Prossima fermata: Paradiso. Possibilmente fiscale, possibilmente con la speranza che il vorace fisco italico non arrivi anche li. Questo discorso nasce da molto lontano. Nasce dall'analisi di un sistema, il sistema fiscale. Non voglio discutere di quanto sia bello, conveniente e interessante aprire una societa' in Delaware, non in questa fase almeno, e non per parlare del piccolo Stato americano come un paradiso presunto fiscale, semmai una conseguenza, ma affrontare l’argomento attraverso una importante considerazione che nasce molto lontano nel tempo e si è espansa a tal punto da diventare universalmente un apparato dotato di vita propria, tanto vivo da condizionare la vita di ogni abitante del pianeta: il sistema fiscale.
Perche' paghiamo le tasse?
Le tasse si pagano da cosi' tanto tempo che qualcuno ha anche dimenticato il motivo. Lo so che altri verranno a dirmi che le tasse sono un obbligo morale di ogni cittadino che si considera tale.
Fuffa, autentica fuffa.
Le tasse si pagano perchè la “macchina” dello Stato è impossibilitata a produrre un reddito tale da autofinanziarsi e mantenere se stessa e i componenti di quello Stato che compongono lo Stato stesso.
Lo Stato (tutti gli Stati) non potendo produrre beni per autofinanziarsi, pretende dai cittadini, parte integrante della macchina statale, il pagamento delle tasse intese come tributi e imposte, quindi non solo le tasse propriamente dette ma tutte quelle forme aggiuntive quali per esempio l’IVA giusto per menzionarne una e tralasciandone molte altre.
È sempre stata questa la ragione per cui siamo stati costretti a pagare le tasse? Naturalmente no.
Nella notte dei tempi il più forte, o il più ricco ma anche quello più furbo, pretendeva dal più debole in tutti i sensi, il pagamento di una gabella affinché potesse finanziare i propri bisogni. Naturalmente al potente non passava nemmeno per l’anticamera del cervello di lavorare per guadagnare abbastanza da mantenersi. Giocoforza lo pretendesse dai deboli e indifesi abitanti della regione, città o solo villaggio dov’egli abitava e imperava. Questa brutta abitudine iniziò quindi attraverso l’uso di un inganno, tu mi paghi e io non ti uccido.
Certo che poteva anche uccidere, anche e solo a titolo di esempio per gli altri ma, al potente di turno non conveniva molto uccidere tutti, altrimenti a chi avrebbe chiesto il pagamento delle gabelle?
Ecco che a un certo punto questa cattiva abitudine si è trasformata in "il più debole contribuisce con quello che riesce a produrre al più forte affinchè questo lo protegga dai nemici, dai cattivi, dai dragoni, dal cattivo tempo, presagi e farfanterie varie tanto la povera gente di soldi e di spirito, credeva a qualunque storia si raccontasse loro. Ecco che col tempo l’usanza o cattiva abitudine si è trasformata ulteriormente nella pretesa che chi comanda esige, attraverso la legge, la contribuzione del singolo, e dell’impresa al fine di finanziare il bene comune e mantenerlo. Le tasse dunque non sono altro che una pretesa in base a dei concetti astrusi affinché tutti contribuiscano secondo le proprie capacità al mantenimento del bene comune che, al tempo feudale era il feudo, la fortezza a protezione del feudo stesso, in tempi moderni lo Stato come protezione e aggregazione di genti che parlano la stessa lingua, hanno le stesse abitudini, si interfacciano tra loro e tutti insieme producono un reddito. Ecco dunque le tasse! L’esistenza stessa delle tasse sarebbe in effetti una congettura, esistono perché servono a mantenere in funzione una macchina statale che per funzionare si fa pagare da chi la utilizza oboli e contributi secondo l’uso che se ne fa di quella macchina.
Mi spiego. Le tasse, nel caso attuale e moderno di uno Stato di diritto, contribuiscono a mantenere un’organizzazione che si occupa delle comunicazioni, dei trasporti, della viabilità, aggiungiamo la salute pubblica o sanità e poi l’istruzione. Naturalmente diventa necessario aggiungere la difesa dai nemici dello Stato e della grande comunità aggregata di cui quello Stato fa parte. Bene, questi sono i pilastri fondamentali sui quale si regge concretamente ogni comunità. Se contribuisco con una percentuale dei miei ricavi a mantenere questa serie di servizi ecco che io posso usufruirne liberamente proprio perché io stesso ho pagato il servizio. Male perché scopro che i trasporti sono privati, se voglio usarli devo pagare. Anche le comunicazioni sono private, se voglio usarle devo pagare. E continuando scopro che anche le strade sono private, il proprietario è quello Stato di cui io faccio parte ma per percorrerle devo pagare. Se voglio un servizio sanitario adeguato alle mie esigenze ed al livello di cività a cui sono abituato devo pagare. Anche l'istruzione, stesso identico discorso. Ecco che a questo punto saranno molti quelli che si stanno chiedendo per quale motivo dobbiamo pagare le tasse. Le tasse secondo questo discorso molto profondo non dovrebbero dunque esistere.
Capisco che uno Stato, penso a quello italiano, ha mille altre spese e ragioni per pretendere il pagamento del mio contributo necessario al funzionamento della stessa macchina pubblica di cui sopra. Che non ci siano solo le ragioni primarie quali trasporti e comunicazioni e quelle già menzionate ma evidentemente molte altre di cui noi stessi cittadini non comprendiamo la necessità e neppure il bisogno è perfino evidente. E allora per quale motivo la macchina Stato non si organizza al fine di produrre da sola quanto necessita alla macchina stessa per esistere e funzionare? Questo discorso sembrerebbe molto campato in aria a chi legge, forse perché il concetto si è talmente radicato nella comunità che affermare il contrario di quanto creduto fino a questo momento equivale a mettersi contro il sistema stesso. Eppure, se analizziamo bene l’argomento vedrete che esiste un fondamento di verità in tutto questo. Non si tratta più di pagare le tasse per mantenere la macchina statale e farla adeguatamente funzionare affinché possa tutelare il cittadino ma di pagare le tasse per contribuire all’arricchimento di chi fa funzionare lo Stato, e in questo mi permetto di mettere sia il mondo politico sia quelli che fiancheggiano la politica con l’intento di trarne enormi benefici a danno dei più deboli, e penso al sistema bancario!
Non voglio addentrarmi ulteriormente nella questione tributi e imposte, è talmente variegato che servirebbe un’enciclopedia per spiegare tutto l’argomento nei dettagli, questo discorso è introduttivo al successivo che poi da anche il titolo a questo articolo.
Per quale ragione esistono i cosiddetti Paradisi Fiscali?
La definizione di paradiso fiscale è riduttiva, arcaica direi, fuorviante. Non si tratta di un Paradiso ma di un sistema per ridurre l’esposizione fiscale di una azienda, i vantaggi che si possono ricavare non hanno a che fare solo con la tassazione. In senso più ampio, un paradiso fiscale è una giurisdizione che permette di eludere (cioè aggirare in maniera "legale") regole che in un altro Paese sono più restrittive. Oltre a quelle fiscali, quelle bancarie, il riciclaggio del denaro o le normative commerciali e tecniche. E non sono solo italiane le aziende che sono registrate in un Paese cosidetto “paradiso fiscale”. In questo potremmo affermare con sicurezza che tutto il mondo è paese, buona parte delle “Fortune 500”, cioè delle 500 aziende più importanti del pianeta sono registrate in paradisi fiscali. American Airlines, Apple, Bank of America, Coca-Cola, Ford, General Electric, Google, JPMorgan Chase, Wal-Mart tanto per fare qualche nome.
Che tipo di attrazione viene esercitata per invogliare un’azienda a registrarsi in un paradiso fiscale?
Innanzitutto una tassazione particolarmente bassa o nulla per i soggetti non-residenti. Questa asserzione va letta in maniera differente. Se è pur vero che la tassazione nel paese di registrazione è nulla (solo nel caso di LLC ovvero Limited Liability Company) o molto ridotta (Corporation), va anche considerato che i redditi che ognuna delle aziende produce nella nazione ove opera saranno tassati e tassabili e quindi soggetti a quel processo fiscale che si voleva evitare anche se in questo ambito bisognerebbe puntualizzare e dettagliare. Un vantaggio decisamente più importante è la mancanza di scambio di informazioni con le autorità tributarie di altri Stati e la mancanza di trasparenza e infine il segreto bancario molto spinto, anche se negli ultimi tempi un baluardo del segreto bancario ha iniziato a scricchiolare clamorosamente, parlo della Svizzera che ha iniziato a cadere sotto i colpi di altre nazioni, Stati Uniti in primo luogo.
Viene quindi un dubbio. Il Delaware fa parte degli Stati Uniti d’America, si trova sulla costa orientale non molto distante da Baltimora e Washington DC. Per quale ragione gli USA pretendono la caduta di certi privilegi finanziari e fiscali da parte di nazioni che hanno da sempre rappresentato un baluardo inespugnabile contro i sistemi fiscali di mezzo mondo, e non attuano alcuna politica per fermare o rallentare, o creare degli ostacoli legali alle aziende che volessero registrare un’azienda in uno degli Stati dell’Unione compreso evidentemente il Delaware che attuano politiche favorevoli, paradisiache quasi allo stesso livello di quelli che il potere centrale americano vuole fermare?
Una ragione esiste, e naturalmente è strettamente legata all’economia. Non è vero che le tasse non si pagano in Delaware, nel Wyoming, o in Nevada, tanto per restare negli USA. Si pagano anche lì, ma a livelli inferiori rispetto a quelli italiani per esempio, dove una impresa viene tassata con tassi che sfiorano il cinquanta per cento dei ricavi netti. In Delaware la tassa sui ricavi di una Corporation quindi escluse le LLC, si posiziona all’8,7% rendendo, di fatto, conveniente per qualsiasi impresa l’essere registrati lì piuttosto che in Italia. Con questo sistema si incassano le tasse senza che lo Stato spenda un solo dollaro per contribuire al funzionamento dell’impresa estera, che non utilizza risorse ne servizi locali, non consuma e non inquina, non esiste se non su un pezzo di carta apostillata e autenticata con un timbro in oro.
Tutto chiaro?
Attualmente i paesi compresi nella black list del ministero delle Finanze sono questi, come potrete notare non è menzionato il Delaware:
Alderney
Andorra
Anguilla
Antigua e Barbuda
Antille Olandesi
Aruba
Bahamas
Bahrein
Barbados
Belize
Bermuda
Brunei
Costa Rica
Dominica
Emirati Arabi Uniti
Ecuador
Filippine
Gibilterra
Gibuti
Grenada
Guernsey
Hong Kong
Isola di Man
Isole Cayman
Isole Cook
Isole Marshall
Isole Vergini Britanniche
Jersey
Libano
Liberia
Liechtenstein
Macao
Malaysia
Maldive
Mauritius
Monserrat
Nauru
Niue
Oman
Panama
Polinesia Francese
Monaco
San Marino
Sark
Samoa
Seychelles
Singapore
Saint Kitts e Nevis
Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadine
Svizzera
Taiwan
Tonga
Turks e Caicos
Tuvalu
Uruguay
Vanuatu