Nel mondo sottosopra plasmato dalla pandemia, con i parametri della normalità saltati o riscritti, anche le agognate vacanze di Natale rischiano di diventare una iattura per gli studenti ansiosi di tornare in classe. Quello che fino all'anno scorso era un traguardo atteso per tirare il fiato dopo i primi mesi di lezioni e interrogazioni, ora verrà sfruttato per prolungare di un paio di settimane la quarantena forzata degli studenti delle scuole superiori (e di seconda e terza media per le regioni rosse).
Come scrive Corrado Zunino, anche la ministra Azzolina sembra essersi arresa alla prudenza e non insisterà per un rientro prematuro: la data del 7 gennaio - sempre che la curva dei contagi torni davvero sotto controllo - è ormai la più probabile per sancire la riapertura di licei e istituti. Questo significa un altro lungo periodo di lezioni virtuali, con buona pace dei ragazzi No Dad e della loro voglia di tornare a scuola: un tempo che dovrà servire a risolvere i problemi strutturali evidenziati dall'inizio della seconda ondata, cioè i trasporti pubblici, il tracciamento e le assenze in cattedra.
Sull'altro piatto della bilancia ci sono i disagi di una generazione di alunni che porta addosso i segni di questo anno pandemico, con danni psicologici e cognitivi che non possono essere ignorati. Fa riflettere, sul tema, il commento di Chiara Saraceno, che accusa il nostro modello (di governo, di società, di economia) di aver tenuto in considerazione le esigenze e i diritti di tutti tranne che quelli dei giovani e degli studenti, dimenticandosi che il progetto "recovery fund" si chiama in realtà "Next generation". È vero, per loro fortuna gli adolescenti sono meno soggetti ai sintomi gravi del virus e anche quando si contagiano, se la cavano con pochi danni. Ma non per questo si possono continuare a ignorare i danni interiori che la pandemia sta provocando. Vacanze di Natale comprese.
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