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2021/12/13

Un titolo deciso (anche) a tavolino!

A decidere il risultato finale del campionato mondiale di Formula 1 del 2021, uno dei più combattuti ed emozionanti di sempre, è stato un sorpasso avvenuto a undici curve dal traguardo dell’ultimo Gran Premio dell’anno, che si è svolto domenica ad Abu Dhabi. Una lunga serie di eventi imprevedibili da una parte e di decisioni controverse dall’altra aveva permesso ai due contendenti, l’olandese Max Verstappen della Red Bull e l’inglese Lewis Hamilton della Mercedes, di arrivare a pari punti all’ultima gara e infine di giocarsela all’ultimo giro, letteralmente. Alla quinta curva Verstappen ha superato Hamilton, che era stato più veloce di lui per tutta la gara, e dopo aver mantenuto la posizione ha tagliato per primo il traguardo, vincendo il suo primo titolo in carriera.

L’incertezza riguardo all’esito del campionato è proseguita al termine della corsa, dopo che la Mercedes ha presentato due reclami ai commissari del Gran Premio per presunte violazioni del regolamento sportivo, successivamente respinti (la Mercedes ha annunciato che presenterà appello al Consiglio Mondiale della FIA, la Federazione Internazionale dell’Automobile).

Secondo l’impressione prevalente tra cronisti sportivi, esperti e appassionati di sport motoristici, è difficile – più di quanto lo sia mai stato in passato nella storia della Formula 1 – comprendere e stabilire quanto la spettacolarità del Mondiale del 2021 sia stata frutto di una competizione sportiva più che mai equilibrata e avvincente, e quanto sia stata in parte favorita da applicazioni imprevedibili e incoerenti del regolamento da parte degli ufficiali di gara responsabili delle procedure e della sicurezza in pista.

«Sembrava che a decidere ci fosse Vince McMahon [presidente della più grande federazione americana di wrestling, i cui incontri sono notoriamente organizzati ai fini dello spettacolo]», ha scritto la rivista sportiva The Athletic. Da altri pareri autorevoli – come quelli del caporedattore della Formula 1 per BBC Andrew Benson, del giornalista Jonathan Noble di Autosport e quelli di diversi piloti di Formula 1 in attività – sono emerse perplessità simili in merito alla gestione della corsa da parte del direttore di gara e delegato alla sicurezza in pista Michael Masi, da tempo molto contestato per altre decisioni controverse anche prima dell’ultima gara.

Lewis Hamilton e Max Verstappen sul podio del Gran Premio di Abu Dhabi, il 12 dicembre 2021 (Clive Rose/Getty Images)

Cosa è successo ad Abu Dhabi
Al Gran Premio di Abu Dhabi, l’ultimo dell’anno, Verstappen e Hamilton erano arrivati a pari merito nella classifica dei piloti (369,5 punti), seppur con un leggero ma importante vantaggio per Verstappen, che avendo vinto più Gran Premi rispetto al suo rivale nella stagione 2021 avrebbe vinto il Mondiale in caso di ultima gara senza punti per entrambi i piloti. In altre parole: un eventuale scontro in pista tra i due piloti, senza possibilità di proseguire la corsa, sarebbe stato a vantaggio di Verstappen.

La prima decisione controversa è arrivata al primo giro. Verstappen, partito dalla pole position, è stato superato da Hamilton in partenza ma è riuscito a riavvicinarsi dopo poche curve, e ha quindi tentato un contro-sorpasso alla fine di un lungo rettilineo, all’interno della curva 6, ritardando moltissimo il momento della frenata. Anziché prendere la curva accodandosi alla Red Bull di Verstappen, Hamilton ha tagliato la chicane e mantenuto la prima posizione.

Il team principal della Red Bull Christian Horner ha protestato per la manovra di Hamilton, al quale è stato tuttavia concesso dal direttore di gara di mantenere la prima posizione, senza bisogno di alcuna indagine. Masi ha assunto che Verstappen avesse di fatto costretto Hamilton a lasciare la pista, non lasciandogli a quel punto spazio sufficiente per prendere la curva, e ha spiegato a Horner che il tempo guadagnato da Hamilton tagliando la chicane era poi stato “restituito” da Hamilton attraverso un successivo rallentamento prima della fine del giro, concluso con un distacco di 1 secondo e un decimo tra i due piloti.

Lewis Hamilton davanti a Max Verstappen durante la prima parte del Gran Premio di Abu Dhabi, il 12 dicembre 2021 (AP Photo/Hassan Ammar)

«È stata una decisione veramente al limite del regolamento, in cui entrambe le parti potevano affermare di avere ragione – un’altra situazione esemplare delle scappatoie della Formula 1 che creano incertezza in regole delle corse che sono già tutt’altro che chiare», ha commentato il giornalista sportivo Alex Kalinauckas su Autosport.

Da quel momento in poi, Verstappen non ha avuto altre possibilità di riavvicinarsi a Hamilton, quasi costantemente più veloce del suo rivale per tutta la corsa. Un unico momento di particolare spettacolarità si è verificato dopo la prima tornata di pit-stop, quando Hamilton ha raggiunto il compagno di squadra di Verstappen, il messicano Sergio “Checo” Pérez, al ventesimo giro.

Pérez non aveva ancora effettuato il suo pit-stop e questo gli aveva permesso di passare provvisoriamente al comando della gara. La Red Bull aveva quindi deciso di lasciarlo in pista abbastanza a lungo da farlo raggiungere da Hamilton, che in una complicata e spettacolare serie di tentativi di sorpassi e contro-sorpassi con Pérez ha perso complessivamente 7 degli 8,7 secondi di vantaggio che aveva su Verstappen, prima di riuscire a tornare in prima posizione. Pérez è stato molto apprezzato non soltanto per la bravura mostrata nel difendere la sua posizione ma anche per la sostanziale correttezza delle sue manovre. «Checo è un mito!» ha commentato Verstappen in un messaggio radio alla squadra a quel punto della corsa.

Ma una volta ripresa la prima posizione, Hamilton ha nuovamente riguadagnato un vantaggio rassicurante su Verstappen, dando l’impressione che il gran lavoro di squadra di Pérez non fosse bastato a cambiare la storia del Gran Premio e del Mondiale. Successivamente, al giro 36, Verstappen ha effettuato un secondo pit-stop – imprevisto – per mettere pneumatici nuovi, approfittando tempestivamente di una fase di virtual safety car (un limite di velocità imposto ai piloti per consentire ai commissari di rimuovere dalla pista elementi di pericolo non grave, senza bisogno dell’ingresso della safety car).

A causa del rischio di perdere la prima posizione su Verstappen e di non riuscire poi a superarlo di nuovo, Hamilton non si è invece fermato per un secondo pit-stop ed è rimasto in pista, arrivando a ottenere un vantaggio complessivo di 16,4 secondi su Verstappen all’inizio del 38° dei 58 giri di pista previsti. E nonostante montasse pneumatici più “vecchi” di 24 giri rispetto a quelli di Verstappen, Hamilton è sembrato rimanere in controllo della gara, gestendo il margine di vantaggio in funzione dell’ottimizzazione della durata delle gomme.

A quel punto Verstappen avrebbe dovuto guadagnare 0,8 secondi al giro, per avere speranze di raggiungere e superare Hamilton, ma non riusciva a guadagnarne mediamente più di 0,3 al giro. «Non lo avrei mai preso, andavano troppo più forte, oggi», ha poi detto alla fine della gara commentando quella fase.

La svolta nel Mondiale
A 5 giri dalla fine del Gran Premio, il pilota della Williams Nicholas Latifi, in ultima posizione, ha perso il controllo della macchina finendo violentemente in testacoda contro le barriere alla curva 14. «Non era mia intenzione, e posso soltanto scusarmi per aver condizionato la corsa e creato un’opportunità», dirà poi Latifi a fine corsa commentando l’ingresso della safety car (quella vera, non la virtual), ritenuto necessario dalla direzione corse per rimuovere la macchina dalla pista.

A quel punto, quando il Mondiale sembrava praticamente assegnato, la Red Bull si è trovata nella condizione ideale di poter approfittare nuovamente di un regime di velocità molto limitata delle macchine e far rientrare Verstappen per effettuare un terzo pit-stop senza perdere troppo tempo. Oppure di decidere di non farlo, a seconda della scelta compiuta prima dal pilota al comando della corsa: sparigliare era infatti l’unica possibilità per la Red Bull di provare a vincere la corsa, a pochi giri dalla fine. La Mercedes ha lasciato Hamilton in pista, ipotizzando che la corsa sarebbe finita in regime di safety car. La Red Bull ha richiamato Verstappen ai box e ha montato sulla sua macchina un altro set di gomme nuove.

«Non era affatto chiaro se la gara sarebbe ripresa oppure no, e la Mercedes non aveva altra scelta che restare in testa e sperare per il meglio», ha scritto Benson su BBC. Se la gara fosse ripresa, Verstappen, con gomme nuove appena montate, sarebbe riuscito facilmente a superare Hamilton, che a quel punto aveva già percorso oltre 40 giri con gli stessi pneumatici. Ad ogni modo, con forse un solo ultimo giro a disposizione per tentare un sorpasso su Hamilton, Verstappen avrebbe comunque dovuto prima sbrigare una serie di doppiaggi: tra lui e Hamilton c’erano infatti le macchine di Lando Norris, Fernando Alonso, Esteban Ocon, Charles Leclerc e Sebastian Vettel, tutti doppiati.

«Quello che è successo dopo non ha precedenti», ha sintetizzato Benson.

Il direttore di gara Masi ha inizialmente comunicato che ai piloti doppiati non sarebbe stato permesso di sorpassare Hamilton e “sdoppiarsi”, come si dice in gergo, con una decisione nelle facoltà della direzione corse ma contraria al protocollo abituale, che prevede che le macchine doppiate possano sdoppiarsi e ri-accodarsi al gruppo annullando il loro ritardo di un giro. La Red Bull ha contestato quella decisione. Masi ha quindi cambiato idea e ha permesso alle cinque macchine tra Hamilton e Verstappen – e soltanto a quelle – di sdoppiarsi.

Sono invece rimaste due macchine doppiate tra la Red Bull di Verstappen e la Ferrari di Carlos Sainz, che era in terza posizione, e un’altra macchina doppiata tra la Mercedes di Valtteri Bottas e l’Alpha Tauri di Yuki Tsunoda. Anche questa decisione è contraria al protocollo abituale, ed è stata quindi contestata dalla Mercedes.

La gara è ripresa a un giro dalla fine del Gran Premio, e Verstappen è riuscito a superare Hamilton alla quinta curva. Nel rettilineo successivo Verstappen si è difeso da un tentativo di controsorpasso di Hamilton cambiando più volte direzione per non concedere al suo avversario il vantaggio dell’effetto scia. È una manovra non consentita dal regolamento ma è una violazione quasi sempre controversa e comunque sanzionata con penalità che possono variare molto a discrezione dei commissari (Verstappen avrebbe potuto cavarsela anche soltanto con una reprimenda o una multa in caso di indagine, che comunque non c’è stata). «Il campionato era passato di mano, a seguito di una discutibile decisione del direttore di gara», ha scritto Benson.

«Max è un pilota assolutamente fantastico che ha avuto una stagione incredibile e non posso che avere un enorme rispetto per lui, ma quello che è appena successo è assolutamente inaccettabile. Non posso credere a quello che abbiamo appena visto», ha scritto su Twitter il pilota della Williams e prossimo pilota della Mercedes George Russell, che in precedenza si era ritirato per un guasto alla macchina.

Il modo in cui è stata gestita la parte finale della gara non è quello in cui normalmente viene gestita la corsa in regime di safety car, ha scritto BBC citando lo «sconcerto» a fine corsa da parte di molti addetti e piloti, uno dei quali ha detto a BBC che in circostanze normali questo Gran Premio sarebbe semplicemente finito dietro la safety car.

L’oggetto della contestazione

Uno dei due reclami presentati dalla Mercedes a fine corsa, il primo a essere respinto e il più pretestuoso tra i due, riguarda la presunta violazione dell’articolo 48.8 del regolamento sportivo, che vieta a qualsiasi macchina di compiere sorpassi in regime di safety car, salvo particolari eccezioni. La Mercedes sosteneva che dopo il rientro della safety car ai box e prima della ripresa della corsa per l’ultimo giro, la macchina di Verstappen avesse sopravanzato per un attimo quella di Hamilton. Il reclamo è stato respinto sulla base del fatto che in quella fase «entrambe le auto stavano accelerando e frenando» e che Verstappen si è poi subito correttamente riposizionato dietro a Hamilton prima dell’inizio del primo giro senza più la safety car, come da regolamento.

L’altro reclamo, più consistente, riguarda la presunta violazione dell’articolo 48.12:

Se il direttore della corsa [è l’ufficiale che lavora in collaborazione con il direttore di gara] ritiene sicuro farlo, e il messaggio “LAPPED CARS MAY NOW OVERTAKE” [“le macchine doppiate devono ora superare”] è stato inviato a tutti i team sul sistema di messaggistica ufficiale, a qualsiasi auto che sia stata doppiata dal leader sarà richiesto di superare le altre auto e la safety car. […]

Dopo aver superato le auto e la safety car, queste auto dovranno poi procedere in pista a una velocità idonea, senza superarsi, e fare il possibile per tornare in posizione in fondo alla fila di macchine dietro la safety car. […]

A meno che il direttore della corsa ritenga che la presenza della safety car sia ancora necessaria, una volta che l’ultima auto doppiata ha superato il leader, la safety car tornerà ai box alla fine del giro successivo.

Se il direttore della corsa ritiene che le condizioni della pista non siano adatte a permettere sorpassi, il messaggio “OVERTAKING WILL NOT BE PERMETTED” [“i sorpassi non saranno consentiti”] sarà inviato a tutti i team sul sistema di messaggistica ufficiale.

La regola lascia ampi margini di manovra nella misura in cui attribuisce al direttore di gara, Masi, la responsabilità di decidere quando sia sicuro mostrare un determinato messaggio o un altro, e quando sia opportuno e sicuro far rientrare la safety car e ricominciare la corsa. Il punto, ha scritto Benson, è che il messaggio visualizzato dai team era diverso da uno dei due messaggi possibili e descriveva un’eventualità non contemplata nel regolamento: che soltanto alcune macchine dovessero sdoppiarsi. Inoltre Masi ha violato un’altra parte dell’articolo 48.12, ordinando il rientro della safety car ai box non al termine del giro successivo a quello in cui l’ultima macchina doppiata supera il leader, bensì in quello stesso giro.

Hamilton, il team principal della Red Bull Christian Horner e Max Verstappen sul podio del Gran Premio di Abu Dhabi, il 12 dicembre 2021 (AP Photo/Hassan Ammar)

Un altro articolo, il 15.3, stabilisce che riguardo a una serie di questioni, incluso il caso della safety car, il direttore di gara ha «autorità prevalente» su quella degli altri ufficiali di corsa. Ed è questo l’articolo utilizzato dai commissari per respingere i reclami della Mercedes. «Ma questa norma significa che Masi può decidere di fare quello che vuole in queste situazioni, o che ha l’autorità ultima nella corretta applicazione delle regole?», ha scritto Benson. Lo stesso articolo 15.3, ha fatto notare Noble su Autosport, dà al direttore di gara il controllo sulla procedura di partenza: «Questo significa forse che, in un caso estremo, la gara potrebbe partire dopo che vengono mostrate soltanto tre luci anziché cinque, come previsto da altri articoli del regolamento?».

«È stato fatto ovviamente per la battaglia, era chiaramente per la TV, per il risultato. Se fosse giusto o meno non sta a me deciderlo», ha commentato Lando Norris, uno dei piloti a cui è stato permesso di sdoppiarsi. Norris ha detto che in genere o permettono a tutti di passare o non lo permettono, e si è detto sorpreso di quell’improvviso cambio di decisione per permettere di correre un ultimo giro.

Anche Alonso, Sainz e Leclerc hanno definito strana e senza precedenti nella loro esperienza la decisione della direzione di gara riguardo alla procedura da seguire in regime di safety car. «Quando hanno mandato in pista la safety car ho pensato che saremmo riusciti a superare velocemente, perché normalmente succede così. Vedi la luce verde della safety car e poi ti sdoppi finché non rimuovono la macchina. Solo che non avevamo quel segnale verde, e due giri dopo il mio ingegnere di pista mi ha detto che non avremmo potuto sdoppiarci e le posizioni sarebbero rimaste quelle. Una curva dopo la luce verde si è accesa e ho detto: “Ma abbiamo luce verde?”, e mi hanno risposto “Sì, sì, ora puoi farlo, segui Norris”», ha raccontato Alonso.

Finisce qui?

La possibilità che il preannunciato ricorso in appello della Mercedes al Consiglio Mondiale della FIA a Parigi possa sovvertire l’ordine di arrivo del Gran Premio di Abu Dhabi e determinare un differente esito del campionato mondiale è ritenuta molto improbabile.

Tra commentatori e opinionisti resta tuttavia molto condivisa l’impressione che i responsabili della sicurezza e della corretta applicazione del regolamento sportivo nel 2021 – in ultima istanza, Michael Masi – non siano stati all’altezza del talento e delle abilità di guida ampiamente dimostrate dai due contendenti per il titolo. Come è condivisa l’idea che l’esito del campionato e il suo prolungato equilibrio siano stati almeno in parte condizionati da una serie di decisioni difficili da spiegare soltanto sulla base del regolamento.

«Mentre i processi decisionali del direttore di gara della Formula 1 dovrebbero essere completamente indipendenti dalla considerazione delle sorti dei singoli concorrenti – perché tutti dovrebbero essere trattati allo stesso modo – ciò che non è facile da accogliere per molte persone è il modo in cui è sembrato che il regolamento venisse annullato pur di fare accadere le cose», ha scritto Noble su Autosport. È mancata, secondo Noble, la percezione che Hamilton e la Mercedes siano stati semplicemente sfortunati, perché il regolamento non è stato applicato alla lettera bensì fuori dall’ordinario.

«Ma se le regole non contano perché il direttore di gara ha l’autorità di ignorarle, allora questo come può essere giudicato giusto ed equo in termini sportivi?», ha commentato Noble. Se l’obiettivo condiviso tra squadre e direttore di gara prima dell’inizio del Gran Premio era quello di provare a evitare una conclusione della corsa in regime di safety car, c’è inoltre una possibilità che Masi non è sembrato prendere in considerazione e che era invece stata presa nel Gran Premio scorso, in Arabia Saudita, dopo un incidente in pista: quella di sospendere la gara, esponendo una bandiera rossa.

La bandiera rossa avrebbe da un lato permesso ai commissari di pista di rimuovere la macchina di Latifi senza che la durata del loro lavoro incidesse sul numero di giri rimanenti. Dall’altro avrebbe permesso a Hamilton di cambiare gomme – come previsto dal regolamento – prima di un’eventuale ripartenza, riequilibrando la sfida nei restanti giri finali. «La competizione si sarebbe decisa quindi in pista ad armi pari, senza interferenze esterne. Sarebbe stato un intrattenimento eccezionale e avrebbe segnato la fine spettacolare di una stagione straordinaria», ha concluso Noble, definendo la fine del Mondiale «ingiusta» anche per Verstappen, dopo una stagione eccezionale e conclusa da campione ma con meriti offuscati nell’ultima corsa dalle circostanze che lo hanno aiutato a vincere ad Abu Dhabi.

Max Verstappen festeggia la vittoria con il resto della squadra Red Bull ad Abu Dhabi, il 12 dicembre 2021 (AP Photo/Hassan Ammar)

Nel corso della stagione c’erano state altre interpretazioni incoerenti e decisioni controverse, specialmente riguardo ad alcune manovre di Verstappen, ha aggiunto Benson su BBC, pur giudicando ampiamente «meritato» il titolo di Verstappen. Per esempio, il pilota della Red Bull non aveva ricevuto alcuna penalità per aver spinto Hamilton fuori dalla pista in una fase del Gran Premio del Brasile in cui stava difendendo la sua posizione, ma era stato successivamente sanzionato per una manovra del tutto simile nel Gran Premio dell’Arabia Saudita. Dopo quella gara, il team principal della Red Bull Christian Horner aveva detto di sentire la mancanza del precedente direttore di gara della Formula 1, Charlie Whiting, morto a marzo 2019.

Anche prima delle ultime gare, cioè quelle in cui la Mercedes aveva mostrato una più chiara superiorità di mezzi, Masi era stato molto contestato per altre decisioni, tra le quali quella di correre in Belgio soltanto per due giri e dietro la safety car, a causa delle condizioni meteorologiche avverse, ad agosto. La scelta di mandare comunque le macchine in pista per due giri prima di interrompere definitivamente e dichiarare conclusa la gara – il Gran Premio più corto della storia della Formula 1 – aveva permesso l’assegnazione dei punti in palio (sebbene dimezzata, come da regolamento quando la corsa non raggiunge il 75 per cento del totale dei giri previsti).

Da diverse figure di alto profilo sentite da BBC è stata infine ritenuta inadatta alle circostanze e poco ortodossa la risposta data da Masi via radio al team principal della Mercedes Toto Wolff, che durante l’ultimo giro si era subito lamentato delle decisioni prese dalla direzione gara. «È una gara automobilistica, Toto», ha risposto Masi.

«Penso che sia sempre possibile imparare lezioni sia come squadra che nella vita in generale. Sentivamo che le decisioni a inizio gara andassero contro di noi. Ovviamente sentivamo che la decisione a fine corsa fosse giusta. È stata una stagione così. Ci sono state decisioni al limite: di alcune abbiamo beneficiato, la maggior parte ci ha penalizzato», ha commentato Horner.

fonte: ilPost.it

2021/12/01

Paris l'amour!




I found on internet this question, somebody given a a pleasant response in the cryptic language of someone who thinks he knows everything about everyone, at times criticism at times annoying but which in the end really gives the idea of what to expect in Paris.
Paris, l'amour, l'amour, c'est ce que tu veux vraiment, mais ça va être dur à trouver.


I plan to go to Paris in the spring of 2022. Is the city as bad as conservatives describe it on the internet?

Paris is the incarnation of everything that causes severe cognitive dissonance for many conservatives:
A multicultural city where everyone lives in relative harmony, even in the supposedly “rough” neighborhoods. A major city run by a bona fide Socialist mayor (a dark-skinned woman, to boot, who followed an openly gay man) yet functions marvelously.

A place where the English language is relegated to second place and interpersonal manners are different. (Most people that a tourist will encounter do speak English, but for cultural respect, it’s highly recommended to greet them with bonjour and s’il vous plaît before conducting any conversation or business, and merci and au revoir at the end. Don’t worry, virtually nobody is going to expect you to speak anything beyond that in French unless you happen to be able to do so.)

And as a corollary, a place where you need to use funny-looking currency and the metric system (these aren’t unique to Paris). But know that using your debit card is much easier than exchanging cash, Visa and MasterCard are accepted everywhere (other cards, not so much) with a banking system that is far more secure than how the US system operates. (Oh, check with your bank first to make sure that they won’t charge you an exorbitant fee for every transaction.)

A place where automobiles are frowned upon, it’s much easier to navigate on foot or Métro (subway). A place where food and drink are often unfamiliar, and even familiar-looking items turn out to be different than you might expect. But don’t worry, the golden arches and the mermaid are easy to find if you don’t like surprises.

2021/11/27

Non andrà tutto bene



Contrariamente a quanto affermato nel corso dei primi giorni della pandemia da Covid-19 quando più o meno tutti ci dicevano che "andrà tutto bene", stiamo assistendo ad un "sta andando tutto male".

Il ceppo originario del virus ha lasciato il posto a varianti fino ad arrivare alla Delta e Delta plus e adesso c'è Omicron che si preannuncia molto più infettiva delle prime che l'hanno preceduta e foriera di nuovi decessi, questi ultimi non sappiamo quanti ne arriveranno ma è lecito pensare che bisogna prepararsi al peggio.
L'incubo non è ancora finito!

La variante Omicron

È stato registrato in Belgio il primo caso europeo di variante sudafricana, un ceppo molto contagioso che ha 32 mutazioni : nella provincia del Gauteng, da cui proviene, in tre settimane il tasso di positività è schizzato da meno dell’1 al 30 per cento. Mentre crollano i listini e l’Ue valuta la sospensione di tutti i voli dall’Africa australe (Italia e Germania li hanno già fermati per 14 giorni ) ciò che più spaventa governi e mercati è che questa variante, chiamata ufficialmente "Omicron", possa sfuggire ai vaccini.

“Siano immediatamente adattati” ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “i contratti con i produttori lo prevedono”. È troppo presto per dire se sono necessari nuovi vaccini , dice l'Agenzia europea per i medicinali, mentre Pfizer e BioNTech fanno sapere di essere in grado di sviluppare e produrre un vaccino su misura contro le varianti in circa 100 giorni.

Ma l’immunizzazione universale è davvero la chiave per uscire dalla pandemia? Gli esperti dicono di sì e che l'unico modo di metterci al riparo dalla proliferazione delle mutazioni è vaccinare anche nei Paesi più poveri.

Omicron è arrivata anche in Italia.

Un primo caso accertato in Italia dove una sequenza riconducibile alla variante Omicron è stata identificata su un uomo atterrato a Milano dal Mozambico e residente a Napoli. Un caso anche in Belgio, due in Germania, due nel Regno Unito. Omicron è arrivata in Europa e l’Europa si blinda organizzando una riunione d’emergenza della commissione europea per delineare le misure da prendere. "Dopo aver attivato il freno d'emergenza per contrastare Omicron stiamo lavorando su ogni pista da seguire", fa sapere la presidente della commissione Ursula von der Leyen. 

E anche il Regno Unito introduce nuove misure rigidissime: tamponi molecolari per tutti i viaggiatori internazionali entro il secondo giorno dall'arrivo e autoisolamento per tutti fino a tampone negativo, vengono reintrodotte le mascherine nei negozi e negli ambienti interni e potenziata la campagna per la terza dose. 

Ma cosa possiamo fare per prevenire il contagio? 

Le raccomandazioni dell’Oms invitano a rafforzare le misure con più mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani. 

In Italia alcune regioni sono già corse ai ripari: a Milano, Como e Monza da oggi mascherine obbligatorie all’aperto nei centri storici, così come a Roma nelle vie dello shopping. Intanto nelle ultime 24 ore il bollettino nazionale registra 12.877 nuovi positivi e 90 morti. Un incubo che al momento non sembra finire.

Perché Omicron?

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha ribattezzato Omicron la nuova variante del Covid-19 scoperta nei giorni scorsi dalle autorità sanitarie del Sudafrica e già in via di diffusione anche in Europa. Dall'inizio della pandemia, l'Oms ha chiamato le varianti del virus assegnando loro di volta in volta una lettera dell'alfabeto greco. La prassi va incontro a ragioni di comprensione universale del termine utilizzato, ma mira anche a evitare che una forma patologica possa essere identificata con il Paese nel quale è stata isolata per la prima volta.

La prassi dell'Oms, però, stavolta, ha subito per la prima volta una deroga: l'organismo dell'Onu ha infatti saltato le due lettere dell'alfabeto che erano "di turno" per l'assegnazioni a nuove varianti: la Nu e la Xi. La "versione" del virus scoperta in South Africa, infatti, avrebbe dovuto essere chiamata Nu, a ruota della variante colombiana che era stata denominata Mu. Invece l'Oms ha saltato la Nu e anche la lettera successiva, la Xi. In assenza di spiegazioni ufficiali, inizialmente la decisione è finita al centro di un piccolo giallo che ha alimentato anche polemiche politiche nel momento in cui è parso che la lettera Xi fosse stata evitata per non offendere il presidente cinese Xi Jinping.

In seguito, sollecitata dai media, l'Oms ha emesso un breve comunicato in cui ha spiegato le ragioni dell'esclusione delle due lettere. Nel caso della Nu, la lettera ha foneticamente troppa somiglianza con la parola inglese New e poteva generare equivoci. Quanto a Xi, la spiegazione dell'Oms, è che si è voluta evitare perché rappresenta un cognome diffuso e l'organizzazione è sempre molto attenta a scegliere per le nuove malattie dei nomi che non offendano "gruppi sociali, culturali, nazionali, regionali, professionali o etnici".

I maligni hanno voluto rimarcare però che quel cognome molto diffuso in una regione non citata è però quello del presidente cinese Xi Jinping. "Se l'Oms ha così paura del Partito comunista cinese - ha twittato negli Usa il senatore repubblicano Ted Cruz - come possiamo pensare che denunceranno (i cinesi) la prossima volta che cercheranno di coprire una pandemia globale catastrofica?"



 
   




2021/11/15

Su con la vita



Sarà per il correre degli anni, ma mi sento sempre più un alieno: ascolto musica che mi sembra immondizia eppure viene pompata come “top” a livello planetario, assisto a show televisivi che personalmente mi sembrano di demenza collettiva, ascolto notizie che assomigliano molto a quelle del Regime, visto l’allineamento di quasi tutti i media ossequenti.

Parole fatte, fritte e rifritte, banali ma utili a riempire i TG con sempre largo spazio alla “cronaca nera” che sembra riempire le menti di milioni di persone, ma censura aperta su tanti temi che non vanno o alle voci che escono dal coro (valga la questione pandemia sulla quale mi sembra ci sia sempre meno chiarezza).

Ossequio internazionale ai “buoni” e dileggio ai “cattivi” (sempre quelli) cui vanno imputate tutte le nefandezze cosmiche. Accurato silenzio su come risolvere concretamente i temi irrisolti, ma spazio per gli show di chi protesta per i “bla bla bla” (vedi Greta) che però riproduce analoghi “bla bla bla” senza mai andare a prendersela con chi veramente ha la responsabilità dei disastri. Così l’Italia si autodistrugge il futuro auto-vietandosi ogni ricerca petrolifera o atomica, mentre la Cina aumenta di un milione di tonnellate al giorno l’estrazione di carbone… mah.

Ma non è vero che tutto va male: innanzitutto ogni giorno incontro una infinità di gente che la pensa come me eppure sta zitta, temendo di uscire allo scoperto, ma poi scopro sempre più grandi pozzi di volontariato, disponibilità, attenzione al prossimo che sui media non passano mai.

Alla fine tante volte il silenzio è meglio del caos, gli esseri umani sono diversi – per fortuna – da come spesso vengono dipinti e nel mondo c’è ancora spazio per Speranza, Fede, solidarietà.

Se ci penso torno su di morale, mi guardo indietro e penso a come vivevano nonni e bisnonni. Ci lamentiamo tanto per l’oggi ma nel passato non c’erano sicurezza, assistenza sociale, medicine, consumi voluttuari, mille scoperte che soprattutto negli ultimi 150 anni hanno trasformato (in meglio) la nostra vita: credetemi, alla fine siamo ancora noi i più fortunati.

2021/10/28

ENERGIA NUCLEARE: PARLIAMONE



L’incremento dei prezzi dell’energia con le conseguenze sull’economia generale impongono di riprendere in mano la pratica energetica. Dopo qualche anno di petrolio a basso prezzo e anche sull’onda “green” che si diffonde nel mondo è evidente infatti che lo studio e la applicazione di nuove forme di energia sia all’ordine del giorno del pianeta.

E’ bastato però che Draghi e qualche ministro accennassero all’utilità di riprendere gli studi su una energia nucleare più moderna e “pulita” che immediatamente si levassero le proteste degli ecologi oltranzisti per i quali ogni discorso è stato chiuso del referendum di 35 anni fa.
Al tempo fui uno pochi (circa il 20% degli elettori) che votò SI, ma la vittoria del NO – era appena successo il disastro di Cernobyl, l'opinione pubblica ne era sconvolta - fu schiacciante e da allora questo tema è tabù.

Eppure il 20 settembre il ministro Cingolani si era limitato a dichiarare la pura verità ovvero che l’energia importata oggi dalla Francia (pari al 5% delle necessità italiane) è «prodotta con il nucleare a due passi da noi». Di per sé questa frase è molto generica, ma resta il fatto che in Francia sono attive 18 centrali nucleari per un totale di 56 reattori, con cui sono prodotti 379,5 TWh di energia elettrica, più del 70 per cento del totale prodotto nel Paese. Importiamo ancora più energia dalla Svizzera (l’8,7% delle necessità italiane) e va ricordato che anche in Svizzera sono attive 3 centrali nucleari.
L’Italia produce circa l’84 per cento dell’energia elettrica che utilizza in un anno, stando agli ultimi dati diffusi da Terna, la società che gestisce la rete elettrica italiana, riferiti al 2020. Il resto, il 16,1 per cento, lo importiamo. Quasi la metà arriva dalla Svizzera, un terzo dalla Francia e il resto da Slovenia e Austria. E tutta l'energia che importiamo è prodotta con il nucleare. Ma anche buona parte dell’energia prodotta in Italia dipende da forniture di materie prime energetiche dall’estero.

Già oggi, quindi, una parte dell’energia elettrica che consumiamo è di origine nucleare, anche se si fa finta di dimenticarlo. A mio avviso è una grande ipocrisia, visto che ad oggi l’energia nucleare resta una delle poche forme energetiche ad emissioni zero di CO2, con potenziali produttivi illimitati. Sarebbe interessante calcolare quanti milioni di tonnellate di CO2 si producono in Italia bruciando prodotti fossili e gas e quanti già oggi se ne risparmino grazie al nucleare.

E’ evidente che questa forma energetica può comportare rischi, ma come per ogni azione umana vanno studiati ed affrontati i pro e i contro. Forse la gente non considera che negli ultimi 70 anni sono stati molto di più i morti per un’energia “green” come l’idroelettrico che per il nucleare (la sola tragedia del Vajont costò 3.000 vittime, ben di più di tutte quelle legate a Cernobyl) e anche a considerare le potenziali vittime “indirette” i conti non cambiano di molto.

Secondo gli stessi dati di Legambiente negli ultimi 70 anni (a parte Cernobyl di cui tuttora non si conoscono dati ufficiali) ci sono stati nel mondo alcune decine di incidenti “gravi” legati al nucleare che hanno causato circa 500 morti dei quali 300 (presunti) per un incidente a Sellafeld i Gran Bretagna il 7 ottobre 1957 (64 anni fa!). E’ molto probabile che i contaminati per radiazioni siano stati nei decenni molti di più e che numerose siano state le vittime indirette e per successivi tumori legati alle emissioni atomiche, ma è altrettanto vero che oggi le procedure di sicurezza sono infinitamente più severe che negli anni ’50.

Lo stesso disastro di Cernobyl avvenne solo perché fu gestito in modo scriteriato e – applicando le procedure adeguate e standard già allora in vigore - non solo lo si sarebbe evitato, ma ne sarebbero state ridotte le sue gravi conseguenze.
Tutto ciò non per sottovalutare i rischi, ma solo per dire che non ha senso abbandonare l’energia nucleare per preconcetto, mentre invece vanno continuati e sviluppati gli studi per rendere questa risorsa più sicura da tutti i punti di vista.

Alla fine i veri problemi per produrre energia nucleare civile sono legati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi ed a possibili incidenti legati a catastrofi naturali o ad attentati terroristici. Per i primi è necessario procedere a studi ineccepibili sulla localizzazione degli impianti, ma anche a prevenzioni adeguate mentre per i secondi - proprio perché gli obiettivi sono e sarebbero numericamente ridotti – sarebbero e sono anche più facilmente difendibili. Nel mondo non si è sospesa la costruzione di grattaceli dopo l’11 settembre, né fermate le metropolitane o gli aerei per possibili dirottamenti, ma invece sono state aumentate le difese attive e passive contro questi rischi, esattamente come si dovrebbe fare per centrali e stoccaggi nucleari.

Questi ultimi sono un rischio davvero trascurabile: stoccaggi a migliaia di metri di profondità ed adeguatamente protetti rendono meno che infinitesimali i rischi mentre sul tema è più facile e consuetudine scatenare la bagarre demagogica.
Per contro va anche ricordato che data la loro quantità sono infinitamente maggiori i rischi legati ad inquinamenti di materiali usati per batterie elettriche o smaltimento di queste produzioni.

Pur agendo con estrema prudenza mi pare assurdo bloccare il nucleare, mentre si deve piuttosto insistere nella ricerca, negli studi, nelle difese contro potenziali rischi collegati a questa energia che è comunque naturale e ci può essere estremamente utile.
Almeno parlarne è doveroso, assurdo è il tacere e ancora più assurdo affrontare i problemi con pregiudizio assoluto, senza nemmeno accettare il confronto.