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2013/09/10

Ricordando l'11/9



Sono già passati 12 anni dall'11 settembre 2001, ma sono sicuro che, come me, molti di voi ricorderanno perfettamente cosa stavano facendo quel giorno quando arrivò la notizia dell'attacco alle Torri Gemelle. 
Quel giorno avevo viaggiato in aereo, rientravo dal Kuwait, sulla strada dell’aeroporto diretto a casa mi telefona un amico e mi informa dell’attentato. Sgomento, rabbia forse, prostrazione. Rendersi conto di non essere affatto utili, eppoi ore davanti a quello schermo che s’appiattisce sempre di più mentre snocciola, minuto per minuto tutto l’orrore. 

Niente a New York è come dodici anni fa. Dopo Giuliani è arrivato Bloomberg. Ha piazzato le seggiole su Broadway giù fino a Times Square trasformando il centro del mondo in una paciosa piazza di paese. Sulla vecchia ferrovia sopraelevata High Line, che serviva dal 1934 i 250 mattatoi urbani, c'è un giardino pensile che ingentilisce le putrelle del secolo di ferro, il Novecento, con i fiori selvatici e l'erba aromatica di un XXI secolo appena sbocciato. I taxi si pagano quasi solo con la carta di credito così almeno sono salvi dalle rapine quotidiane a loro danno (i tassisti italiani dovrebbero imparare), il drin drin di un carillon e la mancia è saldata, occhio però che siamo nel dopo crisi e se sforate anche di pochi centesimi il vostro conto, la banca vi piazza 34 dollari di multa, un tassì, un cinema e un caffè fuori budget cento euro. La città è cambiata velocemente.

Gli scolari dell'asilo e della prima elementare non erano ancora nati l'11 settembre del 2001, quando i commandos di al Qaeda, secondo la strategia salafita di Osama bin Laden, colpirono e distrussero le Twin Towers a Manhattan, danneggiarono il Pentagono a Washington e invano provarono a colpire la Casa Bianca, o il Congresso, con un aereo abbattutosi poi in Pennsylvania.

Il mondo è così cambiato che i ragazzini delle scuole, accompagnati da mamma e papà commossi, quando toccherà loro studiarlo al liceo resteranno sbalorditi. La breve solidarietà svanì presto, nelle rigidità ideologiche dei falchi intellettuali di Bush e del suo vice, il duro Cheney, sporcata dalla difesa della tortura del giurista John Yoo e degenerata poi nel carcere di Abu Ghraib. Ma con che fretta si sono smarrite la posticce supremazie morali contro gli yankee, Chirac sostituito da Sarkozy l'Américain e poi Hollande il servo del popolo solo a parole che bastona i ricchi ma non distribuisce ai poveri. Un mancato Robin Hood che perde un punto al giorno nei sondaggi e difficilmente resisterà per un secondo mandato. La cancelliera Merkel nuovo fuhrer europeo che non disdegna alleanze anche con Putin, basta che apra i rubinetti del petrolio, i cinesi intenti a sostenere dittatori dalla Birmania al Sudan, le Nazioni Unite paralizzate dalla burocrazia di Ban Ki Moon e con antisemiti, oppressori e tiranni a spartirsi poltrone. E nel mezzo la Siria che aspetta la mannaia americana.

Oggi come sempre in questi dodici anni i passanti si fermeranno a ricordare i caduti, civili, militari, poliziotti e pompieri e le guerre che da quella strage son venute, in Afghanistan prima e Iraq poi con i loro morti, americani, alleati, iracheni e delle varie tribù afghane. Si prega nelle chiese, nelle sinagoghe e nelle moschee. Si prega nelle scuole, dove ci sono studenti nati in 50 paesi diversi a cui, forse, l’11/9 non ricorda nulla se non tanto rumore e noiosi servizi in tv.

Osama voleva battere non gli Stati Uniti ma la globalizzazione, un mondo tollerante dove fedi e culture possano coesistere nello scambio economico, come aveva previsto il saggio scozzese Adam Smith. Che gli americani infedeli gestissero la propria società a piacimento era per lui ok, come scrisse nel suoi manifesti, peccato per lui che i suoi nemici son stati più furbi, o forse qualcuno ha considerato la taglia sulla sua testa più interessante di una dottrina distruttiva anche se impostata nel rispetto della religione. Bisogna pur mangiare mi si dirà. Osama o non Osama i dollari fanno gola a tutti. L'attacco orrendo di dodici anni fa serviva a intimidire il nemico, persuaderlo a ritirarsi nei propri confini e lasciare la regola della sharia imporsi nell'area dell'antico Califfato. Era la stessa strategia dei giapponesi a Pearl Harbor, non battere gli americani che sapevano troppo più forti, convincerli a lasciare il Pacifico all'impero del Sol Levante.

È passato Bush con la sua guerra al terrorismo, il presidente Barack Obama è stato accolto ovunque con sollievo e simpatia. Ma se l'Iraq è meno prima linea grazie alla strategia del generale Petraeus, clonata su quella vincente degli inglesi in Malesia dal 1948 al 1960 e dei boliviani e Cia contro il Che Guevara nel 1967, l'Afghanistan è guerra di lunga durata. I militari sanno che le tribù talebane non si possono tutte battere e occorre vincere sulle irriducibili e accordarsi con le moderate. La paura dello studioso di Harvard, Graham Allison, è che il prossimo attacco di al Qaeda sia nucleare, magari con materiale «sporco» contrabbandato dal Pakistan. E viene da tremare: se negli Usa tanto forte è stato il contraccolpo dell'11 settembre, come reagirebbe una qualunque delle nostre democrazie a un attacco nucleare? Il dodici settembre 2001 all'accademia militare di West Point una delle più raziocinanti docenti ammoniva i cadetti con un grafico sulla lavagna: più sicurezza implica meno libertà.

Di questi timori New York oggi non dà segno. Meno male direbbe qualcuno. Bloomberg si prepara a lasciare lo scranno, chi subentrerà avrà una pesante eredità sulle spalle, New York non dimentica in fretta, dodici anni dopo sono ancora tutti li a ricordare, qualche lacrima e tanto dolore per chi non è più tra noi.

Ricordo e non sopporto. Non sopporto che in un giorno come questo di ricorrenze si debba sempre tornare a quella valanga di articoli pubblicati, sembra che per un giorno tutti si rattristino e invitino gli altri a ricordare ciò che è successo, ma passate le 24 ore torna tutto nel dimenticatoio. E non sopporto neppure le frasi introduttive come quella con cui io stesso ho iniato questo articolo. Credevo non avrei mai scritto un post sull'11 settembre, ma la visione di alcuni video e link che ancora spopolano sui social networks come facebook mi ha spinto a farlo. A scrivere il mio pensiero per ricordare perché certa disinformazione gratuita mi fa rabbia. 
Purtroppo quel giorno terribile è già così lontano che molti giovani non lo ricordano ed è facile dar retta a chi dice sciocchezze se non si è informati.
C'è chi vi dirà che è impossibile che un pilota dilettante riesca a colpire con così tanta precisione un edificio; c'è chi vi dirà che non erano aerei, ma missili; improvvisandosi esperti fisici vi insegneranno che un aereo non può volare a 900km/h così a bassa quota; ipotizzeranno che le Torri siano crollate perchè demolite dall'interno con degli esplosivi; vi nomineranno una sostanza chiamata "termite"; c'è chi sosterrà che il foro del pentagono è troppo piccolo per esser stato fatto da un aereo; vi parleranno di video nascosti, video mancanti, che sono stati fatti sparire; tireranno in ballo la CIA e i governi, il cattivo Bush e il povero Bin Laden "che viveva nelle grotte e adesso riposa in fondo all’oceano in un sacco di nylon"; si pavoneggeranno di non credere alla "versione ufficiale" mentre voi, stupidi, ve la bevete senza accorgervi di niente; e alla fine vi incanteranno con lunghe liste di "autorità" ed "esperti" che non si lasciano infinocchiare da quello che ci hanno raccontato i giornali perché loro vogliono scoprire la verità sull'11 settembre.

Beh, è tutto falso, tutte bufale, tutte sciocchezze, falsità, palesi incongruenze, baggianate, leggende inventate di sana pianta ignorando i fatti.

L’11 Settembre 2001 Al Qaeda si impossessò di quattro aerei con l’intenzione di colpire i simboli degli Stati Uniti d’America. Questa è la verità, tutto il resto son solo chiacchiere.

Noi non dimenticheremo mai.

2013/09/08

La crisi va pagata da chi l'ha provocata!


Ogni opinione va rispettata, per carità, ma smettetela di dire che il problema sono i politici: lo sono senz'altro, ma li avete eletti voi. È inutile che mi rispondiate "ma dove lo troviamo un Roosevelt in Italia oggi". Vincoliamo i candidati ai programmi, leggiamoli, discutiamoli, prendiamoci la nostra parte di responsabilità. 

La gran parte degli italiani per 20 anni ha votato per Berlusconi o contro Berlusconi. Ma che cavolo di programma sarebbe? La denuncia delle storture e delle ingiustizie è una cosa, il vittimismo tutt'altra. Tra la ricca contessa e il povero in canna stiamo tutti dalla parte del povero in canna, salvo il fatto che non vorremmo mai essere come lui, e salvo rare eccezioni non facciamo nulla per aiutarlo. 

È super-doveroso far pagare una patrimoniale alla contessa e a tutti i ricconi. Ma è indispensabile sapere poi che fare con il ricavato. Se no i soldi vanno a finti precari pubblici, opere inutili, o peggio dove ordina Bruxelles. Governare davvero: è questa la sfida dopo 20 anni. Mettere a fuoco le riforme giuste, i tagli necessari, senza farsi piegare da lobby, corporazioni e comitati No-qualcosa. 

Esempi? 

Detassare completamente le assunzioni di giovani e i primi tre anni di salari, a patto di non licenziare per far loro posto. Puntellare l'occupazione degli over 50 con incentivi al mantenimento del lavoro. Dismettere tutte le proprietà non strategiche dello stato e delle autonomie. Imporre la pratica del miglior prezzo per tutte le spese del settore pubblico, a partire dalla sanità regionale. 

Vincolare le banche all'erogazione di mutui agevolati per la casa ai lavoratori dipendenti, gli unici che sicuramente pagano le tasse grazie al prelievo in busta. Lanciare il settore di valorizzazione a fini turistici delle belle arti, cofinanziata da enti di ricezione e compagnie di viaggi, occupando solo laureati nelle discipline dedicate. Confrontiamoci su fatti, idee, dati. Contrastiamo il vittimismo del declino e della decrescita più o meno felice. Possiamo, anzi dobbiamo farcela. O se no piangiamoci ancora un po' addosso.

2013/08/29

Il petrolio Siriano


Il petrolio è la vera ragione della guerra, o meglio del presunto attacco, presunto perché ancora non esistono certezze anche per merito della Russia e Cina che hanno posto il veto all'ONU. 
Riusciranno nel loro intento?

In tutta questa storia l'Italia soffre, ha sofferto e soffrirà perché dalla Siria importavamo petrolio e esportavamo il nostro meglio della nostra industria del lusso. Tutto finito, tutto svanito. Ecco il vero motivo per cui il Ministro Bonino rema contro e con ragione. 

Il 15 novembre 2011 l'Unione Europea vieta ai paesi membri di acquistare, importare o trasportare greggio e prodotti petroliferi siriani. Prima dell'embargo importavamo metà del petrolio di Damasco, vendevamo lusso, alimenti e vincevamo appalti per trivellazioni. Con la caduta di Assad ne subentreranno altri. In prima linea inglesi, francesi e americani.


La principale vittima di quel primo embargo è l'Italia. Fino a quel momento la metà dei 110.521 barili di petrolio esportati giornalmente dalla Siria viaggiavano verso i porti italiani e venivano raffinati da Eni, Saras e Italiana Energia e Servizi Spa. A quei 55mila barili di greggio giornalieri si aggiungono prodotti bituminosi e altri derivati per un valore di circa 1,04 miliardi all'anno. Grazie a quel diktat Ue impostoci durante la transizione Berlusconi-Monti, cioè all'apice della crisi italiana, le nostre aziende sono costrette a un costoso riposizionamento. Un riposizionamento ancor più doloroso visto che i prodotti siriani rimpiazzavano i buchi di approvvigionamento frutto della crisi libica.


Il peggio arriva a giugno 2012 quando il governo Monti accetta le nuove sanzioni Ue che impongono di azzerare i rapporti economici e diplomatici con Damasco. Con quella capitolazione l'Italia rinuncia ad un interscambio commerciale da 2,3 miliardi di euro, equamente divisi tra importazioni (1,13 miliardi di euro) ed esportazioni (1,16 miliardi di euro). E rinuncia pure al ruolo di principale partner economico europeo e di terzo partner mondiale (dopo Cina e Arabia Saudita) acquisito grazie agli accordi bilaterali siglati da Bashar Assad e Silvio Berlusconi nel vertice del 20 febbraio 2002. Grazie a quegli accordi l'Italia giocava un ruolo da protagonista nell'estrazione del petrolio e delle materie prime e garantiva alle proprie aziende ruoli di primo piano nella realizzazione di infrastrutture collegate.


La Saipem, per esempio, prevedeva di chiudere nel 2012 una commessa da 94 milioni di euro per la realizzazione degli impianti del pozzo petrolifero di Khurbet East. In Siria però il «made in Italy» spazzava ben oltre gli idrocarburi. Nel 2010 i prodotti alimentari garantivano alle nostre aziende un fatturato da 13 milioni di euro. E altri 5 milioni e mezzo di euro entravano grazie alle esportazioni di abbigliamento. Un intervento e un cambio di regime oltre a far svanire definitivamente quelle entrate ci precluderanno anche eventuali compartecipazioni in un settore energetico tutto da sviluppare. Davanti alle coste siriane arriva una porzione del cosiddetto Bacino del Levante un giacimento di gas esteso sotto le acque di Siria, Israele e Libano considerato - grazie ai suoi 3,4 trilioni di metri cubici di gas e ad oltre 1,7 miliardi di barili di petrolio - una delle più importanti riserve del mondo. A prenderseli, a guerra fatta, ci penseranno la Bp inglese e la Total francese oltre al Qatar, la Turchia, l'Arabia Saudita e gli altri paesi che foraggiano con armi e munizioni le fazioni della rivolta islamista.

La difficile partita dell'Italia non si ferma però alle porte di Damasco. L'intervento in Siria con tutta probabilità trascinerà alla guerra civile anche il Libano, un altro partner fondamentale per la nostra economia. Grazie a una costante crescita delle esportazioni salite nel 2012 ad 1,83 miliardi di dollari l'Italia è diventata il terzo partner commerciale del paese dei Cedri dopo Stati Uniti e Cina superando di un bel po' Francia e Germania. 

Ma la guerra a Damasco rischia di coinvolgere anche Iran e Russia mettendo in crisi altri due mercati fondamentali per i nostri scambi commerciali e trascinando l'Italia al definitivo tracollo. 

Che sia una lunga strada per dichiarare guerra all'Italia?

2013/08/28

E GUERRA SIA!!!


La guerra in Siria sembra ormai inevitabile, almeno secondo le ultime notizie che arrivano da oltreoceano: e questo nonostante le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi su un Barack Obama indeciso riguardo l’andare allo scontro contro il regime siriano, sembrerebbe che gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna siano pronti ad un conflitto lampo che dovrebbe partire giovedì o al più tardi nei giorni successivi. Barack Obama e il premier inglese Cameron hanno rilasciato una nota congiunta in cui si dicono certi dell’uso di armi chimiche sulla popolazione da parte di Assad, e che forniranno le prove di ciò. Speriamo che le forniscano prima dell'attacco e non dopo, e non ampiamente rimaneggiate per dar credito ai propri falchi dimenticandosi delle colombe. 

Dietro ogni guerra si nasconde un connubio di interessi che vanno ben al di là degli sbandierati scopi umanitari e sono sicuro che anche in questo caso ci siano.
Come leggo su un altro sito viene lecito un dubbio: perché mai Assad avrebbe usato armi chimiche? Che ragioni ci possono essere all'uso di tali mezzi di didtruzione di massa se poi l'arma si ritorce su loro stessi? Ormai è risaputo, chi usa armi chimiche non viene perdonato dalla comunità internazionale, anzi, viene messo all'indice, colpito, annientato, anche spaventato e nei casi peggiori impiccato (vedasi Saddam Hussein che pure il gas lo usò contro i curdi del nord Irak). E allora? Forse Saddam aspira a fare la fine di Saddam Hussein o di Gheddafi?

E che dire del buon Putin? Sembra proprio che anche questa volta abbia suggerito la soluzione corretta all'ONU, i Russi come sappiamo hanno il diritto di veto e loro come sostenitori della Siria lo faranno valere. Cosa ha fatto Putin di così eclatante? Vladimir Putin sbugiarda i signori della guerra a ogni costo: la strage in Siria? Non è stato Assad, ma i ribelli Salafiti, appoggiati dal governo Saudita e probabilmente dagli USA con i suoi alleati. La prova finale è stata fornita nelle ultime ore dal Cremlino al Palazzo di Vetro dell’ONU. Si tratta di video e foto che illustrano come i satelliti russi abbiano fatto luce sul fatto che i razzi che hanno causato l’ultima strage in Siria non sono partiti da Damasco ma da territori di pertinenza di gruppi Salafiti: ovvero dei cosiddetti “ribelli-mercenari” al soldo di Arabia Saudita e alleati occidentali.

Diventa automatico affermare che Washington non poteva non sapere!

Del resto i satelliti americani sono efficienti quanto quelli russi, anche meglio e sempre pronti a essere orientati dove fanno più comodo, anche a voltarsi dalla parte sbagliata se serve. Ci si domanda quindi il perchè di tutte queste menzogne? Innanzitutto a fronte di questa ennesima prova regina, l’ONU e lo stesso Ban-Ki Moon dovranno prendere atto della situazione e smentire, zittire, tutti i media di regime che da giorni danno adito a queste diaboliche falsità! 

Cui prodest dunque? A chi giova dichiarare la guerra alla Siria?
Perché la questione non si fermerà qui, i siriani non resteranno indifferenti, si attrezzeranno e si riorganizzeranno con i terroristi di mezzo mondo per colpire tutti quelli che hanno partecipato alle azioni offensive e andranno di mezzo altri innocenti che la guerra non la vogliono.

Ma se tutti hanno ormai deciso, che ci opponiamo a fare, per gridare in un silenzio e venir presi per matti?

Vogliono la guerra?

E che guerra sia e facciamo scomparire il mondo e torniamo alle origini, chissà, magari sarà pure meglio.

2013/08/23

INCUBO PEDOFILIA!

La parola pedofilia deriva dal tema greco παις, 
παιδός (bambino) e φιλία (amicizia, affetto).


Gli eventi di queste ultime settimane, causa periodo estivo, riportano alla ribalta sia casi ricorrenti di pedofilia che di cattiva giustizia.
Cattiva giustizia riferita alla pedofilia, non mi riferisco certamente a un altro eclatante caso del quale tutti i media ne hanno abbondantemente parlato e che non ho nessuna intenzione di commentare.
Il caso è quello di una ragazzina oggi tredicenne. L'incubo è durato tre anni. Una bambina violentata fisicamente e psicologicamente dal vicino di casa, una persona apparentemente fidata, lui e la moglie che, pare, non fosse al corrente delle malefatte del marito. 
La mamma lasciava la figlia all'uomo, inconsapevole di quello che accadeva nell'appartamento. L’orco, mi si conceda il termine anche se la legge dice che non dovrebbe essere così nominato, nonostante sia stato condannato a una pena irrisoria (tre anni di prigione in cambio di una vita rovinata sono nulla) potrà tornare a vivere accanto alla vittima, la Corte d'Appello di Roma ha infatti revocato il divieto di dimora nella casa in al tempo si svolsero i fatti. 
Adesso la famiglia della ragazzina è disperata, ripiomba nell'orrore. La sola presenza dell’uomo, dell’orco, ha provocato un nuovo improvviso e grave peggioramento dello stato emotivo della bambina. 

Ma la legge è legge.

Siamo sicuri che la legge debba essere così? 
Vediamo dunque che succede ai pedofili in alcuni paesi europei e oltre oceano.

USA: negli Stati Uniti il caso della ragazzina tredicenne non sarebbe potuto accadere. No, mai un pedofilo sarebbe stato rimandato a casa nello stesso edificio in cui vive la vittima. C'è un diverso approccio al problema dei reati sessuali, giudiziario, culturale e tecnologico. Negli Stati Uniti la rete è un boomerang per pedofili e maniaci. È diventata un incubo per chi ha già subito condanne definitive per reati sessuali. Una legge federale ha stabilito che l'interesse pubblico è prevalente sulla privacy, quando si tratta di crimini di questo genere. Ecco dunque pubblicate sul web, a cura dei Dipartimenti della giustizia o della Pubblica sicurezza di numerosi Stati, foto e curriculum dei criminali sessuali.
In Florida, Connecticut, Alaska, Arizona, New Jersey, California e in molti altri Stati esistono leggi specifiche molto dure che isolano e mettono all’indice il pedofilo. Arrivando a pubblicare tutti i dati personali inclusa la fotografia. La Florida va oltre, il sito (clicca sul link) Florida Sexual Offenders and Predators è quanto mai esplicito. In questo Stato chiunque lavori con i bambini (in scuole, palestre, asili) deve avere un passato integerrimo. Le autorità hanno il dovere di fornire ai datori di lavoro tutte le informazioni necessarie, anche le più riservate.



In Florida i pedofili in libertà vigilata non possono stare vicino ai luoghi in cui ci sono dei minorenni e sono costretti a vivere sotto ai pilastri di un ponte. la legge “Miami Dade County” infatti obbliga tutti i pedofili di stare lontano almeno 750 metri dalle scuole, parchi, campi da gioco, biblioteche e qualsiasi altro luogo pubblico dove venga segnalata la presenza di minorenni.

CANADA: Nuovi studi condotti in Canada affermano che la pedofilia non è una devianza ma ha radici biologiche, si tratta secondo i ricercatori di un orientamento sessuale non modificabile come l’eterosessualità o l’omosessualità. Purtroppo non esistono leggi specifiche contro i pedofili. La pedofilia viene considerata un attrazione per i bambini in età prepuberale. Nel momento che il pedofilo passa dal semplice desiderio, non punibile, all’azione ecco che allora intervengono le stesse leggi che puniscono i non-pedofili che commettono crimini sessuali contro i bambini. La durezza delle leggi può essere paragonata, in questo caso, a quella degli USA ma molto dipende fra Stato e Stato. Differenze sono notate fra quelli a lingua Inglese o Francese.

FRANCIA: Secondo la legge francese, il termine pedofilia non compare nei regolamenti o codici di diritto e della giustizia: i termini utilizzati per descrivere il reato di rapporto sessuale tra un grande e un bambino è Violenza Sessuale per un rapporto con il consenso bambino, Aggressione Sessuale o Stupro, quando il consenso del minore non viene riconosciuto o non esiste. Inoltre l’ordinamento legislativo riconosce i reati di corruzione di minori per l'incitamento di un minore in atti sessuali. Le pene possibili vanno da un  minimo di 7 anni di prigione fino a vent’anni con una pena accessoria in denaro di centomila euro. In caso di morte della vittima la reclusione passa a trent’anni. 

GERMANIA: Come nel caso della FRANCIA, anche i teutonici non hanno una legge specifica sulla pedofilia. Nel 2009 vararono una legge a tempo (scaduta nel 2012 e rinnovata in seguito) sulla pedopornografia online con l’intento di fermare i siti web concernenti immagini relative a atti di pornografia infantile: per fermare la pedofilia, insomma, il Parlamento mise a punto una norma che scaricava sugli ISP la responsabilità di filtrare i contenuti sul web sulla base di una specifica indicazione proveniente dalle istituzioni. 

POLONIA:   Dopo un caso di incesto che ha sconvolto l’opinione pubblica, la Polonia ha autorizzato nel 2011 la castrazione chimica obbligatoria per i condannati per pedofilia o per incesto ma il percorso legislativo era iniziato nel 2009. Un Paese all’avanguardia in Europa come affermato dal ministro della giustizia polacco Andrzej Czuma. Per quanto riguarda la non tolleranza della pedofilia e di questi crimini contro i bambini la Polonia infatti può essere considerata precursore. Alcuni paesi europei, come la Gran Bretagna, la Svezia, la Danimarca, o, in America, il Canada e alcuni stati degli Stati Uniti, propongono lo stesso tipo di terapia ai criminali sessuali, ma su base volontaria. La Polonia è il primo paese a imporlo per legge.

Quali sono le armi in nostro possesso?

Poche in verità e molto spuntate. La domanda di materiali a contenuti pedopornografici risulta essere a livelli alti in prevalenza nei Paesi che aderiscono al G8, il che significa anche paesi industrializzati, sviluppati, i principali fruitori e clienti di questo mercato dell'infanzia risiedono quasi tutti in quei paesi con pochissime eccezioni. Esistono casi sconcertanti come quello secondo il quale il Regno Unito, la Francia, l'Italia e in particolare la Germania che, pur sfiorando appena il 4% di audience in internet, assorbe il 19% della domanda pedofila. Viene fuori il ritratto di un Vecchio Continente che si riconferma punto di origine di questi abnormi crimini. Perché diventa inutilie sbandierare ragioni inverosimili per continuare a proteggere le lobbies di pedofili e pedopornografi, i genitori di quelle piccole vittime non ci stanno e vogliono giustizia, vendetta, esposizione al pubblico ludibrio. 

La legge italiana

Recepita nel 2012 la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, siglata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e divenuta legge dello Stato Italiano a Settembre sotto il Governo Monti ci si aspettava una applicazione rigorosa degli articoli in essa contenuti. Invece come purtroppo possiamo vedere ogni giorno, chi viene riconosciuto colpevole dei reati previsti se la cava con pene al minimo richiesto e con multe pecuniarie semplicemente ridicole. Non solo, la legge non prescrive particolari proibizioni o obblighi di dimora e i pedofili possono rientrare nelle stesse abitazioni dove si sono svolti precedentemente gli atti criminosi con buona pace di chi invece ha avuto la vita rovinata e ancora vive con incubi ricorrenti negli stessi stabili. Non è accettabile che la legge italiana possa consentire ai pedofili, dopo pochi mesi di reclusione e a volte nemmeno quelli, di ricominciare a condurre una vita normale e tornare a commettere gli stessi reati.

Il recente caso di Roma rientra in questa casistica. Siamo alla frutta. Anche da noi si vorrebbe fossero applicate rigorose leggi che puniscono e identificano senza ombra di dubbio i malati, deviati, criminali che abusano dei nostri figli. Come negli Stati Uniti dove sono in vigore leggi severissime per punirli; oltre alle lunghe detenzioni previste, quando escono di prigione devono sottostare a limitazioni della libertà personale per evitare che possano commettere nuovamente abusi. Devono indossare il "braccialetto elettronico" i pedofili in libertà vigilata (a cui hanno diritto dopo 12-16 anni di reclusione) devono stare ad almeno 750 metri da qualsiasi luogo che sia frequentato da bambini, costringendoli a vivere in una vera e propria "bidon ville" sotto un ponte di periferia. E non è l'unico caso: le limitazioni imposte in un sobborgo della Georgia hanno costretto i pedofili a trasferirsi addirittura in un bosco. Leggi che partono dal presupposto che "chi ha violentato bambini non può vivere dove vuole". 

Definizione di pedofilo 

Leggo su Wikipedia, e mi si conceda il beneficio di inventario in quanto io non sono un addetto ai lavori e pertanto potrei anche aver considerato corretto un testo che all'origine non è, che in ambito psichiatrico la pedofilia è catalogata nel gruppo delle parafilie, ovvero tra i disturbi del desiderio sessuale, e consiste nella preferenza erotica da parte di un soggetto giunto alla maturità genitale per soggetti che invece non lo sono ancora, cioè in età pre-puberale. Il limite di riferimento di età varia da persona a persona (poiché ogni individuo raggiunge la maturità sessuale in tempi diversi), ma oscilla generalmente tra gli 11 e 13 anni.

Nell'accezione comune, al di fuori dall'ambito psichiatrico, talvolta il termine pedofilia si discosta dal significato letterale e viene utilizzato per indicare quegli individui che commettono violenza attraverso la sessualità su di un bambino, o che commettono reati legati alla pedopornografia. Questo uso del termine è inesatto e può generare confusione. La psichiatria e la criminologia distinguono i pedofili dai child molester (molestatori o persone che abusano di bambini); le due categorie non sono sempre coincidenti.  

La pedofilia è una preferenza sessuale dell'individuo o un disturbo psichico, non un reato. La pedofilia definisce l'orientamento della libido del soggetto, non un comportamento oggettivo. Vi sono soggetti pedofili che non attuano condotte illecite, come si hanno casi di abusi su bambini compiuti da individui non affetti da pedofilia.

Quindi?

Possiamo modificare il sistema? Abbiamo abbastanza assi nella manica per colpire profondamente questo sistema malato che riconosce attenuanti ai pedofili con la sola scusa che si tratta di una devianza sessuale dipendente da una malattia e quindi non un reato?
Possiamo restare impassibili dietro la vita rovinata dei nostri figli in balia di persone sicuramente malate ma libere di agire e colpire i nostri figli?

Dovete sapere che i Paesi del G8 sono l'epicentro del mercato dei bambini. Circa la metà delle vittime del traffico pedofilo mondiale ha meno di 7 anni. Il 77% ne ha meno di 9. Un mercato illegale solo in teoria, ma di fatto libero. Perché è drammaticamente vero che chiunque, in questo preciso momento, a Roma o a Francoforte, a Mosca o Boston, Lisbona o Marsiglia può, con la propria carta di credito, scegliere razza, età, genere di perversione sessuale, tratti somatici della bambina (o del bambino) e acquistare, sicuro dell'assoluta impunità, la propria collezione di foto o il proprio film pedofilo. Anche se in questo caso la legge lo definisce un pedopornografo, cioè un individuo che gode nel vedere fotografie o filmati di minori in abiti discinti (e non solo). In questo caso a essere colpiti e puniti duramente non sarebbero solo i pedopornografi ma chi fornisce loro il necessario materiale, soloro che per soli scopi speculativi, cicuiscono i minori, la maggior parte di essi proviene dalle regioni povere dei paesi dell’est ma anche dal sud est asiatico, dall’europa del sud – ebbene si, anche l’Italia - dal sud e nord America. Stati Uniti, Germania, Russia, Regno Unito, Italia, Francia, Canada e Giappone - il cosiddetto "G8", cioè i Paesi industrializzati, assieme a Spagna e Polonia - rappresentano i tre quarti dei clienti del pedo-business, dell'unico mercato al mondo capace di porsi, senza regole, al di sopra della morale. Tra i Paesi maggiormente coinvolti nel traffico di materiale pedofilo spiccano la Germania, l'Olanda, gli Stati Uniti, Cipro, la Federazione Russa, il Canada, la Cina e il Portogallo.

La pedofilia e la pedopornografia sono uno schifoso traffico dai contorni mondiali, al pari di una organizzazione del commercio potremmo soprannominarla la WPPO World Pedo-Porno Organization e non fa nemmeno ridere...