Il prossimo 23 aprile la Francia si recherà alla urne per le elezioni
presidenziali. Tale scadenza viene caricata di significati contrapposti
da parte di chi ritiene che ci sia lo spazio per la vittoria elettorale della Le Pen,
il che significherebbe l’affondamento del disegno
politico-bancario-finanziario di questa Unione Europea, e chi invece la
considera l’occasione per battere ogni rivincita dei Popoli (i
populismi) e riaffermare il primato della cultura
positivistica-democratica su ogni ipotesi alternativa. Entrambi le
suggestioni sono improbabili.
E’ previsto un grande successo della Le Pen,
che dovrebbe arrivare prima con il 25-30% dei voti al primo turno,
salvo poi ad essere sconfitta con un 60/40 % al ballottaggio contro il
candidato di centrosinistra moderato filo-Unione Europea, Macron. Un pò
lo stesso scenario e la successiva interpretazione errata del risultato delle elezioni olandesi
svoltesi lo scorso marzo, dove il candidato uscente, il Primo Ministro
Rutte è stato dichiarato vincitore ed il candidato populista Geert
Wilders è stato dichiarato sonoramente battuto. In realtà il candidato
populista non aveva alcuna possibilità di vincere, perchè il
proporzionale puro spinge sempre a risultati più o meno di
centro-sinistra, ma il suo Partito per la libertà (PVV) è passato dal
13% ad oltre il 16% conquistando 5 nuovi seggi, arrivando a 20.
Il
Partito Liberal-democratico del Presidente Rutte ha perso invece un pò
più del 5% e 8 seggi, scendendo da 41 a 33; il suo alleato del Partito
Laburista ha perso il 19% conquistando un pò meno del 6%, scendendo da
38 a 9 seggi con un saldo netto negativo di ben 29 seggi.
Complessivamente l’alleanza di Governo di centrosinistra ha perso ben 37 seggi
e quasi il 25% dei voti (un elettore su quattro) scendendo dal 51,3% al
27%, cioè una catastrofe. Ma il presidente uscente Rutte è stato
dichiarato, quasi una beffa, grande vincitore.
Dove finiscono i voti? Successo importante a
sinistra dei Verdi, che passano da 4 a 14 seggi e dal 2,3% al quasi 9%, e
aumento significativo di due Partiti minori di centro-centrosinistra
moderato che complessivamente passano da 25 seggi a 38 seggi, cioè
interpretano la fuga degli elettori dai due grandi Partiti di Governo
liberal-democratici e laburisti, attraverso modeste varianti. Tutto il
resto è poca cosa. Nessuno avrà la maggioranza per
governare e molto probabilmente nascerà una coalizione frammentata,
molto debole sui contenuti e a continuo rischio voto parlamentare, di
cosiddetta unità nazionale contro i populisti. Cioè si creerà una
situazione di instabilità e poi di transizione, come è già accaduto gli
anni scorsi in Spagna, in Belgio e in Grecia. Cioè per quanto il Partito
anti-Unione Europea non abbia sfondato, ha di fatto distrutto tutti gli
equilibri precedenti.
E’ molto prevedibile che la stessa cosa accada in Francia,
dove alla fine l’unità di tutti al secondo turno contro il Front
National permetterà la sopravvivenza del sistema dell’Unione Europea, ma
con tutti gli equilibri parlamentari fortemente compromessi. E poichè
il rinnovo dell’Asssemblea legislativa avverrà l’anno successivo, a quel
punto la Le Pen potrebbe conquistare la maggioranza dei seggi nel nuovo
Parlamento. La marcia della riscossa dei popoli europei è lenta, anche
perchè ha una concentrazione ostile di interessi economici, centrali
ideologiche e culturali impressionanti, poteri forti finanziari,
affaristiche e di lobby avversari smisurati, ma le ragioni dell’istinto
di sopravvivenza degli europei, minacciate dall’onda musulmana e dal
logoramento etico e morale interno, appare più forte.
Mentre è facile mettere tutti insieme contro la Le Pen,
è molto più difficile affondare nei singoli collegi le personalità
antagoniste al disegno politico-culturale dei progressisti e democratici
declinanti. Se c’è una cosa chiara che emerge, dall’Olanda alla Spagna
agli Stati Uniti, è che la sinistra e il suo progetto politico è in
crisi in tutto il mondo, perchè non sa dare risposte ai problemi
contemporanei, nè quelli economici, nè quelli sociali, nè quelli
esistenziali. Non siamo al tramonto dell’Occidente, ma quello della
sinistra occidentale. Occorre perciò un Manifesto fondante degli uomini
che vogliono rappresentare la riscossa dell’Occidente che non vuol
scomparire, nè dal punto di vista demografico, nè delle idee, nè del
futuro del mondo.
fonte: il secoloditalia.it
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