Parlare con il ‘senno del poi’ per quanto non sia il mio sport preferito, permette di poter commentare oggettivamente gli eventi sulla base di fatti e comportamenti avvenuti e consuntivati, pertanto, quando necessario, è utile praticarlo.
Ed è da questo presupposto che stamane riflettevo sull’Europa, ma attenzione, non sull’Europa di oggi, quella dell’emergenza Covid per intenderci, ma sull’Europa ante-Covid, quella che fino a soli due mesi fa discuteva temi comunitari fino a quel momento prioritari quali politiche economiche e Patto di Stabilità, gestione del fenomeno immigrazione, riflessioni post-Brexit, ecc.
Su quell’Europa discutibile - ed infatti discussa - molte persone tra le quali molti amici, hanno sempre ribadito l’idea Europeista auspicando - in riferimento agli aspetti più contraddittori delle politiche adottate – il miglioramento dell’Europa, la necessità di lavorare per dare peso ai pensieri ed alle necessità di paesi oggi secondari, tra cui il nostro, nell’ambito dell’attuale assetto politico e decisionale Europeo ad evidente trazione nord-europea, guidato di fatto da un solo paese leader, la Germania, da una corte di paesetti tirapiedi (Olanda, Finlandia, Estonia ecc.) e da una Francia a corrente alternata che - in funzione delle proprie convenienze – sceglie tema per tema. La Gran Bretagna aveva invece già salutato tutti e lasciato il tavolo.
Tutto questo fervore Europeista e migliorista credo nella ovvia e genuina convinzione che ciò non fosse una mera utopia, ma un obiettivo concreto e realizzabile, che passava – necessariamente – per una supposta consapevolezza dei paesi leader della necessità di un cambiamento e – soprattutto - per la loro disponibilità allo stesso.
Ipotesi queste peraltro non campate in aria, evincibili tutto sommato da un vento, o meglio, una brezza leggera che sembrava soffiare in direzione diversa dopo clamorosi ed oggettivi fallimenti come la Brexit o la gestione della crisi Immigrazione, un vento fatto dalle diverse dichiarazioni più o meno ufficiali, dalle interviste, dalle asserzioni di solidarietà, dai tanti bla bla che puntualmente spuntavano da Bruxelles e riempivano tv, giornali e social ad ogni acuirsi di crisi.
Ma come si dice “Dal dire al fare c’è di mezzo il mare” e difatti, fino a Marzo 2020, sono rimaste solo parole, ricche di spirito Europeista, di fratellanza blustellata, di tante speranze, ma sempre e solo parole.
Poi è arrivato il Covid-19.
Come uno tsunami poderoso, annunciato ma largamente sottovalutato, è entrato a gamba tesa in Europa, falcidiando in pochissime settimane i sistemi sanitari e le economie dei paesi EU, ed in particolare ha colpito di più i paesi meno virtuosi, i poveracci insomma.
Ha ingenerato una crisi umanitaria/sanitaria/economica senza precedenti, la cui portata è incommensurabilmente più grande di tutte le altre fino ad ora affrontate dall’Europa, una crisi che – proprio in virtù della sua portata e della veemenza - non ammette tentennamenti né tanto meno ammette errori.
Quello che per il teatrino Europeo proprio non ci voleva: una crisi anti-supercazzole.
Eggià, il Covid-19 non lo si vince con le dichiarazioni, parole o promesse, ma lo si vince con i “fatti”, e al contempo non lo si può vincere un domani più o meno lontano, ahimè lo si deve vincere “ieri”.
Ecco qui che cade la maschera, in questo caso né chirurgica né FFP3 (quelle se le sono tenute ben strette), cade invece la maschera dell’ipocrisia Europea, dell’Europa che comanda, con il Covid-19 le parole si sciolgono come neve al sole di Agosto e rimangono solo i fatti. Ed i fatti li conosciamo tutti, non serve nemmeno ripeterli.
Ma non voglio scendere nel merito delle iniziative “comunitarie” di gestione del Covid, sulle quali credo di aver espresso più che palesemente la mia opinione, come detto all’inizio voglio rivolgermi agli illusi Europeisti, a chi aveva davvero creduto alle supercazzole che sono state raccontate dopo la Brexit, dopo la crisi Immigratoria ecc, li invito ad uscire dal torpore e a guardare i fatti, a riconoscere CHI SONO i nostri interlocutori in Europa e quello che realmente FANNO e non le supercazzole che ci raccontano per farci contenti.
Se non fosse arrivato il Covid-19 chissà per quanti anni ancora vi avrebbero illuso.
Una propaganda fatta così bene che sono arrivati al punto di farvi teorizzare che è grazie all’Unione Europea se da 75 anni non ci sono guerre in Europa… peccato che l’UE esista solo dagli ultimi 27 e - in particolare - esiste solo da 19 come unità monetaria e che all’interno di questo periodo, in nome del rigore fiscale, ha inginocchiato senza pietà paesi come la Grecia (paese cavia in questo senso, ed i prossimi siamo noi) e dato fiato al ritorno degli estremismi e sovranismi come mai accaduto nei precedenti 50 anni ante UE.
Una propaganda pacifista strombazzata da quegli stessi pulpiti che nella prima metà del secolo scorso (e non parlo di duemila anni fa) hanno causato due guerre mondiali e 92 milioni di morti, di cui 6 milioni nelle camere a gas.
Cari amici illusi e necessariamente disilludendi, mi ricordate tristemente la scena iniziale del film “SOBIBOR”, nella quale gli ebrei venivano fatti scendere da un elegante treno passeggeri ed accolti dai nazisti nel campo di sterminio con tanto di corteo di accoglienza, sorrisi e musica, per poi venire suddivisi con ragionevoli motivazioni tra quelli che sapevano lavorare legno e metalli e gli altri, dopodichè, questi ultimi, e sempre con ragionevoli parole, venivano convinti a lasciare cose e vestiti per fare una bella doccia, proposta accolta a braccia aperte dagli inconsapevoli ed illusi protagonisti.
Una doccia senza ritorno però.
Cari i miei amici illusi e disilludendi vostro malgrado, la storia insegna a capire CHI E' IL VOSTRO INTERLOCUTORE, anche in quel caso è cominciata con le parole e sorrisi, la deportazione con i carri bestiame, i “Güterwagen”, è avvenuta solo dopo.