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2019/11/28

FRANA DI GOVERNO



Non so se ci si rende conto che il governo del premier Conte, incensato dalla TV e dai media buonisti-progressisti, sta inanellando un “buco” dopo l’altro.

Le acciaierie di Taranto sono state messe in crisi anche dallo sconsiderato emendamento del M5S sulla revoca della tutela penale pregressa, l’operazione Alitalia è bloccata e – giunti alla ottava proroga dei tempi -  non si muove foglia, ma intanto perde 900.000 euro al giorno, mentre per la nuova legge sulla prescrizione dei processi non ci si capisce più nulla, così come la “querelle” sul fondo salva stati a livello europeo che ha tutte le caratteristiche di un mega-pasticcio.

La manovra economica resta un ibrido che cambia tutti i giorni aumentando il deficit per far contenti tutti in vista delle elezioni emiliane (con l’Europa che fa finta di essere distratta) e intanto il paese sprofonda come i suoi viadotti.

Certo, per Conte è sempre colpa di quelli “di prima” ma era proprio lui il premier quando è crollato il ponte Morandi e quel genio di Toninelli - che doveva risolvere tutto - non ha fatto neppure fatto partire l’indagine sui viadotti pericolanti che intanto continuano a crollare. Ma cosa si aspetta per penalizzare concretamente quelle società autostradali che hanno guadagnato (e continuano a guadagnare) fortune colossali ma non hanno neppure controllato la manutenzione?

Le divisioni interne al governo sono quotidiane e logoranti con il PD contro i 5 Stelle, e Renzi (nei guai giudiziari e di immagine) che ce l’ha contro tutti: non c’è una sola materia dove ci sia un minimo di coesione, solo la paura ad affrontare nuove elezioni.

MA QUESTA PAURA NON STA CONDANNANDO L’ITALIA AL BLOCCO, ALLA PARALISI, ALLA RECESSIONE?

RIFLETTETE: C’E’ UN PROBLEMA CHE SIA STATO RISOLTO IN QUESTI ULTIMI MESI?

2018/06/01

Zodiac e il Mostro di Firenze

"Io Zodiac e il Mostro? Bugie" Ma l'ammissione è registrata

Pubblicato sabato, 02 giugno 2018 ‐ Il Giornale.it
Francesco Amicone, Firenze. Giuseppe Joe Bevilacqua ha smentito di essere il Mostro di Firenze e Zodiac. "Non ho confessato di essere l'autore dei delitti a loro attribuiti per il semplice fatto che non li ho commessi. Queste notizie - ha detto l'ex militare americano accostato da un recente inchiesta giornalistica del Giornale alla figura dei due serial killer - hanno gravemente leso la mia dignità ed onorabilità, e turbato la serenità dell'intera mia famiglia. Per tali ragioni ho già attuato le vie legali per la tutela dei miei diritti".Se qualcuno gli avesse posto una domanda anche più diretta "Signor Bevilacqua, lei è un'idiota?" la notizia sarebbe stata se avesse risposto di "sì". Ma questa non è una notizia. È l'avvocato di Bevilacqua che dice che il suo assistito non ha ucciso 14 persone. Ma forse l'avvocato farebbe bene a porgli domande migliori. Il suo assistito può ancora giocarsi la carta del pentimento (con ritardo dovuto alla paura, stavolta). A conferma che la smentita di Bevilacqua non conta niente non c'è soltanto il buonsenso, ma anche le sue parole (intercettate) dell'11 settembre 2017, quando al telefono disse (fra le altre cose) al suo biografo: "Loro lo sapevano", riferendosi alla sua vita da serial killer e ai suo colleghi del Criminal Investigation Detachment, Ray D'Addario e Joe Colombo.Il biografo non crede che sia vero (che i suoi colleghi lo sapevano). Ma ci sono altri aneddoti, oltre alle ammissioni di settembre. Uno di questi è quando Bevilacqua seduto di fronte al suo biografo al Bar Marconi di Falciani disse dove Zodiac poteva avere portato il corpo di Donna Lass, una delle sue vittime. Non solo: fece un cerchio attorno al luogo.Era un giorno di metà estate del 2017. Fu la prima volta che si accennò a Zodiac, fra Bevilacqua e il biografo. Proprio a pochi chilometri dalla sua ex casa (a 300 metri dall'ultimo delitto del Mostro) e a pochi chilometri dalla palestra di Tavarnuzze che dal 1979 porta (ma è una coincidenza) lo stesso nome del killer: Zodiac. Ecco, Bevilacqua al Bar Marconi, fu interrogato dal biografo in merito alla sua presenza nel 1970 sul Lake Thaoe (20 secondi di silenzio, per rispondere "sì, ma non posso parlarne"). Ammise di essere stato nei pressi delle scene del crimine di Zodiac nel medesimo periodo dei suoi delitti (Santa Rosa, 1969 e Riverside, 1966) ma inoltre si lasciò scappare una battuta che avrebbe potuto risparmiarsi (con il senno di poi). Infatti, alla domanda del biografo: "Dove avresti portato un corpo tu se fossi stato il serial killer?", dopo qualche ipotesi al volo, fece con decisione un cerchio attorno a un luogo preciso: "A Heavenly Valley", disse ridendo. Il biografo gli chiese: "Perché?". Bevilacqua rispose (sempre ridendo): "Perché significa paradiso".È risaputo che Zodiac sosteneva che le sue vittime sarebbero finite nel "Paradiso degli schiavi". Quello che non tutti sanno è che le due lettere dell'ottobre 1970 che alludevano alla sparizione di Donna Lass sul Lake Tahoe portavano un particolare francobollo con la dicitura: In the beginning God.... La frase biblica continua così: created the Heavens. In principio Dio creò i Cieli. È possibile che Bevilacqua ne abbia ancora un paio del tutto simili nella sua collezione di francobolli che tiene a casa, di fianco all'album fotografico con la croce celtica. Basterebbe mandare qualcuno a darci un'occhiata. Non c'è niente di cui avere paura...

UE in affanno, arriva Savona



Il rebus del governo si è risolto secondo un principio matematico innegabile: cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Insomma, se era tutto un problema di caselle legato al nome e all’eventuale ruolo del prof Savona, il triumvirato Conte-Salvini-Di Maio l’ha risolto spostando Cincinnato in una posizione ancor più strategica e incisiva in ambito Ue di quanto avrebbe potuto essere quella da titolare del Mef. E allora, come Tito Livio ebbe a definire il politico romano «Spes unica imperii populi romani» («ultima speranza per l’autorità del popolo romano») anche i media odierni – detrattori e sostenitori, indifferentemente – vedono nell’economista “pomo della discordia” una figura cruciale di “radicale eurocritico”, “ultima speranza” istituzionale di ridisegnare i contorni problematici dei rapporti tra Roma e Bruxelles.

Savona, il Cincinnato del governo giallo-verde

Professore di economia, ex ministro del governo Ciampi ed ex presidente del Consiglio di amministrazione di molte e importanti banche e società italiane, accademico di lungo corso e fine analista, il suo curriculum non è certo quello di un outsider di rango, ma quello dello stratega che non vuole sottoscrivere il forfait dell’Italia dall’euro, semmai creare le condizioni per la riforma della Ue in modo da salvare gli obiettivi fondanti prefissi. E così, se da ministro dell’economia avrebbe potuto avvicinarsi all’obiettivo, con la nomina – effettiva con il giuramento delle 16 di questo pomeriggio – al vertice del dicastero degli Affari Europei con il coordinamento delle politiche comunitarie potrà centrare l’obiettivo e da una posizione privilegiata. Del resto, stando a quanto riferisce il Giornale online in queste ore, «per accettare, Savona ha giustamente posto alcune pregiudiziali, a cominciare dalla possibilità che gli è stata accordata di andare a ricoprire un ministero «contiguo».

Cambiare la UE per riformarla, non per annientarla

E così, l’ex Bankitalia ed ex Confindustria, dopo aver indicato lui stesso il nome di  chi sederà dietro la scrivania in via Veneto, destinata nelle intenzioni iniziali proprio a lui,ribadisce e sottolinea – come registrato dal quotidiano diretto da Sallusti – di essere «stato chiamato per le mie competenze europee perché ho seguito da vicino le vicende di Bruxelles fin dai primi passi della Ue. È giusto, quindi, che io possa fornire il mio contributo senza che sia tirato nuovamente in ballo l’accusa di essere nemico dell’euro». E allora, la domanda oggi diventa: «Chi è più europeista?» Chi  sta minando dalle fondamenta le possibilità di sopravvivenza della Ue o chi, come il prof Savona, e come da lui specificato, punta ad aprire un dialogo con i nostri partners chiedendo la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissa?…

2018/05/28

Colpo di Stato



Copio qui la lettera aperta del Professor Paolo Savona indirizzata a tutti quelli che non l'hanno voluto come minostro dell'economia.
E' doveroso ricordare che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rifiutato il Prof. Savona perché spaventato dalla minaccia di uscire dall'Euro ma anche dal ricatto di istituzioni straniere, prima tra tutti Moody's che hanno affermato di voler ridurre il rating dell'Italia se Savona fosse diventato ministro.
Il presidente ha quindi tradito la fiducia degli italiani cedendo al ricatto esterno di chi, nel nostro paese non conta nulla ma specula largamente sulla nostra economia e sui nostri risparmi.
Peggio di così l'Italia potrà andare, segnatevelo, ormai siamo in caduta libera.

Governo, Savona: "Ho subìto un grave torto da Mattarella"

Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un paradossale processo alle intenzioni". La risposta di Savona a Mattarella.


Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un paradossale processo alle intenzioni di voler uscire dall’euro e non a quelle che professo e che ho ripetuto nel mio Comunicato, criticato dalla maggior parte dei media senza neanche illustrarne i contenuti. Insieme alla solidarietà espressa da chi mi conosce e non distorce il mio pensiero, una particolare consolazione mi è venuta da Jean Paul Fitoussi sul Mattino di Napoli e da Wolfgang Münchau sul Financial Times. 

Il primo, con cui ho da decenni civili discussioni sul tema, afferma correttamente che non avrei mai messo in discussione l’euro, ma avrei chiesto all’Unione Europea di dare risposte alle esigenze di cambiamento che provengono dall’interno di tutti i paesi-membri; aggiungo che ciò si sarebbe dovuto svolgere secondo la strategia di negoziazione suggerita dalla teoria dei giochi che raccomanda di non rivelare i limiti dell’azione,perché altrimenti si è già sconfitti, un concetto da me ripetutamente espresso pubblicamente. Nell’epoca dei like o don’t like anche la Presidenza della Repubblica segue questa moda.

Più incisivo e vicino al mio pensiero è il commento di Münchau. Nel suo commento egli analizza come deve essere l’euro per non subire la dominanza mondiale del dollaro e della geopolitica degli Stati Uniti, affermando che la moneta europea è stata mal costruita per colpa della miopia dei tedeschi. La Germania impedisce che l’euro divenga come il dollaro “una parte essenziale della politica estera”. Purtroppo, egli aggiunge, il dollaro ha perso questa caratteristica, l’euro non è in condizione di rimpiazzarlo o, quanto meno, svolgere un ruolo parallelo, e di conseguenza siamo nel caos delle relazioni economiche internazionali; queste volgono verso il protezionismo nazionalistico, non certo foriero di stabilità politica, sociale ed economica. 

È il tema che con Paolo Panerai ho toccato nel pamphlet recentemente pubblicato su Carli e il Trattato di Maastricht, dove emerge la lucida grandezza di Paolo Baffi. L’Italia registra fenomeni di povertà, minore reddito e maggiore disuguaglianze. Il 28 e 29 giugno si terrà un incontro importante tra Capi di Stato a Bruxelles: chi rappresenterà le istanze del popolo italiano? 

Non potrà andarci Mattarella, né può farlo Cottarelli. Se non avesse avuto veti inaccettabili, perché infondati, il Governo Conte avrebbe potuto contare sul sostegno di Macron, così incanalando le reazioni scomposte che provengono dall’interno di tutti indistintamente i paesi-membri europei verso decisioni che aiutino l’Italia a uscire dalla china verso cui è stata spinta. Münchau giustamente afferma che “teme non vi sia un sostegno politico nel Nord Europa” e quindi non ci resta che patire gli effetti del protezionismo e dell’instabilità sociale. Si tratta di decidere se gli europeisti sono quelli che stanno creando le condizioni per la fine dell’UE o chi, come me, ne chiede la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissi

2018/05/13

I magnifici 7



Onore e gloria ai vincitori, rispetto per i vinti. Se la Juventus e metà dell'Italia calcistica oggi festeggia la vittoria del settimo scudetto consecutivo, bisogna anche dare atto ai concorrenti che hanno provato sempre e comunque a togliere lo scettro alla regina e, se non sono stati capaci di scalfire il primato della Juventus, non è solo colpa di giocatori non all'altezza della concorrente, e nemmeno di allenatori e strutture. Spesso è stato quel servilismo tutto italiano che ci accompagna dalla fine della guerra e che si chiama Fiat. Oggi ha vinto la Juventus, vincerà anche il prossimo anno e molti anni ancora se non si trova una strada per uscire da questo dominio. Questo è evidente in Europa dove la Juventus non batte chiodo da anni. Una dominazione assoluta in Italia e quasi il nulla in Europa la dicono lunga su come viene considerata la squadra torinese. Se qualcuno non si decide a cambiare le carte in tavola temo che questa storia continuerà a lungo. Trovate una soluzione, trovatela voi, ho tante idee in mente, temo di non avere abbastanza frecce nel mio arco.

Uno 0-0 molto scontato ha consegnato lo scudetto alla Juventus. Non è servita nemmeno la vittoria del Napoli a Genova contro la Sampdoria. Roma-Juventus è stata una festa per due, per i bianconeri che hanno festeggiato sul campo di una rivale storica e per la Roma che pur passando dal secondo posto dello scorso anno a un probabile terzo trova comunque la qualificazione in Champions League. Se per la Juve le vittorie sono scontate e quasi dovute, per le altre certi traguardi non sono poi mai così sicuri.

La Juventus festeggia il suo settimo scudetto consecutivo all’Olimpico a Roma. L’Italia che non tifa Juventus - diciamo almeno una metà abbondante - sperava stavolta in un finale diverso, ma alla fine ha dovuto accettare un verdetto scontatissimo, atteso. Il solito.

E’ stato l’anno forse in cui la Juventus ha rischiato di più, perché il Napoli sembrava davvero poterle tenere testa: ha avuto gioco, grandi giocatori, fiducia, un pubblico che l’ha spinto e sostenuto fino all’ultimo, un grande allenatore - Maurizio Sarri -  talmente stremato dal confronto con la Juve da rischiare forse di non rimanere e di non potere (e volere) ripetere un’esperienza del genere. Ma è andata come tutti sappiamo, la Juventus ha vinto perché il suo diretto avversario ha perso la pedalata, è crollato in volata. E alla fine di quella grande sfida restano sostanzialmente i veleni a fare notizia. Non è facile accettare un dominio del genere, se ne cerca un’ingiustizia di fondo anche perché questo rende di per sè più accettabile la sconfitta.

La Juventus ha dovuto sudarselo questo scudetto. Le si rinfaccia continuamente il “non gioco” senza pensare che la Juve è una squadra in evoluzione continua e che storicamente - dall’epoca di Trapattoni a quella di Allegri - rappresenta il massimo dell’italianità nel calcio. Per cui lo spettacolo non ce l’ha nel dna, anche se poi può assortire i migliori attaccanti e i migliori talenti in circolazione: Higuain, Dybala, Douglas Costa, Mandzukic, Cuadrado, Bernardeschi. Ne ha talmente tanti la Juve da non poterli far giocare tutti insieme. E’ chiaro che il suo vantaggio sul resto del calcio italiano è soprattutto questo, aver saputo accumulare negli anni tanta ricchezza tecnica. Da far poi pesare al momento di fare i conti.

E’ soprattutto lo scudetto dell’ultima stagione (forse…) di Gigi Buffon. A 40 anni e 17 stagioni in bianconero Gigi è stato ancora il migliore. Ma un calciatore - ammesso che un portiere sia “solo” un calciatore e non qualcosa di più -, soprattutto un grande campione, deve sapersi porre un limite, non trascinarsi oltre, lasciare magnanimamente il posto che del resto lui prese ad altri portieri: Bucci, Nista, Van der Sar, per trovare i predecessori di Buffon bisogna scavare nell’album Panini. E’ arrivato il suo turno, meglio farlo col sorriso e senza drammi.

Massimiliano Allegri ha curiosamente accumulato vittorie e critiche, pur essendo ancora giovane soffre l’evolversi di un calcio teorico e a volte irrealistico. Fare meglio e di più di Antonio Conte non era facile, quasi impossibile se si pensa che fu contestato pesantemente non appena mise piede nel 2014 a Vinovo. In questi anni ha più volte rinnovato la Juve o meglio si è trovato spesso a dover inserire giocatori nuovi che la politica aziendale gli ha messo a disposizione, anche se quasi sempre campioni di grande qualità e alto costo. Ha avuto delle crisi e delle incertezze, certo, ma non sono mai durate più dello spazio di qualche giornata di campionato, così da non compromettere il risultato finale. Non capisco cosa gli si possa chiedere di più e perché il tiro ad Allegri sia diventato un perfido e irriconoscente sport nazionale.

Nel complesso bisogna riconoscere che Agnelli e Marotta hanno saputo dare stabilità a un club che si è rinnovato continuamente proprio per evitarne l’involuzione. Guardate la prima Juve di Antonio Conte e guardate quella del settimo scudetto consecutivo, sono squadre che a parte un certo zoccolo duro ormai ridottissimo  e via via sempre meno utilizzato (da ultimo Marchisio) sono completamente trasformate. E’ stato questo il segreto della continuità, non rimanere mai gli stessi, cercare sempre stimoli nuovi.

Lo dirò abbastanza chiaramente ma senza alcun veleno. Non tutto il merito dei sette scudetti della Juventus sono merito intero della Juventus. Sono merito anche di avversari che non hanno avuto la sua stessa capacità imprenditoriale e soprattutto tecnica. La scomparsa di Milano a questi livelli alla fine ha spianato la strada al club più forte. O queste squadre si attrezzano su tutti i fronti per ridurre il gap o di scudetti consecutivi la Juve arriverà a vincerne dieci.