Vi immaginate se negli anni ’70 un primo ministro italiano fosse andato in Cile a salutare il generale Pinochet? Impensabile, ma nessuno ha mosso ciglio né sollevato il problema per la recente visita del premier Matteo Renzi in Arabia Saudita.
C’era da festeggiare la commessa ad imprese italiane per costruire parte della metropolitana di Riyadh e soprattutto i sauditi galleggiano su un mare di petrolio quindi tutti zitti, eppure basta entrare su Wikipedia per verificare come sotto il comando autoritario della dinastia saudita in Arabia si faccia rispettare rigorosamente la legge della dottrina wahabita (un'interpretazione fondamentalista del Corano).
Il risultato è che molte libertà fondamentali della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non esistono e la pena di morte ed altre pene sono state applicate spesso senza un regolare processo.
L’Arabia Saudita è uno di quegli stati in cui le corti continuano a imporre punizioni corporali, inclusa l'amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per alcuni crimini come la "cattiva condotta sessuale" e l'ubriachezza. L'Arabia Saudita è anche uno dei paesi in cui si applica regolarmente la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate tramite decapitazione.
Le donne saudite subiscono forti discriminazioni in molti aspetti della loro vita, compresa la famiglia, l'educazione, l'occupazione e il sistema giudiziario. Sulle strade pubbliche alle donne non era permesso fino a poco tempo fa di andare in bicicletta ed è loro tuttora vietata la guida di autoveicoli.
L’Arabia è stata tra le ultime nazioni a dichiarare fuorilegge la schiavitù, ma nonostante questa proibizione formale persistono casi di schiavitù e di traffico di esseri umani.
L'attività sessuale fuori dal matrimonio eterosessuale è illegale. La punizione per l'omosessualità, travestimento da donna o coinvolgimento in qualche cosa che faccia pensare all'esistenza di una comunità gay organizzata varia dall'imprigionamento alla deportazione (per gli stranieri), alle frustate e all'esecuzione. La libertà di parola e di stampa è limitata per proibire la critica al governo o l'approvazione dei valori "non-islamici". Il governo vieta ufficialmente la televisione satellitare, i sindacati e le organizzazioni politiche che sono proibite, così come le dimostrazioni pubbliche.
L'Arabia Saudita proibisce tutte le manifestazioni e i culti religiosi tranne l'Islam ed è vietato celebrare una funzione religiosa non musulmana. Il governo può cercare nelle case di chiunque e arrestare o deportare i lavoratori stranieri che possiedono icone o simboli religiosi, come ad esempio il vangelo o un rosario. “Pecunia non olet” ma anche in questi atteggiamenti vi è la conferma della nostra subordinazione paurosa e silenziosa all’estremismo islamico perché – non dimentichiamolo - di fatto l’ ISIS è finanziata anche dai principi sauditi.
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