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2022/05/24

Ti voglio bene




Nella marea di pensieri, scarsamente o affatto utili, che affollano la mia mente c’è un dubbio che mi attanaglia a fasi alterne. E sebbene ci siano cose infinitamente più urgenti od importanti su cui riflettere, non riesco a non perdermi in queste facezie verbali. Già perché la questione sorge attorno ad un dilemma linguistico, uno scherzo lessicale, una deficienza glottologica, insomma, qualcosa con o senza la quale potrei dormire sonni tranquilli. Ed invece mi cruccio. Ma riflettendoci bene non si tratta solo di parole, qualcosa è sotteso, o almeno io penso che qualcosa sia sotteso. L’amletico dubbio è perché nelle altre lingue non esiste un’espressione corrispondente al nostro “ti voglio bene”?

Io ho un grosso, grossissimo feticismo per la lingua italiana: godo nel leggere ed ascoltare la nostra favella, tuttavia non faccio fatica a leggere libri o guardare film in lingua originale. Sì, comprendo che per molti è un anche un grande, grandissimo limite, non per me, ma noi italiani non siamo perfetti, siamo poveri mortali pieni di mancanze e per molti, fra le altre, è questa. Non sopporto chi, pur avendo avuto istruzione o mezzi per istruirsi, non sappia parlare o scrivere nella nostra bellissima lingua natia; tuttavia tollero chi farcisce i propri discorsi di inglesismi, non perché rendano meglio il significato ma perché ‘è più moderno così’; ma soffro chi stupra l’italiano con storpiature ed errori grammaticali: sono un talebano dell’italiano, sì, signori miei, e me ne vanto!

Sono tuttavia consapevole del fatto che come tutte le lingue anche la nostra ha l’evidente limite di non saper rendere alla perfezione termini di altre favelle, motivo per cui una traduzione in italiano non sarà mai completamente fedele all’originale, non tanto per una questione di significati letterali quanto per allusioni culturali. La lingua è frutto di una costante evoluzione che si regge su migliaia d’anni di parole, concetti, usi e costumi, motivo per cui anche la nostra bellissima e flessibile lingua non saprà mai rendere appieno il senso di vocaboli come ‘improvement’, per dirne una. 

Viceversa, le altre lingue hanno lo stesso limite nei confronti della nostra, con un’aggravante significativa, non sanno tradurre un’espressione essenziale alla vita come il “ti voglio bene”. Correggetemi se sbaglio, non sono un linguista, ma il nostro “ti voglio bene” viene tradotto in inglese da “I love you”, in francese da “je t’aime”, in tedesco da “ich liebe dich”, in spagnolo da “te amo”, in sloveno da “ljubim te”, e così via. 

Ma questa espressione nelle rispettive lingue sta anche a significare “ti amo”, cosa che per un italiano ha un significato decisamente diverso. In una ipotetica ‘gerarchia’ di sentimenti il “ti amo” sta leggermente sopra al “ti voglio bene”, ha una connotazione più forte ed appassionata, più radicale e profonda; il “ti amo” è usata dagli amanti mentre il “ti voglio bene” dalle persone che, appunto, si vogliono bene. Il designer Pey-Ying Lin definisce il “ti voglio bene” come «the attachment for family, friends and animals», non contemplandolo quindi come “amore”.



E noi italiani passionali (perdonatemi il cliché) conosciamo bene la differenza tra i due termini. La questione allora è: perché le altre lingue non riconoscono questa differenza? Perché non esiste un’espressione che indica il sentimento da noi riassunto nel “ti voglio bene”? Forse gli altri popoli non si vogliano bene senza amarsi? Forse sono così ottusi da non vedere la differenza lampante tra i due termini? 

Ma allora senza alcun dubbio noi italiani siamo non solo linguisticamente superiori, siamo addirittura emozionalmente migliori, sappiamo gerarchizzare qualcosa di così sottile ed evanescente come i sentimenti; sappiamo dare un nome ad ogni sensazione. Sappiamo dare nomi. Ecco. Per me qui sta il nocciolo della questione. Per me sappiamo mettere tanti nomi, ma non sappiamo riconoscere le cose. 

Non sappiamo capire che “ti voglio bene” significa “ti amo”; non sappiamo intuire che non c’è differenza tra i due concetti, che non esiste una gradazione di amore un po’ inferiore da dare a familiari, amici ed animali; non sappiamo comprendere che se diciamo “ti voglio bene” a qualcuno non lo stiamo mettendo in guardia sul fatto che proviamo qualcosa per lei  ma non così tanto da impegnarci troppo; non siamo in grado di percepire che dire ad una persona “ti voglio bene” significa donarle un pezzetto della nostra anima, allo stesso modo in cui lo diamo a chi amiamo e questa incomprensione genera l’abuso di questa espressione che sentiamo ogni giorno e lo spreco della nostra anima fatta a pezzetti da un’ignoranza lessicale.

Pensate bene quando dite a qualcuno “ti voglio bene” perché le state dicendo “ti amo”. Pensate se invece le direste “ti amo” e se la risposta fosse “no” allora non ditele “ti amo”, non ditele nulla. Non sprecate i vostri “ti amo” (o i vostri “ti voglio bene”, non c’è differenza). 

Conservateli per chi amate davvero.

2013/06/21

2013/05/20

IL mio PICCOLO LIBRO DELLA VITA


All’inizio era un Blog. Adesso anche un libro. Come i miei lettori sapranno ho scritto in questo blog per raccontare il mio punto di vista su storie reali, fatti di cronaca, anche storie frutto della mia grandissima fantasia. Ho attirato critiche oltre che consensi. L'evento che maggiormente ha condizionato la mia vita è stato la nascita di mio figlio Matthia. Un evento travolgente, un riavvicinarsi alla vita, scoprire nuovi stimoli, lavorare con essi e guardare sempre avanti. Ogni tanto la vita offre un momento così prezioso, così travolgente che quasi abbaglia. Con lui ne ho vissuto uno. Col tempo alcuni fra i miei lettori abituali, e in attesa che Matthia potesse iniziare a leggere, chiesero se fosse possibile avere sempre a portata di mano i miei scritti. Non mi considero la Bibbia del web, semmai solo una zanzara fastidiosa che dice le cose come stanno, che punge e a volte infastidisce ma non è mai condizionata. Il Blog ha sempre avuto questa peculiarità, dire la verità qualsiasi essa fosse, anche se a danno di chi la scrive; pungere, dar fastidio a chi fa della prevaricazione il proprio stile di vita. 

Non sono un guru ne tantomeno voglio esserlo o indicato come tale, i miei sono solo consigli, punti di vista e pareri che spesso c’azzeccano, che entrano nel cuore della questione e portano a credere o solo pensare che tutte le informazioni che i media distribuiscono a piene mani, bontà loro, non siano per il nostro bene ma esclusivamente per quello dei media stessi. Una forma di condizionamento mediatico di cui molti hanno già discusso e ampiamente trattato.

Il libro copre un percorso di quasi un anno. Un percorso denso di significati e di emozioni. Il Blog è ufficialmente nato il 12 Agosto 2012, i primi scritti risalgono a fine Luglio dello stesso anno, alcuni anche considerevolmente prima. Non tutti gli articoli del Blog sono stati  inseriti nel libro, per varie ragioni che non starò qui a elencare, in linea di massima perché non li ho ritenuti adatti a quel tipo di prodotto. 
Qualcuno, uno dei tanti miei lettori ebbe a scrivere che io non sono uno scrittore, semmai un "demolitore", uno che demolisce quello che altri hanno voluto dire, hanno voluto farci credere che provenisse direttamente dal cielo, verbo divino. Forse si, io demolisco, demolisco chi pensa che siamo tutti cretini come un personaggio di una mia storia.

Il libro sarà disponibile su Amazon.it in un paio di giorni da oggi (salvo complicazioni), in formato eBook in quanto autopubblicato a un prezzo di vendita molto basso, il minimo imposto da Amazon come si conviene a uno scrittore emergente che, prima di tutto, deve farsi conoscere. Per questo motivo non ho abbandonato il mio lavoro. Poi se e quando verranno i frutti si vedrà. 

Auguro a tutti una buona lettura e, se non avete apprezzato i miei scritti ditemelo, le critiche sono sempre ben accette perché aiutano a crescere e migliorarsi imparando dagli errori.