La realtà è che davanti al terrorismo non abbiamo risposte, non abbiamo risorse, non abbiamo una strategia, non sappiamo che cosa fare.
La nostra mentalità non capisce il terrorismo, non lo ammette: ci sembra incomprensibile, violento, barbaro, indiscriminato, assurdo scatenare un terrore che non ha logica e se la prende con inermi. In passato in Italia abbiamo avuto periodi bui, bombe rosse e nere con attentati e vittime, ma erano piccoli gruppi di fanatici senza radici e che infatti furono sgominati.
“Questo” terrorismo invece ha ora diffuse complicità internazionali, l’alibi di una religione, ha assoldato kamikaze e finanziamenti senza fine, è cresciuto ormai “dentro” l’Europa dove ha tessuto una rete che gode di omertà, appoggi, simpatie diffuse tra centinaia di migliaia di persone, sicuramente minoranza tra milioni di musulmani europei, ma in crescita esponenziale e virtualmente senza controlli.
Possiamo difendere mille punte sensibili ma è impossibile difenderli tutti. Una bomba in un centro commerciale scatenerebbe il caos e non puoi controllare chiunque entri in un locale, posteggi un’auto o trasporti una borsa. La stessa presenza dei terroristi-kamikaze ha rovesciato la questione: come puoi immaginare che chi ti sta di fianco in quell’istante vuole uccidersi ed ucciderti con lui? Una barriera invalicabile di mentalità, lingua, religione, abitudini, stato sociale che innalza fatalmente nuovi muri e scava distanze.
Non ci sono risposte per un’Europa che si trova in questa situazione anche perché ha perso ideali, anima, volontà di riscossa, unicità di intenti. E’ attaccata perché debole, divisa, attonita, impreparata: non condivide indagini, intelligence, priorità. Abbiamo perso? Sicuramente sì, ma forse possiamo giocare ancora qualche pedina se evitassimo il buonismo inutile e – non siamo forse in guerra? – se si avesse finalmente perlomeno il coraggio di prendere decisioni comuni. Non è possibile che la polizia belga francofona non parli invece con quella fiamminga, che a Bruxelles non si sappia su che cosa si indaghi a Parigi, che uno dei terroristi di martedì era stato preso in Turchia otto mesi fa, estradato in Olanda o in Belgio ma poi comunque rilasciato.
Ma non si può anche continuare ad ammettere migranti senza identificazione, senza prendere e pretendere (anche “a forza”!) le loro impronte digitali. D'altronde se ciascuno di noi va all’estero deve mostrare un passaporto e chi non ce l’ha deve comunque essere identificato in modo certo: vale per tutti!
Ritorna fortemente il concetto che certamente non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani e allora o arriva una risposta corale, limpida, conclamata, veemente dalle comunità islamiche europee (e non arriva mai, e è grave: anche a novembre in Italia fu flebile e impercettibile) di dissociazione e di protesta o servono leggi nuove, rigorose, adatte alle necessità. Limitazioni religiose, di culto, di espressione? E’ un concetto che fa a pungi con il diritto, ma se siamo in una emergenza tutti i musulmani devono sentirsi coinvolti e responsabili: non è possibile avere pericolose zone d’ombra o dare coperture dove si inseriscono singoli criminali che tali restano, anche se si ammantano di fanatismo religioso.
E’ tardi perchè ormai in Europa sono troppi? Certo, ma se non fermiamo il flusso o lo regoliamo sarà sempre peggio e definitivamente vinceranno “loro”. Se io, cristiano, comincio a ammazzare la gente la polizia forse non mi arresta e con me i miei complici o fiancheggiatori?
Il punto è che può integrarsi chi lo vuole (e sicuramente molti lo vogliono) ma quando si rifiuta l’integrazione e anzi l’essere “diversi” diventa un titolo di merito all’interno di una comunità religiosa guadagnandosi il paradiso ammazzando il prossimo, quale deve essere la nostra risposta? Credo che come minimo debba anche esserci la possibilità di detenzioni preventive, identificazioni immediate, espulsioni “vere” e non solo formali, senza ritorno. Se sono vere le cifre di centinaia di militanti ISIS in giro per l’Europa occorrono misure di emergenza fatalmente discriminanti, ma in fondo di legittima difesa.
Vale più una limitazione alla libertà o il rischio di centinaia di morti ammazzati? Purtroppo “loro” vogliono distruggerci, non ragionano, non discutono: odiano. Noi NON dobbiamo odiare, mi ripugna farlo, ma dobbiamo pur prendere atto di quello che avviene e allora - come cittadini italiani ed europei - dobbiamo cercare di difenderci e in questo senso la prevenzione, il controllo, le verifiche su chi arriva sono indispensabili. Non volerlo fare, dimenticare, minimizzare è complicità al nostro suicidio.
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