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2013/10/03

La Terra dei Fuochi


Se ne parla spesso, sui giornali, alla televisione, nei talk show, su facebook. Tutti o quasi tutti ne conoscono le origini, le motivazioni, sono in grado di additare un colpevole o i colpevoli senza essere non di meno capaci di fermare il fenomeno. Parlarne aiuta a evidenziare il fenomeno ma non lo ferma.

Ieri, oggi anche domani continuano e continueranno a bruciare i rifiuti tossici, inquinanti, gli scarti industriali perché lo Stato non ha potere in una terra dominata dalla criminalità organizzata, dalla camorra, dall’omertà. Dove non arrivano le istituzioni arriva la Camorra. Chi sono, chi rappresentano, come si sconfiggono?
La Camorra siamo noi? Si e forse no, dipende da noi, dal nostro modo di essere, dal rifiuto dell’ingerenza di uno Stato curioso, invadente, dal rifiuto a collaborare con le istituzioni, con le forze dell’ordine, dalla corruzione che in quelle terre vive una vita senza vecchiaia. La Camorra rappresenta un tipo di mentalità, che fa della prepotenza, della sopraffazione e dell'omertà i suoi principali punti di forza. Ma in Campania in quel triangolo della morte che spazia fra la provincia di Napoli e Caserta si muore di tumori provocati dai rifiuti bruciati nelle campagne dalla Camorra. Che poi siano loro stessi o emissari, fiancheggiatori, alleati o semplici operai di questa grande e segreta organizzazione, poco importa. 

La Camorra esiste perché siamo noi che permettiamo loro di sopravvivere, di germogliare, di crescere e nessuno, veramente nessuno ha mai pensato che è arrivato il momento di estirparla percché significherebbe mettere in cella una buona porzione della popolazione del sud Italia.


Allora a che serve parlare della Terra dei Fuochi? Credete che servirà per arrestare il fenomeno? Pensate sia utile per guarire i malati di tumore? Credete che il continuo tam tam dei media possa servire a circoscrivere le cosche e ridurle, annichilirle, annientarle, bruciarle come loro fanno con i rifiuti illegali?

Assolutamente no, non servirebbe a nulla. Per risolvere una volta per tutte il problema è necessario guardare lontano. Quanto lontano? Lontano, forse anche alle origini di questa nazione. Alla gente, ai bisogni, ai desideri e anche ai sogni. L’Italia è l’unica nazione europea che non ha un piano adeguato e unico per il trattamento dei rifiuti, che siano tossici o meno. Ogni regione legifera a modo suo, ogni regione decide come meglio operare e spesso, troppo spesso sbaglia. Non solo.
Anche i cittadini di questo stivale sbagliano, si ostinano a sbagliare sapendo di essere nel torto ma continuano in virtù di logiche che hanno poco di coerenza e molto di clientelismo, di baratti. Barattare la vita? Non a quel punto, barattare una vita da disperati per una parvenza di normalità, l’impressione che tutto vada bene anche quando va male. Una serie di piccoli e grandi privilegi in cambio del silenzio. E quasi nessuno denuncia per paura di ritorsioni, “perché si ha paura che facciano qualcosa” dice un bambino perché gli adulti hanno paura solo a parlarne.

Sono questi i comuni interessati dal fenomeno noto a tutti come "La Terra dei Fuochi" un'area di parecchi km quadrati da Acerra a Mondragone.

Ecco il punto è questo. I cittadini non sono vittime di un sistema che non li protegge, c’è anche quello, lo ammetto, ma non solo.  I cittadini sono gli artefici del loro male, sono loro che hanno lasciato attecchire e svilupparsi la camorra. Il confine tra l'appartenenza a un clan camorristico e il vivere in una mentalità camorristica diffusa, il più delle volte è labile ed etereo e, in alcuni particolari ambienti sociali, una divisione netta tra le due cose potrebbe risultare non facilmente rilevabile. Non denunciare chi brucia i rifiuti nei campi significa essere camorristi. Non additare chi sporca, chi getta sacchetti di rifiuti per le strade, chi non li differenzia, chi non ricicla e la lista sarebbe lunga poiché diventa più facile pensare al proprio orticello invece di dare uno sguardo a quello altrui, non si sa mai cosa si può trovare, significa essere noi stessi camorristi. La Camorra siamo noi che lasciamo che essa esista. L’ex Sindaco di Napoli, Rosa Iervolino un giorno rilasciò una dichiarazione allucinante nella sua chiarezza: 
"La camorra non è vicina al potere, è al potere".

Se fosse possibile....

Eppure, anche se non serve a nulla, anche se per cambiare la mentalità della gente del sud ci vorranno decine di anni, eppure qualcosa fa fatto subito. Va detto, va denunciato, va urlato perché la nostra voce si unisca a quella straziante dei cittadini campani, vittime non soltanto della camorra, ma anche dell’ignoranza, della bieca cecità delle istituzioni e di certi media attenti solo a riportare l’evento eclatante, la notizia, quella che fa vendere giornali e moltiplica all’infinito i click della pubblicità .

Ricordatevi che la Terra dei Fuochi è una vasta area che si estende tra la provincia di Napoli e la provincia di Caserta. È così chiamata per i numerosi incendi che vi si propagano. Gli incendi sono sempre di origine dolosa e vengono appiccati per lo smaltimento illegale di rifiuti di ogni genere, compresi pneumatici, coloranti e plastiche. Le nubi tossiche che si propagano nell’aria e gli elementi nocivi che si infiltrano nel terreno hanno dato vita a un’altissima concentrazione di casi di tumori in quelle aree dimenticate da Dio e dagli uomini di legge.

L'area interessata dal fenomeno
Un fenomeno devastante, raccapriciante che da oltre vent’anni semina morte tra la popolazione, per lo più donne e bambini, e il tasso di mortalità è inevitabilmente destinato a crescere. 
Solo negli ultimi tempi la popolazione ha finalmente alzato la testa e ha cominciato a ribellarsi attuando ogni forma di protesta per porre fino a questo scempio, perché in mezzo a tanto iniquità e tanto orrore, ci sono tante persone, soprattutto giovani, che vivono di onestà e non di malaffare pur vivendo in una terra martoriata dalla malavita. È assai disumano quello che sta succedendo in quella terra dove ormai il fenomeno dello smaltimento illecito è del tutto fuori controllo.
Non mi risulta, infatti, che gli animali pur non avendo la ragione, abbiano mai inventato un sistema per autodistruggersi, e in un caso come questo appare chiaro quanto l’uomo sia di gran lunga più irragionevole delle bestie.

E se qualcuno dovesse chiedervi: "Che cos’è la camorra?" Almeno una volta in un viaggio, in un pellegrinaggio, in un treno o in un aereo, in un'escursione o in un itinerario, e almeno una volta nella vita, a un napoletano capita che gli si avvicini un non napoletano e gli chieda "Ma che cos'è la camorra?" Che rispondereste?

La Camorra non è uno Stato o un Antistato. Non ha un potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Non ha una Costituzione. Non ha una Camera o un Senato. Ha un solo potere: quello economico. Che muove fili e persone, leggi e sicari, soldi e imprenditori. Infine dimenticate di ricordare o rappresentare la Camorra come quel film o come quel libro. La Camorra sono persone in carne ed ossa, certo reincarnabili ma anche distruggibili.
E siccome potrebbe riguardarvi, pensate che la Camorra siate voi quando vi si chiede di rispettare leggi che voi non rispettate. L'unica magra, ma necessaria, consolazione è che essa è, e resterà, per sempre un fatto umano. E come tutto ciò che è umano avrà un inizio ma anche una fine.










2013/09/27

New York


Non c'è nulla di più fantastico della Grande Mela, il top del top, New York, New York. Dove vive una popolazione sterminata, spesso afflitta da problemi sociali, dove ricchi e straricchi vivono non molto distanti dai poveri, dove nonostante la ricchezza ostentata trovi tutti gli aspetti dell'esistenza umana e anche oltre.
New York, un caleidoscopio di suoni, colori, voci, visi. Con musei di fama mondiale, le grandi statue, gli edifici immensi, gli altissimi grattacieli, grandi eccessi, emozioni ma anche grandi tragedie umane, delusioni, fallimenti. 

New York cambia ogni minuto e tu cambi con lei e se non sei veloce ecco che ti schiaccia.

New York è un condensato di umanità; il fatto che le persone vivano stipate l'una sopra l'altra conferisce ai newyorchesi quel qualcosa in più. È difficile comprendere quale sia l'ingrediente principale di questo cocktail esplosivo, tuttavia la dimensione iperattiva della città attira sempre più esseri umani. 

New York City è tutto quello che vuoi che sia, ma non importa come la vivi, ricordati che essa può distruggerti. Può trasformare una persona in un invalido mentale velocemente, esattamente come ti trasforma in un manager vincente. Succede tutto senza che tu ne accorga: oggi sei un nulla, domani tocchi il cielo con un dito, sei famoso. Alcune persone possono lasciare un segno, ringraziate la città, altri non possono, non riescono per quanti sforzi facciano.  

Ma questa città, la Grande Mela, come volete chiamarla, saprà trasformare le persone in animali brutti e sporchi. E c'è di peggio, la gente odia gli animali brutti e sporchi. Ho letto una teoria riguardo come nascono i senzatetto in questa città che attira i senzatetto. Persone normali, ieri uomini d'affari, impiegati di successo, managers, gente comune che ha lavorato e avuto una vita. 

Ecco che poi, qualcosa scatta dentro di loro. E si suppone che sia non uno spettacolo glorioso. Urla, urla e pugni all'aria. Camicie strappate e vetri rotti. Confusione. Angoscia. I bambini piangono. Vecchie signore rantolano. I giovani ridono, ecco il mondo progredisce e chi non sa ben afferrarsi al mondo cade, rotola, si danna, si sporca, ecco che non sa rialzarsi, tornare a correre, essere un vincente. E perdono tutto, casa, lavoro, famiglia. Un'animazione di colori vorticosi in aria. La causa? La città. I ritmi frenetici, il desiderio di primeggiare, un rullo compressore che avanza e ti schiaccia e devi continuare a correre se vuoi salvarti.

New York è lìdieci anni di questo luogo possono trasformare l'anima più gentile in un buco nero di insofferenza e rabbia. Forse è stata una brutta tazza di caffè, un paraurti ammaccato, il tempo o di vedersi scippare la borsa o il computer da un ragazzo su uno scooter. Potrebbe essere qualsiasi cosa che spinge una persona fuori dal proprio ambiente, protetto, caldo, simpatico. La spinge fuori, un calcio ben assestato nel sedere e quello cade, cade e non si rialza più.

Potrebbe accadere in qualsiasi momento. La città non ha fretta, aspetta sorniona l'evolversi degli eventi che ti riguardano. Oggi sei un dio domani un poveraccio e niente cambia e tutto cambia, velocemente come era iniziato ecco che finisce. 

Addio sogni di gloria, la tua gloria si è persa in qualche vicolo e tu sei con la faccia nella polvere e davanti a te c'è solo il nulla e la Grande Mela, New York ragazzi, New York!
La città crea un mondo di nemici, una nemesi, nemici e la concorrenza intorno ad ogni persona. New York City è un'avventura. E anche se può distruggere alcune persone, non si può ottenere tutto. Si tratta di un racconto epico, un gioco che nasce e cresce tutti i giorni. 

Non esiste un luogo migliore per farsi assorbire la vita, la creatività e le idee. New York è il luogo dove gli uomini vanno a cercare loro stessi per capire chi sono. 

New York è la storia della natura umana.

2013/09/23

BERLUSCONI


Non è mia abitudine commentare fatti politici su questo blog, la prima ragione era che volevo separare la politica dai fatti di questo mondo, la seconda per non cadere nelle ripetizioni a catena che si osservano ormai tutti i giorni sul web oppure si ascoltano per strada, al bar, sul luogo di lavoro, al supermercato. Insomma un tormentone.

Questa volta mi soffermo sul casus belli di Silvio Berlusconi e della nuova Forza Italia.

Un amico (che saluto) mi ha inviato il videomessaggio di Berlusconi affinchè lo guardassi. Confesso che non era nelle mie intenzioni, anzi gioivo del fatto che dove abito e lavoro non si ricevono (per scelta) i canali italiani. Chiamato a guardarlo e a produrre un commento, sono stato costretto a modificare il mio iniziale pensiero. Ho quindi visto e rivisto il videomessaggio di Berlusconi per coglierne le sfumature. Non mi è piaciuto e trovo necessarie due premesse prima di esprimere sommessamente le mie critiche.

La prima è che mi sono convinto che Berlusconi abbia ragione quando sostiene che contro di lui e le sue aziende- e a prescindere da fatti specifici, su alcuni dei quali è probabilmente colpevole – da ormai quasi 20 anni sia in atto da anni una forte pressione della Magistratura per farlo condannare ed allontanarlo dalla politica. Ci provarono invano già nel 1994, hanno insistito con migliaia di perquisizioni, intercettazioni, provvedimenti, processi, calendari giudiziari su misura ecc.ecc. come mai si era visto a carico di un cittadino e con un modo di gestire cause e processi ben diverso da quello applicato (o purtroppo non applicato) a milioni di altri casi. Una giustizia che diventa politica non è uguale per tutti.  

La seconda premessa è che la sua decadenza da senatore è solo una questione di volontà “politica” perché la giustizia, il buon senso e la prudenza avrebbero voluto che il caso fosse prima almeno sottoposto alla Corte Costituzionale essendo illegittimo applicare una pena ad un condannato – chiunque esso sia - se questa pena non è prevista al momento del presunto reato, ma stabilita successivamente. Lo hanno ripetuto innumerevoli giudici ed esperti forensi, era un modo onorevole per far decantare la situazione e non compromettere il governo, ma il voto della giunta del Senato sarebbe appunto “politico”e così sarà, dove tutti obbediranno alle proprie necessità e interessi di bandiera, così come avverrà in aula. 

Non prendiamoci allora in giro con altre chiacchiere: l’attacco a Berlusconi è l’unico collante di una sinistra che è a pezzi perfino più del centro-destra. Si doveva condannarlo per toglierselo dai piedi, lo si è fatto e lo si farà. Stop.

Detto questo, sono convinto che Berlusconi abbia intorno a sé una corte di gente che pensa innanzitutto ai propri interessi e quando consiglia evidentemente lo consiglia male: la prova è proprio che mercoledì Berlusconi ha fatto un logoro intervento TV, ripetendo tante volte gli stessi concetti ma senza mai “graffiare” né “bucare il video”, anzi. Soprattutto non ha dato dettagli chiari alla gente con cifre e numeri che sono essenziali per far capire l’entità degli attacchi subiti e per spiegare la campagna giudiziaria che gli si è scatenata contro, ripetendo solo parole replicate mille volte. Mi è apparso statico, gonfio, poco credibile, noioso. 

Sembrava proprio quel discorso, in altri tempi, in un'altra repubblica, del Presidente ormai emerito e pure deceduto Oscar Luigi Scalfaro, quel famoso "Io non ci sto!" che è divenuto proverbiale come “risposta” a cinque giorni dall’arresto di Riccardo Malpica, l’ex potente direttore dei servizi segreti del Sisde. Arresto che era avvenuto nell’ambito di una storia di fondi neri e clientelismi. Malpica disse che Scalfaro negli anni in cui era stato ministro dell’Interno (dal 1983 al 1987) aveva percepito cento milioni di lire al mese dai fondi riservati del servizio segreto civile. Scalfaro in quel discorso parlò di “gioco al massacro” e denunciò come quelle accuse fossero una “rappresaglia” della classe politica travolta da Tangentopoli.

L’errore di fondo di Berlusconi, come Scalfaro, è che, sottolineando la sua innocenza, avrebbe dovuto annunciare le proprie dimissioni nell’interesse del paese. “La legge è ingiusta, sono innocente e indignato, ma accetto i termini della sentenza sapendo che gli italiani capiranno il sopruso politico perpetrato ai miei danni, come tanti cittadini che ingiustamente soffrono per questa malagiustizia italiana”. Pensateci: avrebbe spiazzato gli avversari che lo massacreranno comunque in aula tra 10 giorni, con o senza il voto segreto. 

Dopo aver annunciato comunque il proseguimento del suo impegno politico anche fuori dal Senato il Cavaliere avrebbe potuto dimostrare agli avversari di essere una spanna sopra di loro: malconsigliato, invece, Berlusconi ha perso una grande occasione di dare una sberla in faccia ai suoi detrattori. Ci vuole sempre coraggio ad uscire a testa alta e al tempo giusto. Il Cavaliere poteva farlo ma non ha osato, subirà comunque lo stesso risultato tra poche settimane e non avrà in mano un formidabile argomento elettorale e personale da lasciare ai posteri. (Parentesi leggera: quanti di noi sanno di Socrate? Pochi, ma tutti ricordiamo l’episodio della cicuta che lo ha reso immortale, e per Berlusconi  qui non c’era di mezzo neppure il veleno, solo le dimissioni…)

Altro aspetto che mi ha lasciato perplesso quello dell’annuncio della rinascita di Forza Italia. Qui non pretendo di avere ragione, anche perché ciascuno ha un proprio passato ed io sono orgoglioso del mio, ma non si fa nascere un partito per videomessaggio.
Cavaliere, mi permetta  dirle che non si scioglie di fatto un partito senza un congresso, una assemblea, un dibattito, senza convocare i dirigenti, gli eletti, i responsabili ai vari livelli anche per almeno formalmente ascoltare il loro pensiero. Chiedere e sottolineare queste cose non è “il vecchio modo di fare politica” ma semplicemente chiedere un minimo di democrazia interna perché non è logico calare tutto dall’alto, con un “padre-padrone” che decide (o peggio ancora fa decidere) per tutti senza regole.

Ma non capisce Berlusconi che il “cerchio magico” che gli si stringe non disinteressatamente intorno – e lo si è visto con il video – gli fa fare anche puntualmente brutta figura? Ma non si accorge il Cavaliere che è sempre più isolato dalla gente “vera” tra squali, corvi, falchi, colombe e pitonesse? Uno zoo, sembrerebbe, ma fatto tutto di gente non eletta ma “nominata”?
Non bastava… Ho visto le foto e il video della nuova sede nazionale di Forza Italia a Roma: marmi e stucchi, locali prestigiosi tra arazzi e mosaici in S.Lorenzo in Lucina dove – leggo – gli uffici dei dirigenti più sono vicini al “Capo” e più sottolineano la forza ed il potere di chi ci sta (magari anche solo qualche volta, perché in Via dell’Umiltà gli uffici direzionali del PDL poi spesso erano desolatamente vuoti). 

Perdonatemi, sono io forse fuori dal tempo, ma credo che - soprattutto in questo momento - gli italiani siano contro tutte le sedi con specchi, statue e dorature, esaltazione di tanta forma e poca sostanza. 
Sono forse fuori tempo, per me la politica era quella delle idee, dei dibattiti e delle persone libere, una politica che era soprattutto impegno, militanza, sacrifici, dove non contavano solo i soldi e l’autoincensamento al Capo supremo. Una politica che vuol dire stare in mezzo alle persone, agli elettori, ascoltarli e se possibile aiutarli non con gli slogan ma condividendo i problemi. 

Perché in Italia non ci sono solo i problemi di Berlusconi ma quelli quotidiani di una comunità in difficoltà. Non sono cose così lontane, basterebbe lavorarci sempre per farle vivere e funzionare. Anche le sedi, come i politici, devono sempre avere una “anima” dentro o sono e suonano come campane stonate, e di campane così purtroppo ne sentiamo suonare tante, a tutti i livelli.
Parte male quindi questa “Forza Italia” che 20 anni dopo ripropone lo stesso clichè del ‘94 e per lo meno dimostra poco rispetto per chi nel PDL era giunto dopo aver avuto storie diverse e di cui comunque va fiero. 

Bisognerebbe allora discutere seriamente di queste cose, ma mentre a sinistra si sfasciano tra le liti, a destra non è previsto neppure una qualsiasi forma di dibattito interno. In queste condizioni come possono attrarre l’interesse degli italiani e soprattutto dei giovani che certo non possono essere interessati solo con le vicende pubbliche e private di Berlusconi? 

Credo che per molti sia giunta l’ora di una profonda riflessione.

2013/09/17

Fuga di massa da Tokyo, città radioattiva come Fukushima

La fotografia non si riferisce a Tokyo ma a Hiroshima (con l'accento sulla o), l'unica città insieme a Nakasaki ma in forma minore, che abbia subito danni importanti da radiazione nucleare (oltre allo scoppio di una bomba H la prima al plutonio la seconda). Nella foto si vede la prefettura di Hiroshima, ipocentro dell'esplosione nucleare. Non molto distante da li, esattamente dove la foto è stata scattata c'è una casa, al tempo casa di passaggio per i viaggiatori, oggi testimone di un evento distruttivo. sta ancora li, dopo 68 anni. A Hiroshima nella primavera del 1946, 8 mesi dopo lo scoppio, sono rifioriti gli alberi, i ciliegi che vedete a sinistra nella foto. Segno inequivocabile che la vita riprende anche dopo un evento nucleare grave.


Una premessa è d’obbligo, non è mia abitudine utilizzare il blog per rispondere pubblicamente agli articoli di altri blog o giornali, questa in effetti è la prima volta che lo faccio in modo così diretto, ma ho deciso di fare uno strappo alla “regola” perché, dopo oltre 2 anni di distanza dallo tsunami che ha sconvolto il Giappone e dall’incidente di Fukushima, mi da il voltastomaco vedere gente che non ha ancora smesso di speculare sulla paura e sull’ignoranza. 

Debbichan, nota ad alcuni lettori del Fatto Quotidiano col nome di Debora Billi  è una fra i tanti “giornalisti da riporto” che in questi anni si sono dati da fare per “informare” gli italiani sulla situazione in cui si trova il Giappone post-Fukushima. Quello “da riporto” è l’esemplare di giornalista più diffuso in Italia, che invece di trovare delle vere notizie si limita a riportare le cose scritte da altri giornalisti, che a loro volta riportano cose riportate da altri, in un lungo “passaparola” nel quale a ogni passaggio la notizia (o non-notizia) viene re-interpretata diventando sempre più surreale. Di recente ha fatto il boom sui social network (dove è di moda condividere informazioni senza verificare se siano vere o false) un articolo di Debbichan dal titolo “Nucleare: Tokio ‘irradiata’ quasi quanto Fukushima?“.

Il titolo già di per se è fantastico, ci da una grande lezione di giornalismo: non diamo una notizia ma piuttosto facciamo una domanda ai lettori in modo da catturare la loro attenzione! Quest’anno Godzilla attaccherà Tokyo? L’imperatore del Giappone e Ultraman sono la stessa persona? La salsa di soia rimpiazzerà il petrolio? Il tocco dell’artista consiste nell’usare una parola ad effetto, anche se priva di reale significato, come “irradiata”… però mettiamola fra virgolette così nessuno avrà nulla da ridire! Debbichan è astuta come una faina, la sa più lunga di tutti! E se questo è solo il titolo, chissà cosa ci riserva l’articolo…

Fuga da Tokyo: nel silenzio generale dei media, la capitale giapponese scopre di essere gravemente contaminata dalle radiazioni della centrale nucleare di Fukushima, al punto da aver provocato l’anomalo surriscaldamento del suolo e del fondale marino. Notizie sconcertanti, che Debora Billi ricava dal “Washington Blog”, una delle fonti americane più informate sui fatti di Fukushima: il newsmagazine statunitense ha sempre riportato in tempo reale, fin dai tempi del disastro, le anticipazioni del giapponese “EneNews”. Alla fine del 2012, il “Washington Blog” fa il punto sulla situazione a Tokyo proprio in base ai moltissimi dati di “EneNews”, giungendo ad una serie di inquietanti conclusioni. Una su tutte: nella baia di Tokyo, il cesio è persino più alto di quello di Fukushima e quasi tutto il fondale del mare che bagna la capitale nipponica sarà contaminato entro il 2014.

«Tokyo – prosegue Debora Billi, citando i due media indipendenti – sta continuando a subire un fallout radioattivo 5 volte superiore a quello delle prefetture più vicine a Fukushima». Secondo il “Japan Times”, l’area metropolitana di Tokyo è una bomba a tempo: «Gli esperti avvisano dell’accumulo della contaminazione da Fukushima, e del potenziale disastro al secondo più grande lago giapponese». Poi il suolo: il terreno di Tokyo è così caldo che dovrebbe essere mandato in una discarica per rifiuti speciali, sostengono i tecnici. «Secondo un esperto giapponese – aggiunge la Billi – oltre alla fuga dalle prefetture vicine a Fukushima, sempre più cittadini stanno abbandonando Tokyo». La “fuga” dalla capitale del Sol Levante sarebbe ormai un fenomeno riscontrabile: gli abitanti della megalopoli ormai hanno paura e non si fidano più della verità ufficiale.


“Gli abitanti di Tokio cominciano a fare i conti con le conseguenze dell’apocalisse di Fukushima, e molti fuggono dalla città”. Un momento, un momento… ho letto bene? L’articolo è datato 30 dicembre 2012, quindi a quasi due anni dall’incidente, con Tokyo in completa sicurezza (è riconosciuto da tutte le misurazioni della radioattività, sia quelle ufficiali che quelle indipendenti, che a Tokyo non vi è alcun pericolo), la gente avrebbe cominciato a fuggire dalla città? Non so se Debbichan abbia mai messo piede a Tokyo in vita sua, ma vi posso garantire che da li nessuno sta scappando.

“Tokio sta continuando a subire un fallout radioattivo 5 volte superiore a quello delle prefetture più vicine a Fukushima”. Tralasciando il fatto che continua a scrivere “Tokio” invece di Tokyo, questa sul fallout è veramente grossa. Quali sarebbero i dati a sostegno di un’affermazione così forte e incredibile? Non ci è dato saperlo, infatti non viene citata nessuna prova e nessuna misurazione che possa dare un minimo di credibilità a quanto scritto.

“Il terreno di Tokio è così caldo che dovrebbe essere mandato in una discarica per rifiuti speciali”. Ma cosa significa così “caldo”? Esiste qualche misurazione che provi che il terreno di Tokyo è radioattivo? Non ci è dato saperlo, anche in questo caso Debbichan la spara grossa ma non ci spiega quali sono le misurazioni che dimostrerebbero questa presunta contaminazione.

“Secondo un esperto giapponese, oltre alla fuga dalle prefetture vicine a Fukushima, sempre più cittadini stanno abbandonando Tokio”. L’esperto giapponese ha un nome e cognome o è un Mr. X a caso? Da Tokyo non mi risulta stia scappando nessuno, sono tutti li, c’è qualche dato che dimostra che i cittadini di Tokyo stiano fuggendo? Provate ad indovinare… non ci è dato saperlo, Debbichan si impegna a spararne una più grossa dell’altra, ma non cita nessun nome e nessun numero, l’unica fonte riportata è quella di un sito web americano chiamato “Washington Blog“.

Duro il mestiere del giornalista, vero? Mettiamoci a leggere un po’ di blog stranieri e quando troviamo una “notizia” che ha un buon potenziale per vendere copie o per portare visitatori sul sito facciamo una bella traduzione dall’inglese all’italiano senza porci il problema di verificarne l’attendibilità, ovviamente aggiungendo qualche personale interpretazione per dare più colore alla storia e tenere i lettori col fiato sospeso.

“I residenti dell’area di Tokio riportano sempre più frequentemente la presenza di cisti e noduli, mentre i dottori minimizzano”. Questa è la più grossa che potesse scrivere, ormai abbiamo capito che di citare qualche dato non se ne parla, ma come si fa a minimizzare qualcosa che non esiste? Nessuno a Tokyo si sognerebbe di affermare che cisti e noduli sono in aumento, a meno di due anni dall’incidente. Anche se, per assurdo, prendessimo per buone le tesi di Debbichan, in seguito ad una contaminazione ci vorrebbero diversi anni prima che comincino a manifestarsi patologie causate dalle radiazioni, e ci vorrebbe ancora più tempo per avere a disposizione dati statistici che dimostrino un’effettivo incremento di queste malattie. Quindi i dottori chiamati in causa, che cosa minimizzano?

“Secondo gli scienziati giapponesi, il quantitativo di radiazioni è “salito in modo significativo” nell’area di Tokio dopo Fukushima”. Lungi da me considerarmi al pari di “scienziati giapponesi”, non meglio identificati, ma se cercate dei dati sulla radioattività di Tokyo ve li posso dare anche io. In questi anni sono state fatte migliaia di misurazioni praticamente in ogni angolo della città, sia da enti governativi che da associazioni indipendenti, oltre che da singoli cittadini. I dati sono disponibili online, e dicono tutti pressapoco la stessa cosa, la radioattività di Tokyo è tutt’oggi a livelli più bassi della gran parte del territorio italiano, è infatti compresa fra 0,02 e 0,08 microsievert/ora. La radioattività di Roma, per fare un esempio, si approssima sui 0,25 microsievert/ora, notevolmente superiore a quella rilevata nella capitale giapponese.

Potrei andare avanti ancora molto ma direi che può bastare, c’è solo un dubbio che rimane: perché mai Debbichan ha deciso di scrivere tutte queste falsità? Che cosa avrebbero da guadagnarci lei e quelli come lei, che diffondono informazioni false sui giornali e sul web?

La ragione si chiama audience, ve lo spiego in due righe conclusive. Se avete un blog provate a scrivere un articolo dal titolo “A Tokyo regna la normalità” e condividetelo sui social network. Poi scrivetene un altro con il titolo “Fuga di massa da Tokyo, città radioattiva come Fukushima” e fate la stessa cosa. Quale dei due secondo voi riceverà più click, like e condivisioni, portando tantissimi visitatori sul sito?

Evviva il web!

fonte italiajapan.net

2013/09/10

Ricordando l'11/9



Sono già passati 12 anni dall'11 settembre 2001, ma sono sicuro che, come me, molti di voi ricorderanno perfettamente cosa stavano facendo quel giorno quando arrivò la notizia dell'attacco alle Torri Gemelle. 
Quel giorno avevo viaggiato in aereo, rientravo dal Kuwait, sulla strada dell’aeroporto diretto a casa mi telefona un amico e mi informa dell’attentato. Sgomento, rabbia forse, prostrazione. Rendersi conto di non essere affatto utili, eppoi ore davanti a quello schermo che s’appiattisce sempre di più mentre snocciola, minuto per minuto tutto l’orrore. 

Niente a New York è come dodici anni fa. Dopo Giuliani è arrivato Bloomberg. Ha piazzato le seggiole su Broadway giù fino a Times Square trasformando il centro del mondo in una paciosa piazza di paese. Sulla vecchia ferrovia sopraelevata High Line, che serviva dal 1934 i 250 mattatoi urbani, c'è un giardino pensile che ingentilisce le putrelle del secolo di ferro, il Novecento, con i fiori selvatici e l'erba aromatica di un XXI secolo appena sbocciato. I taxi si pagano quasi solo con la carta di credito così almeno sono salvi dalle rapine quotidiane a loro danno (i tassisti italiani dovrebbero imparare), il drin drin di un carillon e la mancia è saldata, occhio però che siamo nel dopo crisi e se sforate anche di pochi centesimi il vostro conto, la banca vi piazza 34 dollari di multa, un tassì, un cinema e un caffè fuori budget cento euro. La città è cambiata velocemente.

Gli scolari dell'asilo e della prima elementare non erano ancora nati l'11 settembre del 2001, quando i commandos di al Qaeda, secondo la strategia salafita di Osama bin Laden, colpirono e distrussero le Twin Towers a Manhattan, danneggiarono il Pentagono a Washington e invano provarono a colpire la Casa Bianca, o il Congresso, con un aereo abbattutosi poi in Pennsylvania.

Il mondo è così cambiato che i ragazzini delle scuole, accompagnati da mamma e papà commossi, quando toccherà loro studiarlo al liceo resteranno sbalorditi. La breve solidarietà svanì presto, nelle rigidità ideologiche dei falchi intellettuali di Bush e del suo vice, il duro Cheney, sporcata dalla difesa della tortura del giurista John Yoo e degenerata poi nel carcere di Abu Ghraib. Ma con che fretta si sono smarrite la posticce supremazie morali contro gli yankee, Chirac sostituito da Sarkozy l'Américain e poi Hollande il servo del popolo solo a parole che bastona i ricchi ma non distribuisce ai poveri. Un mancato Robin Hood che perde un punto al giorno nei sondaggi e difficilmente resisterà per un secondo mandato. La cancelliera Merkel nuovo fuhrer europeo che non disdegna alleanze anche con Putin, basta che apra i rubinetti del petrolio, i cinesi intenti a sostenere dittatori dalla Birmania al Sudan, le Nazioni Unite paralizzate dalla burocrazia di Ban Ki Moon e con antisemiti, oppressori e tiranni a spartirsi poltrone. E nel mezzo la Siria che aspetta la mannaia americana.

Oggi come sempre in questi dodici anni i passanti si fermeranno a ricordare i caduti, civili, militari, poliziotti e pompieri e le guerre che da quella strage son venute, in Afghanistan prima e Iraq poi con i loro morti, americani, alleati, iracheni e delle varie tribù afghane. Si prega nelle chiese, nelle sinagoghe e nelle moschee. Si prega nelle scuole, dove ci sono studenti nati in 50 paesi diversi a cui, forse, l’11/9 non ricorda nulla se non tanto rumore e noiosi servizi in tv.

Osama voleva battere non gli Stati Uniti ma la globalizzazione, un mondo tollerante dove fedi e culture possano coesistere nello scambio economico, come aveva previsto il saggio scozzese Adam Smith. Che gli americani infedeli gestissero la propria società a piacimento era per lui ok, come scrisse nel suoi manifesti, peccato per lui che i suoi nemici son stati più furbi, o forse qualcuno ha considerato la taglia sulla sua testa più interessante di una dottrina distruttiva anche se impostata nel rispetto della religione. Bisogna pur mangiare mi si dirà. Osama o non Osama i dollari fanno gola a tutti. L'attacco orrendo di dodici anni fa serviva a intimidire il nemico, persuaderlo a ritirarsi nei propri confini e lasciare la regola della sharia imporsi nell'area dell'antico Califfato. Era la stessa strategia dei giapponesi a Pearl Harbor, non battere gli americani che sapevano troppo più forti, convincerli a lasciare il Pacifico all'impero del Sol Levante.

È passato Bush con la sua guerra al terrorismo, il presidente Barack Obama è stato accolto ovunque con sollievo e simpatia. Ma se l'Iraq è meno prima linea grazie alla strategia del generale Petraeus, clonata su quella vincente degli inglesi in Malesia dal 1948 al 1960 e dei boliviani e Cia contro il Che Guevara nel 1967, l'Afghanistan è guerra di lunga durata. I militari sanno che le tribù talebane non si possono tutte battere e occorre vincere sulle irriducibili e accordarsi con le moderate. La paura dello studioso di Harvard, Graham Allison, è che il prossimo attacco di al Qaeda sia nucleare, magari con materiale «sporco» contrabbandato dal Pakistan. E viene da tremare: se negli Usa tanto forte è stato il contraccolpo dell'11 settembre, come reagirebbe una qualunque delle nostre democrazie a un attacco nucleare? Il dodici settembre 2001 all'accademia militare di West Point una delle più raziocinanti docenti ammoniva i cadetti con un grafico sulla lavagna: più sicurezza implica meno libertà.

Di questi timori New York oggi non dà segno. Meno male direbbe qualcuno. Bloomberg si prepara a lasciare lo scranno, chi subentrerà avrà una pesante eredità sulle spalle, New York non dimentica in fretta, dodici anni dopo sono ancora tutti li a ricordare, qualche lacrima e tanto dolore per chi non è più tra noi.

Ricordo e non sopporto. Non sopporto che in un giorno come questo di ricorrenze si debba sempre tornare a quella valanga di articoli pubblicati, sembra che per un giorno tutti si rattristino e invitino gli altri a ricordare ciò che è successo, ma passate le 24 ore torna tutto nel dimenticatoio. E non sopporto neppure le frasi introduttive come quella con cui io stesso ho iniato questo articolo. Credevo non avrei mai scritto un post sull'11 settembre, ma la visione di alcuni video e link che ancora spopolano sui social networks come facebook mi ha spinto a farlo. A scrivere il mio pensiero per ricordare perché certa disinformazione gratuita mi fa rabbia. 
Purtroppo quel giorno terribile è già così lontano che molti giovani non lo ricordano ed è facile dar retta a chi dice sciocchezze se non si è informati.
C'è chi vi dirà che è impossibile che un pilota dilettante riesca a colpire con così tanta precisione un edificio; c'è chi vi dirà che non erano aerei, ma missili; improvvisandosi esperti fisici vi insegneranno che un aereo non può volare a 900km/h così a bassa quota; ipotizzeranno che le Torri siano crollate perchè demolite dall'interno con degli esplosivi; vi nomineranno una sostanza chiamata "termite"; c'è chi sosterrà che il foro del pentagono è troppo piccolo per esser stato fatto da un aereo; vi parleranno di video nascosti, video mancanti, che sono stati fatti sparire; tireranno in ballo la CIA e i governi, il cattivo Bush e il povero Bin Laden "che viveva nelle grotte e adesso riposa in fondo all’oceano in un sacco di nylon"; si pavoneggeranno di non credere alla "versione ufficiale" mentre voi, stupidi, ve la bevete senza accorgervi di niente; e alla fine vi incanteranno con lunghe liste di "autorità" ed "esperti" che non si lasciano infinocchiare da quello che ci hanno raccontato i giornali perché loro vogliono scoprire la verità sull'11 settembre.

Beh, è tutto falso, tutte bufale, tutte sciocchezze, falsità, palesi incongruenze, baggianate, leggende inventate di sana pianta ignorando i fatti.

L’11 Settembre 2001 Al Qaeda si impossessò di quattro aerei con l’intenzione di colpire i simboli degli Stati Uniti d’America. Questa è la verità, tutto il resto son solo chiacchiere.

Noi non dimenticheremo mai.

2013/09/08

La crisi va pagata da chi l'ha provocata!


Ogni opinione va rispettata, per carità, ma smettetela di dire che il problema sono i politici: lo sono senz'altro, ma li avete eletti voi. È inutile che mi rispondiate "ma dove lo troviamo un Roosevelt in Italia oggi". Vincoliamo i candidati ai programmi, leggiamoli, discutiamoli, prendiamoci la nostra parte di responsabilità. 

La gran parte degli italiani per 20 anni ha votato per Berlusconi o contro Berlusconi. Ma che cavolo di programma sarebbe? La denuncia delle storture e delle ingiustizie è una cosa, il vittimismo tutt'altra. Tra la ricca contessa e il povero in canna stiamo tutti dalla parte del povero in canna, salvo il fatto che non vorremmo mai essere come lui, e salvo rare eccezioni non facciamo nulla per aiutarlo. 

È super-doveroso far pagare una patrimoniale alla contessa e a tutti i ricconi. Ma è indispensabile sapere poi che fare con il ricavato. Se no i soldi vanno a finti precari pubblici, opere inutili, o peggio dove ordina Bruxelles. Governare davvero: è questa la sfida dopo 20 anni. Mettere a fuoco le riforme giuste, i tagli necessari, senza farsi piegare da lobby, corporazioni e comitati No-qualcosa. 

Esempi? 

Detassare completamente le assunzioni di giovani e i primi tre anni di salari, a patto di non licenziare per far loro posto. Puntellare l'occupazione degli over 50 con incentivi al mantenimento del lavoro. Dismettere tutte le proprietà non strategiche dello stato e delle autonomie. Imporre la pratica del miglior prezzo per tutte le spese del settore pubblico, a partire dalla sanità regionale. 

Vincolare le banche all'erogazione di mutui agevolati per la casa ai lavoratori dipendenti, gli unici che sicuramente pagano le tasse grazie al prelievo in busta. Lanciare il settore di valorizzazione a fini turistici delle belle arti, cofinanziata da enti di ricezione e compagnie di viaggi, occupando solo laureati nelle discipline dedicate. Confrontiamoci su fatti, idee, dati. Contrastiamo il vittimismo del declino e della decrescita più o meno felice. Possiamo, anzi dobbiamo farcela. O se no piangiamoci ancora un po' addosso.

2013/08/29

Il petrolio Siriano


Il petrolio è la vera ragione della guerra, o meglio del presunto attacco, presunto perché ancora non esistono certezze anche per merito della Russia e Cina che hanno posto il veto all'ONU. 
Riusciranno nel loro intento?

In tutta questa storia l'Italia soffre, ha sofferto e soffrirà perché dalla Siria importavamo petrolio e esportavamo il nostro meglio della nostra industria del lusso. Tutto finito, tutto svanito. Ecco il vero motivo per cui il Ministro Bonino rema contro e con ragione. 

Il 15 novembre 2011 l'Unione Europea vieta ai paesi membri di acquistare, importare o trasportare greggio e prodotti petroliferi siriani. Prima dell'embargo importavamo metà del petrolio di Damasco, vendevamo lusso, alimenti e vincevamo appalti per trivellazioni. Con la caduta di Assad ne subentreranno altri. In prima linea inglesi, francesi e americani.


La principale vittima di quel primo embargo è l'Italia. Fino a quel momento la metà dei 110.521 barili di petrolio esportati giornalmente dalla Siria viaggiavano verso i porti italiani e venivano raffinati da Eni, Saras e Italiana Energia e Servizi Spa. A quei 55mila barili di greggio giornalieri si aggiungono prodotti bituminosi e altri derivati per un valore di circa 1,04 miliardi all'anno. Grazie a quel diktat Ue impostoci durante la transizione Berlusconi-Monti, cioè all'apice della crisi italiana, le nostre aziende sono costrette a un costoso riposizionamento. Un riposizionamento ancor più doloroso visto che i prodotti siriani rimpiazzavano i buchi di approvvigionamento frutto della crisi libica.


Il peggio arriva a giugno 2012 quando il governo Monti accetta le nuove sanzioni Ue che impongono di azzerare i rapporti economici e diplomatici con Damasco. Con quella capitolazione l'Italia rinuncia ad un interscambio commerciale da 2,3 miliardi di euro, equamente divisi tra importazioni (1,13 miliardi di euro) ed esportazioni (1,16 miliardi di euro). E rinuncia pure al ruolo di principale partner economico europeo e di terzo partner mondiale (dopo Cina e Arabia Saudita) acquisito grazie agli accordi bilaterali siglati da Bashar Assad e Silvio Berlusconi nel vertice del 20 febbraio 2002. Grazie a quegli accordi l'Italia giocava un ruolo da protagonista nell'estrazione del petrolio e delle materie prime e garantiva alle proprie aziende ruoli di primo piano nella realizzazione di infrastrutture collegate.


La Saipem, per esempio, prevedeva di chiudere nel 2012 una commessa da 94 milioni di euro per la realizzazione degli impianti del pozzo petrolifero di Khurbet East. In Siria però il «made in Italy» spazzava ben oltre gli idrocarburi. Nel 2010 i prodotti alimentari garantivano alle nostre aziende un fatturato da 13 milioni di euro. E altri 5 milioni e mezzo di euro entravano grazie alle esportazioni di abbigliamento. Un intervento e un cambio di regime oltre a far svanire definitivamente quelle entrate ci precluderanno anche eventuali compartecipazioni in un settore energetico tutto da sviluppare. Davanti alle coste siriane arriva una porzione del cosiddetto Bacino del Levante un giacimento di gas esteso sotto le acque di Siria, Israele e Libano considerato - grazie ai suoi 3,4 trilioni di metri cubici di gas e ad oltre 1,7 miliardi di barili di petrolio - una delle più importanti riserve del mondo. A prenderseli, a guerra fatta, ci penseranno la Bp inglese e la Total francese oltre al Qatar, la Turchia, l'Arabia Saudita e gli altri paesi che foraggiano con armi e munizioni le fazioni della rivolta islamista.

La difficile partita dell'Italia non si ferma però alle porte di Damasco. L'intervento in Siria con tutta probabilità trascinerà alla guerra civile anche il Libano, un altro partner fondamentale per la nostra economia. Grazie a una costante crescita delle esportazioni salite nel 2012 ad 1,83 miliardi di dollari l'Italia è diventata il terzo partner commerciale del paese dei Cedri dopo Stati Uniti e Cina superando di un bel po' Francia e Germania. 

Ma la guerra a Damasco rischia di coinvolgere anche Iran e Russia mettendo in crisi altri due mercati fondamentali per i nostri scambi commerciali e trascinando l'Italia al definitivo tracollo. 

Che sia una lunga strada per dichiarare guerra all'Italia?

2013/08/28

E GUERRA SIA!!!


La guerra in Siria sembra ormai inevitabile, almeno secondo le ultime notizie che arrivano da oltreoceano: e questo nonostante le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi su un Barack Obama indeciso riguardo l’andare allo scontro contro il regime siriano, sembrerebbe che gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna siano pronti ad un conflitto lampo che dovrebbe partire giovedì o al più tardi nei giorni successivi. Barack Obama e il premier inglese Cameron hanno rilasciato una nota congiunta in cui si dicono certi dell’uso di armi chimiche sulla popolazione da parte di Assad, e che forniranno le prove di ciò. Speriamo che le forniscano prima dell'attacco e non dopo, e non ampiamente rimaneggiate per dar credito ai propri falchi dimenticandosi delle colombe. 

Dietro ogni guerra si nasconde un connubio di interessi che vanno ben al di là degli sbandierati scopi umanitari e sono sicuro che anche in questo caso ci siano.
Come leggo su un altro sito viene lecito un dubbio: perché mai Assad avrebbe usato armi chimiche? Che ragioni ci possono essere all'uso di tali mezzi di didtruzione di massa se poi l'arma si ritorce su loro stessi? Ormai è risaputo, chi usa armi chimiche non viene perdonato dalla comunità internazionale, anzi, viene messo all'indice, colpito, annientato, anche spaventato e nei casi peggiori impiccato (vedasi Saddam Hussein che pure il gas lo usò contro i curdi del nord Irak). E allora? Forse Saddam aspira a fare la fine di Saddam Hussein o di Gheddafi?

E che dire del buon Putin? Sembra proprio che anche questa volta abbia suggerito la soluzione corretta all'ONU, i Russi come sappiamo hanno il diritto di veto e loro come sostenitori della Siria lo faranno valere. Cosa ha fatto Putin di così eclatante? Vladimir Putin sbugiarda i signori della guerra a ogni costo: la strage in Siria? Non è stato Assad, ma i ribelli Salafiti, appoggiati dal governo Saudita e probabilmente dagli USA con i suoi alleati. La prova finale è stata fornita nelle ultime ore dal Cremlino al Palazzo di Vetro dell’ONU. Si tratta di video e foto che illustrano come i satelliti russi abbiano fatto luce sul fatto che i razzi che hanno causato l’ultima strage in Siria non sono partiti da Damasco ma da territori di pertinenza di gruppi Salafiti: ovvero dei cosiddetti “ribelli-mercenari” al soldo di Arabia Saudita e alleati occidentali.

Diventa automatico affermare che Washington non poteva non sapere!

Del resto i satelliti americani sono efficienti quanto quelli russi, anche meglio e sempre pronti a essere orientati dove fanno più comodo, anche a voltarsi dalla parte sbagliata se serve. Ci si domanda quindi il perchè di tutte queste menzogne? Innanzitutto a fronte di questa ennesima prova regina, l’ONU e lo stesso Ban-Ki Moon dovranno prendere atto della situazione e smentire, zittire, tutti i media di regime che da giorni danno adito a queste diaboliche falsità! 

Cui prodest dunque? A chi giova dichiarare la guerra alla Siria?
Perché la questione non si fermerà qui, i siriani non resteranno indifferenti, si attrezzeranno e si riorganizzeranno con i terroristi di mezzo mondo per colpire tutti quelli che hanno partecipato alle azioni offensive e andranno di mezzo altri innocenti che la guerra non la vogliono.

Ma se tutti hanno ormai deciso, che ci opponiamo a fare, per gridare in un silenzio e venir presi per matti?

Vogliono la guerra?

E che guerra sia e facciamo scomparire il mondo e torniamo alle origini, chissà, magari sarà pure meglio.

2013/08/23

INCUBO PEDOFILIA!

La parola pedofilia deriva dal tema greco παις, 
παιδός (bambino) e φιλία (amicizia, affetto).


Gli eventi di queste ultime settimane, causa periodo estivo, riportano alla ribalta sia casi ricorrenti di pedofilia che di cattiva giustizia.
Cattiva giustizia riferita alla pedofilia, non mi riferisco certamente a un altro eclatante caso del quale tutti i media ne hanno abbondantemente parlato e che non ho nessuna intenzione di commentare.
Il caso è quello di una ragazzina oggi tredicenne. L'incubo è durato tre anni. Una bambina violentata fisicamente e psicologicamente dal vicino di casa, una persona apparentemente fidata, lui e la moglie che, pare, non fosse al corrente delle malefatte del marito. 
La mamma lasciava la figlia all'uomo, inconsapevole di quello che accadeva nell'appartamento. L’orco, mi si conceda il termine anche se la legge dice che non dovrebbe essere così nominato, nonostante sia stato condannato a una pena irrisoria (tre anni di prigione in cambio di una vita rovinata sono nulla) potrà tornare a vivere accanto alla vittima, la Corte d'Appello di Roma ha infatti revocato il divieto di dimora nella casa in al tempo si svolsero i fatti. 
Adesso la famiglia della ragazzina è disperata, ripiomba nell'orrore. La sola presenza dell’uomo, dell’orco, ha provocato un nuovo improvviso e grave peggioramento dello stato emotivo della bambina. 

Ma la legge è legge.

Siamo sicuri che la legge debba essere così? 
Vediamo dunque che succede ai pedofili in alcuni paesi europei e oltre oceano.

USA: negli Stati Uniti il caso della ragazzina tredicenne non sarebbe potuto accadere. No, mai un pedofilo sarebbe stato rimandato a casa nello stesso edificio in cui vive la vittima. C'è un diverso approccio al problema dei reati sessuali, giudiziario, culturale e tecnologico. Negli Stati Uniti la rete è un boomerang per pedofili e maniaci. È diventata un incubo per chi ha già subito condanne definitive per reati sessuali. Una legge federale ha stabilito che l'interesse pubblico è prevalente sulla privacy, quando si tratta di crimini di questo genere. Ecco dunque pubblicate sul web, a cura dei Dipartimenti della giustizia o della Pubblica sicurezza di numerosi Stati, foto e curriculum dei criminali sessuali.
In Florida, Connecticut, Alaska, Arizona, New Jersey, California e in molti altri Stati esistono leggi specifiche molto dure che isolano e mettono all’indice il pedofilo. Arrivando a pubblicare tutti i dati personali inclusa la fotografia. La Florida va oltre, il sito (clicca sul link) Florida Sexual Offenders and Predators è quanto mai esplicito. In questo Stato chiunque lavori con i bambini (in scuole, palestre, asili) deve avere un passato integerrimo. Le autorità hanno il dovere di fornire ai datori di lavoro tutte le informazioni necessarie, anche le più riservate.



In Florida i pedofili in libertà vigilata non possono stare vicino ai luoghi in cui ci sono dei minorenni e sono costretti a vivere sotto ai pilastri di un ponte. la legge “Miami Dade County” infatti obbliga tutti i pedofili di stare lontano almeno 750 metri dalle scuole, parchi, campi da gioco, biblioteche e qualsiasi altro luogo pubblico dove venga segnalata la presenza di minorenni.

CANADA: Nuovi studi condotti in Canada affermano che la pedofilia non è una devianza ma ha radici biologiche, si tratta secondo i ricercatori di un orientamento sessuale non modificabile come l’eterosessualità o l’omosessualità. Purtroppo non esistono leggi specifiche contro i pedofili. La pedofilia viene considerata un attrazione per i bambini in età prepuberale. Nel momento che il pedofilo passa dal semplice desiderio, non punibile, all’azione ecco che allora intervengono le stesse leggi che puniscono i non-pedofili che commettono crimini sessuali contro i bambini. La durezza delle leggi può essere paragonata, in questo caso, a quella degli USA ma molto dipende fra Stato e Stato. Differenze sono notate fra quelli a lingua Inglese o Francese.

FRANCIA: Secondo la legge francese, il termine pedofilia non compare nei regolamenti o codici di diritto e della giustizia: i termini utilizzati per descrivere il reato di rapporto sessuale tra un grande e un bambino è Violenza Sessuale per un rapporto con il consenso bambino, Aggressione Sessuale o Stupro, quando il consenso del minore non viene riconosciuto o non esiste. Inoltre l’ordinamento legislativo riconosce i reati di corruzione di minori per l'incitamento di un minore in atti sessuali. Le pene possibili vanno da un  minimo di 7 anni di prigione fino a vent’anni con una pena accessoria in denaro di centomila euro. In caso di morte della vittima la reclusione passa a trent’anni. 

GERMANIA: Come nel caso della FRANCIA, anche i teutonici non hanno una legge specifica sulla pedofilia. Nel 2009 vararono una legge a tempo (scaduta nel 2012 e rinnovata in seguito) sulla pedopornografia online con l’intento di fermare i siti web concernenti immagini relative a atti di pornografia infantile: per fermare la pedofilia, insomma, il Parlamento mise a punto una norma che scaricava sugli ISP la responsabilità di filtrare i contenuti sul web sulla base di una specifica indicazione proveniente dalle istituzioni. 

POLONIA:   Dopo un caso di incesto che ha sconvolto l’opinione pubblica, la Polonia ha autorizzato nel 2011 la castrazione chimica obbligatoria per i condannati per pedofilia o per incesto ma il percorso legislativo era iniziato nel 2009. Un Paese all’avanguardia in Europa come affermato dal ministro della giustizia polacco Andrzej Czuma. Per quanto riguarda la non tolleranza della pedofilia e di questi crimini contro i bambini la Polonia infatti può essere considerata precursore. Alcuni paesi europei, come la Gran Bretagna, la Svezia, la Danimarca, o, in America, il Canada e alcuni stati degli Stati Uniti, propongono lo stesso tipo di terapia ai criminali sessuali, ma su base volontaria. La Polonia è il primo paese a imporlo per legge.

Quali sono le armi in nostro possesso?

Poche in verità e molto spuntate. La domanda di materiali a contenuti pedopornografici risulta essere a livelli alti in prevalenza nei Paesi che aderiscono al G8, il che significa anche paesi industrializzati, sviluppati, i principali fruitori e clienti di questo mercato dell'infanzia risiedono quasi tutti in quei paesi con pochissime eccezioni. Esistono casi sconcertanti come quello secondo il quale il Regno Unito, la Francia, l'Italia e in particolare la Germania che, pur sfiorando appena il 4% di audience in internet, assorbe il 19% della domanda pedofila. Viene fuori il ritratto di un Vecchio Continente che si riconferma punto di origine di questi abnormi crimini. Perché diventa inutilie sbandierare ragioni inverosimili per continuare a proteggere le lobbies di pedofili e pedopornografi, i genitori di quelle piccole vittime non ci stanno e vogliono giustizia, vendetta, esposizione al pubblico ludibrio. 

La legge italiana

Recepita nel 2012 la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, siglata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e divenuta legge dello Stato Italiano a Settembre sotto il Governo Monti ci si aspettava una applicazione rigorosa degli articoli in essa contenuti. Invece come purtroppo possiamo vedere ogni giorno, chi viene riconosciuto colpevole dei reati previsti se la cava con pene al minimo richiesto e con multe pecuniarie semplicemente ridicole. Non solo, la legge non prescrive particolari proibizioni o obblighi di dimora e i pedofili possono rientrare nelle stesse abitazioni dove si sono svolti precedentemente gli atti criminosi con buona pace di chi invece ha avuto la vita rovinata e ancora vive con incubi ricorrenti negli stessi stabili. Non è accettabile che la legge italiana possa consentire ai pedofili, dopo pochi mesi di reclusione e a volte nemmeno quelli, di ricominciare a condurre una vita normale e tornare a commettere gli stessi reati.

Il recente caso di Roma rientra in questa casistica. Siamo alla frutta. Anche da noi si vorrebbe fossero applicate rigorose leggi che puniscono e identificano senza ombra di dubbio i malati, deviati, criminali che abusano dei nostri figli. Come negli Stati Uniti dove sono in vigore leggi severissime per punirli; oltre alle lunghe detenzioni previste, quando escono di prigione devono sottostare a limitazioni della libertà personale per evitare che possano commettere nuovamente abusi. Devono indossare il "braccialetto elettronico" i pedofili in libertà vigilata (a cui hanno diritto dopo 12-16 anni di reclusione) devono stare ad almeno 750 metri da qualsiasi luogo che sia frequentato da bambini, costringendoli a vivere in una vera e propria "bidon ville" sotto un ponte di periferia. E non è l'unico caso: le limitazioni imposte in un sobborgo della Georgia hanno costretto i pedofili a trasferirsi addirittura in un bosco. Leggi che partono dal presupposto che "chi ha violentato bambini non può vivere dove vuole". 

Definizione di pedofilo 

Leggo su Wikipedia, e mi si conceda il beneficio di inventario in quanto io non sono un addetto ai lavori e pertanto potrei anche aver considerato corretto un testo che all'origine non è, che in ambito psichiatrico la pedofilia è catalogata nel gruppo delle parafilie, ovvero tra i disturbi del desiderio sessuale, e consiste nella preferenza erotica da parte di un soggetto giunto alla maturità genitale per soggetti che invece non lo sono ancora, cioè in età pre-puberale. Il limite di riferimento di età varia da persona a persona (poiché ogni individuo raggiunge la maturità sessuale in tempi diversi), ma oscilla generalmente tra gli 11 e 13 anni.

Nell'accezione comune, al di fuori dall'ambito psichiatrico, talvolta il termine pedofilia si discosta dal significato letterale e viene utilizzato per indicare quegli individui che commettono violenza attraverso la sessualità su di un bambino, o che commettono reati legati alla pedopornografia. Questo uso del termine è inesatto e può generare confusione. La psichiatria e la criminologia distinguono i pedofili dai child molester (molestatori o persone che abusano di bambini); le due categorie non sono sempre coincidenti.  

La pedofilia è una preferenza sessuale dell'individuo o un disturbo psichico, non un reato. La pedofilia definisce l'orientamento della libido del soggetto, non un comportamento oggettivo. Vi sono soggetti pedofili che non attuano condotte illecite, come si hanno casi di abusi su bambini compiuti da individui non affetti da pedofilia.

Quindi?

Possiamo modificare il sistema? Abbiamo abbastanza assi nella manica per colpire profondamente questo sistema malato che riconosce attenuanti ai pedofili con la sola scusa che si tratta di una devianza sessuale dipendente da una malattia e quindi non un reato?
Possiamo restare impassibili dietro la vita rovinata dei nostri figli in balia di persone sicuramente malate ma libere di agire e colpire i nostri figli?

Dovete sapere che i Paesi del G8 sono l'epicentro del mercato dei bambini. Circa la metà delle vittime del traffico pedofilo mondiale ha meno di 7 anni. Il 77% ne ha meno di 9. Un mercato illegale solo in teoria, ma di fatto libero. Perché è drammaticamente vero che chiunque, in questo preciso momento, a Roma o a Francoforte, a Mosca o Boston, Lisbona o Marsiglia può, con la propria carta di credito, scegliere razza, età, genere di perversione sessuale, tratti somatici della bambina (o del bambino) e acquistare, sicuro dell'assoluta impunità, la propria collezione di foto o il proprio film pedofilo. Anche se in questo caso la legge lo definisce un pedopornografo, cioè un individuo che gode nel vedere fotografie o filmati di minori in abiti discinti (e non solo). In questo caso a essere colpiti e puniti duramente non sarebbero solo i pedopornografi ma chi fornisce loro il necessario materiale, soloro che per soli scopi speculativi, cicuiscono i minori, la maggior parte di essi proviene dalle regioni povere dei paesi dell’est ma anche dal sud est asiatico, dall’europa del sud – ebbene si, anche l’Italia - dal sud e nord America. Stati Uniti, Germania, Russia, Regno Unito, Italia, Francia, Canada e Giappone - il cosiddetto "G8", cioè i Paesi industrializzati, assieme a Spagna e Polonia - rappresentano i tre quarti dei clienti del pedo-business, dell'unico mercato al mondo capace di porsi, senza regole, al di sopra della morale. Tra i Paesi maggiormente coinvolti nel traffico di materiale pedofilo spiccano la Germania, l'Olanda, gli Stati Uniti, Cipro, la Federazione Russa, il Canada, la Cina e il Portogallo.

La pedofilia e la pedopornografia sono uno schifoso traffico dai contorni mondiali, al pari di una organizzazione del commercio potremmo soprannominarla la WPPO World Pedo-Porno Organization e non fa nemmeno ridere...



2013/08/13

La questione dei Rom


No, non è per caso che ho inserito in questo articolo la fotografia del noto gruppo dei Gypsy Kings, gruppo formato da Rom spagnoli emigrati in Provenza al tempo della guerra civile spagnola, molto famosi nel periodo a cavallo fra i mitici anni ottanta e gli anni novanta. Loro rappresentano un paradosso, quegli stessi Rom, o zingari, che in Italia e in Francia sono malvisti e emarginati al punto da costringerli nelle periferie meglio se degradate delle nostre città, furono assurti a idoli acclamati con canzoni come Bamboleo (il pezzo forse più famoso) o Mi Vida. Ecco, sta tutto qui il senso di questo pezzo, dell'ultima mia fatica letteraria. Un paradosso forse, o forse no. La caparbietà, la determinazione di un popolo che è riuscito a emergere dalla spazzatura dove noi li abbiamo costretti. Noi, giudici della vita altrui. Noi, i perfezionisti contro un popolo che ancora non ha trovato chi riconosce la loro unicità, identità. Restando nel paradosso, i Rom sono un popolo stanziale, il nomadismo è proprio dei gitani ma noi, nella nostra incompetenza e campanilismo, non sappiamo distinguere, facciamo di tutte le erbe un fascio e accomuniamo in un unico destino popoli e genti diverse per cultura e abitudini.

Io i Gypsy Kings li ho conosciuti di persona, non a un concerto, comunque nel corso di una esibizione a cui seguì una cena, con ubriacatura sonora e non solo, un ritrovarsi come vecchi amici a mangiare e bere tutti insieme. Li ricordo con affetto, "caciari" e rumorosi, simpatici e smemorati, con qualche difetto linguistico tanto da confondere l'italiano con lo spagnolo frammisto al francese con qualche riflesso inglese. 

Il popolo dei Rom è uno dei principali gruppi etnici della popolazione di lingua romanes che è originaria dell'India del Nord. La caratteristica comune di tutte le comunità che si attribuiscono la denominazione rom è che parlano - o parlavano nei secoli scorsi - dialetti variamente intercomprensibili, costituenti appunto il romanes che studi filologici e linguistici affermano derivare da varianti popolari del sanscrito e di cui si trovano tracce nelle attuali lingue dell'India del Nord Ovest ove si colloca la parentela più prossima. I rom propriamente detti sono un gruppo etnico che vive principalmente in Europa, distribuiti in una galassia di minoranze presenti principalmente nei Balcani, in Europa centrale e in Europa orientale, benché la loro diaspora li abbia portati anche nelle Americhe e in altri continenti. La lingua parlata è il romanes o romani oltre alla lingua dello stato di origine.

Molti li chiamano zingari o li identificano dietro questo termine, piuttosto generico che, anche a causa della connotazione negativa che la parola ha assunto, alcuni ritengono politicamente scorretto definirli con questo termine e perciò vengono da alcuni superficialmente o erroneamente anche definiti nomadi (anche se la maggior parte non lo è più), rom (ma non tutti lo sono), sinti (il nome di una delle etnie), oppure in modo totalmente erroneo anche rumeni o slavi a causa della cittadinanza di molti di loro. In realtà non c'è alcuna connessione - neppure etimologica - tra il nome "rom" e il nome dello Stato di Romania, il popolo di lingua neolatina dei rumeni o la lingua rumena, né teoricamente con le popolazioni slave, in quanto i rom e i sinti sarebbero di origine indiana. Si può dire che quelli che noi chiamiamo Zingari comprendono un insieme di popolazioni parlanti lingue di origine neo-indiana e un insieme di popolazioni non parlanti lingue di origine neo-indiana. Questi due grandi insiemi condividono caratteristiche di vita particolari. Caratteristiche segnate per esempio dal nomadismo, in certe regioni d'Europa, e da altri tratti culturali in altre regioni. Perché una caratteristica da sottolineare, in quelli che noi chiamiamo Zingari, è che essi sono per la stragrande maggioranza sedentari e non nomadi.

La comunità Rom è oggi la più numerosa minoranza etno-culturale in Europa, suddivisa in centinaia di gruppi che si differenziano in relazione al periodo di permanenza nel paese, alle regioni di provenienza, alla lingua e all’appartenenza religiosa. Dei quasi quindici milioni di Rom che vivono in Europa la maggior parte risiede nei paesi dell’Europa centro orientale, con punte di quasi due milioni in Romania, circa ottocentomila in Bulgaria, pochi di meno in Ungheria e quasi mezzo milione in Serbia e Slovacchia. L’unico paese dell’Europa occidentale con un numero simile è la Spagna, con circa settecento mila presenze. I Rom rappresentano l’unica vera minoranza europea, come l’ha definita il Consiglio d’Europa, presente in tutti i paesi europei dal Portogallo alla Russia, ma anche quella più colpita da fenomeni di discriminazione ed emarginazione socio-economica.

Dipinto di Vincent Van Gogh
La popolazione Rom ha dietro di sé una lunga e drammatica storia di dolore. Un dolore a cui, irrinunciabilmente, i Paesi europei debbono mettere fine. Nessuno può più far finta di non vedere e decidere di non intervenire. In una città italiana del profondo sud, l'ultimo squallido intreccio di prostituzione infantile e pedofilia scoperto ha per vittime i piccoli rom. Si ripropone l'emergenza di salvaguardare i bambini e di dare un assetto alla complicata e spinosa vicenda di un'etnia cui dare garanzie e certezze. Come? Anzitutto, partendo dalla considerazione storica che, dopo cinquant'anni di pace consolidata in Europa, non vi è più alcun rischio di pogrom o di alcuna minaccia per nessun tipo di popolazione, nel nostro Continente. La libera circolazione di uomini e merci, con l'abbattimento delle frontiere, permettere ai Rom un'assoluta stanzialità.

Se da un lato i governi europei hanno il dovere di occuparsi di queste popolazioni, i Rom hanno il dovere di indicare alle autorità europee la loro scelta residenziale, attraverso, ad esempio, un censimento. Una volta definiti i nuclei per nazione, attraverso politiche sociali di vantaggio, sarà necessario avviare i bambini a scuola. Gradatamente, come avviene per tutte le etnie che approdano in Europa, anche le comunità Rom, proprio a salvaguardia della cultura e delle tradizioni da conservare e tramandare, vanno inserite in un progetto di piena integrazione continentale. Non è infatti pensabile che, mentre un cittadino europeo deve mandare a scuola i propri figli, un cittadino Rom possa evitare di farlo. La tutela dei bambini, di cui ci si riempie la bocca, deve valere anche per i piccoli Rom. Invece troppo spesso si tacita la propria coscienza, regalando qualche spicciolo a quelli che sono costretti a mendicare. Non è pensabile continuare ad avere due pesi e due misure in tema di salvaguardia dei diritti dei minori. Una maggiore alfabetizzazione, unita ad una graduale consapevolezza di diritti e doveri connessi alla stanzialità, favorirà la loro sempre maggiore accettazione. 

Il pregiudizio che i cittadini europei hanno nei confronti dei Rom è anche il frutto di una chiusura netta di molti appartenenti a questa popolazione al modo di vivere comune, fatto di regole semplici e di valori condivisi. E' da diverso tempo che siamo chiamati a vivere da cittadini europei, di non scappare più, ma semplicemente di circolare, come fanno tutti. Non sarà facile abituarsi alle regole comunitarie, fatte di doveri ma anche di tanti diritti ed opportunità, anche i Rom devono adeguarsi, se vogliono conservare la dignità di popolo fiero che li contraddistingue. E noi iniziare a rispettarli. Ci vorrà tempo per risolvere la questione Rom, ma la stessa sopravvivenza dei costumi di questo popolo passa per l'ineludibile evoluzione della loro e nostra coscienza collettiva. 

Ragazza Gitana con sigaretta - Manet
Non sono sicuro che voi possiate pensare come me, io non ho la ricetta magica per risolvere concretamente quello che ormai è divenuto a livello europeo il “problema Rom”. Tuttavia, se l’ostilità verso questa popolazione è così diffusa qualche fondamento l’avrà. Insomma, sappiamo bene che non è tutta colpa dei Rom e nemmeno colpa nostra se si e' arrivati a questo punto, tuttavia siamo qui e qui è necessario trovare, tutti insieme, una via d'uscita, onorevole, per entrambi i gruppi etnici pena l'annullamento o l'estinzione di uno dei gruppi più longevi d'Europa. La questione dei Rom è, in definitiva, la questione della tolleranza portata alle estreme conseguenze. La sfida ultima in tema d’integrazione: convivere con chi ha scale valoriali talvolta opposte alle nostre. In sostanza, i Rom minano le nostre certezze, lanciando una provocazione continua (e salutare) alle nostre stesse costruzioni sociali. Si tratta di una sfida positiva, che non possiamo rifiutarci di cogliere. Ciò non significa che le leggi dello Stato ed i principi di legalità non vadano rispettati, e neppure intendo dire che noi dobbiamo chiudere un occhio o fare sconti sul rispetto delle regole fondamentali della convivenza civile. Semplicemente, ritengo che la via maestra sia la gestione, paziente e quotidiana, di un conflitto che, a mio modo di vedere, cesserà di esistere solo quando avremo la consapevolezza delle nostre azioni, avremo accettato le minoranze e ci saremo integrate con loro. E non sarà solo un nostro compito ma un impegno corale per arrivare a condividere esperienze salutari per entrambe le comunità. Ridurre la tensione a piccoli passi, mirando a eliminarla, nella consapevolezza che ciò non sarà mai pienamente possibile se realmente non ci impegnamo tutti. E questo anche se integrazione non significa assimilazione.