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2015/11/22

Il valore della vita


Scusatemi ma non avrei molta voglia di scrivere sugli attentati di Parigi e delle reazioni che dilagano in Europa, lo faccio quasi come “dovere” alle tante persone che mi leggono.

Non ha molto senso infatti aggiungere molte altre parole ai tantissimi commenti, anche perché sento dentro di me un’angoscia profonda, un senso di inutilità nel vedere come già pochi giorni dopo i nuovi 129 innocenti morti ammazzati a Parigi (e 224 esplosi in volo 15 giorni fa, 80 saltati in aria a Beirut e migliaia di altri innocenti in mezzo mondo dalla Siria alla Nigeria di cui non parla nessuno), neppure finita la consueta retorica del lutto, l’Italia ha subito cominciato con i soliti distinguo. “Siamo in guerra? Si, cioè no, ma, però, forse, tuttavia, non so…” 

Nessuno chiede che si vada a bombardare qualcuno (anche perché non ne abbiamo i mezzi) ma almeno si fosse presa qualche decisione concreta, anziché coltivare solo la speranza che i terroristi continuino a preferire altri obiettivi. 

Ma guardate la sconsolante realtà, i numeri nudi e crudi: l’anno scorso su circa 200,000 immigrati clandestini arrivati in Italia più della metà di loro non si sa neppure il nome, la nazionalità, tanto meno si hanno le impronte digitali: spariti (o fatti sparire) nel nulla, mai esistiti. Certo che è difficile che i terroristi arrivino sui barconi, ma certamente tra quei disperati senza volto molti saranno adescati perché diventino almeno fiancheggiatori dei terroristi e altri lo diventeranno convintamente perché emarginati nella vecchia Europa e messi a contatto con abissali ingiustizie, ma anche perché - arrivati irregolari - restano senza lavoro, speranze, possibilità di crescere. 

E’ così che si crea quella zona grigia in cui poi naturalmente crescono i potenziali kamikaze che spesso sono già nati in Europa, ma rimasti ai margini della società. Ha un bel dire il ministro Alfano che siamo pronti. Ministro, non ci prenda in giro: visiti un po’ le periferie delle città dove caseggiati e quartieri interi sono occupati da anni non si sa da chi, in una anarchia sovrana e dove la polizia neppure entra: vale per i quartieri di camorra vale per le periferie di tante città dove la comunità islamica è addirittura diventata prevalente perché gli italiani se appena potevano ne sono scappati. 

Stessa “zona franca” per quei centri di estremismo islamico che di fatto nessuno controlla perché - anche quando si espelle un singolo Iman che predica l’odio e la morte agli infedeli - nessuno realmente sa né riesce a sapere chi frequenta quelle moschee, chi annuisca, chi si nasconda. Da anni migliaia e migliaia di espulsioni “ufficiali” ma tutti sappiamo che (quasi) tutti sono poi rimasti qui vivendo in clandestinità e creando altri problemi. 

La Francia è attaccata direttamente per tanti motivi, noi per ora siamo fortunatamente in ombra ma solo perché obiettivi minori e non per chissà quale politica di “intelligence”. La realtà è che le nostre forze dell’ordine sono insufficienti, vilipese, mal pagate, poco addestrate, con una età media di oltre 40 anni, senza mezzi né armi sofisticate, senza specifica preparazione antiterrorismo. Gente che rischia la pelle – e lo sa – senza avere alle spalle una copertura adeguata né tecnica nè di appoggio concreto della pubblica opinione. Avete visto a Bologna domenica scorsa: a 24 ore dalle violenze gli arrestati erano già tutti fuori, come sempre. 

Per rafforzare le nostre forze armate e di polizia servirebbero fondi che non ci sono e non si vogliono trovare in un’Europa che non è ancora riuscita ad escludere le spese per la sicurezza dai “patti di stabilità”. La realtà è che oggi le nostre “teste di cuoio” italiane sono pochissime e - salvo forse che nelle grandi città - impiegherebbero ore ad arrivare sul luogo di un attacco. 

Non solo, per “fiutare” gli esplosivi servono mezzi, cani, apparecchiature automatiche posizionate ovunque e non le abbiamo. Se un kamikaze volesse farsi esplodere su un “Frecciarossa” in una galleria farebbe un macello e non l’avrebbe controllato nessuno. Se qualcuno avvelenasse un acquedotto, come reagiremmo? Situazioni come queste sono potenzialmente migliaia, ma siamo del tutto impreparati a fronteggiarle anche come mentalità. 

Siamo deboli perché innanzitutto siamo sconfitti e deboli dentro e riflettiamo su quanti ventenni oggi si impegnerebbero veramente per difendere il proprio paese. Pochissimi, temo, perché non hanno esempi, certezze, ideali dopo essere cresciuti senza la minima tensione emotiva su queste tematiche, anche perché dove sarebbero gli esempi, tipo Falcone o Borsellino ?. 

Ma guardateli i nostri grandi strateghi: adesso viene buono perfino Putin, quello che tre mesi fa era all’indice e si ridicolizzava Berlusconi se andava a trovarlo. Tutti strateghi: i francesi che hanno abbattuto Gheddafi e volevano far fuori anche Assad, gli americani che hanno armato i ribelli di mezzo mondo con armi che adesso gli si rivoltano contro. 

Ricordiamoci che se era per Obama Damasco sarebbe stata rasa al suolo soltanto 2 anni fa e oggi sarebbe probabilmente la capitale dell’ISIS che – dobbiamo pur ammetterlo – spara anche con armi e munizioni italiane vendute a terzi e dirottate in Siria. Interventi? Nessuno. Guardateli tutti, che pena vederli inchinarsi ai Sauditi (vero, Mr. Renzi?) che sotto sotto appoggiano proprio l’ISIS prostituendosi per un po’ di petrolio. 

Guardate l’inutilità dell’ONU che non ha neppure il coraggio di prendere una posizione che sia men che retorica. Ma quando si aspetta ad intervenire con quei paesi che apertamente fiancheggiano il terrorismo e metterli al bando, costringerli a prendersi le loro responsabilità? Il punto fondamentale è, in questa situazione, quanto siamo disposti a perdere della nostra libertà personale in cambio di maggior sicurezza. In Francia si decide, da noi no. 

Qui sta il punto, altrimenti sono solo le solite chiacchiere, così come il dover amaramente prendere atto che se certamente non tutti i musulmani sono terroristi e altrettanto vero che quasi tutti i terroristi sono musulmani e questo è un inequivocabile dato di fatto che si fa finta di dimenticare mentre aspettiamo, almeno in Italia, di vedere finalmente salire la protesta dei musulmani “moderati” contro le nefandezze compiute in nome del Corano e la espulsione dei violenti dalle loro comunità. 

Sarà interessante vedere la prevista manifestazione “moderata” a Roma, ma anche quella già preannunciata a Milano di segno opposto e vedremo chi protesterà “a favore dei musulmani”, magari ci saranno anche i centri sociali, mentre a Porta Porta secondo un sondaggio (fatto al telefono, e i possibili terroristi non rispondono al telefono!) il 12% dei musulmani italiani giustifica comunque le azioni terroristiche, ovvero teoricamente in Italia ci sono più di 200.000 “amici” dei boia: quanti risultano al Ministero? . 

Dedicate infine un minuto di vita a leggere quello che scrive Antoine e forse, nel buio che attraversiamo, comprenderemo da che parte stia oggi la civiltà e l’umanità delle persone.

2015/11/17

Non avrete il mio odio, avete perso

Questo post vuole essere un tributo a un marito e a una moglie vittima della ferocia dei terroristi islamici. Un odio senza fine. Non l'ho scritto io, ma chi l'ha scritto ha avuto il coraggio di dire quello che pensava e sputare in faccia a quei criminali tutto il proprio disgusto. Non li odierà mai, siamo certi, ma nemmeno li amerà e l'indifferenza fa ancora più male.

“Non avrete mai il mio odio”. Antoine Leiris titola con queste parole la lettera indirizzata agli assassini di sua moglie. La donna ha perso la vita durante gli attentati di venerdì 13 a Parigi e il marito, rimasto solo con il figlio di 17 mesi, si è rivolto direttamente ai terroristi su Facebook. A loro non vuole dare la soddisfazione di avere la sua rabbia, di comandare le sue emozioni. Ha voluto scrivere una lettera aperta ai terroristi. Eccola:

"Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. 

Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. 

L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. 

Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio".

Scritto da Antoine Leiris, Paris, 17/11/2015

2015/11/15

Coerenza


Vi immaginate se negli anni ’70 un primo ministro italiano fosse andato in Cile a salutare il generale Pinochet? Impensabile, ma nessuno ha mosso ciglio né sollevato il problema per la recente visita del premier Matteo Renzi in Arabia Saudita. 

C’era da festeggiare la commessa ad imprese italiane per costruire parte della metropolitana di Riyadh e soprattutto i sauditi galleggiano su un mare di petrolio quindi tutti zitti, eppure basta entrare su Wikipedia per verificare come sotto il comando autoritario della dinastia saudita in Arabia si faccia rispettare rigorosamente la legge della dottrina wahabita (un'interpretazione fondamentalista del Corano). 

Il risultato è che molte libertà fondamentali della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non esistono e la pena di morte ed altre pene sono state applicate spesso senza un regolare processo.

L’Arabia Saudita è uno di quegli stati in cui le corti continuano a imporre punizioni corporali, inclusa l'amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per alcuni crimini come la "cattiva condotta sessuale" e l'ubriachezza. L'Arabia Saudita è anche uno dei paesi in cui si applica regolarmente la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate tramite decapitazione. 

Le donne saudite subiscono forti discriminazioni in molti aspetti della loro vita, compresa la famiglia, l'educazione, l'occupazione e il sistema giudiziario. Sulle strade pubbliche alle donne non era permesso fino a poco tempo fa di andare in bicicletta ed è loro tuttora vietata la guida di autoveicoli. 

L’Arabia è stata tra le ultime nazioni a dichiarare fuorilegge la schiavitù, ma nonostante questa proibizione formale persistono casi di schiavitù e di traffico di esseri umani. 

L'attività sessuale fuori dal matrimonio eterosessuale è illegale. La punizione per l'omosessualità, travestimento da donna o coinvolgimento in qualche cosa che faccia pensare all'esistenza di una comunità gay organizzata varia dall'imprigionamento alla deportazione (per gli stranieri), alle frustate e all'esecuzione. La libertà di parola e di stampa è limitata per proibire la critica al governo o l'approvazione dei valori "non-islamici". Il governo vieta ufficialmente la televisione satellitare, i sindacati e le organizzazioni politiche che sono proibite, così come le dimostrazioni pubbliche. 

L'Arabia Saudita proibisce tutte le manifestazioni e i culti religiosi tranne l'Islam ed è vietato celebrare una funzione religiosa non musulmana. Il governo può cercare nelle case di chiunque e arrestare o deportare i lavoratori stranieri che possiedono icone o simboli religiosi, come ad esempio il vangelo o un rosario. “Pecunia non olet” ma anche in questi atteggiamenti vi è la conferma della nostra subordinazione paurosa e silenziosa all’estremismo islamico perché – non dimentichiamolo - di fatto l’ ISIS è finanziata anche dai principi sauditi.