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2020/03/16

La psicanalisi ai tempi del Coronavirus



Ecco una storia su cui ragionare. Abbiamo un sogno, il sogno di una paziente della dottoressa von Franz, che in queste notti sta facendo più o meno l’intera umanità. Marie-Louise von Franz (1915-1988) era una psicanalista svizzera , allieva di Jung con cui lavorò oltre vent’anni. Studiò le fiabe, le visioni e, più di ogni altra cosa, i sogni. Tra i tanti che racconta c’è questo, fatto da una donna considerata terminale, a cui i medici avevano tuttavia garantito: “Andrà tutto bene”. 

La donna sognò che il suo orologio si era fermato. Lei l’aveva portato dall’orologiaio, ma lui l’aveva osservato e gliel’aveva restituito scuotendo la testa e dicendole che non poteva più essere riparato. Prima ancora che la dottoressa von Franz potesse interpretare il sogno, fu la paziente a farlo: “Parla chiaramente dell’esito della mia malattia”. 

La dottoressa la ascoltò in silenzio, senza contraddirla. 

Ha raccontato questa storia quindici anni più tardi, intervistata per un documentario trasmesso da una tv canadese. 
Alla fine ha aggiunto: “Quella donna è ancora viva. Incredibile. La mia spiegazione è che il sogno della fine abbia provocato uno choc alla sua mente, le abbia fatto affrontare il problema, causato una reazione, l’abbia salvata”. 

O forse avevano ragione i medici. Tra orologiai disperati e dottori compassionevoli, o viceversa, a noi tocca svegliarci, reagire e poi raccontarlo fra quindici anni.

2020/02/27

Italian Coronavirus


Contrariamente al titolo inglesizzante, il testo è in italiano. 

Questo articolo è tratto da uno scritto del Dottor Marco de Nardin pubblicato da Med4.Care il cui link lo trovate sotto.
L'articolo dipinge a chiare linee la situazione italiana e i reali motivi perché il virus Covid19 abbia trovato terreno fertile nelle nostre genti e terre.
Una volta di più va chiarito che chi ci governa deve essere consapevole di quello che fa e non improvvisare, il Coronavirus uccide!

I miei colleghi medici ed io, in queste ore, ci siamo posti delle domande riguardo alla situazione attuale dell’epidemia di Coronavirus.
Come mai nel giro di 24 ore in Italia il contagio assume proporzioni enormi, mentre fino a ieri eravamo tutti sereni e pacifici?
E come mai solo l’Italia, tra le varie nazioni europee, ha registrato un numero enorme di casi di Coronavirus in confronto a tutti gli altri?
Perché non si riesce a trovare il paziente zero?

Cerchiamo di capirne di più partendo dalla seconda domanda.

Come mai solo l’Italia, tra le varie nazioni europee, ha registrato un numero enorme di casi di Coronavirus in confronto a tutti gli altri?

Teniamo conto che in Italia, almeno sulla carta, sono state messe in atto almeno le medesime iniziative che in tutti gli altri paesi europei, se non maggiori. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte le ha ricordate nella conferenza stampa di ieri sera:
per primi abbiamo bloccato i voli diretti dalla Cina,
per primi abbiamo fatto scattare lo stato di emergenza,
per primi abbiamo instaurato sistemi di controllo.

Tuttavia c’è anche da ricordare che molte di queste iniziative sono state attuate in modo “naif” per dire poco. Vediamo ora perché.

Il blocco dei voli

Sono stati bloccati solo i voli diretti. E già così è stata polemica. La Cina si è addirittura lamentata ufficialmente con i propri canali diplomatici per la “discriminazione” e le manovre eccessive messe in atto. Siamo riusciti a fare irritare la Cina senza ottenere il risultato sperato: i cinesi e gli italiani dalla Cina hanno continuato a rientrare indisturbati facendo scalo dappertutto, evitando di prendere i voli diretti. Non è stato fatto un controllo sul volo di PARTENZA della persona, ma solo sull’ultimo volo preso. È ovvio che sono entrate indisturbate nel nostro paese tantissime persone. Solo adesso Ricciardi (OMS) dichiara: “Abbiamo sbagliato a non far fare la quarantena a tutti coloro che rientravano dalla Cina”.

Lo stato di emergenza

Siamo stati anche i primi a dichiarare lo stato di emergenza “all’italiana”: ovvero dichiarare di essere pronti, e non fare niente per esserlo nei fatti. Negli ospedali non sono arrivate tutine, maschere, protocolli. Hanno iniziato ad arrivare in data 21/2/2020, e non ho paura di essere smentito dato che negli ospedali ci lavoro. Quindi, anche qualora avessimo “scoperto” i casi con anticipo, ci saremmo infettati tutti comunque, senza le migliori protezioni possibili. Un esempio su tutti: i siti italiani ufficiali non riportano nemmeno i dati in tempo reale. Dobbiamo saperli da altri siti stranieri che fanno le pulci a tutto quello che succede in italia: https://www.worldometers.info/coronavirus/.

I sistemi di controllo

Mettere la Croce Rossa e la Protezione Civile a misurare la temperatura delle persone negli aeroporti è stata una trovata folkloristica ma totalmente inefficace: lo avevamo affermato molto tempo fa, inascoltati come tutti i medici sul campo, il Professor Burioni in testa a tutti. Ma, come ben sappiamo, in Italia chi decide non è mai chi sa. Così, nonostante fossimo stati informati che il periodo di incubazione è molto lungo e che il virus si poteva diffondere asintomatico in soggetti totalmente ignari di essere “untori”, abbiamo coltivato l’illusione che le misure adottate ci potessero proteggere, in qualche modo compiaciuti di non fare la fine dei cinesi. Ma i cinesi, signori, se si muovono, hanno sempre un buon motivo!

E infatti, lentamente e in modo strisciante, il contagio si è diffuso in modo asintomatico nella popolazione, dato che occorrono 10 giorni in media perché una persona presenti i sintomi. E molti italiani si sono infettati a partir da tutti coloro che sono rientrati dalla Cina, molti dei quali probabilmente non sanno di avere il virus e forse sono anche già guariti, visto che nell’80% dei casi il virus è asintomatico dall’inizio alla fine del proprio ciclo.

La definizione di “caso sospetto”

E mentre noi eravamo felici che non ci fossero più casi “sospetti”, perché non c’erano più persone sintomatiche, né provenienti dalla Cina (dal momento che dalla Cina non ritornava più nessuno ormai), né positive al test, il contagio passava tra le persone ignare di tutto.

Quando poi qualcuno ha fatto dei test a qualche polmonite di troppo è scoppiata la bolla e abbiamo cominciato a fare il test a tappeto, impauriti. Perché, a questo punto, “chi cerca trova”. E così, cercando “a caso”, si trovano tanti infetti semplicemente perché in Europa siamo pieni di infezione. In Italia più che altrove perché abbiamo più turisti cinesi che erano in giro per il nostro Paese. Ma non pensiamo di essere l’unica nazione ad avere tutti questi casi: semplicemente ci siamo messi a cercare e li stiamo trovando. Perchè oggi stiamo cominciando a cercare il virus in tutti coloro che sviluppano segni di polmonite e non soltanto in coloro che hanno avuto contatti con la Cina. Ricordiamoci che attualmente i paesi con più casi sono Italia, Giappone e Corea che come è noto sono quelli che hanno i migliori sistemi sanitari al mondo in termini di prevenzione.

Ci auguriamo solo che i casi siano talmente tanti da significare che la mortalità sia anche molto meno di quel 2% (20 volte l’influenza), e non qualcosa in più.







By: Marco De Nardin|Published on: Feb 23, 2020

2020/02/18

Greta chi? Nessuna prova scientifica del riscaldamento globale.



Il mio amico Franco Battaglia scrive:

Un caro amico ingegnere col quale di tanto in tanto scambiamo quattro chiacchiere al bar, m’ha così lucidamente espresso alcune sue riflessioni sulla questione del clima che, almeno all’osso, val la pena qui riportarle. La scienza, osserva Giuliano (il nome dell’amico ingegnere, un fuoriclasse dal Politecnico di Milano), è fatta di errori che sono ammessi, ma la scienza punisce chi mente.

La strada degli scienziati, anche dei più grandi, è lastricata di sbagli e cantonate. In effetti chi per mestiere fa lo scienziato sa bene quanto una clamorosa cantonata possa assomigliare a un’intuizione geniale. Ma il cuore del metodo galileiano è la verifica sperimentale, che dà agli scienziati la straordinaria libertà di concedersi a ipotesi quanto mai azzardate, ma con la consapevolezza di poterle sottoporre a controllo. Nel caso del riscaldamento globale, della sua origine antropica non esiste alcuna verifica sperimentale, né prova alcuna che possa avvalersi della qualifica “scientifico”. Anzi esistono prove fattuali incontestabili che la contraddicono.

La congettura che addebita all’uomo il riscaldamento globale appartiene così ad una realtà virtuale che è ben diversa dalla realtà reale, ben rappresenta dalle parole della nostra cara Greta seguite a quel famoso “ci avete rubato il futuro”, e cioè: «non avete fatto niente in 25 anni». Greta ha così sancito il de profundis della COP-25 di Madrid.

In sostanza, la realtà virtuale va da una parte, con tante, tantissime chiacchiere, proclami, annunci, promesse, una copertura mediatica molto ampia ed una propaganda ossessiva. Il tutto per produrre poco o nulla in termini concreti (da cui il lamento di Greta), mentre la realtà reale va da tutt’altra parte. Paesi come Stati Uniti, Canada, Brasile, India, Cina (che ora ha sicuramente altre priorità), Australia, hanno contribuito al fallimento del Trattato di Parigi e al flop della COP-25. Ma anche in Europa, che si dichiara la parte “virtuosa”, non si è fatto niente, come osserva la piccola innocente. Persino i Paesi che si dichiarano pronti a finanziare il Green New Deal, pongono severi limite agli investimenti cosiddetti verdi.

Alla fine della fiera, quel 97% degli scienziati che secondo quella certa statistica farlocca  che piace tanto ai gonzi – ha ricevuto da Madrid una bastonata nelle parti basse che ricorderanno a lungo, e che li ha trasformati in eunuchi impotenti.

Potremmo anche concludere che – come s’usava poco appropriatamente dire per la filosofia – la climatologia dei suddetti eunuchi è una disciplina – ma ora molto appropriatamente – con la quale o senza la quale il mondo rimane tale e quale.


Franco Battaglia, 15 febbraio 2020

Non è un complotto?


"Siete voi giornalisti che volete darmi un ruolo in questa storia, io sono soltanto l'avvocato di Pjotr Pavlenskij". Nel grande appartamento a due passi da Saint-Germain-des-Près, il giovane avvocato Juan Branco ci guarda di sbieco, ha il torcicollo. "Un falso movimento", spiega. Volto d'angelo, e modi feroci, almeno quando si tratta di attaccare Emmanuel Macron. Non stupisce che il legale trentenne si ritrovi nell'intrigo che ha sconvolto la politica francese, con il primo caso di revenge porn scagliato contro il candidato macronista Benjamin Griveaux. 

Il suo Crepuscule, pamphlet contro il presidente dai toni complottisti e rivoluzionari, ha venduto 130mila copie. E il ragazzo borghese nato a Malaga, figlio di un noto produttore di cinema, diplomato nelle migliori scuole, è diventato il nemico dell'élite parigina alla quale appartiene. Tra Branco e Griveaux c'è una lunga storia di astio. Un capitolo al vetriolo dell'avvocato di Pavlenskij, che in passato ha fatto parte del team legale di Julian Assange, è dedicato all'ormai ex candidato sindaco di Parigi. "Per me è uno dei simboli peggiori della decadenza della République", ripete. 

Branco ricorda con un sorriso quando, un anno fa, ha accompagnato un gruppo di gilet gialli che hanno sfondato con un carrello elevatore il portone del ministero occupato da Griveaux. Il macronista è dovuto fuggire scortato da un'uscita laterale. "È stato un momento bellissimo", aggiunge Branco. 

Ora che il suo cliente ha fatto cadere Griveaux, trascinato nel fango della Rete con la pubblicazione dei video in cui si masturba, è soddisfatto? "Come cittadino sì, sono contento", dice. "Non posso esprimermi di più, ho il dovere di proteggere Pjotr". Sono in molti a pensare che l'artista russo e la sua compagna, la studentessa Alexandra de Taddeo, non siano altro che esecutori di un piano orchestrato da altri. "Non è così", ripete l'avvocato consultato più volte nelle ultime settimane dalla coppia. "Mi avevano parlato di una clamorosa azione, pensavo a una performance nello stile di quelle già fatte di Pavlenskij". 

L'artista russo che si è cucito la bocca e inchiodato lo scroto sulla Piazza Rossa aveva deciso di cambiare registro. Andando a colpire le elezioni nella capitale previste tra meno di un mese. L'oppositore politico del regime di Putin, che ha ottenuto asilo politico in Francia, si è messo a usare dossier compromettenti per distruggere politici francesi. Strano, no? "Ma quale complotto russo, sono sciocchezze", risponde Branco. "Pavlenskij non è manipolato". Ieri si è scoperto che è stata Taddeo ad adescare Griveaux sui social. Perché ha conservato quei video hard? "Ma non era una trappola", prosegue l'avvocato che fa capire che ci sono altri materiali osé raccolti dalla ragazza nella primavera 2018 quando era in corso la relazione con Griveaux. 

Branco racconta di aver conosciuto Pavlenskij e Taddeo due mesi fa, durante una conferenza alla Sorbona. È lei, che ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza, ad aver invitato l'autore di Crepuscule. "Mi ha contattato su Facebook, si è presentata come la compagna di Pavlenskij", spiega a proposito della giovane di 29 anni che parla russo e ha dedicato la sua tesi al ruolo di Mosca nell'Artico. Lo strano trio comincia a frequentarsi. Branco invita la coppia al Capodanno nella casa della sua ragazza sopra al Café Flore. La festa termina in rissa, alcuni ospiti sono feriti con un coltello da Pavlenskij che si dilegua. "Era stato aggredito e si è difeso", dice. 

Secondo la versione di Branco, la coppia gli mostra i video di Griveaux 10 giorni fa. E lui si limita ad avvertirli dei rischi penali. "Ma Pjotr era molto determinato, non voleva nascondersi. Avevo l'impressione di avere davanti a me Julian", spiega facendo allusione al fondatore di Wikileaks. Da quando Pavlenskij è in stato di fermo, l'avvocato non ha potuto ancora incontrarlo. La procura si è opposta alla sua nomina ma Branco ha fatto ricorso. "È un fatto inedito e gravissimo". Anche se non indossa più il gilet giallo come l'anno scorso, continua a sognare la rivoluzione. 




2020/02/10

Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza


«Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza.»
(Lucio Anneo Seneca - "Lettere a Lucillo")

L’epidemia causata dal Coronavirus di nuova generazione, dopo aver scatenato una psicosi che ha pochi precedenti, ha raggiunto, ormai, un nuovo livello: quello politico. Scambi di stoccate, alcune eleganti altre più dirette. 

Particolarmente ferma la posizione del direttore dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha sottolineato come all’interno del tentativo di fermare la diffusione del virus non ci sia bisogno di misure che “interferiscano senza necessità con i viaggi internazionali e il commercio”, dichiarazione rilasciata ai più importanti organi di comunicazione mondiali. 

Il conteggio delle vittime ha superato i 900 (con oltre 2000 persone guarite e una prima stima di mortalità al 2 per cento), concentrate sempre nella provincia di Hubei. Gli sforzi del governo cinese per arrestare la malattia proseguono e acquistano un tono particolarmente forte le proteste del ministro degli esteri Hua Chunying, che ha accusato gli Stati Uniti, nazione nella quale i contagi sono 11, di aver, anziché aiutato la Cina e nonostante le dichiarazioni pubbliche del presidente Donald Trump, “incessantemente fabbricato e diffuso il panico, imposto restrizioni eccessive contrarie alle raccomandazioni dell’OMS“. 

C'è da aggiungere che anche all'Italia sono state mosse accuse similari, il che disorienta perché al momento l'attenzione dovrebbe essere focalizzata sulle misure da prendere per evitare una pandemia e non su questioni meramente politiche. Ogni paese difende, come è giusto, i propri confini. 

Già all’inizio della crisi, gli analisti avevano identificato il rischio che la malattia potesse servire da pretesto per scontri politici ed economici fra le due superpotenze, e attribuito proprio a questo timore, unito a quello di una perdita di popolarità, l’azione molto rapida, se paragonata al precedente episodio della Sars, del governo cinese. nCov 2019, si è detto, ha una mortalità stimata attualmente fra il 2 e il 2,5 per cento; inferiore a quella della Sars e della Mers, che sono della stessa famiglia. 

Quali sono, nel mondo, i virus più letali? 
Tralasciando i virus purtroppo e tristemente ben noti "Ebola" comprese le variazioni del nome (che ha una mortalità fra il 70 e il 90 per cento e che ha mietuto oltre 11mila vittime in Africa), il Marburg (mortalità fino all’80 per cento) e il Dengue (fino al 20 per cento se non trattato), esistono altri nemici che sono in grado di colpire in modo molto più letale di quanto ha fatto finora il Coronavirus e di uccidere senza pietà. 

Alcuni di essi sono stati messi all’angolo e sconfitti solo grazie ai vaccini; e, se dovessimo smettere di utilizzarli, vincerebbero, come vinceva un tempo il vaiolo (33 per cento di mortalità), dal quale ora la vaccinazione ci protegge.

La rabbia, portata dagli animali (potenzialmente anche quelli domestici) e tenuta alla larga dalle nostre case dai vaccini, colpisce il cervello e il sistema nervoso, gradualmente ma inesorabilmente. Il principale veicolo della rabbia sono i cani, e ha una mortalità del 100 per cento dei casi non trattati. Le morti, ogni anno, in tutto il mondo, sono 55mila;

l’HIV e quindi l’AIDS, che non è affatto scomparso, arriva dalle scimmie ed è un’assassino senza scrupoli. Il numero stimato di persone morte a causa dell’HIV dalla sua scoperta, negli anni Ottanta, è di 36 milioni di persone (770mila nel solo 2018). La mortalità è circa del 33 per cento;

l’HPS o Hantavirus, una sindrome polmonare, anch’essa proveniente da animali selvatici come il Coronavirus, ha colpito negli Stati Uniti fra i primi anni Novanta e il Duemila circa 600 persone, con una mortalità del 36 per cento. Casi precedenti si erano verificati negli anni Cinquanta, fra le truppe americane in Corea, con una mortalità del 12 per cento. La malattia viene trasmessa attraverso le feci dei topi;

il Rotavirus, che viene ora aggredito grazie alla diffusione dei vaccini, proviene dalle feci umane e uccide attraverso diarrea e disidratazione. È responsabile della morte di 440mila bambini sotto ai cinque anni, ogni anno;

l’influenza. Uccide, ogni anno, mediamente 500mila persone. La mortalità dell’influenza è variabile, perché cambia ogni anno; nella storia la peggior epidemia d’influenza è, come si sa, la Spagnola del 1918, che complici le condizioni successive alla Prima Guerra Mondiale dopo aver contagiato il 40 per cento della popolazione mondiale uccise 50 milioni di persone.

Secondo i virologi, una possibilità di una nuova pandemia da influenza simile alla Spagnola è possibile ogni anno, anno dopo anno: l’unica possibile protezione, non totale, è lo sviluppo immediato del vaccino.

La Speranza
La speranza è come una piccola rosa sbocciata tra i sassi, ma illuminata da un sole radioso. Speriamo che tutto finisca e ricominci la vita.