<bgsound loop='infinite' src='https://soundcloud.com/sergio-balacco/misty'></bgsound>

pagine

Visualizzazione post con etichetta Top View. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Top View. Mostra tutti i post

2016/12/01

Nonostante tutto!




Alle 3 e 27 del pomeriggio del 15 gennaio del 2009, a due minuti dal decollo, a circa 900 metri sopra la città di New York e a 7 chilometri dalla pista di atterraggio più vicina all'aeroporto La Guardia, l'Airbus A320-214 della US Airlines — volo 1549 — intercetta la traiettoria di uno stormo di oche canadesi. Le centra in pieno e il risultato dell'impatto è drammatico: entrambi i motori sono inutilizzabili. L'aereo, diretto a Charlotte, North Carolina, non ha più propulsione, rischia lo stallo. «Hit birds», comunica immediatamente il capitano Chesley Sullenberger, detto Sully, «Abbiamo perso spinta su entrambi i motori. Stiamo tornando verso LaGuardia». Al suo fianco ha il copilota, Jeff Skiles, in cabina, oltre alle 3 hostess, ci sono 150 passeggeri.

Quando Sully pronuncia quella frase sono passati pochi secondi dalla perdita dei motori e lui, che ha 59 anni, 40 anni di esperienza e circa 20mila ore di volo alle spalle, mentre ordina al copilota di prendere il manuale e avviare la procedura di emergenza per tentare di riavviare i motori e riprendere il controllo dell'aereo, non sa ancora cosa deve fare. L'Airbus che sta pilotando sta andando circa 350 km all'ora e, contando che non ha più i motori, ha appena raggiunto la massima altitudine a cui può arrivare.

Dalla torre di controllo del LaGuardia gli propongono due alternative. Per l'uomo della torre sono le uniche: o provare l'atterraggio di emergenza al LaGuardia, da dove è partito due minuti prima, o tentare la stessa manovra all'aeroporto di Teterboro. Ma mentre il controllore della torre dà a Sully le istruzioni per la prima manovra, intanto che il copilota capisce che la procedura di emergenza non gli permetterà di riaccendere i motori, Sully ha già deciso cosa fare. Risentendo ora la comunicazione, la voce del capitano risulta ferma e decisa, ma tutto sommato tranquilla. «We're gonna be in the Hudson», dice, «Stiamo andando nell'Hudson». Mentre in torre di controllo non ci vogliono credere, Sully prende il microfono di bordo e, con la stessa voce ferma e decisa, fa un annuncio in cabina: «Brace for impact». Prepararsi all'impatto.

Dopo 90 secondi l'Airbus galleggia alla deriva sull'Hudson. Sulle ali e dalle uscite di emergenza escono con ordine 155 persone, tutti sulle proprie gambe. L'ultimo a uscire è Chesley Sullenberger. E mentre tutti stanno già parlando di lui come di un eroe e di quello che è successo come un miracolo, una commissione di inchiesta comincia a indagare su Sully, l'uomo che non ha seguito le procedure.

È esattamente questo il punto in cui si inserisce Clint Eastwood, il momento in cui un uomo che fa il suo dovere e diventa suo malgrado un eroe agli occhi degli altri, viene messo in discussione, oltre che dall'autorità e dalla burocrazia, dalla propria coscienza, da se stesso. Eastwood è fatto così. È uno che, nelle sue storie, ama una cosa soprattutto: prendere un eroe, disinnescare la retorica che lo circonda, metterlo allo specchio e mettersi comodo a guardare cosa succede, cercando di vederci in controluce l'umanità. Lo ha fatto tante volte, l'ultima volta proprio con quel Chris Kyle al centro di American Sniper, e lo rifà ancora una volta con Sully.

La storia del volo 1549 della US Airways è una storia difficile da raccontare. Soprattutto se il tuo obiettivo è quello di evitare la retorica. Eppure Clint Eastwood ci riesce. E ci riesce usando la tecnica di sempre: lasciare la retorica alla storia e toglierla dal racconto; non usare il forcipe da commozione e quindi mostrare, senza spiegare.

Quello che interessa Eastwood, infatti, non sono i 200 secondi in cui si gioca tutta la partita, quelli in cui Sully e il copilota, mettendo in pratica una manovra praticamente inedita, riescono a fare atterrare un aereo di linea su un fiume portando a terra sani e salvi tutti i 150 passeggeri a bordo, più le tre assistenti di volo, più loro due. Quello che interessa a Eastwood è tutto quello che succede dopo, nei giorni seguenti — che nella realtà sono a qualche mese di distanza, ma che nel film, per esigenze narrative, sono stati spostate alle ore successive all'incidente — andando a parare su uno dei temi narrativamente più interessanti dell'ultimo secolo: il rapporto tra l'uomo e la macchina.

Nel film di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell'amore, Toni Servillo nei panni di Titta Di Girolamo a un certo punto pronuncia una frase molto potente: «Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini. Il giorno che accadrà, sarà un giorno sbagliato». Nel suo caso le macchine sono delle macchine conta soldi, e lui sta per truffare una banca svizzera. Ma la stessa frase, presa di peso e portata nella storia di Sully, mantiene tutto il suo senso.

Per la commissione di inchiesta sull'incidente, infatti, Sully non è un eroe. E non lo è perché non ha salvato 150 persone dalla morte, ma perché quelle stesse 150 persone le avrebbe messe in pericolo a causa della sua improvvida decisione di ignorare le procedure e agire d'istinto. Il tradimento della procedura per la creatività, ovvero la vittoria dell'istinto sulla ragione, per la struttura è un atto gravissimo, insopportabile, di lesa maestà contro la Struttura.

Per punire l'uomo e difendersi, la Struttura si affida alle macchine, schiera gli algoritmi e per sostenere le sue accuse porta al processo decine di simulazioni, sia al computer che con l'ausilio di piloti umani. Il responso è sempre lo stesso: calcolando tutti i parametri inseriti dall'accusa, quell'aereo poteva atterrare sia a LaGuardia che a Teterboro. Secondo le macchine, quindi, non solo Sully avrebbe agito con imprudenza. No, peggio, scambiandosi per un dio, Sully avrebbe messo in pericolo 154 vite solo per affermare egoisticamente la propria individualità ribellandosi alla certezza matematica delle procedure. Sully sembra spacciato, chi mai potrà battere un computer quando di parla di algoritmi e procedure?

La risposta è una sola, ed è l'unica variabile che le procedure non possono calcolare, quella variabile X che è poi quella che ha garantito al volo 1549 di non schiantarsi su New York. È il fattore umano, in questo caso il fattore Sully, che facendo ricorso alle proprie sensazioni, al proprio istinto e alla propria esperienza è riuscito dove nessuna macchina avrebbe potuto riuscire: ha fatto una scelta totalmente contraria a ogni tipo di procedura, ha affrontato una situazione che non si era mai presentata prima e ne uscito camminando sulle sue gambe e salvando 154 vite, più la sua.

Non è detto che Eastwood volesse passarci una morale raccontandoci questa storia. Ma se lo voleva fare, allora la morale è la seguente: l'epoca che stiamo vivendo ci sta portando a consegnare la nostra vita in mano a delle macchine, a degli algoritmi, a delle gelide procedure. Stiamo smettendo di avere fiducia negli uomini. E il giorno sbagliato si sta avvicinando. Per evitare che succeda, per resistere e non abdicare la nostra umanità abbiamo bisogno di ricordarci che non è vero, che le macchine, da sole, per quanto siano miliardi di volte più veloci del nostro cervello, non riusciranno a prendere il suo posto.

Nella filologia, ovvero la disciplina che studia l'origine dei manoscritti ricostruendone l'albero genealogico, esiste un metodo che si usa da metà Ottocento. Non è un metodo scientifico, ma come tutti i metodi basa la propria affidabilità sulla applicazione ferrea di una procedura, un algoritmo. Eppure, una macchina non sarà mai in grado di eseguirlo. Perché? Semplice, perchè c'è un punto dello schema delle procedure in cui l'incertezza davanti a un bivio è totale, in cui non abbiamo sufficienti indizi per scegliere con certezza tra A o B. Per uscirne c'è soltanto una procedura, l'unica che un computer non è in grado di capire e che porta l'affascinante nome latino di Divinatio. Cosa vuol dire? Semplice, che davanti al bivio che lo blocca, il filologo, come il pilota, deve scegliere da sé, ricorrendo alla propria esperienza, al proprio istinto, alle proprie sensazioni. Come Sully.

2015/09/11

Orgoglio Americano



Il giorno che è appena terminato, è una data già entrata nella storia. A Ground Zero, luogo simbolo degli attacchi, nel cuore di New York, il tempo si è nuovamente fermato e, nel silenzio, una campanella ha ricordato quel giorno di 14 anni fa. Uno per uno i nomi delle vittime sono stati ripetuti in una cerimonia che, dopo anni, è tornata pubblica sul luogo delle Twin Towers, per un momento di commemorazione collettiva.

"14 anni dopo gli attacchi terroristici dell'11/9, onoriamo coloro che abbiamo perso. Salutiamo coloro che garantiscono la nostra sicurezza. Ci leviamo piu' forti che mai". 

Lo ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel 14/mo anniversario dell'11 settembre. 



Questa è l'America dei nostri sogni, dei ricordi sempre vivi e della voglia di eccellere nonostante tante contraddizioni. I lettori che mi seguono sanno che ogni tanto viaggio negli USA, e non solo virtualmente, per analizzare punto per punto questo grande paese e cercare di cogliere le novità per capire meglio questa grande realtà. 

Anche quest’anno sono tornato preoccupato e scoraggiato e non solo perché del nostro paese nell’ultimo mese i media americani hanno parlato solo per l’immigrazione dall’Africa e lo sciagurato funerale mafioso a Roma in stile “Il Padrino” (immaginatevi la brutta figura e l’ironia che siamo riusciti ancora una volta a sollevare) quanto perché mentre da noi tutto sembra andare alla moviola e in modo rallentato in questi ultimi anni e soprattutto quest’anno gli Stati Uniti sembrano aver ripreso con slancio una ripresa economica che è ben più visibile dello “ zero virgola” italiano tanto strombazzato dai media e dal governo.

Scelte di strategia finanziaria azzeccate (uno dei pochi meriti di Obama), con “mani libere” all’esecutivo per salvataggio di banche e di imprese riuscendo – tra l’altro - a far pagare il prezzo delle loro bolle speculative del 2007-2008 anche (se non soprattutto) al resto del mondo.
Intanto il mercato immobiliare è tornato a tirare, così come di conseguenza l’ occupazione e la produzione industriale 

Questa rinnovata vitalità non nasconde pregi e difetti del modello americano, per esempio nel loro mercato del lavoro che è infinitamente più svincolato del nostro, ma dove una occupazione si trova subito – anche se magari provvisoria - ma comunque sempre legata alle capacità e volontà dell’individuo. Da noi si direbbe “meno tutelato” ma se uno è trattato male se ne va e di lavoro ne trova un altro il che porta ad un equilibrio tra domanda ed offerta ed è forse per questo che non c’è una strada dove nelle vetrine non si cerchino nuovi assunti con il “sogno americano” che così autoalimenta sé stesso. 

Soprattutto si nota - nelle piccole e grandi cose - come l’informatica, l’automazione e l’interconnessione dei servizi sia molto più avanzata che da noi semplificando la vita e riducendo i costi mentre restano diversi problemi di base come lo spreco di energia (ad esempio l’aria condizionata esagerata, magari con le porte o le finestre che restano aperte) e uno stile di vita spesso per noi assurdo. 

Vale per l’alimentazione e gli sprechi, visibili in molte famiglie, di apparecchiature, imballaggi e anche di cibo visto che porzioni e confezioni – come tutto, in America – sono sempre “extra large”.

In generale la ripresa è quindi anche basata su un consumismo esagerato e spesso forzato. 

Certo molte cose costano decisamente meno che da noi favorendo la ripresa: l’anno scorso la benzina costava intorno ai 4 dollari a gallone, ovvero circa 1 dollaro al litro. Il prezzo è sceso ora a 2,2 dollari a gallone: vi immaginate se in Italia la benzina costasse meno di 60 centesimi al litro e le autostrade – come negli USA – fossero gratuite? La ripresa economica nasce anche da qui ed è triste vedere invece come in Europa, nonostante il costo del denaro “ufficiale” sia quasi a zero, quello del petrolio il più basso di sempre e pur con l’Euro ormai stabile sia così difficile la ripresa. Ancora più difficile da noi dove investire è impossibile sia per una burocrazia assurda che per la difficoltà reale di poter ricorrere al credito. Così tutto è “impallato” e restiamo sempre più indietro. 


2015/05/04

A (very) Short History of Kanban



A few days ago, a friend asked me to help compile a CV that could be aggressive enough to find a new job. Of course I, having trained as an engineer as well as a writer, I cared mainly the professional aspect but also the image, not going into what could be the specific experiences. Because it was not my experiences, but his, I decided that he was solely responsible for what he had written.

Only one word had left me doubtful: Kanban. The reason was due to the fact that the CV seemed written or copied hastily and I, not knowing all the specific terms of his job, I thought it was simply a word badly copied and transcribed worsely. Instead Kanban exists, and learn about the aspects of this process saves time and money to those who apply. Let's read together the explanation and its applications.

The Kanban Method


In the late 1940s, Toyota found a better engineering process from an unlikely source: the supermarket. They noticed that store clerks restocked a grocery item by their store’s inventory, not their vendor’s supply.

Only when an item was near sellout did the clerks order more. The grocers’ “just-in-time” delivery process sparked Toyota engineers to rethink their methods and pioneer a new approach—a Kanban system—that would match inventory with demand and achieve higher levels of quality and throughput.

So how’d they do all that?

In simplest terms, by better communication through visual management.

Kanban is Japanese for “visual signal” or “card.” Toyota line-workers used a kanban (i.e., an actual card) to signal steps in their manufacturing process. The system’s highly visual nature allowed teams to communicate more easily on what work needed to be done and when. It also standardized cues and refined processes, which helped to reduce waste and maximize value.

A new application of Kanban emerged for knowledge work as early as 2005, and an inquisitive community formed in 2007 around the leadership of David J. Anderson, Jim Benson, Corey Ladas and others. Their resulting body of knowledge was influenced not only by the Toyota Production System but also by the work of W. Edwards Deming, Eliyahu Goldratt, Donald Reinertsen and other thought leaders.

Kanban Today and Why it Works

Today’s workforce may be armed with retina-worthy smartphones and tablets, but plenty of information still comes our way as words on a screen. Emails, spreadsheets, task lists—text is everywhere. While it fits certain scenarios, textual information is not a one-size-fits-all communication vehicle. Its effectiveness is lower than you might think.

It starts with your brain.

A picture is worth a thousand words for scientific reasons: The brain processes visual information 60,000 times faster than text. Forty percent of all nerve fibers connected to the brain are linked to the retina. Visual information comprises 90 percent of the data that comes to our brain, suggesting that our neurological pathways might even prefer pictorial displays over text.

Kanban helps you harness the power of visual information by using sticky notes on a whiteboard to create a “picture” of your work. Seeing how your work flows within your team’s process lets you not only communicate status but also give and receive context for the work. Kanban takes information that typically would be communicated via words and turns it into brain candy.

Four Core Kanban Principles

Unlike other methods that force fit change from the get-go, Kanban is about evolution, not revolution. It hinges on the fundamental truth that you can’t get where you want to go without first knowing where you are.

Kanban is gaining traction as a way to smoothly implement Agile and Lean management methods in tech and non-tech companies around the world. Throughout this fresh take on Toyota’s manufacturing process, Kanban’s core elements have remained rooted in the principles below. (Note: There are many ways to define Kanban. Our intent in listing the core elements in this manner is not to introduce a new definition but to distill the common principles.)

1. Visualize Work

By creating a visual model of your work and workflow, you can observe the flow of work moving through your Kanban system. Making the work visible—along with blockers, bottlenecks and queues—instantly leads to increased communication and collaboration.


2. Limit Work in Process

By limiting how much unfinished work is in process, you can reduce the time it takes an item to travel through the Kanban system. You can also avoid problems caused by task switching and reduce the need to constantly reprioritize items.


3. Focus on Flow

By using work-in-process (WIP) limits and developing team-driven policies, you can optimize your Kanban system to improve the smooth flow of work, collect metrics to analyze flow, and even get leading indicators of future problems by analyzing the flow of work.


4. Continuous Improvement

Once your Kanban system is in place, it becomes the cornerstone for a culture of continuous improvement. Teams measure their effectiveness by tracking flow, quality, throughput, lead times and more. Experiments and analysis can change the system to improve the team’s effectiveness.

2015/01/21

Occhio alla Truffa (4)


Mentre godo dell’ultimo sole nell’estate australiana, ecco che mi giunge un’email che mi fa sobbalzare dalla poltrona. Una storia da far rabbrividire anche un pinguino del polo sud o una foca artica al polo nord. 

Nonostante vado ripetendolo da mesi di non fidarsi, ancora una volta PA ha colpito, e con uno che si salva chissà quanti sono caduti nell'inganno perpetrato da questo furbone protetto da chissà quali poteri forti o occulti, forse gli stessi che mantengono in vita un paziente morto e defunto (l'Italia) davanti alla compagine europea con l'intento di salvare il salvabile (leggi il salotto buono di casa?)

Eppure questo mefitico personaggio sembra passare attraverso le maglie della giustizia.

Sono passati mesi dall’ultima volta che scrissi qui, su questo blog a proposito di una truffa perpetrata a danno di Maria, nome di fantasia, forse sprovveduta ma direi ingenua italiana, caduta nelle grinfie di PA, il tristemente mitico, non l’unico ma verace imbroglione patentato, che continua a imperversare nelle isole Canarie e a cui nessuno, per paura, è mai riuscito a mettergli il sale sulla coda.

Mitico perché ormai lo conoscono in molti per esperienza tragicamente personale, mitico perché la sua sfrontatezza non ha limiti per imbrogliare e illudere i disperati che a lui si rivolgono nel tentativo o con la speranza di dare una svolta alla loro vita. E se dico che ha sfrontatezza credetemi , anche Rete 4 gli ha dedicato un servizio, incredibile, bisognerebbe andarglielo a dire a quelli di Striscia la Notizia!!! E se cadono nelle grinfie di PA una svolta la trovano di sicuro, purtroppo in peggio, costretti dai loro stessi errori, per aver riposto fiducia in quello che definivano un amico disponibile e invece era, sotto mentite spoglie, un imbroglione della peggior specie.

Leggetevi questa storia, il nostro personaggio questa volta si chiama Andrea, nome di fantasia come qualcuno dei luoghi da lui citati, noi sappiamo di chi si parla, stia attento, che prima o poi in gattabuia ci finisce per davvero e butteremo via la chiave.

Buongiorno a tutti, sono Andrea e ho una storia molto semplice da raccontarvi. Abbastanza giovane da sembrarlo e abbastanza vecchio da essere rispettato, laureato in giurisprudenza e mia moglie Angelina splendida bellezza mediterranea la cui presenza al mio fianco è sempre per me gioia e conforto. Dopo una vita di lavoro in banca sono disoccupato da qualche anno e nemmeno a mia moglie va meglio, lei non lavora da quasi un anno. Quando si arriva a superare i quarant’anni sembra che di colpo si diventi troppo vecchi per lavorare, con ancora quasi una vita di lavoro davanti a me prima di andare in pensione mi ritrovo troppo vecchio per lavorare e nella stessa situazione si trova mia moglie ma a causa della mancanza di un posto, uno qualsiasi pur di tirare avanti. 

Inutile tediare chi mi legge e ripetere le solite cose sul nostro bel Paese (ex), non voglio annoiarvi su cose dette e ridette più volte che purtroppo rispecchiano la triste realtà. Abbiamo quindi deciso entrambi di muoverci e andare in cerca di lavoro all'estero o quantomeno usare parte dei nostri risparmi per aprire un’attività che ci potesse rendere un lavoro e vivere degnamente. Prima siamo andati in centro America e infine abbiamo optato per le Canarie per vari motivi quali il clima, il mare e le poca burocrazia e sistema fiscale, cancro purtroppo dell'Italia. 

Il caso ha voluto che ci imbattessimo sul sito di questo fantomatico PA dove tanta gente nella nostra situazione scriveva e poneva domande su come potersi trasferire. La sua foto con la famiglia (che avendolo conosciuto dal vivo non è reale) e il fatto che a differenza di altri dia info gratuite e consigli su come trasferirsi alle Canarie ha fatto sì che anche noi li abbiamo contattati. Nel frattempo abbiamo acquistato i biglietti aerei per Fuerteventura che era l'isola che più rispecchiava le nostre aspettative ma anche perché sede dell'ufficio dei collaboratori di PA ai quali aveva detto di rivolgerci tramite Skype. 

Ancor prima di prenotare una struttura dove alloggiare un mese per ispezionare il luogo sono riuscito finalmente dopo mille tentavi a parlare via Skype con il collaboratore di PA, un certo L.. Lui in maniera poco cordiale senza dire nemmeno un ciao ci ha detto che Fuerteventura non era il posto giusto perché c'è già di tutto. Il mercato è già saturo e i turisti preferiscono andare a Gran Canaria più precisamente a Maspalomas. Mi si è gelato il sangue. Avevo già prenotato e pagato i voli e stavo cercando alloggio. 

Comunque ormai gli ho detto che avevo già prenotato i voli e cercavo una sistemazione per dormire un mese e sarei venuto lo stesso al loro ufficio per conoscerlo dal vivo. L. mi ha allora proposto una struttura (il Ciquirrito dove loro affermano di avere degli appartamenti) a Correjo che loro indicano come la migliore in assoluto nella zona a 1,300 euro per un mese. Il periodo che avevamo scelto era a fine anno, un modo per trascorrere le festività invernali in un ambiente caldo e accogliente. Il prezzo mi sembrava eccessivo e mi sono attrezzato per cercare altro a prezzi più abbordabili (per fortuna) e infatti ho prenotato un residence a 830 euro. Tra l'altro uso molto Tripadvisor per le mie ricerche per sapere i pareri della gente e il loro villaggio non era descritto come il migliore dal popolo di internet bensì come uno dei tanti, buono anzi discreto ma non il migliore...


Arrivati a Corralejo ho contattato L. tramite Skype e mi ha risposto sempre in maniera quasi seccata che era in Italia per ferie e di sentire con l'altro suo collaboratore M. all'ufficio di Corralejo. I primi giorni a Corralejo ho effettivamente notato che il paese è strapieno di locali e negozi commerciali quindi ho pensato che L. avesse ragione. Ho cominciato ad avere più fiducia alla luce dei fatti e ho cercato il loro ufficio su google e la mappa indicava un indirizzo a Corralejo che sono andato a cercare. Ma di sto ufficio nulla. Passato capodanno ricontatto M. per un appuntamento e finalmente mi da l'indirizzo corretto, in una diversa località lontana da quella indicata sulla mappa di Google. 

Comunque, con una buona dose di faccia tosta, ci siamo presentati direttamente in ufficio. Abbiamo dunque parlato con M. una mezz'ora, spiegato la nostra storia che avevamo un po’ di soldi da parte e che cercavamo qualcosa per investire. Lui ha ripetuto le stesse parole di L., quasi una filastrocca imparata a memoria, cioè che Corralejo è satura e che era meglio andare a Maspalomas in Gran Canaria che invece “È UNA CITTÀ IN FORTE CRESCITA” (il maiuscolo è intenzionale) a parlare con PA. Un po’ avviliti io e mia moglie abbiamo deciso di andare, acquistati i biglietti del traghetto, noleggiata un’auto a Corralejo e trovata sistemazione per 4 notti (non ciò consigliato da lui ma nostra scelta) per un totale di 350 euro circa. 

Arrivati a Las Palmas con il traghetto prendiamo la strada per Maspalomas e al nostro arrivo stupore! Maspalomas una città in espansione????? È una mega Viareggio sei volte più grande e moderna con di tutto e di più, negozi, villaggi turistici e lusso da tutte le parti. Organizzata benissimo e completamente l'opposto di Corralejo. E dove sarebbe l'espansione?? Il villaggio dove abbiamo soggiornato, era bellissimo e moderno, niente a che vedere col nostro di Corralejo pur bello a nostro avviso. 

Il giorno seguente ci presentiamo da PA finalmente! L'ufficio si trova a Meloneras in un centro commerciale sfitto per la maggior parte a differenza degli altri di Maspalomas. Comunque ci presentiamo lo guardo bene e penso che la foto che c'è pubblicata sul suo sito non corrisponde. Io mi aspettavo di trovare un'agenzia immobiliare con tanto di foto sulle vetrine di prezzi di case e affitti come ne è piena tutta Maspalomas e invece nulla una scrivania una stanza con muro un mega computer e una segretaria dell'est che è la sua compagna!!! Ma la famiglia del sito che vive felice??? 

Cominciamo a ripetere la nostra storia, la stessa ripetuta a L. e M. e la prima cosa che ci ha detto è: se pensate di essere venuti qui con 10-15 mila euro come tutti siete nel posto sbagliato! Allora lui mi educa, o almeno lui pensa di educarmi, snocciolandomi numeri e promesse, falsi entrambi: “Lavoro alle Canarie non c'è (vero, è difficile trovarlo), l'unico investimento possibile è rilevare attività a prezzi fuori dal mercato o investire in immobili. Compri una casa noi te la gestiamo e ti garantiamo il 6% annuo.” 

Ho preso 30 e lode in due esami di matematica e ho lavorato in banca e due conti li so fare. Mi ha portato  un esempio: “Acquisti una casa da 100.000 euro noi ti garantiamo una rendita annuale di 6.000 cioè 500 euro al mese.” Mmmmm cioè gli affitti in bassa stagione alle Canarie in media vanno a settimana dai 250/350 in bassa stagione fino ad arrivare a 500 in alta stagione. 
Facile fare uno più uno. Significa che una settimana pagano la mia remdita, e il resto se lo intascano loro. Comodo e disonesto.
Comunque ho detto che io una cifra del genere non la possedevo e pensavo a qualcosa di più piccolo. Occhio a ciò che fa. Cerca di capire il budget e a proporre di tutto. 

Infatti mi ha detto che ha registrato un marchio in franchising per tutti quelli che come me hanno a disposizione 40,000 euro... Ma che strano... “Si tratta di uno "Smoke bar" un bar fatto per famiglie diviso in tre attività: bar, vendita di tabacco e sigarette elettroniche e scommesse di eventi sportivi a Las Palmas!” riferisce PA. Cioè lui e i suoi collaboratori mi dicono che il mercato alle Canarie è saturo di pizzerie bar ristoranti e mi propongono un bar guarda caso col prezzo del mio budget? A Las Palmas poi? 

Vabbe. Ho risposto “Valuto la tua offerta.” Ma lui mi ha chiesto dove risiedo a Corralejo. Gli ho risposto dandogli il nome del residence. Ah si? La sua risposta: “Ho un appartamento proprio li (NdA: ma dai, che caso!). Io ero socio col proprietario dell'agenzia immobiliare che sta a fianco e poi gliel'ho ceduta. Se vuoi ti vendo un appartamento li a 60 mila -in questo residence gli appartamenti vanno da 75 a 90 mila e sono tutti o di persone o dell'agenzia immobiliare- ci vive un mio cliente così lo affitti e ci fai soldi. Solo che questo appartamento ha un difetto. Nella piantina è indicato un muro mentre invece apre su una stanza che non è agibile ma tanto li non controlla nessuno e si affitta sempre.” 

Gli ho detto che non compro una casa che non sia regolare sul catasto perché se volessi rivenderla sarebbe impossibile e illegale... Ma che agenzia immobiliare sono questi? 

Allora aggiunge: “Valuta il mio bar come ci siamo accordati x telefono (ci ha confusi con un'altra coppia a cui ha proposto il bar,  ahahah) che ho nel paese nella zona de El Loco (zona vecchia di Corralejo per lo più colonizzata da italiani) gestito da uno che non ce la fa più e gli faccio il favore di gestirlo e prendere gli incassi.” 

Questo bar e' molto conosciuto a Corralejo anche se poi alla fine affari ne fa pochini. C'è il logo di Vivere alle Canarie e sembrerebbe sia realmente di PA e non di chi spreca il suo tempo dietro il bancone 15 ore al giorno per pochi soldi sufficienti a pagare tutto e vivere degnamente. Prezzo domando?? 
“40,000 euro” la risposta! Ma guarda che caso! Tra l'altro avendoci confusi con un’altra coppia ha chiamato mia moglie con un altro nome... 

A quel punto l'ho ringraziato l'ho salutato e gli ho detto che avrei pensato alle sue proposte (non vedevo l’ora di andar via da li, il più lontano possibile il più rapidamente possibile). 

Arrabbiato come una iena per un viaggio fino alle Canarie per sentire che razza di farabutto è questo PA, mi sono goduto i tre giorni di vacanza a Maspalomas. Tornato al residence faccio conoscenza  con la mia vicina di casa e fra una chiacchiera e l’altra, spiegando la nostra intenzione di volerci stabilire alle Canarie, lei ci dice di stare attenti perché ci sono persone, soprattutto italiane, che fanno truffe a quelli che vengono con le buone intenzioni. In particolare mi ha fatto proprio il nome del loro sito web!! 

Bingo!!!

Mi dice: "Sono conosciuti qui molto bene!! Sono dei farabutti!" E lei dice di conoscere personalmente M.!!! In particolare la zia, sua vicina di casa in Sicilia, che ignara di tutto è anche una sua cara amica! Bene, le ho detto che purtroppo abbiamo avuto a che fare con loro, e lei ha chiesto preoccupata se avessimo firmato qualcosa!! L’abbiamo rincuorata. Non siamo caduti nella rete di PA. 


Tra l'altro sono andato all'agenzia immobiliare dove lui diceva di essere socio e mi hanno detto che di PA non sapevano nulla! Non solo, conoscono le magagne di V.alle Canarie, delle truffe che fanno e di tanta gente che è caduta nell’inganno e si è rovinata.

Che posso aggiungere? Nulla. La storia di Andrea parla da sola, e a lui è andata anche bene, ma a quanti va tutto storto, quanti sono quelli che si ritrovano con case invendibili, esercizi pubblici che non produrrebbero un centesimo di incassi nemmeno a ferragosto o promesse di facili guadagni e rendite milionarie? Tanti, troppi. Sono moilti quelli che scappano alla ricerca di una vita migliore, fuggono da un’Italia alla canna del gas, impossibilitati anche e solo a sperare un futuro migliore. Fuggono e sperano di trovare onesti che li aiutino e invece si ritrovano fra le grinfie di criminali peggiori di quelli che pensavano di essersi lasciati dietro. 
Mettetevelo bene in testa, niente si guadagna facilmente, per tutto, ma proprio tutto, servono anni di duro lavoro e sudore della fronte, anche virtuale, pur sempre sudore.

OCCHIO ALLA TRUFFA!!!



2014/08/22

Sull'orlo del baratro


Quello che sta avvenendo in Iraq, a Gaza, nel Canale di Sicilia e in molti paesi del mondo - ma soprattutto in Africa e nelle nazioni islamiche - imporrebbe lunghe riflessioni. Siamo sull'orlo del baratro? 

- Credo che le responsabilità degli USA in questi ultimi anni nell’area mediorientale siano enormi per aver destabilizzato una situazione che era precaria, ma sostanzialmente stabile.

Saddam Hussein in Iraq era sicuramente un dittatore, ma non c’erano e non si erano preparate alternative credibili. La guerra a Saddam è partita anche per evidenti interessi petroliferi e mostrando false prove USA in sede ONU. Rappresentava Saddam l’allora ministro degli esteri Tareq Aziz (cristiano) poi condannato a morte dai “liberatori”, pena in questo momento “sospesa” solo per le pressioni europee. C’era quindi un cristiano ai vertici mentre oggi il paese è nel caos e crea nuova instabilità in tutta l’area, i cristiani fuggono o vengono massacrati, la tensione tra musulmani sciiti e sunniti è enorme e negli ultimi anni in Iraq migliaia di persone sono morte in reciproci attentati nel silenzio generale

- Se l’anno scorso non ci fosse stata una forte pressione diplomatica probabilmente gli USA avrebbero attaccato allo stesso modo Assad in Siria e oggi la situazione in quel paese sarebbe anche peggiore, intanto almeno le armi chimiche sono state distrutte.

- Anche l’Afghanistan collasserà poco dopo l’addio delle truppe alleate. Quindici anni di occupazione non hanno portato alcun progresso politico nel paese dove verrà applicata la shaira islamica che nel frattempo è stata adottata in molti paesi dell’Asia e dell’Africa.

- Ogni intervento nell’area (vedi la liquidazione di Gheddafi) ha peggiorato la situazione, esattamente come avvenne in Somalia: dare calci ai formicai diffonde formiche ovunque, non risolve i problemi. 

Perché avviene questo? Perché troppe volte si pensa che il concetto di democrazia occidentale sia applicabile in paesi dove non c’è questa cultura e invece la religione ha un ruolo per noi incomprensibile e fanatico. Se poi si vota “democraticamente” ovunque vincono gli estremisti islamici proprio perché numericamente sono tantissimi e raccolgono le maggioranze: i moderati che ragionano e vorrebbero il dialogo sono pochi. Alla fine (vedi Egitto) i regimi semi-democratici ma appoggiati dai militari danno purtroppo le maggiori garanzie di stabilità. 

- I presidenti USA (come i governi occidentali) seguono le logiche dei sondaggi elettorali e la volubilità della opinione pubblica, nessuno pianifica mai il “dopo” di un intervento militare con crisi che si incancreniscono nei decenni e non si risolvono mai. Scegliere i tempi di un raid o un ritiro di forze in base al proprio tornaconto elettorale è una follia, ma è nella logica del ritorno d’immagine di un leader politico. 

- I fondamentalisti islamici non hanno alcun rispetto per le persone e i civili: è vero che a Gaza i terroristi si nascondono negli ospedali e nelle scuole, è purtroppo la stessa logica della rappresaglia che durante ogni Resistenza (anche la nostra) caratterizzava ieri le bande partigiane comuniste e oggi quelle islamiche: più attentati e eccidi scatenano più rappresaglie che generano più odio, più danni collaterali per il nemico, più terrore e alla fine maggior controllo del territorio. Il metodo non cambia.

- Gli incrementi demografici arabi in tutto il Medio Oriente sono spaventosi. A Gaza, per esempio, “non c’è più posto” e vivono ammassate milioni di persone e di profughi: l’area è e sarebbe comunque una polveriera. Ovvio che in queste situazioni di tensione cresca la possibilità di reclutare nuovi adepti per le “guerre sante” da parte dei gruppi più estremi. 

- La storia dell’ultimo secolo sottolinea drammaticamente la cecità e l’ignoranza dell’Occidente nei confronti dell’Islam e della sua cultura dando spazio e argomenti agli estremisti che vivono sulla disperazione di decine di milioni di persone che non hanno più nulla da perdere

- L’Occidente e l’Europa sono oggetto di invasione islamica, logica conseguenza di quanto sopra e purtroppo tra i milioni di nuovi ingressi ci sono anche estremisti, fondamentalisti e terroristi che hanno facile presa su frange di immigrati che di solito in Europa stanno meglio che nel loro paese di origine, ma peggio dei cittadini locali. 

Nascono ghetti, sfruttamento, tensioni, invidie e a volte violenze, cresce il rischio di epidemie ma di questi aspetti non si vuole parlare. Come per il problema profughi vince il facile “buonismo”, la commozione del momento, ma non c’è alcuna strategia di intervento oltre al doveroso aspetto umanitario immediato e con la crisi economica i problemi si complicano.

- l’Europa è debolissima sia dal punto di vista militare che culturale, contraddittoria e distratta. Si riempie la bocca di demagogia e poi non si accorge (o non si vuole accorgere) della sua fragilità o semplicemente del fatto che sarà islamizzata da qui a poche generazioni: i numeri sono inequivocabili, le progressioni evidenti, ma si fa appunto finta di dimenticarli.

- l’Europa (e tanto meno l’Italia) non fa nulla per difendersi: non impone “filtri”, controlli, accetta tutto e tutti nel nome della “libertà” come le città antiche che venivano espugnate semplicemente perché a difendere le mura non c’era più nessuno o qualche traditore apriva le porte all’invasore. La storia sempre si ripete

CHE POTREMMO FARE?

- A livello europeo e italiano tentare di avere più coraggio “selezionando” gli arrivi e ad esempio sospendendo subito l’operazione “Mare Nostrum” che in nome della solidarietà incentiva l’arrivo di decine di migliaia di persone. 
I numeri recentemente diffusi dal ministro dell'interno parlano di oltre 100.000 profughi nel solo 2014 ma quasi la metà sono spariti nel nulla, non identificati e neppure accolti nei centri di accoglienza: la malavita ringrazia per questa fornitura di manodopera a basso costo.

- Queste persone vanno aiutate seriamente a casa loro, intercettate sulle spiagge prima della partenza, selezionate creando flussi programmati anziché addirittura incentivare il “liberi tutti”. A questo proposito si deve fare chiarezza su chi (la mafia?) sta guadagnando con questi flussi che sono diventati un vero e proprio business. E perché, dovendo fare una scelta, non si aiutano allora prima i cristiani che fuggono da Siria ed Iraq?

- Alcune situazioni come quella in Eritrea sottolinea l’abbandono europeo in aree che già erano di nostra influenza. Risolvere una situazione locale in quel piccolo paese avrebbe voluto dire decine di migliaia di profughi in meno, ma non si è fatto e non si fa assolutamente nulla. Tra l’altro l’Italia ne ha una responsabilità diretta, visto che l’Eritrea è stata una nostra colonia per un secolo, si parlava italiano e la nostra presenza era visibile e importante. 

- Dobbiamo pretendere scelte coerenti dai governanti, ma anche dalle comunità islamiche presenti in Europa. Bene ha fatto il ministro dell'interno a espellere un Iman estremista, ma quanti ce ne sono? Non ci sono state molte prese di posizione chiare e inequivocabili degli esponenti musulmani italiani o europei (e soprattutto seguite da atteggiamenti conseguenti) per quanto avviene in Iraq. Il loro silenzio sulle atrocità contro i cristiani in tutto il Medio oriente è inaccettabile. Questi atteggiamenti vanno pretesi (e verificati) dai media e dalla pubblica opinione, anche per sostenere quella gran parte di musulmani moderati che in Europa oggi hanno PAURA dei loro stessi “fratelli” estremisti, ma non sono né compresi né aiutati.

- Assolutamente NO all’ “Occhio per occhio, dente per dente” ma se si rispettano le convinzioni religiose e le tradizioni altrui quando si è in un altro paese, dobbiamo difendere le nostre in regime di reciprocità. Si possono fare mille azioni pratiche per ribadire la nostra identità religiosa e culturale nazionale, europea e occidentale. Ma non si vuole farlo! 

- Chiediamoci se Israele abbia davvero tutti i torti o se invece ci sia una precisa volontà di farlo apparire “aggressore” da chi vorrebbe distruggerlo. Se è indubbio che estremisti israeliani fomentano provocazioni ed occupazioni territoriali abusive la crisi recente a Gaza è stata preceduta da settimane di lanci di razzi contro Israele: il mondo non li ha fermati, si è limitato alle chiacchiere. 

- Impariamo a distinguere anche all’interno della politica araba e palestinese: ci sono moderati che vorrebbero il dialogo ed estremisti che lo distruggono. Isis ed Hamas sono un pericolo per tutti, anche e soprattutto per l’Europa e l’Occidente, ma si fa finta di niente. Eppure nel suo statuto Hamas afferma che «la terra della Palestina è una terra islamica» e prospetta la distruzione dello stato d’Israele e l’instaurazione di uno stato islamico palestinese su tutta la terra della ex Palestina mandataria (l’attuale Israele, la Cisgiordania e Gaza). 

Per i suoi militanti e sostenitori Hamas è un movimento di legittima resistenza, ma è nella lista nera delle organizzazioni terroristiche secondo Israele, Stati Uniti, Unione Europea, Canada e Giappone che pur dialogano con essa. Dov’è la nostra coerenza?

- L’unica pressione che l’Europa potrebbe fare – contando ancora qualcosa nel G8 - è quella economico-commerciale, ma oltre all’anima ci siamo già venduti le aziende, i marchi, i mercati. Il petrolio arabo è tuttora fondamentale e quindi nessuno parla di quanto avviene in Arabia Saudita e in alcuni Emirati sul rispetto dei diritti umani, la libertà religiosa, i diritti delle donne né accenna agli aiuti economici enormi quanto inconfessabili che proprio da questi paesi – e soprattutto dai sauditi - arrivano agli estremisti sunniti.  Anche su questo fronte comunicativo è tutta una desolante sconfitta, non c’è nessuna logica strategica. 
L’ultima è stata quella per Alitalia venduta a Etihad con lo slogan che “Alitalia adesso diventerà più sexy”! Idiozie, intanto abbiamo perso un’altra fetta di un potenziale valore strategico nazionale come per altre decine di aziende, marchi e imprese italiane svendute all’estero 

I latini ci ricordavano che “Se vuoi la pace, prepara la guerra” il che è drammatico e per un cristiano profondamente sbagliato , contro ogni nostro principio morale, ma è vero.

D'altronde “La pace non è un dono di DIO, ma un compromesso degli uomini” la si costruisce solo passo passo e sul rispetto reciproco, la fiducia, la comune responsabilità ma anche con la reciproca intesa e presa d’atto tra avversari che conoscono la forza l’uno dell’altro e questa forza funge da deterrente. Se come Occidente - ma soprattutto come Europa – su questi temi siamo deboli, divisi, incerti, l’avversario islamico continuerà nella sua lotta di espansione e moltiplicherà le sue pressioni sapendo di vincere perché conosce e quotidianamente verifica le ipocrisie e la debolezza dei suoi avversari.

Per questo, purtroppo, vincerà.

2014/08/02

Trading Dummies



Articolo scritto da Sergio Balacco (CEO di una Trading Company oltre che blogger e scrittore) in collaborazione con Aldo Villagrossi ex trader e scrittore.

Tutto il nostro mondo, quello in cui viviamo, si basa su una parte che vende e una che acquista. Succede ogni giorno fin dal primo momento che ci svegliamo fino a quando andiamo a dormire. Ogni minuto della giornata noi vendiamo qualcosa e acquistiamo qualcosa d'altro per vivere, per alimentarci, comunicare, muoverci, andare in bagno (anche lì) guardare la televisione o andare al cinema.
Tutti vendono e tutti acquistano.

Questa magica parola che riassume il concetto si chiama: Commercio, che sia internazionale o meno si tratta solo di un dettaglio, anche di scarsa importanza, perché le regole dovrebbero essere le stesse. 

Ultimamente si sta sviluppando anche il "bartering" vale a dire il "baratto" che in questo ricorda gli albori del commercio, quando a vendere erano i contadini che producevano prodotti vegetali e a comprare gli allevatori che producevano prodotti animali. Alla fine il contadino se ne andava con la capra al guinzaglio e l'allevatore con le sue mele. 
Nel testo si descrive un modo che sembra tutto fuorché invitante. Naturalmente questo esercizio è anche leggermente canzonatorio, punta il dito però contro quella "popolazione" che crede che il "nostro" mestiere sia facile, che porti una vagonata di quattrini e che questi contribuiscano a rendere l'individuo felice e soddisfatto. 

Invece è un lavoro difficile, i successi (il classico big deal) se va bene sono un paio all'anno, arrivano dopo mesi di ricerche, di telefonate, di arrabbiature, anche di viaggi su e giù per l'Europa, di incontri, di mailing list infinite, di traduzioni dall'inglese all'italiano o francese o spagnolo ecc ecc e viceversa e si deve poter contare su una schiera di collaboratori che vanno pagati e con quelli i contributi, la cassa malattia, le assicurazioni e non dimentichiamoci le tasse, l'IVA, gli affitti, le bollette della elettricita', le comunicazioni, internet, i noleggi, gli abbonamenti alle riviste di settore, al listino del Platts, a quello della LME, il Bunkerworld, il GWN e mettiamoci nel mucchio la ICC e poi il WTO, l'Asean, l'AFTA. 

Tutti mettono a disposizione del trader un documento che è sicuramente indispensabile, a sentir loro, che costa non meno di 100 euro e che si userà un paio di volte nella vita. 

Tutto costa terribilmente troppo e va pagato anno per anno. E se poi si chiude l'agognato deal che procurerà quel milione di dollari di guadagni ecco che il buyer mandate di turno verrà anche a dirti che sono troppi, che potresti accontentarti di molto meno, tanto le tue spese sono inesistenti...

Leggiamoci questa guida e, per una volta, facciamo insieme due risate, anche quattro, sono gratis, ve le regalo.

Guida intergalattica per Trader improvvisati.

Mi sono avvicinato al trading di commodities per via di una frase detta in un momento di disperazione. 

Ricordo che eravamo vicino a Varese, io e un amico/collega, Ambrogio. Ero alla scrivania, tentando di inventare qualcosa per “sbarcare il lunario”. Ad un certo punto, dissi ad Ambrogio: “Certo che il massimo sarebbe fare commercio di materie prime”. Fu quello forse il primo momento in cui pensai che la mia direzione era in tal senso.
Tempo dopo, Ambrogio mi contattò perché aveva conosciuto una persona la quale aveva una richiesta di latte in polvere. Ambrogio caldeggiò tale scelta perché riteneva che la mia esperienza passata potesse giovare a questo tipo di trattativa. In effetti la mia esperienza era legata al mondo dell’alimentare, e delle polveri liofiizzate in particolare.

Decisi di tentare un approccio ad un mondo che non conoscevo per niente, il mondo delle commodities.

Il primo scontro fu sui termini: “LOI”, “FCO”, “NCNDA”, “DEAL”, MFP”. Tutte cose che nel mio settore erano sigle molto simili ai codici dei coloranti. Si parlava in codice, e soprattutto in quantità inimmaginabili per la mia esperienza. Migliaia, centinaia di migliaia di tonnellate di latte in polvere. Mi resi poco credibile nei confronti di un paio di pezzi grossi del settore a furia di sparare cifre che io stesso reputavo incredibili ma che trasferivo ai produttori come una cosa riferita da personaggi molto in alto per cui credibili. Fu il mio primo grande errore. Mai fidarsi delle quantità riferite: c’è molta gente che fa confusione fra Euro e Dollari, fra tonnellate e chili, fra oncie e grammi, e riferire una quantità o un prezzo in modo errato è un attimo.

Le basi fondamentali

Punto primo: la Lettera d’intenti – L.O.I. Letter Of Intents

Una lettera d’intenti è sostanzialmente una dichiarazione di interesse da parte di un compratore nei confronti di un determinato materiale, dove in questa lettera vengono descritte le seguenti cose:
Intestazione del richiedente
Nome e Cognome dell’intermediario incaricato alla ricerca del materiale
Tipo di materiale
Quantità
Prezzo ideale (target price)
Destinazione della merce
Data di scadenza della richiesta
Eventuale scheda tecnica (se richiesta una particolare tipologia di materiale)
Dati Bancari (opzionale)

La lettera d’intenti è la prima grande discussione del trading. Spesso non arriva, o arriva diversa da quello che ci si aspetterebbe. Spesso viene “sanitizzata”[1] in modo più o meno artigianale e il risultato è, altrettanto spesso, un documento privo di qualsiasi valore. Dicevamo che la LOI spesso non arriva. In effetti a fronte di una mail, o di una telefonata, un incontro riservato, c’è una dichiarazione di un potenziale deal[2] che scatenano una serie di richieste che possono passare da canali più o meno fibrillanti[3] i quali iniziano una raffica di richieste che a volte sfociano in risultati che potenzialmento possono essere reali, ma che vanno incontro allo scoglio più grande, gli intermediari.

Bisogna a questo punto categorizzare gli intermediari per tipologia:

Il disperato

Il disperato è solitamente un idraulico in pensione o parificato (Con tutto il rispetto per gli idraulici e per i pensionati) il quale ha due importanti caratteristiche:
1) E’ convinto di essere il più grande commerciale del mondo
2) Per certo non conosce altra lingua che non sia quella con cui si esprime quotidianamente, il che non significa che sia per forza l’italiano.
3) Non sa usare un computer e soprattutto non ha idea di come utilizzare la posta elettronica.
4) Aggiungiamo anche una certa difficoltà nell’uso del cellulare
Il disperato viene a conoscenza del nuovo deal dai canali più disparati: il bar dello sport, un’amicizia altolocata, ma spesso, spessissimo, un altro disperato. I disperati conoscono miriadi di esseri al loro pari, i quali sanno benissimo che se mai chiuderanno per puro caso un deal, anche minimo, si ritireranno definitivamente per il resto della loro vita. A questo scopo non credono ai deal “piccoli”, anzi, li rifuggono quasi fossero appestati o pieni di malocchio, a favore di forniture spaventose quanto improbabili di Jet Fuel quasi dovesse partire un charter per Saturno ogni giovedì sera.

Ovviamente il tutto sulla base di telefonate, mail, parole, ma mai con una LOI in mano.
La filiera malvagia dei disperati si evolve autonomamente, e prende un corpo quasi serpentesco fino ad arrivare a decine e decine di codesti elementi i quali, per effetto della legge di Murphy, ad un certo punto toccano un punto sano da una parte o dall’altra del serpentone. A questo punto scatto il panico. Cosa fare quando il deal è vero? Santi numi, è vero! Adesso cosa si fa? La prima cosa è avere una posizione privilegiata nelle NCNDA (non circumvention & non disclosure agreement). Ho visto Tabaccai di Treviso che hanno compilato il campo “Seller” delle NCNDA dichiarandosi venditori di 300.000.000 di barili di Jet Fuel, oppure delle NCNDA da 40 pagine dove la somma delle percentuali superava anche il 100%… del Deal.

Il disperato, quando il deal non va a buon fine, cade in una depressione dalla quale esce solo con il sopravvenire di un altro deal, proposto da un altro disperato. E il ciclo si perpetua.

Il Furbetto del trading

Generalmente è un presunto esperto del settore. Rientrano nella categoria spessissimo i commercialisti e gli ex dirigenti d’azienda. Abile manipolatore di mail, ritiene di poter infilare il proprio contributo indispensabile in ogni deal possibile, parlando e saltando di palo in frasca e ostentando delle sicurezze che poco hanno a che fare con la serietà. Siccome per deformazione professionale spesso è obbligato ad aver ragione, il furbetto del trading tende ad aver ragione anche in pieno torto marcio, putrescente e addirittura quando tutto il mondo punta il dito contro di lui dicendo: “Tu quoque, Bruto, fili mi!”. Ho sentito gente che parlava di olio di Jatropha Curcas[4] a destinazione alimentare, o di JP54[5] in container.

Il furbetto omette di comunicare tutti gli appartenenti a un deal al contatto che ha un ruolo sull’altro lato. Il motivo è semplice: più gente c’è, meno ci guadagna lui. Per cui il trucco sta nel conoscere il massimo dei deal attivi, avere il massimo dei contatti per poter agire con velocità e soprattutto nel totale silenzio. Ma a volte il contatto con il venditore (detto Seller, dal furbetto) e il compratore (detto Buyer) non è così vicino. Per cui quando i giochi sono stati fatti, gli tocca ricostruire la catena che lo ha portato al deal, e un classico di questa situazione sono i cosiddetti “accodamenti” cioè la comparsa di una serie di figure in un deal che si era prefigurato come “snello”[6].

Il furbetto del trading aspira a diventare Buyer o Seller mandate[7] nel giro di qualche tempo, e a volte arriva a dichiararlo pubblicamente per farsi forza di chissà quale potere contrattuale. Il buyer mandate per il furbetto è una figura epica, mitica, quasi eroica, il quale ha il potere di far saltare il deal solo perché quel giorno si è beccato una diarrea a pressione oppure perché uno degli intermediari ha sternutito senza il suo permesso. Il Seller mandate per il furbetto è un essere mitologico con poteri straordinari, come quello di concedere a lui, il principe degli intermediari, l’indulgenza plenaria su tutti i deal futuri. Al furbetto non è concesso chiedere, trattare, osservare, pensare, scrivere al seller o buyer mandate se non in caso di crollo improvviso della soletta principale dell’ufficio. 

Riceve una LOI o una FCO da queste due figure come se fossero delle investiture regali, promette fedeltà eterna ed esce dal regno per “pugnar contro li molini a vento”. Ovviamente, costituendo una “Nova Armata Brancaleone” che a forza di LOI, SCO, FCO, sbatterà il grugno sull’asfalto più volte.

Il cavallo pazzo

Il primo dei pericolosi elementi che costituiscono un deal vero ma fallito in partenza.
La frase tipica è “ma tutti questi intermediari non penseranno di prendere lo stesso che prendo io per il solo motivo di avere fatto una telefonata?” dimenticando di levare questa frase da una mail in copia a tutti. Il cavallo pazzo deve accuratamente evitare di camminare giù dal marciapiedi. Centinaia di intermediari fra furbetti, disperati e altre categorie lo vogliono morto. Generalmente riesce a chiudere il deal ma facendo più morti della battaglia di Caporetto. Ama il termine “Denuncia” e la frase “ne parleremo nella sede più adeguata”. 

Corre in bagno a masturbarsi ogni volta che un intermediario muore di infarto durante un deal. Per lui il buyer’s mandate è un intoppo inutile e il seller’s mandate necessario come le ragadi anali. Il fatto che il materiale debba in qualche modo essere trasportato è un particolare che lo interessa si e no 2 minuti, alla voce “destinazione” dovrebbe esserci scritto “Dove cazzo ti pare”.

Il Cavallo Pazzo passa la giornata a tempestare di telefonate chiunque compaia nell’elenco del suo cellulare multifunzione ipertecnologico proponendo deal “last minute” e lagnandosi in modo terrificante sui deal in corso, gufando come un menagramo professionista addosso a chiunque abbia la sciagura di incontrarlo nel suo percorso.

Il calmo apparente

La flemma è il suo way of life. Sembra avere la situazione in pugno. Generalmente ha una vita sessuale tormentata. Ostenterebbe calma anche fosse a bordo del titanic con l’acqua alle ginocchia e l’orchestra che suona “Nearer, my God, To thee”. In realtà corre fuori ad urlare stile Fantozzi ogni volta che salta un deal e spesso si incazza come un facocero per motivi futili. A onor del vero a volte riesce a fare affari. Mai in abbinamento con i Furbetti, che lo considerano un incosciente. Di fronte alla possibilità di chiudere una fornitura di Benzina destinata all’India con contratto ventennale dovete solo sperare che non abbia prenotato le vacanze in Turchia con l’amata di turno proprio in quei giorni. Vi manderà una cartolina, statene certi.

Improbabilatore

L’improbabilatore è un essere di origine aliena che è stato portato sul nostro pianeta per proporci affari appetibili sono a livello interplanetario. L’improbabilatore chiama scegliendo senza particolare cura un interlocutore, gli dice una frase tipo: “Senti… sei su skype?” Questo è il preludio ad una comunicazione che cambierà la vita degli abitanti del pianeta. Questa frase mette sull’attenti due categorie in particolare: Il cavallo pazzo e il disperato.
Il dialogo che segue è quasi sempre imperniato sulla pura follia. “Senti, ci sarebbe da fare un ponte che unisce la spagna al Venezuela, io sono a capo dell’ufficio acquisti. Mi servono 300.000.000.000.000.000.000 di tonnellate di cemento e un po di tondino di ferro.” Alle risate che sgorgano copiose dall’altra parte del telefono, la risposta è quasi sempre la stessa: “Beh senti, visto che non ti interessa potresti passarmi almeno il nome del venditore…”.

The Confuser

Creare momenti dove è difficile capire persino che ore sono è il suo sport preferito.
L’arrivo di LOI abbellite da fotografie, di FCO scritte in cirillico antico o in aramaico, il draft contract prima di tutto senza sapere dove andrà a finire la merce, chiedere una fornitura a prezzo 50 per poi dichiarare che il target price è 67 con 17 dollari di commissioni ovviamente solo per un fantomatico buyer’s mandate, questi sono le sue performance.
Spesso è velato da un’aura di serietà che lo rende addirittura interessante. Parla con cura di dettagli di castronerie che farebbe sbellicare dalle risate un qualsiasi mediocre tecnico, ma che risultano persino assennate alle orecchie dell’attonita controparte.
L’essere che vive nel confuser è pronto a far scucire al mediatore un “si” poco convinto ma mai se ne va senza risultati. Il disastro succede dopo, quando il confuser entra in azione con il suo repertorio più classico, la “spiegazione logica”: 5 minuti di laceranti delucidazioni logiche che portano la controparte al suicidio per ingestione del mouse.

Il menagramo

Si tratta di un mediatore che attraverso una procedura randomizzata e con una casualità che nemmeno il più sofisticato computer riescie ad elaborare, decide che uno dei suoi compagni di cordata è la vittima sacrificale contro il quale rovesciare tutti i suoi più bassi e lugubri presagi, dalla mania di persecuzione fino allo scavalco di massa, dalla riduzione coatta delle commissioni all’esclusione dal deal, dalla probabile non esistenza della merce all’insolvenza del compratore. Tutte manie tanto funeree quanto paradossalmente realistiche e vicine ad una realtà che spesso si palesa, destando la sua più liberatoria e irritante frase, la quale recita spesso un “Te lo avevo detto, io”, che come controreazione avrebbe solo la pubblica lapidazione se non fosse che la vittima è ormai sconvolto da giorni di “scuorno” pressochè continuo. A volte viene stroncato da improvvise quanto sospette malattie fulminanti.

L’onesto falsario

Questa è a categoria che odio di più: dichiarare il falso pur di far proseguire un deal, modificare FCO e LOI al fine (idiota) di sbloccare una situazione, dichiarare percentuali di commissioni mai discusse, questi sono fra gli sport preferiti del nostro onesto falsario. E come può essere onesto un falsario? Chiedetelo a lui, che anche preso in castagna, con le mani nel sacco, proclama candidamente la propria buonafede. Una specie di Ignazio di Lojola il quale, dopo aver compiuto stragi efferate, si aspetta anche di essere beatificato o meglio, “santo subito”.

L’inesperto saccente

Questo genere è favoloso quando lo incontri durante un deal al quale nemmeno tu credi più di tanto. Allora ti diverti. Diversamente sono terribilmente irritanti e riescono a confondere la più cristalliana delle trattative. Spesso parlano di materie prime senza conoscerne non solo l’utilizzo, ma addirittura il più basilare significato o natura che dir si voglia. Ne ho conosciuto uno che ha parlato per mesi di Urea e verso il secondo mese di trattative mi ha esposto la sua perplessità al fatto che le fattorie russe potessero produrre tanto materiale quanta fosse la richiesta.
Alla mia richiesta di spiegazioni ne scaturì una teoria sull’origine… liquido-organica dell’urea da farmi contorcere dalle risate.
Bellissime le distorsioni dell’inglese, per esempio: “Sof Offert” oppure “Crudel Oil”.

L’amico del Presidente

Spesso si trova nel settore questa figura curiosa di trader, effetto di una mutazione genetica che porta il trader fallito a scalare le vette dei più improbabili castelli della materia prima, fino ad arrivare a lui, “il Presidente”, colui che con uno schiocco di dita può decidere di farlo ricco o meno.
L’amico del Presidente viene detto anche “ce stà n’amico mio” in quanto essendo costui in diretto contatto con il più importante Presidente a livello planetario, per osmosi ne conosce personalmente anche altri. La premessa dell’amico del Presidente è sempre la stessa, imperturbabile e inossidabile: “mi posso fidare?” e te lo dice con l’occhio di chi vuole concederti l’ultima chanches della tua vita, dopodiché scriverà il tuo nome sulla lapide posta all’ingresso del mausoleo del trading, che da qualche parte deve essere, ed ogni volta che qualcuno passerà di li leggerà il tuo nome squotendo la testa. 

In genere l’amico del Presidente viene sconvolto dalla cruda realtà non appena si trova di fronte ad un deal semiserio. Come ho detto più volte, non è assolutamente detto che un deal serio fra due parti serie debba necessariamente concludersi positivamente. E qui casca l’asino. L’amico del Presidente si trova disorientato, completamente spaesato e con il cervello fritto dalle procedure scritte in inglese maccheronico da lui stesso. Generalmente l’amico del Presidente ha in quest’ultimo una fiducia totale e incondizionata, frutto più della disperazione che del buonsenso, al punto in cui si aggrappa a questa figura mitologica quasi fosse un padre spirituale in cui riporre le più rosee speranze. Generalmente viene colpito dal desiderio di terminare fisicamente l’ex-amico al primo deal fallito.

C’ho da pagà 'a bolletta

Questa figura si presenta in varie forme più o meno eteree ma comunque è tanto reale quanto d’impiccio per i deal in fase di chiusura. Costui, che io chiamo amichevolmente “er bollettaro” è colui che per cause varie di scadenze improrogabili si permette di accellerare forzatamente la chiusura di un deal con il solo scopo di andare incontro alle proprie esigenze personali. Mi trovai diverse volte in contatto con bollettari di vario genere e specie, ma uno dei più divertenti fu quello che tentò di far passare per vera una data di consegna del materiale che comportava una velocità di crociera della nave oggetto del deal vicina ai 130 kmh. Gli feci presente che probabilmente l’acquirente era a conoscenza delle tempistiche di trasporto, ma incalzandomi il bollettaro in questione mi disse che la nave era già partita. Ebbene, qualora vi fosse in circolazione un armatore colpito da ictus tanto devastante da fargli caricare e spedire una nave di prodotto letteralmente in “tentata vendita”, credo che tale mezzo di trasporto possa altresì permettersi di stare sotto la velocità massima consentita sulle autostrade italiane, in quanto la probabilità di vendere questo prodotto entre le prossime 24 ore sarà quantomeno improbabile.

Le Donne del trading

Un capitolo a parte si meriterebbero le donne del trading. Generalmente si danno un’aria severa, molto professionale. Vivono una condizione dove la loro prestanza fisica gioca un ruolo marginale rispetto alle reali capacità professionali, ma non disdegnano di usare il proprio sex appeal per ammaliare la banda di sciammannati di cui sopra, i quali, se mai chiudessero per disgrazia un deal nella loro vita, dichiarano di ritirarsi in convento ma nella realtà passerebbero il resto della loro vita a mantenere la popolazione femminile Russa fra i 20 e i 30 anni. Per questo motivo la donna del trading è rara, ma quella gnocca lo è ancor di più. Distinguiamo:

La gnocca professionale

Parla al telefono che sembra Rita Levi Montalcini. Ogni parola detta dal povero trader dall’altra parte del telefono è intesa come un insulto. Quando il trader si incazza definitivamente, la gnocca professionale passa al contrattacco e sfodera la propria gattoneria, insinuando senza tanti panegirici il fatto che a deal concluso una sveltina ci scappa, per certo. Il trader mandrilliaco, e in particolare il tipo “cavallo pazzo” e il “Confuser” ne subiscono il fascino e sono pronti a rinunciare alla propria percentuale di commissioni a favore della suddetta sveltina. Operazione, questa, che costa ai malcapitati alcuni billions di commissioni all’anno. Per questo sono favorevole alle escort. Generalmente la gnocca professionale è mitizzata, nel senso che è uno dei mediatori che sparge la voce relativa alla presunta gnoccaggine della suddetta. In genere è un confuser, ed è facile capire il perché. La gnocca professionale cavalca questo mito e ne gira i risultati a suo favore e a discapito dei mediatori che cascano nella sua rete.

La babbiona scriteriata

Il personaggio meriterebbe non solo un piccolo capitolo, ma anche un paio di approfondimenti di una certa intensità. Non escludo di farlo in futuro.
Per qualche strano motivo, le babbione scriteriate sono per lo più concentrate in Toscana e in particolare a Firenze[12]. Il motivo per cui una città tanto bella e densa di personaggi di indiscusso livello possa ospitare certi parassiti mi è assolutamente ignoto. Sta di fatto che esistono e sono parte integrante delle nostre notti insonni. La Babbiona generalmente non ha capito, non capisce e non capirà nemmeno in futuro qualsiasi cosa gli passi sotto il naso, ma per qualche oscura ragione ha sempre l’ultima parola. Laddove esista un deal dove compare il nome di una signora, assicuratevi in qualsiasi modo che non rientri nella categoria delle babbione scriteriate, perché in questo modo il vostro deal è morto in partenza.

Le nazionalità nel trading

Lavorare con vari personaggi di varie provenienze è spesso affascinante, ma vi sarete accorti che ci sono caratteri comuni per ogni nazione. Elenchiamoli:

I Francesi

Avere a che fare con un trader Francese e con un becchino vi lascerà la stessa sensazione: l’amara percezione di aver speso tempo e denaro per un funerale. I francesi hanno un senso del tragico che a volte batte il migliore dei Menagramo sul mercato. Il timore di essere scavalcato è presente in tale categoria fin dalla nascita. Ne conosco uno che a mio avviso ha fatto firmare una NCNDA all’ostetrica che l’ha fatto nascere. I francesi, a causa del fisco di questa nazione che è particolarmente pressante e per nostra fortuna sono molto rari.

I tedeschi

Inclusi anche gli Austriaci, godono di un’aura molto particolare. Ce li immaginiamo alti, biondi, sui 50, occhiali rotondi e capelli rari, alla guida di grosse Mercedes Blu. Dicono TUTTI, indistintamente, di essere Buyer o Seller’s mandate. Difficile che un trader tedesco sia qualcosa di diverso.
Disdegnano di lavorare con Italiani e Spagnoli. Lasciano a noi i contatti più assurdi, spesso con gli Arabi o con i Greci. Minacciano e si trasformano in cani rabbiosi ad ogni variazione e ritardo, ricordandoci quanto siamo “Italiener, dumm und ergebnislosen[8]” e quando il deal va male per colpa loro (si, perché la loro rigidità è pari solo a quella della piramide di Cheope) si sentono dei vermi e non ti richiamano più. 
Meriterebbero un bel “zur Hölle fahren, Sie und Ihre steifen Schwanz[9]“. Ma noi siamo dei signori.

Gli Austriaci

Ussari per natura, hanno lasciato la trincea da qualche mese, consci che la prima guerra mondiale è stata ormai vinta da loro, anche se Franz-Joseph non lo ha ufficialmente comunicato. Ad ogni modo, ancora con la loro brava baionetta in una mano e la “Clusterbomben” nell’altra, operano nel trading con la stessa perizia con cui un macellaio valtellinese opera da dentista. Non che siano dei confuser o dei cavalli pazzi, tutt’altro. Sono spesso onesti e discretamente preparati. Il loro problema principale sono le relazioni interpersonali. Avere a che fare il resto del mondo per loro è un’anomalia. Dovrebbero trovare il modo di fare trading laddove seller e buyer siano sempre loro. E secondo me ci stanno arrivando.

Gli arabi

يتمتع هالة خاصة جدا. لنا أن نتصور لهم طويل القامة ، اشقر ، حوالي ، والنظارات المستديرة والشعر نادرة ، ويقود سيارة مرسيدس زرقاء كبيرة ويقولون ان الجميع دون استثناء ، أن يكون المشتري للبائع أو الانتداب. من الصعب على التاجر الألماني هو شيء مختلف.
فخور جدا بالعمل مع الايطاليين والاسبان. دعونا الاتصال أكثر عبثية ، في كثير من الأحيان مع العرب أو مع اليونانيين. انهم يهددون [10

I cinesi

Popolo assolutamente incredibile, quello cinese. Prima di tutto i nomi delle trading che tradotti in Italiano fanno più o meno così:
“Splendente sole d’oriente LTD”
“Il grande muro SA”
“Grande Stella D’oro LTD”
Ovviamente tutti riferiti alla tradizione cinese e alle loro immagini di benaugurio.
Il nome dell’amministratore o del presidente secondo me è sempre lo stesso:
John Lee
Mark Zhou
John Xhao
Questo confermerebbe la mia teoria che oltre che a riciclare il passaporto dei morti in Italia, riciclano anche gli amministratori e i presidenti.
Mark Zhou infatti è Presidente di 1470 fra trading ed aziende di produzione dal luglio del 1895. Pace e lunga vita al presidente.
Alcuni luoghi comuni sui Cinesi:
I cinesi non pagano le commissioni VERO.
I cinesi non fanno una pippa se non ci sono gli americani che gli parano il culo VERO
I cinesi vogliono sempre il nome del seller per saltarti a piedi pari VERO
Bene, sfatati questi luoghi comuni, per altro tutti veri, potete avventurarvi nel trading coi cinesi. A proposito, vendo un completino di lattice nero con borchie interne affilatissime + frustino per lei stimolante per lui.

Gli Spagnoli

Vivere il trading come una corrida. Drappo rosso e vestitino ridicolo? Naa… Arena polverosa e toro infuriato? Naa... Migliaia di persone in un posto dove se va bene muore una povera bestia e se va male ti ritrovi con un corno nel culo, questo è il trading spagnolo. Gli spagnoli sono la sintesi di tutto quello che ho scritto prima di adesso. Spesso, spessissimo non sanno l’inglese, e questo gioca a nostro favore. Per il resto… FIESTA! Un deal spagnolo è una fucina di nomi, ogni minuto ne scaturisce uno nuovo, un caleidoscopio di intermediari dove la catena è lunga come l’autostrada che corre lungo la cordigliera delle ande. E tutti vogliono dire la loro, senza esclusione di colpi. Alla fine, ma proprio alla fine, provate a chiedere al toro. Forse lui conosce il nome del Buyer.

Il trading Portoghese

Durante la seconda guerra mondiale il Portogallo fu un paese neutrale. Temo di non essere smentito dicendo che un filino di guerra non gli avrebbe fatto male… così, due o trecento colpi, sparati giusto per divertirsi. Invece no, siamo qui con i sensi di colpa per le leggi razziali e per le deportazioni e c’è un popolo che parla una lingua vicina alla nostra che ha partorito anche due o tre fra i più cruenti trader mondiali. Almeno un Cavallo pazzo e due Furbetti.

I materiali del trading

Chissà per quale motivo il materiale favorito dai trader improvvisati è il petrolio. Questa materia prima viene definita “crudo” dai meno esperti, “crude oil” (o CRUDEL oil dagli analfabeti) o greggio da quelli che se la tirano.

Convinzioni comuni

Il petrolio viene estratto dagli arabi facendo buchi poco profondi e a secchiate viene caricato sulle navi dette petroliere, le quali variano da 1.000 tonnellate a circa 6 milioni di tonnellate. Vaglielo a spiegare al trader inesperto che nemmeno l’enterprise di star trek può caricare quella quantità di liquido.
Il senso comune dice che il petrolio NON può arrivare da:
Sud America
Africa
Canada
Generalmente chi scopre di avere un amico che gli dice che un suo amico ha un contatto di una petrolifera Venezuelana è convinto di avere scoperto una raffineria INCA o MAYA dormiente la quale non vede l’ora di produrre qualche trilione di tonnellate solo per lui, arricchendolo e contemporaneamente facendo fallire l’arabia saudita. Appena scoperta questa cosa il trader improvvisato gioisce inviando milioni di terabite di mail in ogni angolo del mondo urlando NUNZIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM: HABEMUS PETROLEUM!

Olio di Palma

Questo materiale è quello sul quale mi sono divertito di più. In Italia entrano tutti i giorni centinaia di migliaia di tonnellate di olio di palma ad uso alimentare, ma a questo nessuno fa caso. Quello su cui punta gli occhi il trader improvvisato è l’olio di palma ad uso energetico. Dovete sapere che il fixing di Rotterdam è il prezzo più vicino alla realtà di buona parte delle materie prime, e spesso i prezzi reali sono decisamente sopra questo indicatore.
Ma per il trader improvvisato il fixing di Rotterdam è al pari delle scritte sullo shampoo del bagno di casa sua: le usa per concentrarsi quando fa la cacca. Rotterdam è un porto su al nord, nemmeno tanto localizzato, e se vogliamo farci quattro risate chiediamo al trader di dichiararci la nazione che ospita la città di Rotterdam. Il 90% vi dirà Germania, il resto Danimarca, qualcuno Belgio e solo pochissimi vi diranno OLANDA. Lasciamo stare gli svarioni su Svezia, Finlandia e Francia.
A parte il fatto che se si parla di Rotterdam in termini di prezzo tutti penseranno che l’olio arriva da li, ma il trader improvvisato generalmente crede e tenta di far credere che l’olio di palma arriva dalla Cina, dal Canada, dall’Africa. In genere il trader improvvisato non sa nemmeno che l’olio di palma si ottiene dalla spremitura dei frutti di una palma detta appunto “da olio”, ma si immagina nella sua testolina che le piante vengano abbattute per poi essere spremute. Ma il trader improvvisato se ne frega del disboscamento in Cina o in Canada, l’importante è che gli paghino le commissioni.
Dicevamo: l’olio di Palma. Questo maleodorante e francamente poco edificante olio, oltre che ad essere di bassa lega è anche molto complesso da ottenere da piante coltivate in aree al di fuori di quelle tropicali asiatiche, e non tutte, peraltro, in quanto questo infido liquido tende a diventare della consistenza di un mattone non appena scende sotto i 30 gradi centigradi e inacidisce con la velocità di mia Zia Ingrid quando il marito torna ubriaco dal bar.
Per questo motivo bisogna avere i magazzini di stoccaggio, detti TANK, assolutamente conformi per stoccare econservare questo mefitico materiale. Le pompe che devono caricare il liquido sulla nave, appositamente trasformata per il trasporto di tale materiale, devono essere in grado di fare questa operazione con una certa efficienza, cosa che al trader sfugge, al punto che di fronte alle perplessità di avere una potenzialità di carico enorme nel porto di Cotonou, Benin, ammesso che davanti ad una cartina si riesca ad individuare questo minuscolo stato Africano, il trader salta sulla pianta e inizia una manfrina che terminerà solo dopo aver soddisfatto la sua voglia di aver ragione a tutti i costi.

I materiali impossibili 

ovvero: dove la scienza non osa, il trader ci arriva.
Ci sono materiali frutto di esperimenti genetici fra trader che comunicano solo telefonicamente. Per esempio l’olio di Caribù.
L’episodio dell’Olio di caribù è recentissimo rispetto al momento in cui sto scrivendo questa mia memoria, e voglio regalarvi questa meravigliosa perla di saggezza al fine di tramandarla ai posteri come monito.
Il fatto: mi telefona un attempato signore dichiarando la possibilità di avere discrete quantità di olio di Caribù provenienza Africa.
Il Caribù, meglio conosciuto come RENNA, è un mammifero artilodattilo della famiglia dei Cervidi, che preferisce decisamente la convivenza con grosse mandrie nel pressi del circolo polare artico piuttosto che avere a che fare con i leoni nella savana africana.
Ma le preferenze di latitudine del simpatico animaletto poco interessano al trader che imperterrito, dopo un ragionevole dubbio sulla veridicità dell’offerta, implacabilmente cadono ancora una volta sull’affermazione: “Ma allora, indipendentemente dal fatto che sia quello o meno, se ci fosse olio di Caribù lei ha qualcuno che lo compra?”
Metto giù il telefono convinto che prima o poi si accorgerà della difficoltà nello spremere una renna allo scopo di ottenerne olio. In realtà dopo alcuni minuti è lui a chiamarmi, con un tono di voce allegro, dichiarando: “Scusi, scusi mi sono sbagliato, è BURRO DI CARITE’!”
Ci sono materiali sconosciuti alla scienza? Sembrerebbe di si, ma al trader nulla sfugge, in quanto costui è consapevole che metà del mondo si compra e l’altra metà si vende, per cui quasiasi cosa sia in grande quantità può essere venduta o comprata, e non stiamo li a fare manfrine se nessuno l’ha mai sentita.

I materiali segreti – La Cia ci spia

Prima o poi capita. Nello stadio terminale, il trader incontra un suo simile che gli propone quello che tutti loro vorrebbero sentirsi dire: “Ho dell’oro da vendere”.
A questo punto succede un casino. L’oro è “IL” materiale, per il trader. Cosa c’è di meglio? Una mattonella d’oro pesa come un bimbo di 9 anni, ha dimensioni ridotte, è praticamente un assegno circolare e tutti lo vorrebbero, se lo sconto è quello paventato.
Sono le quantità che inorridiscono: dalle 5000 tonnellate in avanti.
Ma ci pensate? CINQUEMILA TONNELLATE DI ORO?
Sapete quant’è la riserva aurea Americana? Quelli di voi che hanno imparato la lezione saranno già su internet a verificarla: poco più di 8.000 tonnellate. 
Allora, se una nazione come gli Stati Uniti è stata in grado di accumulare in tanti anni solo 8.000 tonnellate, mi spiegate come il trader di turno, magari un attempato signore che di mestiere ha fatto il camionista, ha per le mani tre quarti della riserva aurea Americana?
Nulla da eccepire nei confronti dei camionisti, sia ben chiaro. Però…
Alla domanda: “ma ti rendi conto di quanti soldi parliamo?” il trader improvvisato dice sempre e costantemente la stessa frase: “non ho fatto i conti per scaramanzia.” In realtà i conti ci ha provato a farli, ma la calcolatrice da 8 euro che ha nella borsa gli mostra un messaggio di errore appena ci prova.
Ve lo dico io.
5.000 tonnellate al prezzo di fixing sconto 3% sono esattamente, nel gennaio 2011, 160.000.000.000,00 di euro. Lasciate stare il ditino che corre a contare gli zeri, ve lo dico io: CENTOSESSANTAMILIARDI DI EURO. Adesso dovete trovare chi tira fuori centosessanta miliardi di Euro.
Briatore? Silvio? Allora andate a guardare le statistiche dei più ricchi uomini del pianeta. Non ce ne è uno che sia in grado di pagare quella cifra.
Andiamo avanti? Il trader va avanti! Imperterrito! E non molla!
Gruppi di intermediari intervenuti all’ultimo momento, zii, cugini, nipoti e parenti tutti si accodano ad un’affollatissima NCNDA che più che un documento di riservatezza sembra la Treccani. Telefonate a dir poco idiote incalzano minuto dopo minuto, fino al tragico momento della scadenza che, come per la fine del mondo, viene annunciata ma non arriva mai. Passano le ore, i giorni, e questa maledetta scadenza è ormai molto alle spalle. I mediatori sono impazziti, partono i primi insulti e ogni ragionevolezza lascia il posto al delirio. Ma questa condizione dura poco. La rassegnazione subentra al delirio e tutti se ne tornano a più miti consigli.

Appendice 1

Una settimana da trader
Romanzo a puntate di Aldo Villagrossi

Ogni fatto e persona di questo Romanzo sono da considerarsi assolutamente VERI e presi da fatti REALI.

Capitolo primo

“Io Sono Leggenda” - sono diventati tutti Trader!
Una cappa grigia staziona ormai da mesi sulla città. Tutti, nessuno escluso, sono diventati Trader. Ogni persona ha qualcosa da vendere, ciascuno compra qualcosa.
Diario di Lunedi 23 Gennaio 2017
Sto cercando di fare gasolio alla macchina. Il Benzinaio della ERG dietro l'angolo mi ha chiesto un UPFRONT FEE di 30 Euro per lo stoccaggio del "mio" gasolio nella stazione di servizio. Sta cosa mi sta sulle palle ma accetto lo stesso. "Lo vuole CIF o FOB?" mi dice con quell'accento Calabrese che lo distingue da mezzo secolo.
Che cazzo di differenza ci sarà? mi chiedo, ma scopro che CIF vuol dire "Al servito" e FOB "Cazzi tuoi, serviti da solo". E vabbè.
Faccio il pieno a 2,34 Euro al litro ma il prezzo cambia in corso d'opera e finisco per pagarlo 4,55 euro al litro. Colpa del fixing di rotterdam, dice il calabrese.
Il macellaio mi chiede di firmare le NCNDA-MFP per darmi il prezzo dell'arrosto di codino di manzo. Quando lo scopro (il prezzo) decido di mandare una lettera di rinuncia. il supermercato ha i banchi completamente vuoti. ci sono solo i prezzi e le descrizioni dei prodotti. Alla cassa nessuno conosce il "Branzino". Una cassiera dice che per avere un branzino devo pagare l'SGS al banco del pesce. Vado e pago. Alla cassa trovo una scatoletta di Tonno.
La gente per strada è costantemente al telefono. Alcuni camminano con strane apparecchiature al collo che gli consentono di mandare mail etc. direttamente dalla strada.
Il sito www.ncndamfp.com [11] ha superato facebook da circa 5 anni.
Le banche concedono crediti basati sulle ipotesi, detti anche "total dream amounts", che devono essere rispettati entro 5 anni dalla stipula del contratto.

Capitolo Secondo

Il salto della quaglia - the jump of the quail
Ormai anche i livelli più bassi della società sono stati contagiati dal virus. I travestiti di via gradoli chiedono la POF prima della prestazione. I clienti chiedono la POP prima della POF. Mi viene in mente una canzoncina dell'antoniano...

Loop infiniti

C'è qualcuno che compra da uno a 100 e cerca di rivenderglielo ad 80. Ovviamente quello che vende a 100 non vede l'ora di comprare a 80, e quello che vende a 80 non ha capito che il prezzo è 100, perché quello che ha fatto il prezzo a 80 si è sbagliato e il prezzo vero è 100. Ma non fa niente, andranno avanti ancora per un po cosi. Beati loro...
Il macellaio (seller) mi ha fatto vedere delle costolette d'agnello (POP) e io (Buyer) gli ho fatto vedere i soldi (POF) mentre la cassiera (Seller mandate) incassava, mi ha chiamato mia moglie (Buyer mandate) dicendo che stava arrivando mia figlia (buyer intermediary 1) con la ricevuta della lavanderia (SKR) per ritirare le giacche (Good) portate a lavare la settimana scorsa da mio suocero (buyer intermediary 2).
Non sapendo dove si trova la lavanderia, ho chiesto informazioni ad un passante (buyer facilitator) il quale ha chiesto il 5% sul valore dello scontrino della lavanderia (Invoice).
Sono uscito dalla lavanderia e ho trovato una multa sul tergicristallo con sconto 6-9%. Mandate, a cagare, il vigile. Comincio ad incazzarmi, e la mia ulcera peggiora. Mi fermo in farmacia e chiedo del comunissimo Maalox. Dopo una trattativa estenuante con la farmacista decido di comprarne 25 tonnellate FOB che mi devo andare a ritirare presso lo stabilimento di produzione Sanofi Aventis sito a Lione, Francia. Mi servivano delle supposte di tachipirina ma preferisco tenermi la febbre.
Ormai tutto è un incubo: entri al bar e chiedi un caffè: il barista dice "Guarda, un caffè non se ne parla nemmeno, se vuoi ne ho 50.000 tonnellate CIF Trento. Alla mia obiezione "ma trento non ha il mare" il barista risponde molto formalmente variando la FCO da CIF a FOB ASWP. Alla mia rimostranza "Ma come cazzo può essere possibile Free On Board All Sure World Port" il barista mi manda una mail con allegato il certificato di deposito del caffè presso dei tankers destinati al gasolio nel porto di Rotterdam. esco vomitando dal bar. 
Uno degli avventori del bar, per il solo fatto di essere presente in quel momento, eredita il diritto ad una percentuale di commissioni maggiore di quelle del barista.
Di rientro da casa mi fermo dal panettiere. "Buonasera, mi da un kg di baguette?" "Certo! Ecco il suo MEZZO CHILO" "ma come, non era un kg?" "no, MEZZO kg. Adesso prenda i suoi 300 grammi sennò alla fine non ce ne è più". Esco con i miei 100 grammi di baguette. E cara grazia.

LA COSA DIVERTENTE DI QUESTO ROMANZO E' CHE NON MI SONO INVENTATO NULLA... SE NON LE AMBIENTAZIONI e i materiali in questione.

[1] Termine del trader che definisce così un documento privo di riferimenti che possano far risalire la controparte al venditore o al compratore. 
[2] Affare, trattativa. 
[3] Termine da me coniato per definire i canali troppo dinamici e frettolosi. 
[4] Tossico come un’amanita falloide 
[5] Jet fuel, benzina per aerei 
[6] Fatto di al massimo 5 figure compreso venditore e compratore 
[7] Figura ufficialmente incaricata dal venditore o dal compratore a gestire l’affare 
[8] Italiani, stupidi e inconcludenti 
[9] Vai a fare in culo tu e le tue rigidità del cazzo. 
[10] A parte tutto ciò, io comunque non ci ho capito un التين المجفف.
[11] Sito inventato di sana pianta, non cliccateci non vi conduce in una pagina web
[12] Aggiungerei anche a Torino, soprattutto a Torino.

(by Aldo Villagrossi & Sergio Balacco)