachment, Ray D'Addario e Joe Colombo.Il biografo non crede che sia vero (che i suoi colleghi lo sapevano). Ma ci sono altri aneddoti, oltre alle ammissioni di settembre. Uno di questi è quando Bevilacqua seduto di fronte al suo biografo al Bar Marconi di Falciani disse dove Zodiac poteva avere portato il corpo di Donna Lass, una delle sue vittime. Non solo: fece un cerchio attorno al luogo.Era un giorno di metà estate del 2017. Fu la prima volta che si accennò a Zodiac, fra Bevilacqua e il biografo. Proprio a pochi chilometri dalla sua ex casa (a 300 metri dall'ultimo delitto del Mostro) e a pochi chilometri dalla palestra di Tavarnuzze che dal 1979 porta (ma è una coincidenza) lo stesso nome del killer: Zodiac. Ecco, Bevilacqua al Bar Marconi, fu interrogato dal biografo in merito alla sua presenza nel 1970 sul Lake Thaoe (20 secondi di silenzio, per rispondere "sì, ma non posso parlarne"). Ammise di essere stato nei pressi delle scene del crimine di Zodiac nel medesimo periodo dei suoi delitti (Santa Rosa, 1969 e Riverside, 1966) ma inoltre si lasciò scappare una battuta che avrebbe potuto risparmiarsi (con il senno di poi). Infatti, alla domanda del biografo: "Dove avresti portato un corpo tu se fossi stato il serial killer?", dopo qualche ipotesi al volo, fece con decisione un cerchio attorno a un luogo preciso: "A Heavenly Valley", disse ridendo. Il biografo gli chiese: "Perché?". Bevilacqua rispose (sempre ridendo): "Perché significa paradiso".È risaputo che Zodiac sosteneva che le sue vittime sarebbero finite nel "Paradiso degli schiavi". Quello che non tutti sanno è che le due lettere dell'ottobre 1970 che alludevano alla sparizione di Donna Lass sul Lake Tahoe portavano un particolare francobollo con la dicitura: In the beginning God.... La frase biblica continua così: created the Heavens. In principio Dio creò i Cieli. È possibile che Bevilacqua ne abbia ancora un paio del tutto simili nella sua collezione di francobolli che tiene a casa, di fianco all'album fotografico con la croce celtica. Basterebbe mandare qualcuno a darci un'occhiata. Non c'è niente di cui avere paura...

UE in affanno, arriva Savona



Il rebus del governo si è risolto secondo un principio matematico innegabile: cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Insomma, se era tutto un problema di caselle legato al nome e all’eventuale ruolo del prof Savona, il triumvirato Conte-Salvini-Di Maio l’ha risolto spostando Cincinnato in una posizione ancor più strategica e incisiva in ambito Ue di quanto avrebbe potuto essere quella da titolare del Mef. E allora, come Tito Livio ebbe a definire il politico romano «Spes unica imperii populi romani» («ultima speranza per l’autorità del popolo romano») anche i media odierni – detrattori e sostenitori, indifferentemente – vedono nell’economista “pomo della discordia” una figura cruciale di “radicale eurocritico”, “ultima speranza” istituzionale di ridisegnare i contorni problematici dei rapporti tra Roma e Bruxelles.

Savona, il Cincinnato del governo giallo-verde

Professore di economia, ex ministro del governo Ciampi ed ex presidente del Consiglio di amministrazione di molte e importanti banche e società italiane, accademico di lungo corso e fine analista, il suo curriculum non è certo quello di un outsider di rango, ma quello dello stratega che non vuole sottoscrivere il forfait dell’Italia dall’euro, semmai creare le condizioni per la riforma della Ue in modo da salvare gli obiettivi fondanti prefissi. E così, se da ministro dell’economia avrebbe potuto avvicinarsi all’obiettivo, con la nomina – effettiva con il giuramento delle 16 di questo pomeriggio – al vertice del dicastero degli Affari Europei con il coordinamento delle politiche comunitarie potrà centrare l’obiettivo e da una posizione privilegiata. Del resto, stando a quanto riferisce il Giornale online in queste ore, «per accettare, Savona ha giustamente posto alcune pregiudiziali, a cominciare dalla possibilità che gli è stata accordata di andare a ricoprire un ministero «contiguo».

Cambiare la UE per riformarla, non per annientarla

E così, l’ex Bankitalia ed ex Confindustria, dopo aver indicato lui stesso il nome di  chi sederà dietro la scrivania in via Veneto, destinata nelle intenzioni iniziali proprio a lui,ribadisce e sottolinea – come registrato dal quotidiano diretto da Sallusti – di essere «stato chiamato per le mie competenze europee perché ho seguito da vicino le vicende di Bruxelles fin dai primi passi della Ue. È giusto, quindi, che io possa fornire il mio contributo senza che sia tirato nuovamente in ballo l’accusa di essere nemico dell’euro». E allora, la domanda oggi diventa: «Chi è più europeista?» Chi  sta minando dalle fondamenta le possibilità di sopravvivenza della Ue o chi, come il prof Savona, e come da lui specificato, punta ad aprire un dialogo con i nostri partners chiedendo la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissa?…