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2021/06/19

Morire di nulla



Come muoiono oggi gli anziani? Muoiono in ospedale.
Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Poi, una volta dentro, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria. Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.

“Come va la nonna, dottore?”.
“E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente.
Esattamente lo stesso motivo (non per tutti, sia chiaro!) per il quale da diversi anni è rinchiusa in casa di riposo.

“Come va l’anemia, dottore?”.
“Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”.
“Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’endoscopia”.

Chi lavora in ospedale si è trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo. Che senso ha sottoporre una attempata signora di 92 anni ad una gastroscopia? Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro? Perché deve morire con una diagnosi precisa? Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.

Certe volte comprendo la difficoltà e il disagio in certi ragionamenti. Talvolta no.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la signora ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “…sa, è tanto golosa”.

A questo punto ormai l’ospedale sta facendo la sua opera di devastazione. La signora perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere. Le notti diventano un incubo.

La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.

All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”. Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.
“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.

“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”.
Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante (spesso il Rianimatore sollecitato di corsa per “fare di tutto”) scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”.

La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi. L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.

Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri anziani che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente, che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita.
Che serve amore, vicinanza e dolcezza.

Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.
Ma perché?

Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna? Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.

In ultimo, per noi medici: ok, hanno sbagliato, ce l’hanno portata in ospedale, non ci sono posti letto, magari resterà in barella o in sedia per chissà quanto tempo. Ma le nonnine e i pazienti, anche quelli terminali, moribondi, non sono “rotture di scatole” delle 3 del mattino.

O forse lo sono. Ma è il nostro compito, la nostra missione portare rispetto e compassione verso il “fine vita”. Perché curare è anche questo, prendersi cura di qualcuno.
Anche e soprattutto quando questo avviene in un freddo reparto nosocomiale e non sul letto di casa.."
(fonte facebook)

2020/03/16

La psicanalisi ai tempi del Coronavirus



Ecco una storia su cui ragionare. Abbiamo un sogno, il sogno di una paziente della dottoressa von Franz, che in queste notti sta facendo più o meno l’intera umanità. Marie-Louise von Franz (1915-1988) era una psicanalista svizzera , allieva di Jung con cui lavorò oltre vent’anni. Studiò le fiabe, le visioni e, più di ogni altra cosa, i sogni. Tra i tanti che racconta c’è questo, fatto da una donna considerata terminale, a cui i medici avevano tuttavia garantito: “Andrà tutto bene”. 

La donna sognò che il suo orologio si era fermato. Lei l’aveva portato dall’orologiaio, ma lui l’aveva osservato e gliel’aveva restituito scuotendo la testa e dicendole che non poteva più essere riparato. Prima ancora che la dottoressa von Franz potesse interpretare il sogno, fu la paziente a farlo: “Parla chiaramente dell’esito della mia malattia”. 

La dottoressa la ascoltò in silenzio, senza contraddirla. 

Ha raccontato questa storia quindici anni più tardi, intervistata per un documentario trasmesso da una tv canadese. 
Alla fine ha aggiunto: “Quella donna è ancora viva. Incredibile. La mia spiegazione è che il sogno della fine abbia provocato uno choc alla sua mente, le abbia fatto affrontare il problema, causato una reazione, l’abbia salvata”. 

O forse avevano ragione i medici. Tra orologiai disperati e dottori compassionevoli, o viceversa, a noi tocca svegliarci, reagire e poi raccontarlo fra quindici anni.

2020/02/27

Italian Coronavirus


Contrariamente al titolo inglesizzante, il testo è in italiano. 

Questo articolo è tratto da uno scritto del Dottor Marco de Nardin pubblicato da Med4.Care il cui link lo trovate sotto.
L'articolo dipinge a chiare linee la situazione italiana e i reali motivi perché il virus Covid19 abbia trovato terreno fertile nelle nostre genti e terre.
Una volta di più va chiarito che chi ci governa deve essere consapevole di quello che fa e non improvvisare, il Coronavirus uccide!

I miei colleghi medici ed io, in queste ore, ci siamo posti delle domande riguardo alla situazione attuale dell’epidemia di Coronavirus.
Come mai nel giro di 24 ore in Italia il contagio assume proporzioni enormi, mentre fino a ieri eravamo tutti sereni e pacifici?
E come mai solo l’Italia, tra le varie nazioni europee, ha registrato un numero enorme di casi di Coronavirus in confronto a tutti gli altri?
Perché non si riesce a trovare il paziente zero?

Cerchiamo di capirne di più partendo dalla seconda domanda.

Come mai solo l’Italia, tra le varie nazioni europee, ha registrato un numero enorme di casi di Coronavirus in confronto a tutti gli altri?

Teniamo conto che in Italia, almeno sulla carta, sono state messe in atto almeno le medesime iniziative che in tutti gli altri paesi europei, se non maggiori. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte le ha ricordate nella conferenza stampa di ieri sera:
per primi abbiamo bloccato i voli diretti dalla Cina,
per primi abbiamo fatto scattare lo stato di emergenza,
per primi abbiamo instaurato sistemi di controllo.

Tuttavia c’è anche da ricordare che molte di queste iniziative sono state attuate in modo “naif” per dire poco. Vediamo ora perché.

Il blocco dei voli

Sono stati bloccati solo i voli diretti. E già così è stata polemica. La Cina si è addirittura lamentata ufficialmente con i propri canali diplomatici per la “discriminazione” e le manovre eccessive messe in atto. Siamo riusciti a fare irritare la Cina senza ottenere il risultato sperato: i cinesi e gli italiani dalla Cina hanno continuato a rientrare indisturbati facendo scalo dappertutto, evitando di prendere i voli diretti. Non è stato fatto un controllo sul volo di PARTENZA della persona, ma solo sull’ultimo volo preso. È ovvio che sono entrate indisturbate nel nostro paese tantissime persone. Solo adesso Ricciardi (OMS) dichiara: “Abbiamo sbagliato a non far fare la quarantena a tutti coloro che rientravano dalla Cina”.

Lo stato di emergenza

Siamo stati anche i primi a dichiarare lo stato di emergenza “all’italiana”: ovvero dichiarare di essere pronti, e non fare niente per esserlo nei fatti. Negli ospedali non sono arrivate tutine, maschere, protocolli. Hanno iniziato ad arrivare in data 21/2/2020, e non ho paura di essere smentito dato che negli ospedali ci lavoro. Quindi, anche qualora avessimo “scoperto” i casi con anticipo, ci saremmo infettati tutti comunque, senza le migliori protezioni possibili. Un esempio su tutti: i siti italiani ufficiali non riportano nemmeno i dati in tempo reale. Dobbiamo saperli da altri siti stranieri che fanno le pulci a tutto quello che succede in italia: https://www.worldometers.info/coronavirus/.

I sistemi di controllo

Mettere la Croce Rossa e la Protezione Civile a misurare la temperatura delle persone negli aeroporti è stata una trovata folkloristica ma totalmente inefficace: lo avevamo affermato molto tempo fa, inascoltati come tutti i medici sul campo, il Professor Burioni in testa a tutti. Ma, come ben sappiamo, in Italia chi decide non è mai chi sa. Così, nonostante fossimo stati informati che il periodo di incubazione è molto lungo e che il virus si poteva diffondere asintomatico in soggetti totalmente ignari di essere “untori”, abbiamo coltivato l’illusione che le misure adottate ci potessero proteggere, in qualche modo compiaciuti di non fare la fine dei cinesi. Ma i cinesi, signori, se si muovono, hanno sempre un buon motivo!

E infatti, lentamente e in modo strisciante, il contagio si è diffuso in modo asintomatico nella popolazione, dato che occorrono 10 giorni in media perché una persona presenti i sintomi. E molti italiani si sono infettati a partir da tutti coloro che sono rientrati dalla Cina, molti dei quali probabilmente non sanno di avere il virus e forse sono anche già guariti, visto che nell’80% dei casi il virus è asintomatico dall’inizio alla fine del proprio ciclo.

La definizione di “caso sospetto”

E mentre noi eravamo felici che non ci fossero più casi “sospetti”, perché non c’erano più persone sintomatiche, né provenienti dalla Cina (dal momento che dalla Cina non ritornava più nessuno ormai), né positive al test, il contagio passava tra le persone ignare di tutto.

Quando poi qualcuno ha fatto dei test a qualche polmonite di troppo è scoppiata la bolla e abbiamo cominciato a fare il test a tappeto, impauriti. Perché, a questo punto, “chi cerca trova”. E così, cercando “a caso”, si trovano tanti infetti semplicemente perché in Europa siamo pieni di infezione. In Italia più che altrove perché abbiamo più turisti cinesi che erano in giro per il nostro Paese. Ma non pensiamo di essere l’unica nazione ad avere tutti questi casi: semplicemente ci siamo messi a cercare e li stiamo trovando. Perchè oggi stiamo cominciando a cercare il virus in tutti coloro che sviluppano segni di polmonite e non soltanto in coloro che hanno avuto contatti con la Cina. Ricordiamoci che attualmente i paesi con più casi sono Italia, Giappone e Corea che come è noto sono quelli che hanno i migliori sistemi sanitari al mondo in termini di prevenzione.

Ci auguriamo solo che i casi siano talmente tanti da significare che la mortalità sia anche molto meno di quel 2% (20 volte l’influenza), e non qualcosa in più.







By: Marco De Nardin|Published on: Feb 23, 2020

2020/02/10

Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza


«Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza.»
(Lucio Anneo Seneca - "Lettere a Lucillo")

L’epidemia causata dal Coronavirus di nuova generazione, dopo aver scatenato una psicosi che ha pochi precedenti, ha raggiunto, ormai, un nuovo livello: quello politico. Scambi di stoccate, alcune eleganti altre più dirette. 

Particolarmente ferma la posizione del direttore dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha sottolineato come all’interno del tentativo di fermare la diffusione del virus non ci sia bisogno di misure che “interferiscano senza necessità con i viaggi internazionali e il commercio”, dichiarazione rilasciata ai più importanti organi di comunicazione mondiali. 

Il conteggio delle vittime ha superato i 900 (con oltre 2000 persone guarite e una prima stima di mortalità al 2 per cento), concentrate sempre nella provincia di Hubei. Gli sforzi del governo cinese per arrestare la malattia proseguono e acquistano un tono particolarmente forte le proteste del ministro degli esteri Hua Chunying, che ha accusato gli Stati Uniti, nazione nella quale i contagi sono 11, di aver, anziché aiutato la Cina e nonostante le dichiarazioni pubbliche del presidente Donald Trump, “incessantemente fabbricato e diffuso il panico, imposto restrizioni eccessive contrarie alle raccomandazioni dell’OMS“. 

C'è da aggiungere che anche all'Italia sono state mosse accuse similari, il che disorienta perché al momento l'attenzione dovrebbe essere focalizzata sulle misure da prendere per evitare una pandemia e non su questioni meramente politiche. Ogni paese difende, come è giusto, i propri confini. 

Già all’inizio della crisi, gli analisti avevano identificato il rischio che la malattia potesse servire da pretesto per scontri politici ed economici fra le due superpotenze, e attribuito proprio a questo timore, unito a quello di una perdita di popolarità, l’azione molto rapida, se paragonata al precedente episodio della Sars, del governo cinese. nCov 2019, si è detto, ha una mortalità stimata attualmente fra il 2 e il 2,5 per cento; inferiore a quella della Sars e della Mers, che sono della stessa famiglia. 

Quali sono, nel mondo, i virus più letali? 
Tralasciando i virus purtroppo e tristemente ben noti "Ebola" comprese le variazioni del nome (che ha una mortalità fra il 70 e il 90 per cento e che ha mietuto oltre 11mila vittime in Africa), il Marburg (mortalità fino all’80 per cento) e il Dengue (fino al 20 per cento se non trattato), esistono altri nemici che sono in grado di colpire in modo molto più letale di quanto ha fatto finora il Coronavirus e di uccidere senza pietà. 

Alcuni di essi sono stati messi all’angolo e sconfitti solo grazie ai vaccini; e, se dovessimo smettere di utilizzarli, vincerebbero, come vinceva un tempo il vaiolo (33 per cento di mortalità), dal quale ora la vaccinazione ci protegge.

La rabbia, portata dagli animali (potenzialmente anche quelli domestici) e tenuta alla larga dalle nostre case dai vaccini, colpisce il cervello e il sistema nervoso, gradualmente ma inesorabilmente. Il principale veicolo della rabbia sono i cani, e ha una mortalità del 100 per cento dei casi non trattati. Le morti, ogni anno, in tutto il mondo, sono 55mila;

l’HIV e quindi l’AIDS, che non è affatto scomparso, arriva dalle scimmie ed è un’assassino senza scrupoli. Il numero stimato di persone morte a causa dell’HIV dalla sua scoperta, negli anni Ottanta, è di 36 milioni di persone (770mila nel solo 2018). La mortalità è circa del 33 per cento;

l’HPS o Hantavirus, una sindrome polmonare, anch’essa proveniente da animali selvatici come il Coronavirus, ha colpito negli Stati Uniti fra i primi anni Novanta e il Duemila circa 600 persone, con una mortalità del 36 per cento. Casi precedenti si erano verificati negli anni Cinquanta, fra le truppe americane in Corea, con una mortalità del 12 per cento. La malattia viene trasmessa attraverso le feci dei topi;

il Rotavirus, che viene ora aggredito grazie alla diffusione dei vaccini, proviene dalle feci umane e uccide attraverso diarrea e disidratazione. È responsabile della morte di 440mila bambini sotto ai cinque anni, ogni anno;

l’influenza. Uccide, ogni anno, mediamente 500mila persone. La mortalità dell’influenza è variabile, perché cambia ogni anno; nella storia la peggior epidemia d’influenza è, come si sa, la Spagnola del 1918, che complici le condizioni successive alla Prima Guerra Mondiale dopo aver contagiato il 40 per cento della popolazione mondiale uccise 50 milioni di persone.

Secondo i virologi, una possibilità di una nuova pandemia da influenza simile alla Spagnola è possibile ogni anno, anno dopo anno: l’unica possibile protezione, non totale, è lo sviluppo immediato del vaccino.

La Speranza
La speranza è come una piccola rosa sbocciata tra i sassi, ma illuminata da un sole radioso. Speriamo che tutto finisca e ricominci la vita.

2018/04/14

Acqua è vita



Bere 2 litri d'acqua al giorno. Ecco una raccomandazione molto comune per mantenersi in salute e garantire il benessere. Sappiamo davvero perché l'idratazione è così importante? In verita', la quantità d'acqua da assumere ogni giorno può variare in base a numerosi fattori, come lo stato di salute, l'attività fisica svolta e il luogo in cui si vive.

L'acqua è una delle componenti principali del nostro corpo e tutto l'organismo dipende proprio dall'oro blu, soprattutto per l'eliminazione delle tossine dagli organi vitali e per il trasporto dei nutrienti verso le cellule. Inoltre, l'acqua è necessaria per mantenere la corretta umidità delle mucose del naso e della gola.

La carenza d'acqua può causare disidratazione, una condizione che non permette al corpo di funzionare regolarmente. Anche uno stato di disidratazione leggero può causare affaticamento e senso di stanchezza.

Di solito quando abbiamo febbre, vomito, diarrea o influenza ci viene consigliato di bere di più per permettere al corpo di reintegrare i liquidi. Anche in caso di infezioni delle vie urinarie potrebbe essere necessario bere di più rispetto alle proprie abitudini. Le donne che allattano potrebbero avere la necessità di bere di più per mantenersi idratate. In alcuni casi, malattie del fegato o dei reni possono richiedere, al contrario, una minore assunzione di acqua.

Non solo semplice acqua. Chi fatica a ricordarsi di bere qualche bicchiere d'acqua in più, forse si sentirà più stimolato ad assumere dei frullati o dei succhi freschi preparati in casa con frutta e verdura. Anche ciò che mangiamo contribuisce alla nostra idratazione. Pensiamo, ad esempio, a cibi ricchi d'acqua come i pomodori, i cetrioli, l'anguria e il melone.

Ecco 10 motivi importanti per bere di più e fare attenzione all'idratazione dell'organismo.

1) Perdere peso

Bere acqua aiuta a regolare lo stimolo dell'appetito e a favorire il senso di sazietà. Bere di più permette di allontanare il senso di fame - soprattutto se si tende a mangiare molto fuori pasto - e a ridurre le porzioni di cibo troppo abbondanti. La disidratazione rende più difficile per il corpo metabolizzare i grassi, per questo chi vuole dimagrire ma tende a non bere molto potrebbe incontrare delle difficoltà nel perdere peso.

2) Stimolare il metabolismo

Bere più acqua aiuta a aiuta a stimolare il metabolismo e a bruciare più calorie. Secondo alcune ricerche, bere mezzo litro d'acqua nel giro di soli 30-40 minuti può incrementare la velocità a cui il nostro organismo brucia le calorie fino al 30%. Bere acqua con regolarità potrebbe essere utile per mantenere il metabolismo attivo nel corso di tutta la giornata.

3) Allenarsi meglio

L'acqua alimenta i muscoli di energia. Ecco perché si consiglia di bere prima di allenarsi o di iniziare un'attività fisica. Cogliere l'occasione degli allenamenti per bere più acqua è un'abitudine benefica dato che può contribuire a ridurre il rischio di crampi, affaticamento e distorsioni. Inoltre, chi suda deve bere di più per compensare la perdita di liquidi. La quantità di acqua da assumere dopo gli allenamenti dipende anche dalla loro durata e dai liquidi dispersi. Imparate ad ascoltare il vostro corpo per regolarvi al meglio.

4) Pelle più bella

Bere 2 litri d'acqua al giorno consente di donare al nostro organismo l'idratazione necessaria. Secondo recenti ricerche, bere acqua aiuta a combattere la pelle secca e consente all'organismo di eliminare meglio le tossine e i batteri accumulati. L'idratazione preventiva migliora l'apparenza della pelle e dona soprattutto al viso un aspetto più giovane.

5) Prevenire il mal di testa

La disidratazione è una delle cause più comuni di mal di testa. Mantenere un apporto regolare di acqua e di liquidi potrebbe dunque contribuire a prevenire molti casi di mal di testa, anche quelli dovuti all'affaticamento. È bene non sottovalutare le esigenze del nostro corpo e andare alla ricerca di quali potrebbero essere le cause del mal di testa per intervenire direttamente su di esse.

6) Migliorare la concentrazione

Basta un bicchiere d'acqua per migliorare la concentrazione. Bere un bicchiere d'acqua prima di affrontare una prova o un compito lavorativo permette al cervello di ricaricarsi e di migliorare le nostre capacità cognitive, rende più concentrati e attenti. Bere un bicchiere d'acqua soddisferebbe le esigenze di idratazione del cervello, spesso sottovalutate. A confermarlo è uno studio condotto dai ricercatori della University of East London e pubblicato sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience.

7) Rafforzare il sistema immunitario

Bere acqua aiuta il nostro organismo a difendersi da raffreddori e malanni stagionali e a prevenire l'accumulo di sali a livello dei reni, che potrebbero causare la formazione di calcoli. L'acqua mantiene la corretta densità del sangue per evitare complicazioni a livello cardiovascolare ed è utile alle ossa per mantenerle in forma e per prevenire l'artrite.

8) Depurarsi e digerire meglio

L'acqua aiuta il nostro organismo ad eliminare le tossine e i materiali di scarto che si accumulano durante le giornate. Ciò si combina all'azione regolare dell'intestino, che ci permette di espellere le sostanze indesiderate. Movimenti intestinali regolari sono fondamentali per una corretta digestione. Bere di più potrebbe aiutare ad alleviare i problemi di stitichezza.

9) Aumentare l'energia

La corretta idratazione permette al nostro organismo di lavorare al massimo delle sue capacità. Un maggior livello di energia permette di avvertire molto meno la sensazione di stanchezza. Sentirsi più energici significa anche mettere al bando la pigrizia. Si crea dunque un effetto a catena e in positivo per cui un semplice bicchiere d'acqua potrebbe farvi sentire più forti e in forma di una tazzina di caffè.

10) Sentirsi più felici

Ecco un effetto dell'idratazione che forse non conoscevate. L'acqua incoraggia il flusso di sostanze nutritive e di ormoni nel nostro organismo. Ciò può permettere un miglior rilascio di endorfine, sostanze legate alla felicità e al buonumore. Il corpo si sentirà meglio e di conseguenza la mente sarà più serena e persino l'aspetto fisico migliorerà.

2017/07/18

Ginnastica della memoria



Non ricordare il numero di Pin del bancomat, oppure dove abbiamo appoggiato le chiavi di casa o a che ora dobbiamo recarci dal dentista. Sono tutte esperienze comuni, specie in questa fase dell’anno quando siamo stanchi dopo i lunghi mesi di lavoro. In qualche caso si tratta di semplici distrazioni, dovute alla fatica o allo stress, ma si tratta anche di segnali che ci indicano la necessità di “sgranchire le gambe” al nostro cervello. Per mantenere in forma la nostra memoria occorre infatti un po’ di ginnastica, proprio come nel caso del corpo.

ANTI-AGE PER LA MENTE – Fino a qualche anno fa, gli studiosi ritenevano che lo sviluppo del cervello si completasse nell’infanzia e che da quel momento non venissero più prodotte nuove cellule. In realtà, la scienza ha dimostrato che lo sviluppo del cervello continua fino almeno ai 20 anni, ma che è sempre possibile la creazione di nuove connessioni. L’importante è mantenere attiva la mente, perché proprio il fatto di tenerla in allenamento è il più efficace aiuto per combatterne l’invecchiamento e la degenerazione.

VITA SANA – Per avere un cervello vispo e scattante occorre innanzi tutto condurre una vita il più possibile sana, curando l’alimentazione, facendo un po’ di moto tutti i giorni, possibilmente all’aria aperta, combattendo lo stress.

CURIOSITA’ – E’ uno dei grandi motori della mente umana, quello che spinge i bambini a crescere e l’uomo adulto a cercare sempre nuovi orizzonti. E’ importante quindi mantenere uno sguardo aperto sulla realtà, per coglierne tutti gli stimoli e sperimentare sempre nuove strade.

TI VA DI GIOCARE? – Il gioco è una dimensione che non bisogna mai perdere. La capacità di divertirsi, di osservare la realtà con sguardo positivo, di abbandonarsi alla risata sono tutti efficaci antidoti contro lo stress, la noia e l’apatia. Questi stati d’animo negativi sono invece responsabili di una specie di anestesia mnemonica.

ALLENA I TUOI RICORDI – La mente non è un cassetto in cui accumulare alla rinfusa ricordi e conoscenze, senza mai riprenderli in mano. Al contrario: quando abbiamo fatto un’esperienza, meglio se piacevole, torniamo a ricordarla di quando in quando, raccontandola a noi stessi e cercando di fissare quanti più particolari riusciamo a ricordare. Oltre a riviere il buon umore di un fatto che ci ha reso felici, alleneremo senza accorgercene la nostra capacità di ricordare.

IL FITNESS PER IL CEVELLO

- Usa i sensi – I profumi sono uno strumento potente per rievocare fatti e situazioni, soprattutto quelli legati a situazioni del passato lontano. Prendiamoci cura dei profumi della casa, della cucina, del giardino: questo ci aiuterà a ricordare fatti e situazioni del passato che credevamo dimenticati. Prendiamo l’abitudine di pensare per immagini, perché questo aiuta a sviluppare intuizioni e aiuta a trovare soluzioni nuove.

- Giochi enigmistici – La loro utilità è nota nel mantenere attive le facoltà cerebrali e la memoria è nota da tempo. Possiamo sfruttare i pomeriggi di ozio estivo per dedicare un po’ di tempo ai cruciverba, alle sciarade, ai giochi di logica: impareremo cose nuove e faremo fare ginnastica alla nostra memoria.

- Agende e numeri di telefono – Prendiamolo come un gioco: anche se abbiamo memorizzato nella rubrica del cellulare i numeri di amici e parenti, cerchiamo di imparare a memoria e digitare dalla tastiera quelli che chiamiamo più spesso. Dopo un po’ di tempo scopriremo di avere meno difficoltà anche a ricordare gli altri. Facciamo lo sforzo di richiamare alla mente l’orario di un appuntamento, senza demandare il ricordo all’agenda. Torniamo a fare le somme e qualche facile calcolo matematico a mente, senza carta e matita (o peggio ancora la calcolatrice).

- Impariamo a concentrarci – Facciamo le cose una per volta, focalizzando la nostra attenzione sul gesto che stiamo compiendo: ad esempio, osserviamo noi stessi mentre riponiamo le chiavi di casa, oppure mentre appoggiamo il cellulare su un mobile: non avremo nessun problema a ritrovarlo, senza perdere tempo.

- Non smettiamo mai di imparare – Basta un quarto d’ora al giorno per una buona lettura, oppure seguire parte di un film in lingua originale. Impariamo a memoria ogni giorno qualche nuovo vocabolo di una lingua straniera che conosciamo e che ci piace.

- Impariamo qualche esercizio di mnemotecnica: possono essere davvero utili e in molti casi sono anche giochi logici abbastanza divertenti.

2017/07/01

The Toxic Truth About Tattoos


Tattoo inks contain a myriad of heavy metals. Red tattoo inks often contain mercury, and tattoos pierce the skin leaving the ink permanently embedded. FDA has not approved any tattoo pigments for injection into the skin. Tattoo parlors are regulated by the state and city, but the U.S. Food and Drug Administration (FDA) does not require manufacturers to release their ink’s ingredients; doing so could supposedly give away trade secrets. The lack of regulation is slightly unnerving considering that 36 percent of people ages 18-25 have tattoos, as do 40 percent of those 26-40 years old. That means approximately 45 million Americans have been inked, and one-third of those did so because it makes them feel “sexy.”

Many pigments used in tattoo inks are industrial-grade colors suitable for printer ink or automobile paint. The FDA’s website warns about tattoo ink possibly causing infections, allergic reactions, keloids (formation of a scar), granulomas (inflammation) and potential complications while receiving MRIs.

The carrier solution used in tattoo inks contains harmful substances such as denatured alcohols, methanol, antifreeze, detergents, formaldehyde and toxic aldehydes.

What’s more, the review found eight cases of malignant melanoma on the site of the tattoo. “Tattoo inks may contain carcinogens, but it’s unclear whether the reported cases of skin cancer are associated with tattoos or occurred coincidentally,” says Dr. Bäumler, whose study noted that this number is few in comparison to the many people who have tattoos. (In fact, 24% of the population is inked.)

An alarming research study recently published by Dr. Bob Haley and Dr. Paul Fischer at the University of Texas Southwestern Medical School in Dallas uncovered that the “innocent” commercial tattoo may be the number one distributor of hepatitis C. 

The study was published in the journal Medicine (Haley RW, Fischer RP, Commercial tattooing as a potentially source of hepatitis C infection, Medicine, March 2000;80:134-151). Dr. Haley, a preventative medicine specialist and a former Center for Disease Control (CDC) infection control official, is exceptionally knowledgeable to prepare the study. Dr. Haley concludes, “We found that commercially acquired tattoos accounted for more than twice as many hepatitis C infections as injection-drug use. This means it may have been the largest single contributor to the nationwide epidemic of this form of hepatitis.”


2016/06/04

Metabolismo e digiuno



Chi vi scrive le ha provate tutte. Dalla dieta Dukan al digiuno intermittente, passando attraverso mille altri sistemi magici e miracolosi che avrebbero dovuto ridurre drasticamente il peso e aumentare la mia autostima. Naturalmente nulla ha realmente funzionato.

Pochi mesi fa mi sono imbattuto in una nutrizionista con idee innovative. Fermo restando che le scelte sono solo mie, lei mi ha convinto che un ulteriore tentativo sotto il suo controllo era opportuno doverlo tentare. Ho appena iniziato, quando avremo terminato (avremo perché il processo coinvolge tutta la famiglia, anche se poi a digiunare sono solo io) vi informerò.

Nel frattempo cerchiamo insieme di capire come e perché digiunare fa bene all'organismo.

La vita si basa sui due processi fondamentali di nutrizione e eliminazione: nel momento in cui sospendiamo la nutrizione, l’organismo ha a disposizione un maggiore potenziale energetico indispensabile all’eliminazione delle scorie e dunque il digiuno diventa una importante terapia depurativa .

Il nostro metabolismo ossia quel complesso di trasformazioni biochimiche ed energetiche che avvengono nell’organismo, che riguardano le modificazioni di sostanza nelle diverse fasi del ciclo vitale (accrescimento, equilibrio, involuzione) e le trasformazioni dell’energia chimica delle sostanze alimentari in calore o in lavoro meccanico, si regge su due attività in equilibrio che si succedono e si sovrappongono continuamente: un momento sintetico, detto anabolismo, per mezzo del quale si ha la formazione della sostanza propria e specifica di ogni singolo organismo ed organo o l’immagazzinamento di materiale di riserva, a spese delle sostanze nutritive che esso riceve dall’ambiente esterno e utilizza per accrescersi, per mantenersi e per riparare la continua usura; il momento demolitivo, detto catabolismo, per mezzo del quale avviene la scomposizione dei materiali di riserva o delle sostanze specifiche dei tessuti in costituenti più semplici, con produzione di energia, gli ultimi dei quali vengono solitamente eliminati attraverso gli organi di escrezione (rene, intestino, cute, polmone).

In fisiologia si distinguono e si determinano due quote energetiche, che corrispondono rispettivamente: al metabolismo addizionale, che varia in rapporto al dispendio energetico occorrente per il lavoro muscolare, la regolazione termica, i processi digestivi; al metabolismo basale, che corrisponde al dispendio energetico minimo e irriducibile dell’organismo, ossia all’entità dei processi ossidativi globali di tutto l’organismo in condizioni basali (digiuno completo da almeno dodici ore, astensione da ogni farmaco, riposo clinostatico da almeno un’ora, temperatura ambiente sui 18-20 gradi e assoluta calma psichica). In tali condizioni il dispendio energetico è determinato dai processi ossidativi necessari al mantenimento della funzione cardiaca, respiratoria, del tono muscolare, della funzione dei reni, fegato, apparato digerente, delle ghiandole endocrine e della funzione nervosa.

Orbene durante il digiuno l’organismo tratta le risorse dei propri tessuti con la massima economia possibile per cui il metabolismo totale cala velocemente nei primi due giorni e successivamente più lentamente, ma non si arresta in quanto se ciò succedesse sopravverrebbe la morte. Dato che l’organismo è in riposo viene quindi ridotto, ma il metabolismo basale è mantenuto. “L’indice metabolico si riduce così sensibilmente che l’uomo può espellere calore fino a circa 2300 calorie al dì” (Shelton). In questo modo in digiuno esercita un’azione riequilibrante sui meccanismi biochimici di tutte le cellule del nostro organismo, riportando i tessuti ad uno stato di equilibrio omeostatico dinamico che è la base del benessere. Questo equilibrio omeostatico è proprio il risultato del bilancio fra i processi di assimilazione (anabolismo) e i processi di distruzione cellulare (catabolismo) con la conseguente eliminazione dei residui metabolici.

Se i processi assimilativi divengono più intensi dei processi distruttivi o di eliminazione, sia ha il disequilibrio che provoca l’accumulo e tutte le sostanze che una cellula non può utilizzare diventano tossiche. Abbiamo in tal modo un primo stadio di intossicazione cellulare che costituisce la base fisiologica per l’instaurarsi delle malattie; l’astenersi da cibo quindi consente al corpo di riposare e cominciare a eliminare le sostanze di scarto che si sono accumulate negli anni con l’alimentazione sbagliata e con lo stress continuato.

Ma vediamo come durante il digiuno, visto che il corpo ha bisogno sia di fonti energetiche, per il mantenimento delle funzioni biologiche fondamentali, sia di sostanze organiche per riparare l’usura continua degli organi e dei tessuti, l’organismo attinga alle proprie riserve di grasso, proteine, glicogeno, vitamine e sali minerali.

Dal punto di vista biochimico, i bisogni delle prime ventiquattro ore quando il carburante abituale, il glucosio, non è più disponibile nel tubo digestivo da cui proviene sono coperti dalla riserva di glicogeno epatico ma in seguito devono essere attivati al di fuori dei tessuti adiposi i trigliceridi in quanto costituiranno il combustibile principale nel corso del digiuno.

Le cellule muscolari, epatiche, renali, cardiache e la maggior parte delle cellule sono in grado di metabolizzare immediatamente i grassi e i loro metaboliti, ma le cellule del sistema nervoso centrale invece hanno bisogno di alcuni giorni di adattamento a questo nuovo combustibile ed esigono per tutto il tempo del glucosio, divenuto alimento raro e ciò spiega per quale motivo il periodo più difficoltoso del digiuno possa essere considerato quello dei primi giorni. In effetti, il grasso non può trasformarsi in glucosio a parte la sua componente di glicerolo ed è a partire dalle proteine endogene che il glucosio deve riformarsi. E’ per ovviare a tale momento critico, nel corso del quale il cervello richiede il suo carburante abituale, il glucosio, che le tribù nomadi del deserto, nel corso dei loro lunghi spostamenti, dove il digiuno è solitamente necessario, assumono un dattero e lo lasciano sciogliere in bocca non appena compare la sensazione di fame indotta dal sistema nervoso.

Con il passare dei giorni il sistema nervoso centrale si adatta alla combustione dei corpi chetonici, metaboliti prodotti a livello epatico quando un’eccessiva ossidazione dei lipidi è accompagnata da una scarsa disponibilità di zuccheri e che passano dal fegato in circolo e sono utilizzati (eccetto l’acetone che non può essere ulteriormente metabolizzato) come substrato energetico dal cervello, dal cuore e dai muscoli striati, e il catabolismo proteico diminuisce considerevolmente. Questa rappresenta la chiave per la comprensione dei meccanismi di risparmio proteico nel corso del digiuno, senza i quali esso non potrebbe prolungarsi al di la di qualche giorno. Teoricamente quindi il digiuno potrebbe durare senza alcuna difficoltà sino all’esaurimento delle scorte adipose. Negli stadi finali, a mano a mano che il grasso si esaurisce, l’energia deriva in quantità progressivamente crescente dall’ossidazione delle proteine; poiché le proteine derivano dai tessuti attivi del corpo è soltanto quando le riserve di grasso sono esaurite che si verifica un notevole consumo di proteine. Finché è possibile le proteine vengono economizzate come dimostra la graduale diminuzione dell’escrezione di azoto nei lunghi digiuni (Magnano).

Per misurare, infatti, il catabolismo proteico si utilizza convenzionalmente il bilancio azotato, misurato attraverso i valori di azoto presenti nelle urine, in quanto le proteine sono costituite da catene di molecole di aminoacidi, ciascuno dei quali contiene uno o più atomi di azoto e quest’ultimo è inutile per la produzione di energia e la quantità presente nelle urine è proporzionale a quella delle proteine che sono state demolite per ottenere energia nel corso del digiuno. In un uomo di media corporatura i valori medi di escrezione urinaria della parte azotata delle proteine oscillano all’inizio del digiuno da quattro a dodici grammi di azoto, che corrispondono a venticinque-settantacinque grammi di proteine al giorno nei primi cinque-dieci giorni di digiuno assoluto. Questi valori scendono a tre-cinque grammi di proteine dopo due tre settimane, al momento nel quale il meccanismo di risparmio funziona interamente. Siccome la muscolatura è costituita da proteine, nel corso delle prime tre quattro settimane di digiuno perde almeno un terzo della sua massa, ma il fatto che sorprende è che mantiene l’efficienza. Infatti, per l’effetto dell’azione depurativa del digiuno, in particolare sui liquidi extracellulari e sullo spessore delle membrane basali dei capillari, vi è un aumento dell’ossigenazione dei tessuti in generale e dei muscoli in particolare che consumano grandi quantità di ossigeno, costituendo fra l’altro il 40% della massa corporea totale. Le arteriole aumentano la loro portata e anche questo contribuisce a incrementare l’ossigenazione.

Ci sono variazioni nella quantità di proteine endogene catabolizzate nel corso del digiuno e in merito giocano un ruolo importante la massa adiposa, muscolare, l’apporto precedente di proteine, il sesso, lo stress; ma se si conoscono abbastanza bene le quantità di proteine utilizzate altrettanto non si può dire per la loro provenienza. Nella fase iniziale di astensione dal cibo vengono attivate proteine epatiche, renali, ma anche dal timo e dal tubo digestivo e quest’ultimo essendo a riposo si atrofizza in maniera reversibile e le proteine dell’epitelio possono essere catabolizzate senza danno non appena gli enzimi digestivi diventano superflui. In linea di massima la sintesi proteica rallenta e si riduce nel digiuno; i tassi plasmatici di prealbumina trasportata dalla tirossina e la proteina trasportata dal retinolo si abbassano durante un digiuno assoluto, ma altre proteine come albumina e globulina non subiscono sostanziali modificazioni. Le perdite di proteine del plasma comunque avvengono in modo equilibrato: la composizione totale del sangue non varia e quindi non si formano gli edemi da fame così frequenti invece nell’alimentazione cronicamente deficitaria di proteine (carestie) dove in questo caso si ha un abbassamento delle sieroalbumine e ciò comporta una diminuzione della pressione osmotica all’interno dei capillari con conseguente fuoriuscita di liquido interstiziale.

Le perdite muscolari cominciano a diventare sensibili solo con il prolungamento del digiuno, almeno venti giorni, quando iniziano a scarseggiare le riserve accumulate nel tessuto adiposo, nel midollo osseo, nel sangue e nel fegato; è allora che la muscolatura libera la maggior parte degli aminoacidi indispensabili durante il digiuno: da una parte la neo sintesi del glucosio, dall’altra le sintesi indispensabili al mantenimento delle funzioni vitali. Ma la muscolatura perde una certa quantità di acidi aminici senza peraltro diminuire la propria capacità di funzionamento e la sua contrattilità; e non si tratta di sensazione soggettiva ma prove di laboratorio evidenziano che effettivamente la forza può mantenersi e addirittura aumentare. Sono le persone ammalate che avvertono maggiormente la stanchezza e la conseguente astemia in quanto l’energia disponibile viene prontamente captata dai processi di autoguarigione. La perdita di peso varia ovviamente a seconda delle condizioni individuali e delle modalità con cui si effettua il digiuno ma in linea di massima nelle prime quattro settimane la muscolatura perde un terzo della sua massa; durante tale fase le arteriole vengono decompresse aumentando la loro portata e si avvicinano maggiormente alle cellule con le quali si scambiano l’ossigeno e i nutrienti, e allo stesso tempo i rifiuti metabolici sono più facilmente trasportati dalle piccole vene. La muscolatura può dunque funzionare come riserva proteica e ciò che segna il catabolismo proteico di origine muscolare è la presenza nelle urine del 3-metilistidine 0, un metabolite dell’acto-miosina (proteina contrattile del muscolo) che non viene rimetabolizzato.

Anche se meno ben studiate, ci sono altre fonti di proteine, definite patologiche, che possono essere utilizzate nel corso del digiuno, fra questa ricordiamo: i resti proteici intracellulari incompleti catabolizzati e che ingombrano, per così dire le cellule, uguali a quelli che si ritrovano nei processi di invecchiamento; le proteine extracellulari che rendono le sostanze fondamentali più spesse e tale ispessimento limita lo scambio gassoso e nutritivo tra cellule e con il sangue. Certo questa rappresenta una bassa percentuale delle sostanze proteiche catabolizzate durante il digiuno, ma potrebbero rappresentare un’importante aspetto terapeutico e disintossicante del digiuno. Quindi abbiamo visto che durante l’astensione dal cibo la massa muscolare diminuisce ma la sua struttura e le cellule rimangono le stesse, solo la massa totale diminuisce, il numero delle fibre rimane lo stesso; quando si digiuna si forza l’organismo ad entrare in autofagia, a nutrirsi cioè dei propri scarti. Tutti i tessuti nobili non vengono attaccati ma soltanto gli scarti e la cellula si rigenera. “I tessuti sono persi in ragione inversa alla loro utilità; prima i grassi e le escrescenze morbide; poi gli altri. I centri nervosi non vengono toccati. I tessuti anormali (tumori, cisti, ascessi, cellulite, edemi, trombi ecc.) deficienti in apporto nervoso e sanguigno, sono demoliti per primi” (Pizzi). I processi di autolisi si intensificano durante il digiuno per la necessità di far sopravvivere strutture organiche indispensabili a carico di altre che non lo sono. L’autolisi in questo caso è essenzialmente un meccanismo legato alla sopravvivenza. All’interno delle cellule vi sono enzimi legati a corpuscoli detti lisosomi che vengono liberati, determinando la dissoluzione parziale o anche totale della cellula. Quando una cellula muore per invecchiamento si liberano tali enzimi che portano all’autodigestione della struttura cellulare, i cui prodotti possono poi essere utilizzati da altre cellule, oppure eliminati. Visto che tali processi si intensificano nel corso del digiuno, Shelton ha supposto che l’autolisi possa essere considerata un processo fondamentale per la guarigione questo perché i tessuti patologici verrebbero individuati come potenziale fonte di nutrimento per gli organi sani e si avvierebbe a loro carico un precoce processo di autolisi. E’ probabile che il digiuno, rendendo il corpo più vitale e più attivi i processi di difesa, scateni un’aggressione selettiva contro cellule e tessuti aberranti che prima l’organismo non era stato in grado di mettere in atto, e questa distruzione avviene con le stesse modalità dell'autolisi generica che si potrebbe definire autolisi specifica di difesa (Magnano). Per Magnano ciò è condivisibile solo in parte: infatti se è vero che i tessuti sani vengono persi secondo una successione cronologica che tiene conto della loro utilità e importanza, non sempre i tessuti malati si riducono precocemente, come comporterebbe il loro valore nell’economia in generale dell’organismo. Questo è vero in modo particolare per i tumori che, se maligni, possono in qualche caso accrescersi durante il digiuno. Si potrebbe spiegare ciò con il fatto che i tessuti malati da degenerazione maligna non facciano più parte dell’unità vivente dell’organismo e non cooperino alle finalità vitali generali: possono in tal modo essere recalcitranti a subire un processo autolitico a favore degli organi vitali poiché tendono a nutrirsi a spese dei tessuti sani.

E’ innegabile comunque che il nostro organismo è in grado di individuare, riconoscere e attaccare cellule anomale, tanto che sono stati individuati anticorpi in grado di avviare processi distruttivi a loro carico. Questi processi li possiamo definire autolitici in quanto tali anticorpi sono i grado una volta penetrati all’interno della cellula di liberare gli enzimi contenuti nei lisosomi (organuli intracellulari contenenti numerosi enzimi quali l’idrolasi, specializzati nel degradare macromolecole e particelle provenienti dall’esterno della cellula). Questo tipo di autolisi la possiamo definire di difesa, come indicato dal dottor Magnano per distinguerla dall’autolisi da sopravvivenza; infatti la prima è volta specificatamente alla distruzione delle cellule devianti ed è quindi un meccanismo difensivo, la seconda invece, non distrugge le cellule ma preleva del materiale senza arrecarne danno. E’ quindi grazie all’autolisi di difesa che l’organismo è in grado di liberarsi dei tessuti aberranti, dagli accumuli patologici in genere, e il digiuno potenzia tale autolisi in quanto si determina l’aumento delle energie disponibili per le attività autoguaritrici; ma ricordiamo che tale autolisi non sempre si attiva perché è necessario che l’organismo abbia conservato una sufficiente vitalità e integrità; se questa è presente la cellula danneggiata o lesa è in grado di digerire le parti di sé che sono state danneggiate e dopo aver disintegrato tali parti lese può nuovamente sintetizzare membrane o parti nuove e continuare a vivere.

Sono processi che avvengono in modo netto; c’è uno stadio giunti al quale, se la cellula è troppo danneggiata non può più rigenerarsi; tuttavia fintantoché il nucleo e il materiale genetico della cellula sono sani essa può rigenerarsi procedendo per autofagia, cioè nutrendosi di se stessa, delle proprie membrane danneggiate. La cellula non si nutre di tessuti non lesi, ma solo delle parti guaste. Ciò ci autorizza a fare una trasposizione nel campo del digiuno poiché ciò che fa la cellula lo fa anche il nostro organismo. Quando si digiuna ci si nutre dei nostri residui e quindi li riciclano. Questo è un processo dell’organismo vivo, è un processo di rigenerazione cellulare molto reale. Osserviamo ad esempio che si può sezionare fino a quattro quinti del fegato e quest’ultimo è in grado di rigenerarsi completamente. Le cellule del tubo digerente dalla bocca all’ano si rigenerano annualmente, così pure le cellule ossee come quelle del cervello. Ci sono scambi di sostanze, le pareti vengono continuamente ricostruite, le membrane e le varie componenti vengono rigenerate e anche le cellule muscolari seppur non si riproducono hanno sempre scambio di sostanze. Ecco quindi che durante il digiuno la massa muscolare diminuisce ma la struttura e le cellule rimangono le stesse. Quando ci si astiene dal cibo l’organismo è forzato ad entrare in autofagia, a nutrirsi dei propri scarti e i tessuti nobili non vengono attaccati e la cellula si rigenera. Il corpo ha sistemi di sopravvivenza enormi ed è grazie a questa capacità che l’organismo può rigenerarsi. Le riserve di sali minerali vengono trattenute, trasferite, ridistribuite per cui non si verificano fenomeni di carenza minerale che invece si manifestano a seguito di diete squilibrate, questo perché quanto più il minerale è prezioso, tanto più viene trattenuto: si perdono notevoli quantità di sodio, fosforo e zolfo ma il ferro, il calcio ed il potassio vengono risparmiati e vi è un aumento in percentuale di questi elementi. Anzi sembra proprio che il digiuno ringiovanisca perché all’interno dei tessuti il sodio viene sostituito dal potassio. Inoltre da studi fatti presso il laboratorio di nutrizione dell’Istituto Carnegie di Washington sembra che, in un individuo a digiuno da trentun giorni il sangue possa, nella totalità dei suoi elementi, resistere all’azione dell’astensione dal cibo senza che si verifichi qualche modificazione patologica degna di nota, anzi alcune alterazioni preesistenti a carico del sangue possono scomparire nel corso di digiuni terapeutici. Si notano aumenti del numero di globuli rossi in persone anemiche. I valori ematochimici in persone non perfettamente sane possono inizialmente virare fuori dalla norma per poi tornare a valori migliori di quelli iniziali: è l’effetto delle tossine che dai tessuti si riversano nel sangue per poi essere eliminati.

Ciò che è stato esposto si riferisce ovviamente al digiuno idrico ossia a quello nel quale si ingerisce solo acqua minerale naturale, la più adatta a favorire l’espulsione delle scorie metaboliche, in quantità di due tre litri al giorno; si ritiene infatti che il vero digiuno sia quello in cui c’è la sospensione totale dell’apporto calorico. E’ dimostrabile infatti che ingerendo anche poche calorie, perfino in forma liquida, si costringe comunque l’organismo ad attivare processi metabolici circadiani di digestione, assimilazione ed escrezione che limitano notevolmente l’azione di drenaggio mesechimale che è l’obiettivo prioritario di questa forma di intervento.


Bibliografia

AA.VV. Biologia molecolare della cellula Zanichelli 1984
V.R. Young - N.Scrimshaw Fisiologia dei digiuno Le Scienze n. 41 1972
AA.VV. Il digiuno come salvarsi la vita Mediterranee 1981
S. Alain Digiunare per vivere in salute Musumeci 1985
R. Breuss Cancro e leucemie Ed. Medicine Naturali - Conegliano
A. Cott Digiuno via di salute Red Edizioni 1989
Gazzeri – Magnano Il segreto di lgea. Guida pratica al digiuno autogestito
Associazione Igienistica Italiana-Manca editore
F. Gazzola Il digiuno che guarisce De Vecchi Editore
Magnano - Cavalieri Digiuno fonte di salute MEB 1993
Tumori e cancri Edizioni Igiene Naturale 1985
F. Pizzi Igienismo, sciopero della fame, digiuno AAM 1980
H. M. Shelton Digiunare per rinnovare la vita, Edizioni Paoline 1990
Il digiuno può salvarvi la vita, Società Editrice Igiene Naturale 1986
Il digiuno terapeutico, Società Editrice Igiene Naturale 1987
Introduzione all'igiene naturale, Società Editrice Igiene Naturale 1986

2016/05/02

Digiuno per vivere più a lungo




Gesù fu condotto nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti alla fine ebbe fame. Il tentatore gli disse: «Se sei figlio di Dio fa che queste pietre siano pane». Egli rispose: «Non di pane soltanto vivrà l’uomo». Giudaismo, Cristianesimo, Islam le maggiori religioni suggeriscono che si debba digiunare, qualche volta almeno, quando non per un mese intero dall’alba al tramonto. Vi siete mai chiesti perché? 

Topi e uomini che stanno senza mangiare per un po’ - bastano 16 ore, più o meno come nel Ramadan - si ammalano di meno. Ma andiamo con ordine.

Le 12 ore di digiuno

Siamo stati cacciatori e così si mangiava quando capitava, due o tre volte la settimana e nemmeno sempre. Un tempo procurarsi il cibo per l’uomo era così difficile che occorreva aguzzare l’ingegno e chissà che le nostre capacità cognitive non si siano evolute proprio da allora. Per prevalere sugli animali poi era importante per gli uomini poter comunicare tra loro, insomma serviva un linguaggio e l’abbiamo inventato. 

Quelli che riuscivano a procurarsi il cibo mangiavano comunque soltanto di giorno poi col calare del sole più nulla fino all’alba. Sono almeno 12 ore di digiuno. Con la luce artificiale è cambiato tutto si mangia sempre fino a tardi e c’è persino chi si alza di notte per mangiare ma l’uomo non è fatto per mangiare quattro volte al giorno. Siamo stati progettati per farlo quando capita e i nostri geni sono ancora quelli di allora. 

Del resto, se non fosse così perché dovremmo avere ancora oggi organi - il fegato per esempio - capaci di conservare energia per poi renderla disponibile quando serve? Le riserve di zucchero che si accumulano nel fegato sotto forma di glicogeno dopo 10-12 ore di digiuno tendono però a esaurirsi. Questo richiama acidi grassi dal tessuto adiposo, il fegato li trasforma in chetoni che tornano nel sangue e raggiungono muscoli e cervello per essere fonte di energia.

Astenersi dal cibo: nuovi neuroni

Parte del segreto dell’effetto favorevole del digiuno è proprio qui, tanto che basta astenersi dal cibo per 24 ore perché nel cervello si formino nuovi neuroni. Insomma il nostro organismo si difende dallo stress di stare qualche ora senza cibo adottando una serie di precauzioni che col tempo proteggono i nostri tessuti da guai peggiori. 

Stare un po’ senza mangiare fra l’altro riduce l’infiammazione, migliora la risposta immune e potenzia la capacità delle cellule di liberarsi da sostanze di scarto. E non basta, il digiuno rallenta persino la crescita dei tumori, almeno nei topi; anche le cellule del cancro hanno bisogno di energia ma non sanno farlo utilizzando i chetoni. Così in animali che mangiano un giorno sì e uno no il tumore non cresce.

Le nostre abitudini alimentari sono davvero corrette?

Come si conciliano gli effetti favorevoli del digiunare uno o due giorni alla settimana con le abitudini dell’uomo moderno? Malissimo. Ed è persino possibile che le abitudini alimentari che si sono consolidate negli ultimi cento anni siano sbagliate. Che evidenza c’è per esempio che la famosa “colazione abbondante del mattino” faccia bene? Quasi nessuna. E della merendina a scuola per i bambini? Nemmeno. 

Abbiamo più bambini in sovrappeso di qualunque altro paese d’Europa salvo Cipro. Le diete che vengono proposte prevedono di ridurre la quantità di calorie o che si mangino soltanto certi cibi; solo frutta e verdura per esempio oppure solo proteine e ancora dieta dissociata, dieta zona o dieta del gruppo sanguigno. In realtà tutti questi sistemi fanno perdere un po’ di peso all’inizio ma alla lunga non portano a nessun vantaggio.

Un toccasana per chi sta male

E allora? Si potrebbe provare a digiunare uno o due giorni la settimana oppure mangiare solo in certe ore del giorno e saltare qualche pasto (comunque bisogna bere, almeno due litri al giorno). Per diabetici, per chi soffre di cuore e forse anche per chi ha un tumore sarebbe un toccasana. Questo per lo meno è quello che pensano Mark Mattson di Baltimora e tantissimi altri scienziati americani ed europei - fra loro c’è anche un italiano, Luigi Fontana – che hanno pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences un lungo articolo per ricordare alla comunità scientifica i vantaggi e le basi teoriche del mangiare solo ogni tanto. 

Ma se uno sta bene e non ha problemi di sovrappeso? Di sicuro non lo sappiamo, serve altra ricerca per sapere se saltare qualche pasto aiuterebbe anche le persone sane. Si tratta di confrontare per esempio chi mangia tre volte al giorno con in più uno spuntino, con chi mangia solo a mezzogiorno e sera, con chi per almeno due giorni la settimana sta senza mangiare per 16 ore o anche di più. Se poi si dimostrasse che per quanto riguarda l’alimentazione noi uomini non siamo così diversi dai topi se ne dovrebbe prendere atto e adattarsi a stili di vita più compatibili con quello per cui il nostro organismo è stato progettato.

2015/03/28

a proposito di Andreas Lubitz....

Sono una persona che per motivi di lavoro e qualche volta di svago, viaggia con regolarità in aereo, volendo potrei vantare le ore di un comandante di Airbus e batterlo egregiamente. Una volta provai anche a contare i giorni e venne fuori che quasi un anno della mia vita l'ho trascorso sospeso a 12000 metri con i piedi nel vuoto. 
Inquietante? Nemmeno tanto, istruttivo sicuramente per lo stesso motivo per cui tutti dicono che il mezzo più sicuro per viaggiare è quello aereo. Non ci sono scuse. 
E' vero!

Secondo voi di cosa parlano, oggi, i viaggiatori negli aeroporti?

Di cosa discutono gli equipaggi nel briefing prima dell’imbarco? A cosa pensano i passeggeri al decollo, mentre l’aereo stacca l’ombra da terra? Pensano, discutono e parlano di una cosa sola. Di Andreas Lubitz e di tante vite umane finite contro una montagna. Una storia assurda perché un pilota omicida è un ossimoro. Ai piloti ci affidiamo per portarci in cielo e riportarci a terra. Lo sappiamo noi e lo sanno loro. Volare è un atto di fiducia. Negli uomini e nelle donne, prima ancora che nei professionisti dell’aeronautica.

Non l’unico, certo tra i più sconvolgenti: voliamo da poche generazioni, in fondo. Ma la nostra vita - tutta - è un esercizio di fiducia. Nel guidatore del nostro treno, nell’autista del nostro bus, nel chirurgo in ospedale. Anche nel cuoco del ristorante sconosciuto, se ci pensate: potrebbe avvelenarci tutti, e non lo fa. Questo va detto, oggi, a chi sostiene d’avere, di colpo, paura di volare. Non serve recitare statistiche, anche se provano, senza dubbio, che l’aereo resta il mezzo di trasporto meno pericoloso. Non serve segnalare che, dopo una tragedia come quella del volo Germanwings 4U4525, le procedure verranno cambiate e volare diventerà ancora più sicuro. Meglio ricordare una cosa, invece: possiamo evitare molto, ma non tutto. 

L’ossessione per il controllo domina la società occidentale. Nel fatalismo può esserci incoscienza, ma anche saggezza. La vita va difesa sempre; ma è, per definizione, vulnerabile. Non c’è scuola, non c’è spiaggia, non c’è stadio che possa considerarsi sicuro: pensate a Beslan, allo tsunami, a Heysel o Hillsborough. Credere il contrario significa diventare quelli che gli americani chiamano control freaks , controllori compulsivi. Proprio gli Usa dimostrano che nessuna società fornisce garanzie assolute. Le scuole e i cieli americani lo hanno dimostrato.

Bastano poche leggi delle fisica, e un po’ di buon senso, per rendersene conto: un aereo, splendido strumento che semplifica la vita di molti, può diventare un veicolo di morte per qualcuno. Lo hanno capito, purtroppo, i terroristi dell’11 settembre. Lo ha intuito, nel buio della sua mente, il copilota ventisettenne del volo Barcellona-Düsseldorf. Possiamo - anzi, dobbiamo - limitare i rischi. Non possiamo eliminarli del tutto. Non viaggeremmo, non mangeremmo, non berremmo, non ameremmo: saremmo robot senza le garanzie meccaniche dei robot. Moriremmo per una malattia cui non avevamo pensato, o scivolando nel bagno di casa. Essere cauti è giusto; essere ossessionati è ridicolo. Voler controllare il possibile è saggio; credere di controllare tutto è arrogante. Vivere è un atto di fiducia. Lubitz è stato il nome della morte dal cielo, ma alzate gli occhi: le stelle, su in alto, sono più numerose dei fulmini. 

2014/07/07

La nuova vita della birra


Compagna delle serate tra amici e sollievo nella calura estiva, la birra ha anche molti benefici per la salute. A patto di assumerne quantità moderate, aiuta a prevenire l'Alzheimer, a mantenere la linea e ad allontanare i sintomi della menopausa. Ecco i cinque motivi per bere un boccale senza sensi di colpa.

La birra è una delle bevande più antiche, grazie a radici che affondano sino all'antico Egitto faraonico; una birra che, a quei tempi, era molto diversa dall'attuale, così come il vino prodotto dai Greci e dai Romani era ben lontano da quello dei giorni nostri. In entrambi i casi, infatti, le fermentazioni erano spontanee, mentre oggi sono strettamente controllate per quanto riguarda i tempi, le temperature, e, soprattutto, i ceppi microbici utilizzati per la fermentazione.

Un tempo era molto in voga un detto popolare secondo cui: "Chi beve birra campa cent'anni". Questo formidabile slogan, scorporato dai suoi toni miracolistici, potrebbe avere uno sfondo di verità; la birra, infatti, è una bevanda ricca di sostanze nutrienti, tra cui spiccano le vitamine del gruppo B ed il potassio, contenuto in quantitativi più generosi rispetto al sodio. La B6 e la B9, più comunemente nota come acido folico, sono molto importanti per neutralizzare gli effetti negativi dell'omocisteina, un amminoacido il cui eccesso, similmente al colesterolo, favorisce la comparsa delle malattie cardiovascolari. Il rapporto potassio/sodio, favorevole al primo, contribuisce al mantenimento della normale pressione arteriosa, perché contrasta i livelli di sodio nel sangue; la birra, quindi, può essere consumata anche da chi segue diete iposodiche per controllare l'ipertensione. L'elevato contenuto in acqua, associato alla generosa presenza di potassio, conferisce alla birra le ben note proprietà diuretiche.

1. Previene le malattie - La birra potrebbe aiutare a prevenire l'Alzheimer. La malattia neurodegenerativa è stata associata ad alti livelli di allumino ma il silicio contenuto nella birra potrebbe compensare il danno. Uno studio ha scoperto che il silicio è in grado di ridurre l'ammontare dell'alluminio nel tratto digestivo e rallenta l'accumulo del metallo nel corpo e nel tessuto cerebrale.

Ma bisogna stare attenti perché un'altra ricerca ha dimostrato che bere più di due pinte al giorno può causare perdite di memoria. La birra può aiutare la salute del cuore. 

Un altro studio del 2013 ha scoperto che migliora la flessibilità delle arterie. Inoltre, aumenta i livelli di colesterolo buono, l'Hdl. 

2. Contiene vitamine: nella birra ci sono molti super nutrienti. La bevanda contiene tutti gli essenziali - e alcuni dei non essenziali – amminoacidi". In una pinta troviamo fosforo, iodio, magnesio, potassio e calcio. Il consumo di birra può aiutare a proteggere la densità minerale delle ossa. 
La birra non pastorizzata ha i maggiori vantaggi per la salute perché contiene grandi quantità di vitamina B.
3. Aiuta a mantenere la linea - La birra ha un basso contenuto di zuccheri. A differenza dei soft drink, alza di meno il livello di zuccheri nel sangue Inoltre, la birra è costituita per il 93% d'acqua, per questo è così dissetante".

Un consumo moderato di birra può aiutare a prevenire il diabete. Uno studio del 2010 condotto su più di 38 mila uomini ha mostrato che aumentando il consumo di birra fino a raggiungere uno o due bicchieri al giorno si è evidenziato un crollo del 25% nelle possibilità di incorrere nel diabete di tipo 2. 

A dispetto della cosiddetta "pancia da birra", uno studio condotto su duemila persone che assumevano la bevanda regolarmente ha concluso che è inverosimile che un consumo moderato sia associato a un aumento di peso. 

Bere birra aumenta la produzione di bile che aiuta a digerire i cibi grassi. Inoltre, è una fonte di fibre – due bicchieri forniscono il 30% del fabbisogno giornaliero – e queste sono note per allontanare la fame.

4. La birra ti fa bella - Fatta con l'orzo, la birra contiene l'acido ferulico un potente antiossidante che protegge la pelle dai danni del sole. Inoltre, può essere usato per rendere i capelli più belli. Il luppolo, grazie al silicio, aggiunge luminosità, volume e fortifica i capelli dall'interno. Ma prima di fare un impacco, è necessario bollire la birra per rimuovere l'alcol, che può privare i capelli del naturale rivestimento di grassi. E', inoltre, opportuno mescolare il liquido con l'olio di cocco.

5. Riequilibra gli ormoni - Le ricerche mostrano che i fitoestrogeni nel luppolo – composti simili agli estrogeni che si trovano nelle piante – possono aiutare a ridurre i sintomi della menopausa come le vampate di calore e l'abbassamento della libido. Inoltre, la birra può aiutare a riequilibrare gli ormoni in presenza della sindrome da ovaio policistico, endometriosi e perimenopausa.

Bene, adesso tutti a bere birra, con moderazione.