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2017/07/02

Che fine ha fatto Amelia Earhart?



Ormai quasi nessuno la ricorda più, ma la storia dell’aviatrice americana Amelia Earhart tenne le prime pagine dei giornali per mesi, se non per anni. E ciclicamente la storia della sua misteriosa scomparsa torna alla ribalta, con nuovi ritrovamenti o ipotesi. La giovane aviatrice solitaria ha colpito profondamente l’immaginario collettivo mondiale: sia per il periodo, si usciva dalla Grande Depressione e lei dava una speranza anche alle donne, abbattendo le barriere di genere, sia per il suo aspetto: bella di una bellezza nordica, alta, flessuosa, sensuale come solo certe donne mascoline sanno essere, con quell’aria di americana di campagna (era del Kansas), fintamente spettinata, con gli occhi azzurri anglo-sassoni. 

Le foto che ci rimangono la ritraggono quasi sempre in tuta da volo: in piedi, nella carlinga di un aereo, col giubbotto di pelle degli aviatori americani che avremmo imparato a conoscere durante la guerra mondiale, gli occhialoni; altre ce la mostrano mentre indossa una tuta da palombaro per le sue escursioni in mare, molte con i fiori al ritorno da qualcuna delle sue imprese, e un paio con Italo Balbo, trasvolatore italiano che la ricevette insieme con Benito Mussolini a Roma. Amelia Earhart si consegnò all’immortalità sparendo letteralmente il 2 luglio 1937 insieme con suo aereo e col suo navigatore Fred Noonan, anch’egli scomparso, in un’area remota del Pacifico, vicino a un’isola dove sarebbe dovuta atterrare ma dove non arrivò mai, l’isola Howland. 

Cosa sia successo non lo sapremo mai, fatto sta che l’intrepida aviatrice partì da Lae, in Nuova Guinea, nel tentativo di circumnavigare il globo sulla linea dell’Equatore col suo Lokheed L-10 Electra, diretta appunto a Howland, una striscia di terra lunga due chilometri e larga 500 metri. Nei pressi c’era la Itasca, una nave della Guardia costiera americana che le avrebbe dovuto indicare la rotta e assisterla. Alle 7.42 di quel giorno di 80 anni fa, la Earhart trasmise alla nave questo messaggio: “Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi ma il carburante si sta esaurendo. Non siamo riusciti a raggiungervi via radio. Stiamo volando a 1.000 piedi”. Si capì che c’erano difficoltà di comunicazione: la nave trasmise segnali Morse, fece fumo con le caldaie per farsi vedere, ma a quanto pare l’aereo non riusciva a trovare l’isola che, essendo piatta, non si distingueva dall’oceano. 

L’ultima comunicazione conosciuta di Amelia fu delle 8.43 di quella mattina: “Siamo sulla linea 157 337. Ripeteremo questo messaggio. Ripeteremo questo messaggio a 6210 kHz. Attendete”.

Amelia Earhart fu cercata inutilmente per decenni, ma nessuno la rivide mai più, né lei né Noonan. I segnali radio, già deboli e disturbati, sembra si protassero per qualche giorno, segno secondo alcuni che l’aereo era atterrato da qualche parte, altrimenti la radio avrebbe smesso di funzionare se si fosse inabissato. In seguito si disse che c’erano stati segnali, comunicazioni, ma non lo si poté mai appurare con certezza. 

Pare che l’Electra sia atterrato su un’isola deserta, l’isola di Gardner, secondo la migliore tradizione dell’avvenuta hollywoodiana, e che Noonan rimase gravemente ferito mentre Amelia sarebbe sopravvissuta per qualche tempo morendo poi di stenti, ma nessuno ritrovò mai né lei né l’aereo, anche se di tanto in tanto “prove” saltano fuori. L’ultima appena un anno fa, con il ritrovamento di un co0smetico usato dall’aviatrice e di pezzi di un velivolo, ma chissà. 

Fatto sta che la Earhart in quel momento era famosissima, e che il presidente Roosevelt, appresa la vicenda, autorizzò ricerche dispendiosissime, con l’impiego di 9 navi e 66 aerei, che però giunsero sul luogo indicato solo dopo cinque giorni, non trovando assolutamente nulla e nessuno. In quel periodo poi gli Stati Uniti dovevano dimostrare la loro efficienza e potenza, soprattutto sul Pacifico, che era conteso loro dall’impero giapponese, cone risulterà chiaro pochi anni dopo. 

E a questo attrito è legata anche una delle più affascinanti ipotesi sulla sorte di Amelia e del suo navigatore; si disse e scrisse che era stata presa prigioniera dai giapponesi che pensavano fossero spie, e che fossero stati tenuti prigionieri sull’isola di Guam; addirittura c’è chi giura di aver visto Amelia e di averle parlato in qualche campo di prigionia. E una donna, trenta anni dopo, disse persino di aver assistito alla fucilazione della Earhart. Ipotesi infondata, perché, se fosse stato vero, nel 1945 gli americani lo avrebbero saputo e diffuso. 

E anche perché all’epoca alle ricerche, che proseguirono poi ufficiosamente per anni – e ancora proseguono – parteciparono anche due navi giapponesi. Qualcuno azzardò anche che si trattava di una montatura pubblicitaria e che lei fosse tornata negli Usa sotto falso nome. Amelia Earhart stava per compiere quarant’anni, li avrebbe compiuti pochi giorni dopo la sua sparizione. Ci fu addirittura chi, trent’anni dopo, ripercorse fedelmente il volo della Earhart, ma il mistero non si è mai chiarito. 

Si disse che l’aereo a Lae non era stato rifornito del tutto, che Amelia e Noonan avessero sbagliato a calcolare la rotta, e le conclusioni più recenti affermano che probabilmente l’Electra finì semplicemente il carburante sull’oceano. Nel 1940 un inglese, un pilota, disse di aver trovato uno scheletro sull’isola di Nikumaroro, che poi inviò alle isole Figi, dove poi però andò smarrito. Si fece in tempo però a stabilire che poteva appartenere a una donna. Nel 2007 sull’isola furono trovati manufatti di origine incerta, un osso di un dito, e altri reperti, ma nulla che fornisse una prova chiara e definitiva. 

Così il mistero rimane. 

Su Amelia Earhart sono stati scritti libri, effettuate inchieste e documentari, realizzati film, e in tutta l’America esistono statue a lei dedicate e busti e oggetti vari; c’è persino una medaglia dedicatale dallo Smitsonian Institute. Ma il suo rimarrà uno dei grandi misteri insoluti della storia; ci piace rivederla su un’isola deserta, su una spiaggia e con la tuta di volo, che scruta l’oceano e aspetta.

La fine di tutti i dittatori: il prossimo è Maduro!



Non si capisce perché del dramma venezuelano la stampa occidentale non parla, preferendo concentrarsi sulle gaffe di Trump o sulla Crimea o sull’Ucraina. Il Venezuela è un Paese ricchissimo ridotto alla fame da un dittatore sanguinario come Nicolas Maduro, degno erede di Hugo Chavez, che per primo pose le basi per la rovina del Paese latino-americano. 

Almeno altri quattro oppositori sono stati uccisi nelle ultime ore in Venezuela nel corso di manifestazioni di protesta contro il presidente Maduro, ha confermato la procuratrice generale Luisa Ortega Diaz. 

Negli incidenti scoppiati in occasione di un corteo a Barquisimeto nel centro del Paese, sono rimaste ferite anche altre otto persone. Il sindaco della città ha accusato le milizie armate che sostengono Maduro delle responsabilità per le nuove vittime. Sono almeno 100 le persone morte in incidenti come questo dall’inizio delle proteste tre mesi fa. Nuove manifestazioni, in sostegno di Diaz che il governo vuole allontanare dall’incarico, si sono svolte ieri a Caracas. 

Pochi giorni fa Maduro ha denunciato, in un discorso alla nazione trasmesso in televisione, quello che ha definito “un attacco terrorista e golpista” contro l’edificio della Corte Suprema che è stato colpito da granate e raffiche di mitra da un elicottero. Il presidente venezuelano ha specificato che nessuno è stato ferito nell’attacco e che si sta dando la caccia ai responsabili dell’attacco.

Immediatamente dopo l’attacco era stato postato online un video in cui un uomo che si è identificato come Oscar Perez, pilota degli elicotteri dell’unità speciale della polizia venezuelana, ha accusato il “governo criminale” di Maduro ed ha chiesto al presidente di dimettersi. Perez, che nel video appare nella sua uniforme militare da pilota, ha affermato di parlare a nome di una coalizione di ufficiali militari, di polizia e funzionari pubblici ed ha esortato i venezuelani a continuare a combattere per proteggere la costituzione. 

Maduro sembra avere le ore contate.

2017/07/01

Radiografia del suicidio italiano!

Il caso Ilaria Capua: radiografia del suicidio italiano. Un’eccellenza mondiale distrutta nell’indifferenza. Da genio della scienza a trafficante di virus da condannare all’ergastolo per procurata epidemia Dieci anni di indagini sgangherate accompagnate dalla gogna mediatica e social in odio alla casta e alla scienza. Prosciolta è andata negli Stati Uniti.

Ho capito quanto è fragile l’Italia», dice oggi Ilaria Capua, ed è clemente. Tutto quello che c’è di sbagliato, tutto il male è scritto sulla sua pelle. Seguite, anche nella sciatteria ordinaria delle espressioni: presunzione di colpevolezza, gogna mediatica, diffusione di intercettazioni telefoniche, manganellatura via social, odio per la casta, pregiudizio tonante, superstizione, sospetto verso la scienza, per i vaccini, rifiuto delle élite, spreco delle risorse migliori, fuga dei cervelli, rapporti sclerotici fra stampa e procure, incapacità di chiedere scusa, anche sessismo, se credete. Sono i pezzi di un sistema demente e autodistruttivo in cui ognuno fa la sua parte, con la disastrosa noncuranza del carnefice in catena di montaggio, ed è una catena senza progettista, che è anche peggio. È la mattanza del caso. 

Ricominciamo da capo: Ilaria Capua nasce a seconda vita alle 16 del 3 aprile 2014, quando riceve un avviso di garanzia via copertina dell’Espresso. È gialla con un uomo in scafandro che maneggia scatoloni col simbolo del pericolo biologico. Titolo: «Trafficanti di virus. Accordi tra scienziati e aziende per produrre vaccini e arricchirsi. L’inchiesta sul grande affare delle epidemie». Ilaria sta per compiere 48 anni. 

È una deputata di Scelta civica. È una scienziata di prestigio internazionale. La prima donna a vincere il Penn Vet World Leadership Award, il più importante al mondo nel campo della veterinaria. È entrata nell’elenco dei cinquanta scienziati più importanti al mondo della Scientific American. Ha trasformato due stanze di Legnaro, provincia di Padova, in una delle capitali mondiali della virologia. La stampa specializzata la definisce «mente rivoluzionaria». 

È conosciuta alla platea dei profani perché nel 2006 ha codificato la sequenza genetica del primo ceppo africano di influenza H5N1 (la famigerata aviaria) e, anziché depositarlo in un database limitato, accessibile solo ai centri più autorevoli, lo ha condiviso coi centri di tutto il pianeta, sfidando e ribaltando il sistema. Ha inventato Diva, la prima strategia di vaccinazione contro l’aviaria. Fino alle 15.59 del 3 aprile 2014, Ilaria Capua è un capolavoro, di quelli che l’Italia sa produrre. Poi è il mostro. 

«Due giorni prima avevo ricevuta un mail da un giornalista dell’Espresso. Progettava un articolo sull’aviaria e aveva bisogno di me. Ci siamo sentiti per telefono. Mi ha detto: “Sto scrivendo un pezzo su un traffico illegale di virus e di vaccini. Sa di essere coinvolta nell’inchiesta?”. Non sapevo nemmeno che ci fosse un’inchiesta. Lui lo sapeva, io no. Lui sapeva tutto, io niente. Quando è uscito l’articolo l’ho letto, una mitragliatrice». L’Espresso elenca i capi d’accusa. Il più grave è procurata epidemia. 

Pena prevista: ergastolo. «Sono accusata di avere diffuso virus pericolosissimi per guadagnare sui vaccini in combutta con le case farmaceutiche. Sono accusata di aver attentato alla salute del mio paese e del resto del mondo per arricchirmi. 

Scoprirò che l’indagine dura dal 2005, da nove anni e i fatti risalgono al ’99, quindici. Sono anni che mi intercettano, sentono le mie conversazioni, le equivocano, le rimettono insieme secondo un ordine arbitrario e delirante. E mi chiedo: perché non mi hanno arrestata allora? Se sono una mente criminale, un’untrice che diffonde malattie, perché non mi hanno fermata quando ero in laboratorio?». 

E perché non l’hanno mai interrogata? «L’articolo è il più clamoroso ammasso di errori, inesattezze, fraintendimenti, la più incredibile collezione di falsità scientifiche che mi sia capitato di leggere». L’articolo sgorga dalle carte della procura. «L’epidemia del 1999, di cui sarei artefice, è causata da un virus H7N1 e non da un virus H7N3, come riportato sull’Espresso. Cambia una cifra, ma sono due virus diversi. Il virus H7N3 non è mai arrivato in Europa, è come essere accusati di omicidio di un uomo che è vivo. 

Mi accusano di avere provocato un’epidemia fra gli esseri umani, ma il virus H7N3 non infetta le persone, soltanto gli animali. Imparerò che i pm mi accusano di avere creato una società segreta all’estero, la 444, su cui avrei versato le tangenti, ma il 444 è un capitolo contabile dell’Istituto di Legnaro, il fondo da cui attingiamo per tutte le spese. Davvero non lo sanno? Non hanno fatto una telefonata? O credono che incassi le tangenti su un conto dell’Istituto?». 

Ilaria non ha in mano nulla, né l’avviso di garanzia né l’atto di chiusura indagini. Niente su cui gli avvocati possano lavorare. Le prime strategie difensive si studiano sull’articolo dell’Espresso. Così funziona la giustizia. Così funziona il giornalismo: escono su tutta la stampa le intercettazioni, con gusto quelle in cui una collega la definisce «zoccolaccia», in cui qualcuno dice «quest’anno il pacco non è ancora arrivato», e sarebbe la prova provata. Di che cosa, boh. 

Il Movimento cinque stelle rende giustizia al mondo dei reietti. Alessandro Di Battista scrive un tweet con l’hashtag #arrestanovoi, anche se non è stato arrestato nessuno. Il web chiede vendetta. «Poi la fanno ministro della Sanità, troia». «Grandissima zoccola». «Meriterebbe di iniettarglielo a forza il virus». «Iniettateglielo a lei!!!!». «Alla gogna!!!!». Il Movimento chiede le dimissioni dalla commissione Cultura (che si occupa anche di scienza) e dal Parlamento. «Ti dici: non è possibile. 

Chiedi come puoi urlare al mondo che non è vero, quella non sono io. Poi quasi ti convinci, pensi che qualcosa forse lo hai fatto, in qualcosa sei rimasta impigliata, e sei sola contro tutti perché quella sbagliata sei tu. Mi vergognavo a camminare per strada. Mi guardavo allo specchio e mi vedevo vecchia, brutta. Ancora oggi dormo poco, mi sveglio di soprassalto. Non se ne esce mai per davvero. Ecco perché ho deciso di ricominciare a raccontare, perché voglio bene a questo Paese, perché penso a chi oggi è nelle mie condizioni di ieri, e ha meno voce di quanta ne avessi io». 

Nel 2013, Mario Monti aveva chiamato Ilaria per offrirle la candidatura, e lei aveva detto sì. «Penso che tutti debbano restituire qualcosa al loro Paese. Mi sono laureata a Perugia in Veterinaria, cinque anni; specializzata a Pisa in Sanità pubblica veterinaria, due anni; il dottorato di ricerca a Padova, tre anni. Dieci anni di studio pagati dallo Stato. 

Anche grazie allo Stato ero una scienziata di rilievo internazionale e mi sentivo in debito. L’Italia ha investito in me e mi ha fatto diventare quella che sono. Alla Camera ho rinunciato allo stipendio e alla previdenza, per me un servizio civile. E tutto questo è stato spazzato via, come da un fiume in piena che dietro di sé non lascia niente, da una inchiesta folle, superficiale, da un meccanismo delirante, in cui ogni regola e ogni garanzia è saltata, in cui nessuno si chiede il danno irreparabile che sta procurando a una persona, ai suoi figli, a suoi genitori». Ilaria decide di andarsene. 

La chiama la University of Florida per dirigere un dipartimento dell’Emerging Pathogens Institute. Va al colloquio. Dice: «Sapete che in Italia sono accusata di un reato che prevede l’ergastolo?». «Sì». «E quindi?». «Abbiamo verificato su internet. Non si capisce di che parlino, hanno chiaramente sbagliato un virus con un altro, hanno ignorato i fatti scientifici. Per noi lei è innocente». Sono bastati quindici minuti, alla giustizia italiana sono serviti dieci anni. «Come vorreste che impostassi l’attività scientifica?». «Pensa che abbiamo preso una come lei per dirle che fare? Deve essere lei a dirlo a noi. Vogliamo il suo successo per il bene dell’università». 

Benvenuti nel mondo della logica. 

Università della Florida, 6 luglio 2016. Ilaria manda un sms all’avvocato: «Mi devo preoccupare?». Due minuti e l’avvocato richiama: «Prosciolta!». Non si va nemmeno a processo. La giudice scrive: «L’insussistenza del delitto va affermata, peraltro, sulla base delle seguenti circostanze: mancanza prima di tutto dell’evento». Per lei hanno finito col «costruire accuse del tutto prive di fondamento». 

Ma chi conosce i tribunali sa che questi non sono i momenti dell’esultanza, ma in cui, ancora, si piange. «Mi sento sfregiata, come se mi avessero buttato addosso l’acido. Hanno distrutto la mia carriera. Hanno smembrato un gruppo di studio che era diventato un riferimento mondiale: persone perbene, studiosi di eccellenza massacrati. Io sono all’estero. Il mio braccio destro è all’estero. Il mio gruppo di ricerca dimezzato e gambizzato». La politica è rimasta zitta. Il mondo accademico zitto. 

Tutti a guardare lo spettacolo, senza senso della comunità, della dignità, e dell’orgoglio. La giustizia è stata salvata dalla giudice di Verona, Laura Donati. Il giornalismo da Paolo Mieli, che il 29 maggio 2016 scrive sul Corriere un editoriale («Il Paese che detesta la scienza») in cui la storia di Ilaria è ricostruita sulle basi della deontologia e della professionalità («sono stata al telefono due ore con lui, mi ha fatto mille domande, anche scomode, anche taglienti. Voleva solo capire, e mi sembrava già così tanto»). 

Camera dei deputati, 28 settembre 2016. Ilaria parla per l’ultima volta in aula: «Rassegno le mie dimissioni. È stata una decisione sofferta e ponderata che si è articolata intorno alla parola “rispetto”. Quando sono entrata qui ero una scienziata conosciuta e stimata, piena di buoni propositi. Dopo circa un anno dalla mia elezione sono stata travolta da una indagine giudiziaria. È stato un incubo senza confini e una violenza che mi ha segnata per sempre. 

Torno alla parola “rispetto”, perché è proprio la combinazione del rispetto per i miei elettori a farmi comprendere che in quelle condizioni non stavo utilizzando al meglio il tempo che ho a disposizione. Non ci piace pensarlo, ma ognuno di noi ha un tempo limitato che gli resta da vivere, e utilizzare al meglio quel tempo è una forma di rispetto verso sé e verso gli altri. Ho sentito, quindi, che fosse giunto il momento di tornare nel mondo scientifico, purtroppo non in quello italiano. Ho deciso di trasferire la mia famiglia negli Stati Uniti per proteggerla da accuse senza senso e infamanti che mi portavo sulle spalle. 

Ora che è finita, potrei tornare indietro, ma non me la sento. Devo recuperare forze, lucidità e serenità, devo lenire la sofferenza, recuperare fiducia in me stessa, voglio usare al meglio il tempo che ho a disposizione. Lo devo ai miei genitori che mi hanno fatto studiare, ai miei maestri, ai miei amici e ai miei allievi di ieri e di domani. Cari colleghi, sono certa che attraverso di voi e l’operato del governo l’Italia diventerà un Paese più innovativo e più giusto. Torno al mio posto, a fare quello che so fare meglio, all’estero, ma sempre con lo sguardo rivolto verso l’Italia».

The Toxic Truth About Tattoos


Tattoo inks contain a myriad of heavy metals. Red tattoo inks often contain mercury, and tattoos pierce the skin leaving the ink permanently embedded. FDA has not approved any tattoo pigments for injection into the skin. Tattoo parlors are regulated by the state and city, but the U.S. Food and Drug Administration (FDA) does not require manufacturers to release their ink’s ingredients; doing so could supposedly give away trade secrets. The lack of regulation is slightly unnerving considering that 36 percent of people ages 18-25 have tattoos, as do 40 percent of those 26-40 years old. That means approximately 45 million Americans have been inked, and one-third of those did so because it makes them feel “sexy.”

Many pigments used in tattoo inks are industrial-grade colors suitable for printer ink or automobile paint. The FDA’s website warns about tattoo ink possibly causing infections, allergic reactions, keloids (formation of a scar), granulomas (inflammation) and potential complications while receiving MRIs.

The carrier solution used in tattoo inks contains harmful substances such as denatured alcohols, methanol, antifreeze, detergents, formaldehyde and toxic aldehydes.

What’s more, the review found eight cases of malignant melanoma on the site of the tattoo. “Tattoo inks may contain carcinogens, but it’s unclear whether the reported cases of skin cancer are associated with tattoos or occurred coincidentally,” says Dr. Bäumler, whose study noted that this number is few in comparison to the many people who have tattoos. (In fact, 24% of the population is inked.)

An alarming research study recently published by Dr. Bob Haley and Dr. Paul Fischer at the University of Texas Southwestern Medical School in Dallas uncovered that the “innocent” commercial tattoo may be the number one distributor of hepatitis C. 

The study was published in the journal Medicine (Haley RW, Fischer RP, Commercial tattooing as a potentially source of hepatitis C infection, Medicine, March 2000;80:134-151). Dr. Haley, a preventative medicine specialist and a former Center for Disease Control (CDC) infection control official, is exceptionally knowledgeable to prepare the study. Dr. Haley concludes, “We found that commercially acquired tattoos accounted for more than twice as many hepatitis C infections as injection-drug use. This means it may have been the largest single contributor to the nationwide epidemic of this form of hepatitis.”


2017/06/27

Facciamo un test


1) Secondo voi è normale che quasi tutti gli italiani sappiano tutto della doverosa indagine per abuso e falso sulla sindaca Virginia Raggi per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo della Direzione Turismo del Comune di Roma, e quasi nessuno sappia nulla dell’indagine per favoreggiamento e rivelazione di segreti sul ministro Luca Lotti e sul comandante dei Carabinieri Tullio Del Sette, accusati di aver avvertito i vertici Consip dell’inchiesta su un appalto truccato da 2,7 miliardi (il più grande d’Europa), così che quelli ripulirono gli uffici dalle microspie?*

2) Secondo voi è normale che chi sa tutto di chi accusa Raggi e Marra non sappia nulla di chi accusa il ministro Lotti e il generale Del Sette, e cioè altri due renziani come l’Ad di Consip Luigi Marroni e il presidente di Publiacqua Umberto Vannoni, né delle conseguenze: e cioè del fatto che, essendo stati confermati ai loro posti i due accusati e i due accusatori (Lotti, Del Sette e Marroni dal governo, Vannoni dal sindaco Nardella), o abbiamo due delinquenti al ministero dello Sport e al vertice dell’Arma, o due calunniatori ai vertici di Consip e Publiacqua?

3) Secondo voi è normale che chi sa dell’inchiesta sulla Raggi per abuso e falso non sappia che da due anni il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, è indagato per corruzione e turbativa d’asta in Mafia Capitale (con richiesta di archiviazione) e si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti ai giudici del processo Mafia Capitale che tentavano di interrogarlo?

4) Secondo voi è normale che l’ex assessore Paola Muraro sia stata crocifissa con 400 articoli di giornali, associata anche da Renzi a Mafia Capitale per aver lavorato come consulente dell’Ama con vari dirigenti, tra i quali alcuni poi finiti in Mafia Capitale, mentre Giuliano Poletti, che andava a cena con Buzzi, Panzironi, Casamonica e Alemanno, ora tutti imputati per Mafia Capitale, è stato promosso dal Pd a ministro nei governi Renzi e Gentiloni?

5) Secondo voi è normale che l’Anac, cioè l’Autorità nazionale anticorruzione diretta da Raffaele Cantone, abbia denunciato la Raggi alla Procura di Roma per un conflitto d’interessi non suo, ma dei fratelli Marra, e non abbia fatto altrettanto con la Procura di Milano per i conflitti d’interessi di Giuseppe Sala, che si faceva progettare una villa in Liguria da architetti impegnati con vari incarichi all’Expo e, da sindaco di Milano, ha nominato assessore al Bilancio il suo socio in affari?

6) Secondo voi è normale che, mentre denunciava la Raggi alla Procura, Cantone rilasciasse interviste a tutti i quotidiani per difendere ed elogiare Sala appena indagato a Milano per falso ideologico e materiale sul più grande appalto di Expo, quello della “piastra” su cui sorsero i padiglioni, dicendo che “il dott. Sala è sempre stato corretto, leale e disponibile”, che le accuse sono lievi (“non si applica in modo automatico la legge Severino, nemmeno in caso di condanna, perché tecnicamente non sono reati da Pubblica amministrazione… non stiamo parlando di corruzione”) e “l’iscrizione nel registro degli indagati appare come un atto dovuto e non contiene tecnicamente nessuna valutazione di responsabilità”?

7) Secondo voi è normale che, nella Repubblica fondata sui conflitti d’interessi, l’unico conflitto d’interessi che produce un’inchiesta penale sia quello dei Marra accollato alla Raggi, e nella stessa Procura che ha appena chiesto di archiviare l’indagine Tempa Rossa sull’emendamento pro-petrolieri sollecitato dal lobbista Gianluca Gemelli alla sua compagna, la ministra Federica Guidi, e puntualmente infilato nella legge di Stabilità dal governo Renzi?

8) Secondo voi è normale che, come la Raggi risponde del conflitto d’interessi dei Marra, Renzi non risponda del suo con Marco Carrai che, da sindaco di Firenze, lo ospitava gratis in uno dei suoi appartamenti e fu poi nominato dalla giunta Renzi al vertice di Firenze Parcheggi e Aeroporti Firenze, dopidiché il governo Renzi tentò di promuoverlo a capo della Cyber-security di Palazzo Chigi (tentativo fallito solo per il diniego di Mattarella)?

9) Secondo voi è normale che politici e giornaloni imputino alla Raggi di aver sbagliato a fidarsi di Marra, dirigente incensurato e mai indagato, in seguito arrestato per fatti di quattro anni fa, e non contestino a Sala una ben più grave culpa in eligendo, visto che tutti i suoi principali collaboratori a Expo sono finiti in carcere o sotto inchiesta e che nella sede di Expo circolavano liberamente celebri pregiudicati di Tangentopoli stranoti alle cronache come Greganti e Frigerio, truccando gare d’appalto senza che l’acuto Ad, commissario e sindaco li riconoscesse?

10) Secondo voi è normale che tutti quelli che nel 2012 plaudivano a Mario Monti perché aveva ritirato la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 abbiano lapidato Virginia Raggi per aver ritirato la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024?

11) Secondo voi è normale che, quando Grillo e Di Battista chiedono l’espulsione dei migranti irregolari, peraltro prevista dalle leggi italiane ed europee, vengano additati come fascisti, trumpisti, lepenisti e leghisti, mentre quando il ministro dell’Interno Minniti annuncia “raddoppieremo le espulsioni di migranti irregolari” venga elogiato per la sacrosanta difesa della legalità e della sicurezza?

Se, secondo voi, è tutto normale, avete sbagliato quotidiano e noi dobbiamo farci visitare. Se invece, anche secondo voi, qualcosa non torna, state leggendo il giornale giusto.

Dall’editoriale di Marco Travaglio, pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”