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2012/11/15

Il Legionario

Ve la ricordate quella canzone di Renato Rascel che faceva “Mamma voglio fare il corazziere…”. Per chi non se la ricorda e per tutti quelli che non sanno chi fosse Renato Rascel posso dire che l’attore italiano, nonchè cantante, assomigliava nell’altezza al ministro Brunetta, mentre la canzone fu per molti mesi un’irrefrenabile ritornello in bocca a tutti, se poi ascoltate il mitico Rascel che la canta sono sicuro non smettereste di ridere.
Perchè dovrebbe essere chiaro, i corazzieri sono le guardie della presidenza della Repubblica, quegli spilungoni che spesso vediamo nelle rappresentazioni a volte grottesche, del potere del nostro beneamato presidente della Res Pubblica che ha tutto fuorchè essere pubblica visto che è un possedimento privato della casta. Che poi sia lui o qualcun altro del passato e del futuro si parla sempre di figure che vengono e vanno, quando arrivano al Quirinale poi spariscono nel nulla e nell’oblio, mentre loro, i corazzieri, restano. A piedi o a cavallo, degna rappresentazione di un’Italia composta di piccoli politici, di piccoli cantanti, di piccoli imprenditori, piccoli tutti di altezza e in qualche caso di spessore.
Perchè ho iniziato parlando del piccolo grande uomo Rascel e della sua canzone a proposito dei Corazzieri? Perchè oggi voglio parlarvi della Legione Straniera ma anche di imbecilli. Come possono andare d’accordo la Legion e gli imbecilli? Il mondo è pieno di imbecilli lo sappiamo come sappiamo che la madre degli imbecilli è sempre incinta che grossomodo significa che non mancano e mancheranno mai, ma che c’imbroccano con la Legione?

Bella domanda che merita una adeguata risposta: nulla.
E allora perchè li ho accomunati nello stesso pensiero?

Andiamo per gradi. La storia italiana insegna, potremmo parlare allo stesso modo della storia americana, francese, tedesca, russa o cinese, in quello non siamo soli, dicevo insegna che da sempre nel nostro paese ci sono stati eroi, prima di essere ricordati come eroi gli individui erano soldati e prima ancora ragazzi come i nostri figli. Ragazzi con tanti ideali, con buone idee e soluzioni per cambiare il mondo, giovani che l’avrebbero sicuramente cambiato se solo ne avessero avuto l’occasione. L’occasione per i nostri nonni e padri, parlo dei miei, per la maggioranza di chi mi legge potrei dire nonni e bisnonni, venne con le ultime due grandi guerre. Furono molti i volontari che partirono e, purtroppo, anche molti quelli che non tornarono, sopraffatti da un nemico più forte e preparato o dal freddo e privazioni, dalle malattie, dai tradimenti dagli atti di coraggio propri o di altri, dalla guerra.

Dalla fine della nostra guerra, l’ultima che ha coinvolto in prima fila il nostro paese, molti giovani in cerca di riscatto, o semplicemente inseguendo un ideale, sono partiti per arruolarsi come volontari in eserciti che combattevano piccole guerre ovunque nel mondo. Parlo di guerre a noi lontane, in Algeria, in Vietnam, in Indocina, in sud America e in Africa. Soldati diventati mercenari per scelta o ideali che hanno riempito in qualche modo pagine su pagine di storia e qualche volta di eroismo. I nostri migliori giovani partiti alla guerra e mai ritornati. In quel contesto si posiziona la Legione Straniera che ha origini lontane, ultracentenarie.

 La Legione Straniera è sempre stata un corpo militare a se stante all’interno dell’esercito Francese, sebbene soldati provenienti da diverse nazioni abbiano fatto parte dell’esercito transalpino,  solo la Legione Straniera è sempre stata un corpo formato esclusivamente da soldati non Francesi. Le sue origini risalgono al 9 marzo 1831, quando il Re Luigi Filippo d’Orleans, ultimo sovrano Francese, riunì in un unico corpo, tutti i militari “stranieri” facenti parte del suo esercito. Per facilitare l’ingaggio in questo corpo, bastava recarsi al reclutamento fornendo nome e cognome, questo per molti rappresentava una nuova opportunità di rifarsi una vita.

Le origini a volte fosche dei Legionari, contribuirono a creare un “fascino misterioso”. Questo reparto operò per la prima volta in Algeria il 27 aprile 1832, perchè un regolamento dell’epoca, prevedeva che questo reparto composto di soldati stranieri, poteva operare solo all’estero.  Questo primo gruppo ebbe, però vita breve, dopo essere stato ceduto alla Spagna, quasi tutti i suoi effettivi perirono nella guerra contro le truppe Carliste. Nel dicembre 1835, in Francia,  fu ricostituito un nuovo corpo della Legione Straniera, precluso  ai cittadini Francesi, il corpo era formato da uomini provenienti da diversi paesi, per questo si rese indispensabile “adottare” la lingua francese. Questo corpo nuovamente ricostituito,  fornì prova del proprio valore nel 1843, sempre in Algeria,  contro i ribelli guidati dall’emiro Abd-el-Kader. 

Il menzionato paese Africano si lego indissolubilmente nel bene e nel male alla Legione Straniera fino al 1962. Presso la località di Sidi-bel-Abbès, a sud di Orano, vi era la sede centrale e, come ho potuto constatare nel periodo in cui ho lavorato in Algeria, sparse nel deserto del Sahara, molte altre sedi o avamposti.
La Legione Straniera fu impiegata anche in Crimea tra il 1854 e il 1856, distinguendosi nella battaglia di Alma, per poi partecipare alla presa di Sebastopoli.   
Pochi però sono a conoscenza che i Legionari combatterono pure in Italia: il 4 giugno del 1859 si scontrarono con gli Austriaci, attaccarono con la baionetta e li misero in fuga. Il giorno successivo i soldati della Legione Straniera entrarono a Milano.

A quel tempo erano di base in Algeria, colonia in mano ai Francesi, presso Sidi-bel-Abbès ove ritornavano dopo ogni spedizione. In anni successivi gli orizzonti operativi del corpo militare si allargarono, nel 1863 un corpo di spedizione sbarcò presso Veracruz, in Messico. Qui fu scritta una delle pagine più epiche della Legione Straniera, un piccolo plotone di sessantacinque uomini comandati dal capitano Danjou resistettero per ben dieci ore in un piccolo fortino a Camerone, contro oltre 800 ribelli. Gli ultimi sei legionari rimasti in vita, si lanciarono contro il nemico. Solo sedici legionari feriti sopravissero alla prigionia.

Da quel momento il 30 aprile di ogni anno, è la festa del corpo per ricordare l’impresa Messicana. Inoltre dovete sapere che la mano di legno del capitano Danjou è conservata come una preziosa reliquia presso il museo della Legione Straniera. 

Fu solo nel 1870 che la Legione, nonostante il divieto imposto  dal regolamento del corpo, fu impiegata sul suolo Francese. Dopo la sconfitta di Sedan per opera dei Prussiani, l’imperatore Napoleone III, decise di impiegarli nel corso di una battaglia sulla Loira per contrastare l’avanzata del nemico, sebbene il corpo si battè con grande valore, non bastò a evitare la sconfitta.

Reclute dei Legionari in punizione, notare le macchie sugli slip,
sono in quella posizione da ore, qualcuno non ha retto!
Da quel momento la storia del corpo militare divenne parte integrante della storia francese, tanto da essere decorata con la Lègion d’Honneur. La Francia, normalizzata la situazione, riprese le sue conquiste coloniali, mandando a combattere la Legione Straniera in Sudan, Madagascar e Marocco. Proprio in questa nazione nacque il mito del Legionario, ripreso diverse volte in pellicole cinematografiche. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, si ripeterono le condizioni per un nuovo impiego del Legionari sul suolo francese, il corpo fu diviso in due parti, una operava nelle colonie d’Africa, l’altra in Europa. Una consuetudine già adottata all’epoca, e tuttora vigente,  era l’esenzione per i legionari stranieri di combattere contro i propri compatrioti. Nel corso della Grande Guerra, i legionari di nazionalità Tedesca furono impiegati nel nord dell’Africa, proprio per evitare di combattere contro il proprio paese natale. Al termine della Prima Guerra Mondiale, i legionari furono impiegati nell’irrequieto nord Africa, e fu qui che allo scoppio del secondo conflitto mondiale gran parte dei Legionari si trovavano, schierandosi in seguito con De Gaulle e l’esercito Alleato.

I Legionari operarono in Libia e Tunisia, combattendo contro L’Africa Korps e gli Italiani della Folgore. In Francia contribuirono alla liberazione del paese.  Alla fine del conflitto, la Legione Straniera crebbe nuovamente  di numero, in particolar modo con soldati tedeschi, ma questo fu anche il periodo più critico del corpo, chiamato  a combattere in Indocina, nella sanguinosa battaglia di Dien Bien Phu. In seguito i “venti” d’indipendenza, interessarono le colonie Africane, l’Algeria divenne indipendente nel 1962, e conseguentemente la Legione Straniera abbandonò dopo ben 119 anni di presenza, la base di Sidi-bel-Abbès. Con la perdita della “sede storica”, si rese necessaria una riorganizzazione della Legione, la sede principale fu stabilita a Aubagne, più altre tre basi sempre in Francia, Corsica compresa.

Arrivando ai giorni nostri, i Legionari furono impiegati in Ciad, Zaire, Libano, Somalia, nell’ex Yugoslavia e Afganistan. In tutta questa storia di gloria reale o mistificata non potevano mancare gli italiani. Il nostro popolo ha sulle spalle una lunga storia di guerre. I romani conquistarono il mondo, le fila dell'esercito romano era costituito in massima parte da mercenari e non tutti furono romani, in seguito ci siamo trovati a dover combattere contro gli usurpatori del suolo natio, contro la Chiesa, contro gli Asburgo e i Francesi e poi Napoleone e ogni nuovo conquistatore era una guerra, una scaramuccia e gli italiani sempre li a subire. Diviene persino logico essere coinvolti dal fascino della Legione Straniera, in seguito amplificato dal cinema, e la vicinanza del nostro paese con la Francia lo ha reso possibile, alla portata di molti, ha determinato la presenza di un grande numero di Italiani in questo corpo militare.  Solo la Germania ha avuto una presenza maggiore (come unità)  di quell’Italiana, e questo da sempre. Tra i nomi noti che hanno militato nella Legione Straniera, ci sono stati: Ricciotti Peppino nipote di Garibaldi, Giuseppe Bottai, ministro dell’istruzione durante  il fascismo, e lo scrittore Curzio Malaparte.
Oggi arruolarsi oggi nella Legione Straniera è facile anche se con regole severe, lasciano poco spazio a chi va tanto per provare. Sono ancora molte  le persone che chiedono di far parte della Legione Straniera. 

Oggi come ieri il fascino della guerra, della dura vita militare, delle parate, dell’odore di morte e del sangue attira i giovani che vogliono riscattarsi magari da una vita non all’altezza delle proprie aspettative. Purtroppo la formula di arruolamento lascia la porta aperta anche a chi fugge dalla legge del proprio paese, agli assassini, ai criminali di tutte le razze e estrazioni sociali anche se le regole sono cambiate c'è ancora spazio per questo. Del resto molti degli ex-legionari italiani sono stati in seguito condannati per aver compiuto efferati atti terroristici in patria, per aver causato la morte di altri individui, per aver continuato a vivere o cercare di vivere annusando il sapore amaro e metallico del sangue. Un sapore che non si dimentica mai e che molti, liberati con o senza onore dopo almeno cinque anni di arruolamento vanno a cercare ancora dove ci sono guerra. 

Sono ex-legionari molti dei contractors delle agenzie che operano in luoghi difficili, era un ex legionario un collega di Fabrizio Quattrocchi, una guardia di sicurezza privata, che fu poi assassinata da insorti islamisti della "Falange di Maometto" in Iraq nel 2004.
Anche se, ripetto al passato non sono più ammesse persone che si sono macchiate di reati gravi non tutti i legionari sono casti e puri come giovincelli alla prima uscita, l’ambiente è forgiato da una vita militare dura, a volte invadente, ti toglie il respiro. Ti annulla la volontà, diventi una macchina da guerra assetata di sangue, di potere. Chi ritorna è distrutto dentro, sordo a ogni stimolo esterno, il pensiero fisso di morte pervade gli individui. Molti cercano la guerra come unica ragione di vita e se non la trovano ne creano una personale. 

Le pagine dei nostri giornali sono piene di storie come questa. Come non ricordare Andrea Ghira, uno degli autori della strage del Circeo? Che dire di Giampiero Mariga ex militante di un’organizzazione paramilitare fascista chiamata Ordine Nuovo? E Guglielmo Sinigaglia coinvolto nelle indagini per la strage di Ustica nel 1980? 

Le stesse reclute dei  legionari puniti, evidenti le macchie sul fondo
 dei pantaloni e mutande, qualche problema di incontinenza? 
E gli imbecilli? Adesso parliamo degli imbecilli. Della Legione Straniera ho riempito qualche paginetta, con gli imbecilli me ne basta giusto mezza. Sono quelle persone che hanno i coglioni di pensare di andare a far la guerra con la Legione Straniera ma ignorano completamente quello che veramente succede, tant’è che gli italiani che disertano ogni anno sono oltre il 60% su poco meno di un centinaio che si arruolano. Sessanta imbecilli? Non necessariamente, sono quasi tutti giovani, per essere arruolato devi essere fra i 18 e i 40 anni, (17 anni per certe nazionalità), cercano gloria e fama, sfuggono da situazioni difficili, cercano il riscatto. Poi arrivano e si ritrovano tutti insieme a Aubagne, in corsi di formazione al limite della sopravvivenza, non parlano una parola di francese, i modi sono duri e i militari dell’addestramento anche. Sono molti quelli che si ritirano, alcuni disertano, altri vengono scartati. Gli imbecilli sono quelli che credevano fosse facile, che bastassero muscoli e una buona dose di menefreghismo per la propria vita e quella degli altri e invece si ritrovano a desiderare con forza il ritorno alla vita appena lasciata, vogliono scappare dall’inferno nel quale sono capitati e tornare a vivere.

Chi resta? Sono sempre quelli che non hanno più nulla da perdere, che a casa loro fanno la fame, che fuggono da guerriglia e terrorismo, da malattie e terrore, dal razzismo tribale e paura per il domani, chi fugge sono solo gli stessi imbecilli che su certi forum scrivono che avrebbero deciso di partire, che cercano compagni di viaggio per arrivare fino ad Aubagne, che ne hanno necessità per dividere le spese, per condividere questa esperienza, che  dichiarano non senza una vaga sensazione di angoscia che potrebbe anche essere l'ultima volta in cui vedranno l'Italia. Che provocano e sfidano chi non ha le loro stesse idee affermando che non bisogna non essere "normali" ma ci vogliono i "coglioni”.

Chi ha i coglioni parte da solo, non aspetta gli altri, chi ha i coglioni se ne frega di tutto quello che li circonda se hanno un ideale che li muove, che li guida e se veramente vogliono cambiare vita c’è di meglio che andare a servire un altro paese che ti paga due lire per mandarti a morire, le scelte migliori caro imbecille ci sono, esistono. 

Se proprio cerchi il rischio, l'adrenalina nelle vene, la paura di morire puoi andare in Palestina a combattere per la libertà di un popolo, in Georgia, in Afganistan. Nello stesso Iraq dove nonostante tutto si muore ancora, quelle sono scelte migliori se è la guerra che si cerca. Se invece si cerca la pace allora il mondo è pieno di gente che ha bisogno di un gesto, di un piccolo aiuto. Pensa a combattere la fame nel mondo, a Haiti, ai poveri in Bangladesh, alle popolazioni del Sahel, alle troppe genti africane che ancora combattono le guerre dei poveri per conquistarsi un pezzo di pane o l'acqua, contro le malattie e la fame, quella vera, quelle sono le guerre che puoi combattere e quando torni in patria esserne orgoglioso

Vuoi partire imbecille? Buon viaggio! Non tornare dopo 3 mesi però aspetta almeno cinque anni e, se puoi, non tornare affatto, non abbiamo bisogno di coglioni come te.

2012/11/09

La Pentola a Pressione

Una pentola a pressione (non una pentola di coccio) è una tecnologia relativamente vecchia che consente alcuni alimenti di cuocere in meno tempo di quanto richiesto dai metodi convenzionali. Una pentola a pressione è posta sul fornello e il contenuto all'interno della pentola a pressione, cuoce. La pressione maggiore creata dalla tecnologia della pentola a pressione riduce drasticamente i tempi di cottura e il vapore creato serve per intenerire gli ingredienti.


L'immagine di una pentola a pressione evoca un'analogia confrontabile con la mia vita. Utilizzando la semplice descrizione di una pentola a pressione, noto che alla gente piace 'velocizzare le cose' (in particolare le cose sgradevoli), utilizzando metodi non convenzionali che possono essere delle scorciatoie, mi vengono in mente i furbetti italici ma sarei limitativo. Purtroppo ovunque si vada possiamo trovare un individuo che adotta la procedura della pentola a pressione per velocizzare la propria vita e rendere se stesso inviso agli altri che lo circondano.

La pentola a pressione che ci rappresenta idealmente insieme è esposta al calore delle sfide, le scelte non sempre facili, le decisioni che possono cambiarci la vita e il rapporto di coppia e il contenuto della nostre vite può 'cuocersi' anzitempo. 

Cottura a pressione è infatti "ridurre drasticamente il tempo di cottura e può ammorbidire gli ingredienti" (la nostra vita).

Molte tecnologie utilizzano il concetto di pressione per fornire il loro prodotto. "Sensori di pressione" sono gli amici fidati, in una varietà di industrie sono utilizzati per indicare quando c'è un punto sicuro di ebollizione e vanno ascoltati.
In campo automobilistico gli pneumatici sulle nostre auto hanno 'tappi a pressione" rappresentano i confini che impediscono una perdita di aria e se non 'limitata' può portare a diminuzione della pressione, alla perdita di affetto all'appiattimento di un rapporto di coppia, il settore delle costruzioni utilizza 'la pressione a vapore per cuocere il calcestruzzo' reppresenta l'esperienza per assicurare una maggiore longevità alle strutture, irrobustirle quando sono esposte agli elementi, l'industria della salute usa 'bende di pressione' sono agenti di guarigione, consulenti per controllare l'emorragia, ridurre il gonfiore, forniscono il supporto per un arto rotto e assorbono i liquidi.
Equilibrio


Quattro pensieri:

1.Le stagioni della vita sono nella pentola a pressione, tutto può accadere - Smettetela di piagnucolare.

2. Il 'capo cuoco' ha utilizzato meno calore nella vostra vita, ma voi avete ignorato questo calore - Confidate in Dio.

3. Se collaborate con Dio si riduce il vostro tempo di cottura - Siategliene grati.

4. Il risultato di una stagione sotto pressione è una vita tenera - Siate pronti a incoraggiare quelli 'in cottura'.

La vita è una sola, abbiatene cura.


2012/11/08

Attenzione ai Comportamenti: La Diffamazione Online

Internet e molti servizi on line consentono di esprimere il proprio pensiero in molteplici modi: si pensi a social network come Facebook e Twitter oppure a siti di giornalismo partecipativo, e così via.

Però, a volte esprimere la propria opinione può comportare conseguenze spiacevoli se si superano alcuni limiti: quali sono?

Quando, on line, si arriva a commettere il reato di diffamazione?
Quando possiamo parlare di una vera e propria diffamazione a mezzo Internet?

La diffamazione colpisce tutti!

Dal Codice Penale Italiano (ultima edizione disponibile online)

Art. 594 Ingiuria
Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 1032. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 2065, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone (NdR: come per esempio in un forum).

Art. 595 Diffamazione
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1032. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2065. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (NdR: incluso quindi un forum pubblico), ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 4130. Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Oggigiorno è normale passare parte della propria vita digitale su forum, gruppi di discussione e social network (come Facebook), che ormai rappresentano a tutti gli effetti strumenti di espressione della propria personalità. In questi ambienti virtuali spesso si parla, come al bar, dei più svariati argomenti, talvolta anche in modo approssimativo facendo poca attenzione a ciò che si scrive e dimenticandosi che il forum, a differenza della chat, è uno strumento asincrono (in quanto i messaggi vengono scritti e letti in momenti diversi) che lascia la comunicazione per sempre, o quasi, in rete.
Raccontare l’opinione che si ha di un individuo o ancor di più delle esperienze negative su un prodotto o un servizio, è un atteggiamento che non piace, soprattutto alle aziende, che fanno del parere degli utenti il cavallo di battaglia del proprio web-marketing.

D’altra parte è anche vero che trattandosi di discussioni che avvengono online, molti utenti coperti dal loro nick-name e forti del fatto di trovarsi dietro a un computer, si lasciano andare a commenti molto coloriti o accuse del tutto gratuite pensando che la rete sia una zona franca dove sia ancora possibile dire (o meglio scrivere) quello che si vuole. Infatti, capita sempre più spesso che gli autori in buona fede di commenti critici e informali, scritti magari di notte sul forum, siano trascinati in un procedimento penale.

Molti potrebbero obiettare che in Italia e soprattutto su Internet, ognuno è libero di esprimere la propria opinione e che scrivere sui boards rientra nel più ampio esercizio della libertà di pensiero.
In realtà non è del tutto vero, facciamo chiarezza!
La diffamazione è un reato strettamente connesso alla persona e al diritto all'onore di cui ogni individuo è titolare ed è previsto dall’articolo 595 c.p. (vedasi citazione sopra).

Esso dispone che chiunque, fuori dai casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032,00 €. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065,00 €. Quindi mentre il reato di ingiuria previsto dall'articolo 594 c.p. punisce chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente, il reato di diffamazione punisce chi offende l'altrui reputazione in modo "indiretto" parlando con più persone e riferendosi, appunto, a una persona che non è materialmente presente.

Trascuriamo i casi in cui ci si può trovare di fronte a un concorso di reato e soffermiamoci solo sulla diffamazione che può realizzarsi in due modi, a "mezzo di stampa telematica" o a " mezzo di Internet". Del primo caso si è già parlato molto sui media nazionali, sia a seguito delle sentenze riguardanti la responsabilità di riviste telematiche, sia tra molte polemiche per il caso del blog sottoposto a un regime equivalente (Trib. Aosta 26/05/2006). Oggetto di questo post, invece, è l’ipotesi che può capitare all'utente comune quando scrive su un forum o su un newsgroup per sua passione o interesse personale.

Il terzo comma dell’articolo 595 c.p contempla la diffamazione online come circostanza aggravante della diffamazione perchè realizzata tramite internet che viene considerato un mezzo di pubblicità, perchè idoneo e sufficiente a trasmettere un messaggio diffamatorio a una pluralità di soggetti. Perchè il reato si realizzi è richiesta la presenza necessaria e contemporanea dei seguenti elementi: l'offesa alla reputazione di un soggetto determinato o determinabile, la comunicazione di tale messaggio a più persone e la volontà di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere (c.d. dolo generico).

La reputazione è l'interesse tutelato da parte del legislatore e viene intesa come quella stima di cui l'individuo gode in seno alla società per le caratteristiche che gli sono proprie. Per ledere la reputazione quindi sono necessarie espressioni non vere, offensive, denigratorie o espressioni dubitative, insinuanti, allusive, sottintese, ambigue, suggestionanti, se per il modo con cui sono dette fanno sorgere nel lettore un plausibile convincimento sull’effettiva rispondenza a verità dei fatti falsi narrati. La vittima oggetto della diffamazione deve essere invece una persona determinata o determinabile. L'individuazione dell'effettivo destinatario dell'offesa è condizione essenziale ed imprescindibile per attribuire all'offesa una rilevanza giuridico-penale.

La diffamazione è un reato istantaneo che si consuma con la "comunicazione a più persone". Trattandosi ad esempio di un forum, tale elemento si realizza con il postare il proprio messaggio e si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato (Cass. pen. Sez. V, 21/06/2006, n. 25875). Da sottolineare come si configuri anche nel caso in cui il board non fosse pubblico ma richiedesse una registrazione per leggere i messaggi.

Ai fini della sussistenza dell'elemento psicologico nei delitti di diffamazione, non è necessaria l'intenzione di offendere la reputazione della persona, ma basta la volontà di utilizzare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere. Come è facile notare questo tipo di atteggiamento, direttamente rilevabile in base alle frasi e al significato delle parole oggetto di diffamazione, è uno degli elementi che permette di tracciare il limite tra diritto di critica, tutelato ampiamente dalla libertà di pensiero, e la disciplina delittuosa.

L’articolo 21 della Costituzione dispone che "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" ma tale diritto incontra dei limiti specifici qualora l'opinione espressa giunga a ledere l'altrui onore e reputazione. Quindi il diritto di critica e la libertà di opinione non possono essere equivocate con la libertà d’insulto, di offesa, di diffamazione dell'altra persona. Un principio costante della giurisprudenza è che la critica, per quanto forte e spregiudicata possa essere, non debba mai diventare insulto, dileggio, disprezzo della persona. Qualora ciò avvenga non si è più in presenza di una critica ma di una diffamazione!

Per ciò che riguarda l’imputabilità non dimentichiamoci che la responsabilità penale è personale, pertanto l’hosting provider che consente agli utenti di accedere ad un newsgroup non può essere ritenuto responsabile per i messaggi che passano attraverso i propri elaboratori. Ciò in quanto il provider si limita a mettere a disposizione degli utenti lo "spazio virtuale" dell'area di discussione e non ha alcun potere di controllo e di vigilanza sugli interventi che vi vengono man mano inseriti (Trib. Lucca, 20/08/2007). Allo stesso modo il gestore del forum sarà, caso mai, responsabile solo della negligenza di controllo oppure per la mancata rimozione del commento denigratorio, dopo che gli sia stato fatto notare ed esso sia realmente offensivo.

Diversamente la giurisprudenza ha avuto modo di individuare anche il confine tra critica e diffamazione che emerge dal rispetto di principi quali la continenza espositiva, la verità e la pertinenza dell’informazione. Pertanto, l’autore di messaggi su forum o newsgroup che con i suoi commenti critichi prodotti o servizi, utilizzando un linguaggio educato, non denigratorio o insinuante senza la volontà e la consapevolezza di offendere, non potrà temere nessun tipo di azione legale rientrando la sua condotta nelle libertà di espressione e di critica garantite dal dettato costituzionale.

Un Forum è sempre un luogo pubblico, dove la gente si trincera dietro un nick e crede o pensa che tutto sia possibile, anche offendere, a creare malcontento e fastidi agli altri utenti, fosse anche contro una sola persona, riconoscibile o meno.
Ciò non toglie che tale persona, cioè chi offende, debba comunque comportarsi secondo le regole del Paese ove risiede. E non mi si venga a dire che magari si risiede all'Estero perchè le norme italiane sono molto blande rispetto a quelle di certe nazioni europee e americane.

Quindi attenti, il rispetto reciproco è la base per una sana discussione, che porti dei validi contenuti e aiuti a chi approccia questo ambiente per sapere, conoscere, dividere, condividere e trarne il massimo giovamento.
Se ritenete che il messaggio di un utente non sia corretto allora scrivetegli in privato e elencategli tutte le vostre ragioni perchè ritenete abbia scritto un messaggio erroneo, sarà poi sua cura correggersi.

Se lo fate voi potreste incorrere in una denuncia penale anche rilevante.

E non pensiate che le autorità non siano in grado di entrare in un semplice forum e cogliere tutti gli aspetti relativi a ciascuno degli utenti, quali nomi e cognomi, email, indirizzi, IP e quant'altro necessario per l'identificazione di chi ha commesso il reato e la conseguente rubricazione alle autorità preposte.
Del resto la Polizia Postale italiana ormai riesce a ottenere tutte le necessarie informazioni anche da un colosso della mistificazione come Facebook.

2012/11/07

La Rompicoglioni

La Rompicoglioni

Il rompicoglioni, o nel caso specifico la rompicoglioni o scassamaroni per non pronunciare un termine volgare che fa rabbrividire le persone è una persona fastidiosa e petulante. 
"Scassare", dal latino "quassare" (intensivo di "quatere", "scuotere") è sinonimo di "rompere", e anche la seconda parte delle due parole si equivale: in entrambi i casi si tratta di organi importantissimi e delicati, anche dal punto di vista simbolico. Nell'apparato riproduttivo maschile risiedono la Potenza e la Fertilità, e dunque il Potere. 

Se poi si pensa che queste "parti nobili" sono fonte di un piacere non da poco, si comprende come chi, come la rompicoglioni, attenta all'integrità e al benessere di esse ci fa il danno più grande che possiamo ricevere. All'inizio la rompicoglioni non si rivela per quello che è. Al contrario, parte bene: è presente, attiva, stimolante. 
Insomma, entra in rapporto. 

Poi però eccede: la rompicoglioni (o "il": il termine, in questa società fallocratica e fallocentrica, è assolutamente bisex) non possiede il senso della misura. Torna continuamente alla carica, senza tener conto del feedback che gli arriva dagli altri. 
Più che il contenuto delle sue argomentazioni, quello che urta della rompicoglioni è la modalità con cui le porta avanti: la sua insistenza diventa inesistenza di possibilità di successo. 

Nonostante la flessibilità e la tolleranza altrui, il suo atteggiamento rompe: "scassa" davvero tutto. Il motto della rompicoglioni è: "repetita juvant". Peccato (per lei) che non sia così: l'insistenza non paga. Quando si dice (o si chiede) qualcosa, è Ok accertarsi che sia stata compresa: ma per questo bastano due volte, non di più. Se poi l'altro non dà corso alla richiesta, è perché non può, o non vuole farlo. Insistere (detto più crudemente: scassare i …..), ottiene il solo scopo di esasperare l'altro, alterando il rapporto (si pensi alle dinamiche genitori/figli). 

Ma se alla gente la rompicoglioni non piace, va detto che la cosa è reciproca: la gente non piace alla rompicoglioni. Lei gli altri non li guarda nemmeno. Se lo facesse, si accorgerebbe che il proprio stile da bulldozer non dà alcun risultato, e cambierebbe strategia. Ma lei non vede niente: va avanti per la sua strada, concentrata esclusivamente su di sé. 

A volte la rompicoglioni dà l'impressione che il suo vero obbiettivo non sia ottenere ciò che chiede in modo insistente, ma non ottenere: o addirittura, essere presa a calci per la sua eccessiva insistenza. Nella sua scarna socialità, la rompicoglioni non deve essere confusa con la determinata, che fa della battaglie di principio che la portano all'isolamento, e qualche volta ad essere soggetta a mobbing.

L'Italiano

Nessuna popolazione di nessun paese dell'area europea si lamenta e si lagna come fanno gli italiani.
All'Italiano medio interessano poche cose, tutte vicine a lui e chiama questo gruppo di cose Italia. Tutto il resto puo' anche scomparire, l'importante che queste cose rimangano. Non esiste Patria, Nazione, Stato o Popolo, non esiste una cultura del Pubblico, del condiviso, del bene collettivo. Non siamo nemmeno un popolo, ma un insieme di famiglie, di citta' al massimo. Siamo l'unico popolo che non si incazza per cose che basterebbero a far capovolgere qualsiasi altro Stato. O meglio, a parole sono tutti incazzati, al bar specialmente, sui social forum o su forum come questo, a parole naturalmente. poi a fatti tutti hanno paura di fare qualcosa, tutti hanno troppo da perdere. Troppo cosa? Una vita vera? Certo, non tutti possono permettersi di mollare tutto e cambiare Paese o Continente, questi "non tutti" sono gli stessi che non provano nemmeno a cambiare il posto in cui sono. Nonostante questo ci si lamenta sempre.

A lamentarsi l'Italiano e' bravissimo. In casa propria come altrove.
L'Italiano e' in grado di adattarsi a tutto, sempre e al peggio ancora. Una situazione che oggi e' di merda e domani lo sara' di piu', non cambiera' di una virgola per l'Italiano, semplicemente perche' non la vede. Non la vede perche' non la vuole vedere.

Io mi sento Italiano, sono nato in Italia. Non condivido pero' quasi niente con queste persone che per anni hanno lasciato in mano di pochi un paese intero, fregandosene se va tutto a puttane e allo stesso tempo riuscendo a far finta che vada tutto bene, nonostante tutto. Un cocktail, una macchina pulita il Sabato sera, una camicia alla moda e un lavoro "sicuro".

Il lavoro sicuro, altra str***ata: semplicemente non esiste piu', e' un concetto superato, andato, vecchio. Anche se hai un contratto, l'azienda puo' chiudere da un momento all'altro.
Gli Italiani sono assolutamente indietro, mentalmente, socialmente, economicamente, su tutto. Qualsiasi infrastruttura, modo di pensare, settore pubblico, modo di fare le cose e' vecchio. I nostri "leader" sono bambini idioti che litigano tutto il giorno per cose inutili e inesistenti e gli Italiani stanno a guardare, a volte, perfino, divertendosi, senza capire che nella vita reale la loro vita se ne sta andando e, quel che e' peggio, quella dei loro figli.
L'Italiano siede davanti alla TV da talmente tanto tempo che ormai non riesce a distinguerla dalla realta'.

Puoi tranquillamente uccidere un Italiano semplicemente mostrandogli una troia nuda che balla durante una moviola e lui stara' fermo e tranquillo a prendersi l'ennesima coltellata. O l'ennesimo c***o in culo, a seconda dei vostri gusti.
E' peggio l'assassino o chi lo copre chiudendo gli occhi?

L'Italiano di oggi sbava per un contratto da ottocento euro al mese senza benefit di alcun genere, credendo di essere arrivato in cima. E' disposto ad archiviare ogni titolo di studio pur di lavorare per qualcuno, credendo anche di fargli un favore. L'Italiano ha paura di uscire dall'Italia come un leone ha paura di uscire dalla gabbia in cui e' cresciuto, anche se trova la porta aperta, sposando il ragionamento "la gabbia almeno e' sicura, la fuori, chi lo sa...". L'Italiano si lamenta di tutto, ma aspetta sempre che qualcuno risolva i problemi al posto suo, perche' farlo in prima persona sarebbe un ulteriore problema.

L'Italiano e' quella famosa rana in quella pentola piena d'acqua che diventa sempre piu' calda.
L'Italiano e' arrivato ad essere orgoglioso dell'Italia (pochi purtroppo) pur non sapendo elencare i motivi per cui esserlo, escludendo il cibo. L'Italiano ignora mille segnali negativi in favore di uno positivo. Quello che i clinici chiamano delirio.

Quando qualche cinese lo mangera' come antipasto salato, allora forse smettera' di lamentarsi. Solo che ormai, qualcuno lo stara' gia' masticando, magari trovandolo perfino mediocre.