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2013/01/13

Vivere per vivere?

Una spiaggia di sabbia bianchissima a Los Roques, Venezuela
È una storia di questi giorni, e comunque sarebbe riduttivo chiamarla storia, diciamo un evento che porta a pensare a ponderare con attenzione i valori della vita, la vita di tutti i giorni. 

Il quattro gennaio scompare dai radar un piccolo aereo da turismo con a bordo quattro italiani a cui vanno a aggiungersi i piloti.
In tutto sei persone forse sette di cui non si sa piú nulla. Dove sono finiti? I media ne parlano per qualche giorno, scrivono qualche articolo, fotografie e testimonianze forse perchè a bordo oltre ai soliti malcapitati c’è il figlio di qualcuno conosciuto, importante.  

In Venezuela su quella rotta maledetta che dall’arcipelago delle Los Roques (dallo spagnolo dovrebbe tradursi come Le Rocce) porta a Caracas capitale del Venezuela, una nazione governata con la carota e il bastone (in particolare quest’ultimo) da Hugo Chavez, sono già spariti cinque aerei in diciannove anni. Troppi incidenti per una breve rotta, anche se molto frequentata, troppi per un aeroporto votato al turismo anche se fatiscente, e ancora troppi per un Paese che dovrebbe essere il primo produttore sudamericano di petrolio, troppi per non fermarsi a considerare il rischio di non tornare piú da una vacanza di sogno alle Los Roques.

Domanda quindi lecita: perché le isole Los Roques, cosa c’è di magico e fatale da attirare così tanti turisti ogni anno? Diciamocelo seriamente, ogni anno a Los Roques i turisti sono alcune centinaia di migliaia, non tantissimi ma nemmeno pochi. C’è di tutto, dalla pousada a basso prezzo all’hotel di lusso, hotel dove probabilmente alloggiavano gli ultimi scomparsi del 4 gennaio.

Considerando però la distanza, il viaggio in aereo Roma Caracas e poi il trasferimento su carrette dell’aria, alla fine chi trascorre una vacanza nell’arcipelago è sicuramente gente che se lo può permettere. E qui entra il mio discorso, entra brutalmente come un dardo lanciato da una balestra nella classica mela del Guglielmo Tell di turno. Perchè rischiare la vita per vedere un piccolo paradiso?
Che senso avrebbe, considerando che tutte le isole Caraibiche sono da sogno e molte permettono un sano turismo senza alcun rischio sia nel volo sia di permanenza?

Perchè la vita viene così mal considerata quando si decide di andare a visitare un atollo sperduto in un mare lontano, che siano le isole di Los Roques che quelle della Micronesia finisce sempre così che non si da abbastanza valore alla propria vita e ci si affida al caso e alla fortuna che tutto possa andar bene.
Che pessima idea, viaggiare è sempre un rischio anche quando il vettore aereo è conosciuto come sicuro. Ho viaggiato moltissimo in aereo, sono oltre quarant’anni che volo con regolarità almeno tre o quattro volte all’anno. Ho sempre considerato che la mia vita valesse più di una vacanza speciale in qualche punto sperduto del mappamondo, mi sono sempre rifiutato di volare con carrette del cielo, e quando non c’erano alternative, ho rinunciato alle proposte piuttosto di veder terminare anzitempo la mia vita. Che valore dobbiamo dare a questa nostra vita? Non c’è errore più banale che prendere un aereo di una sconosciuta compagnia aerea di cattiva fama e sperare che possa portarci sani e salvi fino alla meta. Queste sono speranze di quelle che vorreste sostenere solo a parole mentre, nel vostro intimo, continuate a pregare che non possa capitare a voi.  Lo so che stiamo parlando di probabilità, che vale la pena rischiare perchè sono i numeri a dirlo ma non quando si hanno alle spalle figli e famiglie che aspettano il nostro ritorno, e se il ritorno non avviene perchè qualcosa è andata male, capita che altri continuino a ricadere nella stessa scellerata opzione soprattutto quando il caso ci si mette di mezzo. 
Allarghiamo quindi il discorso al valore della vita, vivere per vivere o vivere per essere ricordati? Certo che l’illusione di vivere per sempre, se non fisicamente ma nel ricordo di chi ci vuole bene, di chi ci apprezza sarebbe il massimo. Chi vuole vivere per sempre non bada ai rischi della vita, perchè sa che dopo la vita terrena viene la vita del ricordo. Come non dimenticare i grandi filosofi del passato: Platone, Socrate, Aristotele eppure qui non si discute della vita futura, bensì di quella presente.

La vita umana ha un gran valore, è assodato. Ogni persona svolge un certo ruolo nella comunità e questo fornisce anche uno scopo alla vita umana. L’intera umanità, nel suo insieme, ha poi un altro grande scopo da realizzare, ma questo è un argomento che dovrebbe essere approfondito in altra occasione. Qualunque sia lo scopo della vita dobbiamo cercare di vivere al meglio e di conservare attraverso l’attenzione, la comprensione, la cura il nostro vivere, felici o infelici non dovrebbe essere importante anche se, obiettivamente, meglio vivere felici. Le cause che impediscono di essere felice sono molto numerose e possono essere divise in tre grandi categorie: cause dovute ad eventi imponderabili o naturali, quelle prodotte dalla volontà altrui, quelle determinate dalla nostra stessa volontà e qui penso ai carcerati, a quelli condannati a pene detentive per tutta la vita, certo non possiamo pensare o credere che siano felici.
Ciò nonostante anche a loro è richiesto di vivere una vita, quello che rappresenta il viverlo anche se si tratta di una vita da reclusi, in quel caso magari con la speranza di poter uscire prima che la vita abbia termine e rigodere di quella sensazione senza fine che è la libertà ma è moralmente accettabile la valutazione sul valore della vita umana? 

Secondo il mio modesto avviso il valore della vita umana non è un termine assoluto ma relativo, e può essere confrontato con quello degli altri. Il valore della vita umana non è costante nel tempo, e cambia in base al proprio comportamento. Non dipende da ciò che si è ma da ciò che si fa. Siamo quindi obbligati al rispetto delle regole e delle leggi anche se questo determina una limitazione della nostra libertà. Ma è libertà disporre della propria vita come si preferisce anche se questo porta a una fine anticipata di essa a causa dei nostri errori o valutazioni errate o superficiali? È giusta la vecchia regola che sancisce: “la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri” oppure non è sufficiente, perché troppo limitativa? Capisco che qualcuno leggendo l’articolo stia già pensando che mi sto arrampicando sugli specchi, un terreno minato di ragionamento che esula dai significati tradizionali e spazia in concetti astratti che hanno poca attinenza con la realtà ma il punto è proprio questo: posso io decidere della mia vita senza curarmi di quello che potrebbe accadere nel caso dovesse finire anzitempo causa una mia scelta scellerata che porta a una fine anticipata? Secondo il mio credo e punto di vista no.

E qui torniamo all’episodio del quattro gennaio. Potevano le persone che si sono imbarcate su quel volo in partenza da Los Roques decidere della propria vita senza curarsi affatto di quello che indubbiamente potevano lasciarsi alle spalle? Il dolore, l’ansia, lo sconcerto, il desiderio, l’incredulità, la paura del domani e del presente senza contare, nel caso di uno degli scomparsi, tutti i problemi legati alle responsabilità nei confronti degli altri familiari, i figli, i fratelli, i genitori, l'azienda, la comunità?
Era lecito rischiare la vita? 

L’uomo non è completamente libero, soprattutto non è libero di provocare direttamente o indirettamente del male alla società. Il costo della felicità, e del benessere collettivo, è pagato da una limitazione della libertà e felicità individuale. Il nostro valore, aumenta con la capacità di limitare la nostra libertà, e in particolare di quanto siamo capaci a limitare il nostro egoismo, per favorire la nostra collettività. C’è stata questa considerazione di responsabilità quando i passeggeri di quel volo maledetto hanno deciso di partire? Hanno considerato che potevano anche non arrivare? Non si tratta di un bieco calcolo statistico, i numeri parlavano chiaro, le probabilità che potesse avvenire un incidente erano altissime, eppure questa possibilità non ha nemmeno sfiorato le loro menti, il pensiero alla bella vacanza riempiva tutto, impossibile pensare a altro.

La vita è rischiare, è cadere e rialzarsi, è non esitare. 
La vita è un gioco forte e allucinante.
La vita è per vivere!


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