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2013/05/06

Ruzzle Mania

Impossibile non averlo notato. È il rompicapo del momento e milioni di appassionati in 50 Paesi hanno già sviluppato una dipendenza da App. Sto parlando di Ruzzle, il gioco ideato da alcuni genialacci ragazzotti svedesi della Mag Interactive che ha fatto il vuoto fra le apps degli smartphones che sta avviandosi a diventare la mania, anzi il gioco mania del 2013. 

Ma cosa è in effetti il ruzzle?


Sembrerebbe più facile dire cosa non è, per esempio non è una disciplina sportiva, intesa come un'attività che esercita i muscoli, fa bruciare le calorie e rafforza lo spirito di squadra. E non è nemmeno una materia da studiare sui banchi di scuola ne tantomeno una disciplina professionale anche se chi l'ha inventata ha sicuramente saputo capitalizzare il frutto della propria conoscenza. 

È uno dei giochi più popolari del momento. Per giocare a Ruzzle non servono campi da prenotare o amici con cui fissare la partita. Bastano uno smartphone con connessione a internet e un avversario che può trovarsi pure dall’altra parte del mondo, che sarà indicato casualmente dal sistema informatico oppure da scegliere tra gli amici di Facebook. 

In principio era Il paroliere, poi diventato Scarabeo traducendo nella lingua di Dante lo Scrabble anglosassone. Questi erano due giochi da tavola, al tempo lo smartphone non si sapeva nemmeno cosa fosse, che tramite lettere casuali, richiedevano di comporre parole di senso compiuto il più lunghe possibile. Lo stesso principio si applica al Ruzzle, tutto è tuttavia trasferito sullo smartphone, rigorosamente touch meglio se retina display per aumentare la sensibilità del movimento, occorre trascinare il dito sul touch screen per due minuti e tre manche e totalizzare il punteggio più alto. 

Semplice? Nemmeno tanto. 

Intanto riuscire a vincere non è affatto facile, come in tutte le nuove attività che siano giochi che lavoro, serve la pratica. Il giochino per fortuna ha una opzione pratica che ci permette di giocare contro noi stessi senza mettere a rischio il punteggio e memorizzare le parole che maggiormente producono punti. Ora non vorrei dilungarmi sul come e perché si accumulano punti, per quello ci sono decine di siti internet che spiegano per filo e per segno ogni dettaglio del gioco fino a farci scoprire ogni e più recondito sistema legale per far punti. No, io vorrei parlare del giochino in se stesso inteso come strumento per distrarre la mente dai mille pensieri quotidiani che ci attanagliano primo fra tutti quello di come fare per arrivare alla fine del mese col misero stipendio al netto delle tasse che riusciamo a guadagnare. 

Un dato su tutti. Le combinazioni possibili, considerando che le lettere dell’alfabeto sono 26 e quelle a disposizione sono 16 sono tante, ben 5,311,735 ma non spaventatevi. Non è che in ognuna delle schermate vi ritroviate a dover indovinare oltre 5 milioni di combinazioni. No, per fortuna no. Il numero delle combinazioni possibili viene indicato dal giochino a fine partita e, di solito, non supera le 500 combinazioni per schermata. 

Ogni minuto libero diventa buono per cucire insieme lettere in versione “touch”. Addirittura, a dispetto del fair play, qualcuno ha già iniziato a barare: ultimamente spopolano le Apps create per risolvere in modo automatico qualsiasi schema proposto dal gioco. La vittoria è assicurata, ma che divertimento c’è? 

Qui entro in gioco io, non nel gioco in se stesso ma in una ponderata analisi della situazione. La dipendenza da gioco, in questo caso la Ruzzlemania potrebbe, se non abbiamo abbastanza carattere per non rimanere invischiati nel meccanismo perverso, portare gli individui che lo praticano di continuo verso una pericolosa dipendenza ne più ne meno come quella da gioco d’azzardo e scommesse per non parlare di droghe varie e il discorso sarebbe lungo, sfiorando la dipendenza dall’alcool, dalle droghe leggere e pesanti e via via attraverso una perversa spirale che porta gli individui che ne sono affatti verso una rapida e dolorosa fine. 

La Ruzzle Mania, se configurata dall’individuo che ne è schiavo, potrebbe diventare patologica e viene considerata come una vera e propria forma di “dipendenza senza droga”. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali propone diversi criteri diagnostici per il "comportamento maladattivo legato al gioco d'azzardo" considerando che se sono presenti almeno 4 dei sintomi la dipendenza è conclamata e conviene rivolgersi a uno specialista prima che sia troppo tardi. In genere se vi sentite coinvolti in modo sempre crescente nel gioco, per esempio, se vi trovate continuamente a rivivere le esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare sistemi leciti o illeciti per vincere, se cercate di raggiungere un esagerato stato di eccitazione durante il gioco, se l’irrequietezza e l’irritabilità quando tentate di smettere diventano preda di voi stessi, se ricorrete al gioco come una fuga dai problemi o come conforto al senso di disperazione, di colpa, ansia, depressione; se mentite con gli amici della vostra situzione di dipendenza se infine compite azioni illegali per vincere sempre, se mettete a rischio o addirittura perdete una relazione importante, un lavoro, un'opportunità di formazione o di carriera a causa del gioco e se infine reiterati e inutili sforzi di tenere sotto controllo l'attività di gioco, di ridurla o di smettere di giocare non hanno ottenuto successo allora vuol dire che siete diventati schiavi del gioco in se stesso, siete in dipendenza e uscirne non potrebbe essere affatto facile. 

L’allarme sociale sulle problematiche legate al gioco riflette la diffusa percezione della crescente gravità del problema. Qual è la relazione tra gioco ed azzardo? Siamo sicuri che l’essere dipendenti di un gioco forse anche innocente come il Ruzzle non sia l’anticamera per diventare schiavi di ben altri giochi, che illudono di vincere, che facciano pendere la bilancia virtuale di riferimento più evidente (anche se non esclusiva) verso i giochi nei quali la componente casuale è preponderante? L’aleatorietà, cioè l’incertezza sull’esito, permette la scommessa, la scommessa determina la vincita o la perdita, vincite e perdite possono rinforzare o indebolire il desiderio di scommettere nuovamente. 

Il giocatore diviene preda di un sintomo compulsivo, egli evidenzia una progressiva perdita della capacità di porre dei limiti al coinvolgimento nel gioco, potrebbe anche subire perdite economiche frequenti e sempre più vistose, assorbimento sempre più esclusivo nell’attività di gioco. La dipendenza da Ruzzle è solo il primo passo, esattamente come succede per le droghe leggere, quando si comincia a consumarle il passo successivo sono quelle pesanti e sempre più avanti alla ricerca di una soddisfazione interiore anche ludica che porterà coloro che diventano dipendenti cronici a situazioni psicotiche  con la perdita dell’esame di realtà fra i primi rischievidenti come giocare sempre e comunque anche in casi estremi quando il gioco stesso diventa dannoso nell’immediato, per esempio giocare mentre si guida un’auto. 

Diventare schiavi del gioco in tutte le sue forme, dal più innocente apparentemente come il Ruzzle fino ai giochi onerosi come le scommesse varie porta i soggetti a non considerare deleteri fenomeni quali la richiesta continua di prestiti, la scarsa attenzione o il disinteresse per le attività lavorative, di studio, professionali, sportive. 

È realmente questo che volevate quando avete iniziato a giocare a Ruzzle? Siete consapevoli dei rischi che state correndo? 

PS. Io gioco a Ruzzle mediamente una o due volte al giorno, adesso che lavoro all'estero, lontano da casa, quando rientro in albergo per distrarmi, nei weekend per la stessa ragione. Potrei essere a rischio? Potrei ma non è il mio caso, sono già arrivato a quella fase, abbastanza comune per quello che mi riguarda, di rigetto del gioco stesso. Una forma idiosincrasica di noia da gioco, che si manifesta dopo un certo periodo. Se prima giocavo dieci partite al giorno oggi ne gioco due, arriverò a giocarne una sola e probabilmente la voglia e l'interesse se ne andranno a cercare altri giochi maggiormente stimolanti o riempitivi di quel tempo libero che ho in relativa abbondanza quando il mio lavoro, come adesso, si svolge lontano dalla famiglia. 
Non ponete il gioco avanti a tutto, ricordatevi che prima esiste la famiglia, il lavoro, gli affetti, i divertimenti all'aria aperta, lo sport e molto altro ancora. Non dimenticatevelo.

2013/05/04

Il Giardino di Ninfa


Questo articolo, oltre a voler essere un'ode alla bellezza della natura, la natura verde e rigogliosa di un giardino curato dall'uomo, intende mettere in mostra le capacità di un amico che è anche fotografo. Lui, Patrizio Severini, è un fotografo di quelli di una volta, di quelli che esprimono la propria carica interiore con le immagini.
E' per me un onore mostrare i suoi scatti al Giardino di Ninfa. 

La storia del Giardino di Ninfa

Il Giardino di Ninfa custodisce le rovine di una città medievale, incendiata e saccheggiata più volte e poi abbandonata dai suoi abitanti. Oggi, intorno alle rive di un laghetto, sono rimasti i ruderi di un borgo fantasma, con le sue mura, le torri, le chiese e le abitazioni. Nel 1920 il principe Gelasio Caetani decise di bonificare questa proprietà, con l'intento di realizzare lo splendido giardino che ancora oggi si ammira. La sua opera fu proseguita da donna Lelia, ultima esponente della famiglia, che sistemò questo splendido parco romantico, ricco di specie esotiche e ornato da fantasiosi giochi d'acqua. Nel 1977, alla sua morte, Ninfa fu donata alla fondazione Roffredo Caetani.
Nel giardino si possono ammirare meli, ciliegi e magnolie.

Seppur nel territorio del Comune di Cisterna di Latina, Ninfa è strettamente legata alla storia della Famiglia Caetani e quindi a Norma e Sermoneta.

Ai margini della via Pedemontana Volsca che collegava Roma con il sud del Lazio, proprio sotto la rupe di Norma, al lato di un limpido laghetto formato dalle acqui del fiume Ninfeo, nel VII secolo d.C. si insediò un modesto nucleo di abitanti che avevano abitato la diruta Norba.

Nel 741 l'imperatore Costantino Copronimo donò al papa Zaccaria , Ninfa e Norma. Nel IX Secolo Ninfa fu in possesso dei Conti di Tuscolo e solo nel 1085 entrò a far parte dei possedimenti della Santa sede.

Nel 1159, proprio a Ninfa, Rolando Bandinelli venne incoronato Papa con il nome di Alessandro III nella chiesa di Santa Maria Maggiore, di cui restano le rovine.

La cittadina fu in possesso dei Frangiapane, degli Annibali, Ma Ninfa raggiunse l'apice a partire dal 1297 con Pietro Caetani, nipote di Bonifacio VIII, il quale incentivò sia l'attività edilizia che commerciale: i Caetani infatti la potenziarono con la costruzione di ben sette Chiese, oltre 150 abitazioni, due mulini per cereali, mura di cinta, il palazzo con una robusta torre.

Le fortune di Ninfa durarono fino al febbraio del 1382; in quell'anno travolta da lotte fratricide fu totalmente distrutta e non fu mai ricostruita. La malaria fece il resto disperdendo i pochi contadini rimasti sul posto. Ormai esisteva solo nel ricordo, tanto che nell'Ottocento veniva definita come la "Pompei del Medioevo" (Gregorovius).

Nel 1921 ci fu la svolta grazie a Gelasio Caetani, il quale iniziò la bonifica della zona e il restauro dei ruderi (e in particolare della torre del Municipio), avviando inoltre un recupero botanico attraverso la piantumazione di specie diverse sotto la guida della madre Aba Wilbraham Caetani.

L'opera fu poi continuata dal fratello Roffredo, dalla moglie di quest'ultimo, Marguerite Chapin Caetani e dalla figlia Lelia Caetani Howard. Il giardino è quindi il risultato di amorose cure e geniali interventi botanici indubbiamente favoriti da una microclima: il sito di Ninfa è infatti protetto a Nord dalla sovrastante rupe di Norma, mentre il fiume che ha qui la sua origine funge da regolatore termico.

Sono infatti migliaia di piante che ormai hanno attecchito e seguono un tranquillo ciclo vitale, sotto la guida di esterti tecnici e botanici. Insieme ai nostri ontani, salici, pioppi, olivi, querce, aranci, limoni, melograni, crescono l'azzurro "ceanothus" californiano, i grandi aceri nipponici, le betulle boreali, l'albero dei tulipani, l'acero dello zucchero, magnifici bambù, la splendida Gunnera manicata, i ciliegi cinesi, la calla etiopica.

Le fotografie di Patrizio Severini














I giardini di Ninfa sono aperti al pubblico il primo sabato e domenica del mese da aprile a ottobre. Per informazioni contattare: Tel: 0773-632231 
Orario di apertura: 09.00 - 12.00 / 14.30 - 18.00 
Luglio Agosto e Settembre : apertura dalle 9.00 alle 12.00 - dalle 15.00 alle 18.30

2013/05/01

E se fosse amore?



Quale amore dovrebbe essere se fosse? 

Troppo facile parlare d'amore. Tutti pensano che l'amore possa risolvere i problemi di questo mondo dove molti, ma non tutti, soffrono, in particolar modo gli italiani che, a leggere le loro storie sui vari social forums, stanno già con l'acqua alla gola, annaspando come disperati alla ricerca di una soluzione, qualsiasi essa sia, per restare a galla, per sopravvivere, e si attaccano anche all'amore per trovare lo stimolo giusto che permette di sopravvivere.

No, non parlo di quell'amore di forma opportunistica, io appoggio te e tu appoggi me e stiamo a galla in questo mare di molle e maleodorante liquido fecale che viene sparso teoricamente a grandi mani dai nostri indefessi politici ma che, in effetti deriva da noi stessi, da quello che abbiamo seminato negli anni passati e adesso tragicomicamente arrivato al pettine come un nodo.

La cicala canta l'estate e la formica lavora per cui l'inverno la formica gode e la cicala muore? No signori miei, stiamo parlando di differenti specie d'insetti, la cicala è destinata a una breve e intensa vita, orientata a tramandare la specie di musicali consaguinei che rallegrano il sottobosco. La formica invece tiene famiglia, molto numerosa, è amore, ma anche dedizione, quel sentimento che le permette di seguire giorno dopo giorno gli stessi passi, le stesse azioni per portare cibo alla comunità affinché tutti sopravvivano in armonia e senza calpestarsi i piedi l'un l'altro. 

E non ditemi che la formica, poverina, è una schiava della regina perchè potrebbe tranquillamente sgusciar via quando meno se lo aspettano per fare che poi non si sa, ma l'importante è l'amore, per se stessi in quel caso.

No, non parlo di questo amore, parlo invece di quello sublime, superiore, sopra ogni cosa per il quale gioisce l'anima e non solo quella. Quell'amore che ci permette di affrontare le prove più difficili e dure che la vita ci riserva prendendola, non dico sul ridere, ma almeno senza metterci a piangere e versare lacrime a scrosci che pare l'Arno nella piena del ‘65.

L'amore a tratti, fermi e decisi, l'amore a linea continua ma con qualche interruzione, per prendere fiato, l'amore che lega indissolubilmente un padre, non già una madre che d'amore ci deve vivere per forza, col proprio figlio.

Che un atto d'amore dice che il figlio è di tale padre e per quello che l'ama salvo poi verificare il dna e scoprire che non è ma.... Ma benvenga l'amore che passa sopra ogni cosa, anche sopra un paio di elicoidali filamenti che dicono tutto e non dicono niente.

Che poi amore diceva qualcuno che deve essere per sempre. E come fai a definire che è per sempre? Si comincia e non si sa quando finisce se finisce o forse si pensa che sia iniziata quella storia d’amore da perderci la testa per poi scoprire che era un calesse come un film del caro Nuti che col calesse è pure andato fuori di testa?

Il mio amore, vorrei dire, l’amore come lo intendo io deve essere casto e puro, suvvia, virtualmente, l’amore non si intende sempre quello fra un uomo e una donna, è amore come detto prima quello del padre col figliuolo ma anche del figliuolo col gatto cane o ranocchio, magari corrisposto a metà, magari solo frainteso ma c’è dedizione e comprensione e questo deve riempire i cuori e pensare che finché c’è amore esiste anche la speranza che tutto possa migliorare. 

Amore è dedizione, amore è anche arrendersi all'evidenza dei fatti, delle situazioni, della consapevolezza che tutto possa cambiare, in meglio o in peggio non è dato saperlo, in una forma che a noi è congeniale in un modo che si possa convivere con esso e arrivare a apprezzarlo, non bollire di rabbia e fastidio ma gioirne. L’amore è quello che avviene dopo l’irruzione casuale e sconvolgente nella nostra vita di un individuo, di un oggetto, di un pensiero reale o virtuale,  l'espressione di un concetto filosofico una casualità assoluta di un incontro fra due entità che si tramuta in un aspetto di un destino inatteso.

Io amo perchè sono vivo o amo per non morire. Non fraintendetemi, io amo, d'accordo.
E se amassi un calesse, torniamo a questo calesse di nutiana memoria, potrei esser giudicato pazzo? Per quale inverecondo motivo dovrei amare un calesse che non corrisponde se non con le sensazioni che io provo per lui, il calesse? Allora non  è amore ma reciproco interesse a convivere (ditemi poi come si fa) con un calesse che non parla, non ride, non piange e meno male, non mangia neppure.

Io amo il mondo, la vita, la famiglia e i figli, il mio lavoro e i sogni, i desideri inconfessabili e quelli che confesso, amo l'aria che respiro anche se mi avvelena giorno dopo giorno, amo l'acqua e la terra, amo il fumo dell'arrosto, amo il tuono e la tempesta, la pioggia e la neve e non odio nessuno. 

E' dunque amore?




Myanmar, ritorno nel paradiso.


Ottanta fotografie scattate in Myanmar, un terra affascinante e unica, poco o niente raccontata e riprodotta. La grandiosita' della Shwedagon Paya di Yangon con la sua cupola dorata alta 100 metri che racchiude all'interno una ciocca di capelli di Buddha. La fierezza delle donne e degli uomini dello Stato Shan che aspirano, come altri gruppi etnici presenti nel Paese, all'indipendenza. Il lago Inle con i suoi villaggi costruiti su palafitte, gli orti galleggianti, i pescatori di etnia Intha, la "foresta" di stupa di Indain. Le antiche capitali Amarapura, Ava e Mingun adagiate lungo le sponde dell' Irrawaddy, nel distretto di Mandalay. La valle di Bagan costellata da migliaia di stupa, un luogo senza tempo dove il moderno non e' mai arrivato. Le maestose Ananda, Shwe Sandaw, Shwezingon e Sulamani pagoda, la dorata Bu paya, e le centinaia di templi di tutte le dimensioni che celebrano ogni giorno la gloria di Buddha. Ma il Myanmar e' anche un paese al cui popolo manca il bene piu' prezioso: la libertà. Una giunta militare ha oppresso per anni la sua gente e ancora tenta di dominare, assimilare e sfruttare i gruppi etnici presenti nel paese. Le foto di questa galleria sono dedicate al premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia, per anni privata della sua libertà e eletta al parlamento del proprio paese aspettando il ritorno alla vita dell'ex Birmania, terra di misteri e di fascinoso oriente.