Che cos’è la felicità? Non mi meraviglierei se qualcuno di voi spegnesse il computer, se qualcun altro abbandonasse la pagina e si mettesse a ridere. Va
bene, non è un gioco, non sto scherzando, parlo sul serio.
Per voi che cos’è la
felicità?
Si tratta di uno stato
d’animo? Di un sentimento che si prova nel momento che qualcosa va bene, gira
per il verso giusto? O forse è la somma di tante situazioni che vi portano a
pensare di essere in pace con il mondo intero? Perchè è così difficile
ammettere di essere felici? E si è o si può sentirsi felici anche quando tutto
va a rotoli? La felicità lo sappiamo, è un sentimento relativo, molto personale.
Ognuno dà alla felicità un valore diverso e lo percepisce in modo differente da
quello di un suo simile. Un clochard che chiede l’elomosina davanti a Notre Dame
può ottenere un giorno di felicità se riesce a mangiare un pranzo abbondante e
appetitoso. Viceversa per un ricco uomo d’affari, un buon pranzo è un valore
già acquisito e la felicità è raggiunta solo quando ottiene qualcosa che ancora
gli manca, quando raggiunge un obiettivo che si era prefissato. E l’infelicità
come la cataloghiamo? Se il clochard di cui si parlava precedentemente, non
riesce a mangiare un pranzo abbondante e appetitoso pensate che sarà infelice? Se
l’uomo d’affari non raggiunge il suo obiettivo sarà altrettanto infelice? O
forse l’infelicità non è altrettanto sintomatica della felicità? Certo il
contrario di felice è infelice quindi automaticamente dovremmo sentirci
infelici se qualcosa va storto nella nostra vita, nella realtà non è affatto così.
Contrariamente a quanto si crede l’infelicità causata dal nostro stesso
comportamento è abbastanza rilevante e solamente su questo fronte possiamo
intervenire con una certa speranza di ottenere un buon risultato. Capito? Siamo
infelici solo se ci aspettiamo un risultato positivo e non arriva, ma se è un
evento inaspettato allora non saremo infelici, semmai indifferenti.
Fermo su questo concetto mi
domando se esista un modo per essere felice che vada bene a tutti. Secondo me non
esiste un modo per essere felice, valido per ogni individuo, ci sono delle
similitudini, certo, la squadra di calcio del cuore che vince la partita
provoca felicità nell’animo dei propri tifosi, il loro stato d’animo potrebbe
anche cambiare positivamente perchè hanno vinto ma, alla fine, è una gioia
momentanea che non ci cambia la vita, anche se avesse perso, la squadra, la
nostra vita non sarebbe cambiata, avremmo continuato a viverla come prima. Allora?
È possibile personalizzare il criterio di valutazione per determinare quando c’è
felicità e come si ottiene?
La conoscenza di ogni
individuo porta sul cammino della comprensione, se conoscete voi stessi allora
potrete capire come trovare la vostra felicità. Che sarà solo vostra, al
massimo la condividerete con altri, che apprezzeranno questo vostro stato d’animo,
veder felice una persona aiuta a star meglio, si gioisce insieme anche se poi, nel
proprio intimo non si condividono le stesse emozioni. È quindi importante
vivere in armonia con se stessi con un occhio attento al proprio ambiente, per
non cadere nell’incomprensione, per non sentirsi fuori dal contesto. Ve l’immaginate
un carcerato a vita fra suoi compagni di cella, lui felice come un fringuello e
gli altri tristi e abbattuti perch hanno realizzato di dover trascorrere fra
quattro mura tutto il resto della propria esistenza? Come pensate che possano
sentirsi gli infelici con un compagno di camera che rasenta la pazzia
dimostrando una felicità esagerata? L’essere felici è uno stato mentale che va
attentamente amministrato per non urtare la sensibilità e aggiungerei l’infelicità
altrui. Nonostante tutti siano convinti che sia ovvio che una persona debba
essere se stessa, anzi, che non sia necessaria nessuna volontà specifica per
esserlo, che sia tutto perfettamente naturale, l’esperienza mi fa invece
pensare che sono pochi coloro che effettivamente riescono ad essere se stessi e
si comportano come tali.
Essere se stessi quindi
per essere felici?La natura funziona basandosi in primo luogo si basa sulla
diversità biologica. Ogni essere vivente è diverso dall’altro, perfino due
gemelli monozigotici che apparentemente sembrano identici, in realtà hanno
delle piccole differenze, come nelle impronte digitali o qualche neo sulla
pelle, crescendo poi le differenze si fanno più marcate, se un estraneo non
riesce a riconoscerli da bambini, da adulti sarà decisamente più semplice, il
motivo è insito nell’essere se stessi. Sappiamo però che l’evoluzione della
natura è stata resa possibile proprio dalla diversità, perché queste hanno
consentito di creare una moltitudine di combinazioni differenti le une dalle
altre, e tra queste quelle favorevoli al progresso. Dimenticatevi che siamo
tutti uguali, con uguali diritti, uguali doveri, siamo invece tutti diversi.
Il futuro di ciascuno di
noi sarà diverso da quello del nostro fratello o sorella, oppure dal più caro
amico o compagno. Un differente patrimonio genetico determinerà un diverso
carattere psicologico e anche un distinto percorso di salute. Diversi caratteri
comportano differenti reazioni alle stesse situazioni ambientali e alle
relazioni personali, quindi percorsi di vita anche molto diversi. La nostra
felicità dunque non dipenderà più solo dalle situazioni ma anche dallla
conoscenza delle nostre potenzialità, dalla capacità di sapersi sentire felici
anche e solo con un piccolo gesto, un piccolo e insignificante evento che a
altri potrebbe anche sembrare banale, futile, insulso, mediocre, scialbo, irrilevante,
trascurabile.
L’esperienza comune
evidenzia come, quasi in tutti i casi, due fratelli nonostante siano vissuti
nello stesso ambiente ed avendo avuto un patrimonio genetico molto simile hanno
in pratica due caratteri diversi e di conseguenze due diverse vite. Stando così
le cose è inutile osservare gli altri, per capire come possiamo essere felici, dobbiamo
invece studiare noi stessi, e scendere in profondità, più a fondo possibile,
senza lasciarsi influenzare dai consigli degli altri.
Il mestiere di un genitore
è il più arduo e difficile che ci sia, rientra nei suoi compiti anche educare i
propri figli alla ricerca della felicità. Si vive per vivere, se questa vita è
anche felice probabilmente si vivrà meglio, anche più a lungo, un figlio va
quindi aiutato a cercare la propria felicità, senza influenzarlo e senza
obbligarlo a percorrere la strada più gradita o più conveniente per l’interesse
della famiglia. La psicologia ci fornisce molti strumenti che possono aiutare
ad individuare la propria personalità e le caratteristiche attitudinali,
usiamoli. Le crisi adolescenziali sono spesso causate dallo scontro, a livello
inconscio, tra due forze. La forza dell’educazione dei genitori basata sulla
loro pluriennale esperienza, consiglia le cose più opportune da fare, e la
forza inconscia, ancora non repressa o plasmata, del ragazzo che si scatena per
diventare come vorrebbe essere. Se il ragazzo soccombe alle insistenze e alla
volontà dei genitori ne risulta un carattere represso, disadattato, soggetto
alle nevrosi, infelice. Diversamente se riesce a far emergere la propria
individualità sarà comunque felice e soddisfatto in qualsiasi situazione si
venga a trovare, perchè sarà una propria scelta e comunque accettata senza
tante recriminazioni. In questo modo troverà il suo status di felicità anche
nelle piccole cose senza il bisogno di cercarla nelle grandi sfide che la vita
gli presenterà.
Occorre individuare e
potenziare le attitudini positive e cercare di ridurre, o almeno tenere sotto
controllo i difetti del carattere. In ogni modo, già il fatto di conoscere e
accettare i propri difetti è già un gran passo avanti, perchè permette di
tenerli sotto controllo. Vivere o comportarsi senza rispettare l’armonia della
propria personalità significa andare contro la propria natura, e di conseguenza
l’infelicità ci aspetta al varco.
Consiglio di non basare
una relazione sperando di cambiare, in futuro, il carattere del compagno, o
della compagna, perchè solitamente questo è molto difficile, dovreste essere
invece pronti ad accettarli così come sono. Si può ottenere qualche piccolo
miglioramento nell’aspetto e nel comportamento, ma fondamentalmente si rimane
sempre uguali. Nel mondo sono presenti tutti i tipi di personalità, anche le
più strane, e senz’altro esiste quella che si adatta alla nostra, qualunque
essa sia. E’ necessario avere un po’ di pazienza e perseveranza solo così si
raggiunge il primo stadio della felicità, la base necessaria affinché la mente
possa recepire con facilità le condizioni che ci portano verso una sensazione
di felicità. Sentirsi felici sempre e raggiungere le massime concentrazioni di
felicità aiuta a vivere meglio, guardando con serenità al futuro, fosse anche
il futuro buio del clochard, sapere che potrebbe esserci un’altra opportunità
per un lauto pranzo che soddisfi il suo appetito può essere una ragione per
vivere felicemente la propria esistenza, anche se grama, anche se pietosa,
anche da poveri.
Vi è mai capitato di
vedere un accattone in giro per la città, magari d’inverno, sotto la neve,
vestito con quattro stracci, mentre voi tremate dal freddo e vi stringete
dentro a un costoso giaccone di piume d’oca? E lui ride, si vede che è
contento, che traspare felicità da tutti i pori, ride e voi non capite perchè e
magari ve ne uscite col classico «Ma avrà da ridere quello?» oppure «Che ha da
esser felice quello che non ha nemmeno gli occhi per piangere?» Ecco la
dimostrazione lampante, evidente, apodittica che dico appariscente, chiara e
comprensibile, eloquente, certa e inconfutabile che la felicità non è uguale
per tutti. Si può anche non aver nulla e essere felici, avere tutto e essere
infelici.
La maggior parte della
nostra vita trascorre sul posto di lavoro. Cercare e trovare il lavoro più
adatto alle nostre caratteristiche attitudinali è quindi fondamentale. Purtroppo
spesso si commette l’errore di accettare il primo lavoro che capita.
Considerando l’elevato rateo di disoccupazione dei giorni nostri non si può
rinunciare a certe occasioni anche perchè di solito non si ripetono. Pochi
hanno il coraggio di rinunciare ad un lavoro, certo e ben retribuito, offerto
da un amico o tramite raccomandazione, per aspettare un’occasione più adatta.
In pratica nessuno ha il coraggio di rinunciare ad un lavoro sicuro per un
futuro incerto! Nessuno però considera che quel lavoro potrebbe essere troppo
stressante e rendere la vita infelice? Quando si entra in un ciclo di vita,
d’amicizie, parenti, figli e coniuge si rimane talmente coinvolti che può
risultare molto difficile uscirne. Sarebbe opportuno non entrarci per nulla. Le
relazioni umane sono come i legami di una ragnatela che ci legano da tutti i
lati, con le persone che ci circondano, le istituzioni ed anche le attività
professionali. Questa ragnatela ci sostiene nella vita quotidiana, ma comporta
anche un fitto legame che impedisce di allontanarci se cambiamo idea per il
nostro futuro. A volte l’incapacità di separarsi da tali legami, ritenuti
troppo oppressivi, determina la decisione di chiudere per sempre con una
decisione estrema. E così si decide di non vedere più un fratello o una sorella,
di chiudere i ponti con la sua famiglia, rinunciando al calore di sentirsi
parte della stessa famiglia perchè non si condividono le scelte, gli
atteggiamenti, il carattere, la propensione a piantar grane o semplicemente la
superficialità, l’opportunismo evidente, la banalità del nostro parente
stretto senza capire il male che si fa, l'infelicità che si provoca nell'altro. Forse la nostra potrà anche sembrare felicità ma nella realtà non sarà mai vero. Queste scelte che spesso derivano dall’avventatezza sono causa di un’infelicità
nascosta che ci porteremo dietro per tutta la vita, e questo anche se non siamo
capaci di ammetterlo pubblicamente, e sicuramente non siamo nemmeno capaci di
ammetterlo dichiarandolo a noi stessi. Tutto questo è infelicità!
La soluzione migliore
sarebbe quella di programmare la vita quotidiana dedicando almeno un’ora a
svolgere quelle attività che soddisfano la propria personalità, lo sport, i giochi,
le letture, anche internet ma senza abusarne, il giardinaggio, telefonate agli
amici, una bella regata in barca a vela soli o con amici. Spesso il contatto
diretto con il mare porta felicità che dura nel tempo, se si affievolisce
possiamo ricaricare le batterie per essere pronti nuovamente e affrontare la
vita. La stessa attenzione, però, dovrà essere dedicata anche ai nostri
conviventi, affinchè anch’essi abbiano le stesse opportunità. Dovremmo essere
capaci di favorirla anche se, molto probabilmente, sarà diversa dalla nostra, e
andrà in conflitto con le loro vite, con i tempi, con gli impegni. Gli elementi
di una famiglia che hanno la possibilità di esprimere se stessi saranno più
felici, ottimisti e l’armonia entrerà nella casa. Quando una persona è
soddisfatta è in grado di affrontare meglio le avversità della vita e trovare
le soluzioni senza cadere nello sconforto. Sei capace, in occasione dei
compleanni e delle feste, di fare un regalo che piace veramente a chi lo
riceve? Se la risposta è no, significa che non hai ancora risolto la seconda
parte del problema, ossia non conosci ancora, o non vuoi accettare, l’essenza
delle persone che ti circondano.
Se i regali che ricevi non
ti piacciono, può significare tre cose: gli altri non ti amano, tu non ti
comporti in modo spontaneo, l’altro non si sta impegnando a far emergere la tua
essenza. La ricerca della felicità è sempre personale, quando l’hai trovata
condividila con chi ti sta vicino, riuscirai a trasmetterne un pò anche a loro.
Siate felici!