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2015/03/06

Noi e la Libia

Bisogna essere molto cauti nell’intraprendere qualsiasi azione armata ma non è neppure possibile far finta di niente, subire, non reagire, come stanno facendo in queste settimane l’Italia e l’Europa davanti al caos libico mentre l’ONU sostanzialmente decide di non fare nulla e aspettare gli eventi

D'altronde i fatti di Libia sono anche conseguenze di una politica scellerata nei confronti di Gheddafi qualche anno fa. Francia e USA ne portano per primi la responsabilità, ma come molto spesso succede “non pagano dazio”.

Ma alcune cose si possono fare, subito, davanti all’offensiva dell’ISIS cominciando per esempio a distruggere sistematicamente – vuote! – tutte le imbarcazioni e i gommoni che trasportano i disperati. Lo si è fatto a suo tempo in Albania e si può farlo anche in Libia, perché si sa benissimo da dove partano i viaggi dei novelli schiavisti e questo deve avvenire preventivamente sulla costa oppure un minuto dopo l’avvenuto trasbordo dei clandestini 

Se non lo si fa è perché non si ha il coraggio o la possibilità di farlo e la brutta figura della nostra motovedetta disarmata che deve restituire il gommone a tre tagliagole offende il buonsenso prima ancora della dignità nazionale. 

Se i migranti non sono più una questione umanitaria ma innanzitutto un ricatto politico non lasciamoci ricattare: se si sparge la voce in tutto il Nordafrica che il mare non lo si può più attraversare diminuiranno i passaggi ma se – come oggi – si strombazza in TV che tutti vengono raccolti è ovvio che il traffico si moltiplica.

L’Italia – minacciata direttamente - alzi inoltre finalmente la voce a livello internazionale CON ATTI CONCRETI perché è la Sicilia a due passi dalla Libia, non a Berlino o Parigi.

Per esempio l’Italia rimpatri (o minacci di rimpatriare) SUBITO tutte le nostre presenze militari all’estero, dall’Afghanistan al Libano al Kossovo. Sospendiamo il pattugliamento internazionale in Oceano Indiano (tanto vediamo cosa succede, per ringraziamento, ai nostri due Marò…) e per protesta si lascino tutte le missioni “di pace” (spesso quasi inutili o diventate marginali) e vedrete che qualcuno si sveglierà.

Cominci intanto a dimettersi contro l’ignavia europea anche la “ministro nulla” ovvero la signora Federica Mogherini che sta solo “nella vigna a far da palo” e conta meno di zero a livello europeo, e lo si è visto per la Libia così come per l’Ucraina. 

Un po’ di nerbo, santiddio, non la solita poltiglia italiana che ci fa ridere dietro a livello internazionale!

2015/02/28

ISIS guerra persa prima ancora di cominciare

Questa volta nessuna immagine. Volutamente ometto di inserirla, Nessuna delle immagini sul web è sufficientemente capace di mostrare il mio sdegno e preoccupazione per quello che sta succedendo ora.

Mentre la Francia e il Regno Unito scoprono con orrore che le persone normali possono essere improvvisamente trasformate in tagliagole, ritorno su questo fenomeno che non ho mai smesso di denunciare: alcuni jihadisti non sono né takfiristi, né mercenari, ma sono stati condizionati per diventare assassini.

Per l’ennesima volta non mi stupisco quindi che i criminali dell’ISIS la facciano da padrone in Medio Oriente e in Libia vista la pochezza dell’Europa che sta loro di fronte e che non ha il coraggio di opporsi a questi criminali. 
“L’Italia agirà con fermezza” dice Renzi. Giusto, con “fermezza” si intende che si starà appunto fermi, immobili, nulla decidendo. Così come nulla decide l’ONU, l’Europa, l’intero occidente “cristiano” svogliato e distratto. Anzi, nessuno aiuterà perfino i libici che si oppongono all’ISIS, pur di non compromettersi. 

Ci sarà solo una breve polemica dopo il prossimo attentato, una lacrima per le prossime morti in mare e poi nuovamente calerà il silenzio. Intanto avanti con gli sbarchi, gli scafisti, le rappresaglie, i cristiani e i prigionieri messi in gabbia e poi bruciati o strangolati, gli omicidi, gli stupri. 

L’ottusità umana è sempre la stessa: i nazisti che ieri bruciavano i libri, questi lucidi pazzi assassini oggi dell’ISIS che oggi distruggono le statue. Intorno un mondo colpevolmente idiota, ebete, distratto in attesa del prossimo video, del prossimo orrore, del prossimo disastro. Anzi, visto che i video “disturbano” la proposta di alcune TV è di non trasmetterli nemmeno più perché – sia pur censurati – potrebbero far inorridire le anime belle 


2015/02/23

Lo schiaccianoci


Il Brussels Blog del Financial Times ha pubblicato cento pagine di trascrizioni inedite di interviste che Timoty Geithner ha rilasciato ai suoi assistenti nella fase di preparazione del suo libro Stress Test: Reflections on Financial Crises. Molte delle citazioni compaiono nel libro, altre svelano ulteriori retroscena su quella fase critica (fine 2011-estate 2012) di crisi della zona euro.

Il Brussels Blog rivela innanzitutto come, per l’allora Segretario del Tesoro, il “whatever it takes” di Draghi del luglio del 2012 è stato improvvisato e non vi era alcun piano preciso da parte del presidente della Bce. Geithner ricorda come poco prima della famosa frase, con la comunità degli hedge funds convinti che l’Europa stesse finendo, Draghi non sapeva letteralmente che fare, era allarmato e ha costruito una serie di frasi come ‘we’ll do whatever it takes’. “Ridicolo”, afferma  Geithner. 

”Andai a vedere Draghi all’epoca e Draghi non aveva nessun piano. Il suo piano erano questa sorta di frasi vuote di questo tipo”. Deve far riflettere molto tutti coloro che ancora pensano che la Bce possa iniziare una politica di Quantitative Easing.
Sulla politica europea di quella fase, Geithner aggiunge alcuni particolari alle sue rilevazioni del suo libro che già aveva fatto molto discutere. E nel G-20 in Francia che Sarkozy ospitò in piena campana elettorale, gli europei “ci hanno approcciato in modo soft, indirettamente dicendoci: ‘Vogliamo che vi unite a noi nel forzare Berlusconi alle dimissioni’. Volevano che  dicessimo che non avremo supportato un aiuto del FMI o ogni altro supporto all’Italia qualora Berlusconi fosse rimasto premier. It was cool, interesting. I said no….”, dichiara l’ex Segratario del Tesoro. E questo è più o meno quello che già sapevamo attraverso la sua biografia. 

Ma poi è arrivata la parte nuova: “Ricordo che quando andai a cena guardai il mio Blackberry. Era un cazzo di disastro in Europa. Le azioni delle banche in Francia stavano scendendo del 7-8%.
Per me era come assistere ad una carneficina a causa di persone che stavano dicendo: la crisi in Grecia, chi è esposto in Grecia?… Gli europei arrivarono a quell’incontro dicendo: ‘Daremo ai greci una lezione. Sono veramente terribili. Ci hanno mentito. Hanno succhiato e si sono approfittati della situazione e li schiacceremo’ era l’atteggiamento di tutti loro. Ma la principale cosa che ricordo aver detto a queste persone è stato: ‘tu puoi mettere i tuoi piedi sul collo dei greci, se è quello che volete”. 
Ma, prosegue Geithner, dovete mandare un messaggio di rassicurazione all’Europa e al mondo che lo farete insieme e non divisi. Dovete proteggere il resto dell’Unione”. Dovete essere sicuri di costruire questa capacità per rendere quest’impegno credibile mentre date questa lezione ai greci, il messaggio.

“Ho sottostimato completamente la possibilità che gli europei avrebbero fallito in tutto per i tre anni successivi. Ho pensato che fosse inconcepibile che avrebbero potuto fare così male come in ultima analisi hanno fatto. Ma i primi segnali vanno riscontrati in quel dibattito iniziale. Erano stati ingannati dai Greci. E ‘stato imbarazzante per loro, perché i greci avevano finito per prendere in prestito tutti questi soldi ed erano pazzi di rabbia e volevano solo vendicarsi”.

Ma, sottolinea Geithner, in questo modo stavano alimentando e rafforzando tutto il dramma  che sarebbe seguito. La Grecia è oggi un paese in cui tre cittadini su cinque hanno superato o stanno superando la soglia di povertà, sono stati rinegoziati i principali diritti sociali garantiti per Costituzione e a cui è stato imposto un piano di privatizzazioni selvagge. Le politiche imposte alla Grecia, da allora, sono divenute  il principale modello di riferimento per gli altri paesi, tra cui l’Italia.