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2021/11/27

Non andrà tutto bene



Contrariamente a quanto affermato nel corso dei primi giorni della pandemia da Covid-19 quando più o meno tutti ci dicevano che "andrà tutto bene", stiamo assistendo ad un "sta andando tutto male".

Il ceppo originario del virus ha lasciato il posto a varianti fino ad arrivare alla Delta e Delta plus e adesso c'è Omicron che si preannuncia molto più infettiva delle prime che l'hanno preceduta e foriera di nuovi decessi, questi ultimi non sappiamo quanti ne arriveranno ma è lecito pensare che bisogna prepararsi al peggio.
L'incubo non è ancora finito!

La variante Omicron

È stato registrato in Belgio il primo caso europeo di variante sudafricana, un ceppo molto contagioso che ha 32 mutazioni : nella provincia del Gauteng, da cui proviene, in tre settimane il tasso di positività è schizzato da meno dell’1 al 30 per cento. Mentre crollano i listini e l’Ue valuta la sospensione di tutti i voli dall’Africa australe (Italia e Germania li hanno già fermati per 14 giorni ) ciò che più spaventa governi e mercati è che questa variante, chiamata ufficialmente "Omicron", possa sfuggire ai vaccini.

“Siano immediatamente adattati” ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “i contratti con i produttori lo prevedono”. È troppo presto per dire se sono necessari nuovi vaccini , dice l'Agenzia europea per i medicinali, mentre Pfizer e BioNTech fanno sapere di essere in grado di sviluppare e produrre un vaccino su misura contro le varianti in circa 100 giorni.

Ma l’immunizzazione universale è davvero la chiave per uscire dalla pandemia? Gli esperti dicono di sì e che l'unico modo di metterci al riparo dalla proliferazione delle mutazioni è vaccinare anche nei Paesi più poveri.

Omicron è arrivata anche in Italia.

Un primo caso accertato in Italia dove una sequenza riconducibile alla variante Omicron è stata identificata su un uomo atterrato a Milano dal Mozambico e residente a Napoli. Un caso anche in Belgio, due in Germania, due nel Regno Unito. Omicron è arrivata in Europa e l’Europa si blinda organizzando una riunione d’emergenza della commissione europea per delineare le misure da prendere. "Dopo aver attivato il freno d'emergenza per contrastare Omicron stiamo lavorando su ogni pista da seguire", fa sapere la presidente della commissione Ursula von der Leyen. 

E anche il Regno Unito introduce nuove misure rigidissime: tamponi molecolari per tutti i viaggiatori internazionali entro il secondo giorno dall'arrivo e autoisolamento per tutti fino a tampone negativo, vengono reintrodotte le mascherine nei negozi e negli ambienti interni e potenziata la campagna per la terza dose. 

Ma cosa possiamo fare per prevenire il contagio? 

Le raccomandazioni dell’Oms invitano a rafforzare le misure con più mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani. 

In Italia alcune regioni sono già corse ai ripari: a Milano, Como e Monza da oggi mascherine obbligatorie all’aperto nei centri storici, così come a Roma nelle vie dello shopping. Intanto nelle ultime 24 ore il bollettino nazionale registra 12.877 nuovi positivi e 90 morti. Un incubo che al momento non sembra finire.

Perché Omicron?

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha ribattezzato Omicron la nuova variante del Covid-19 scoperta nei giorni scorsi dalle autorità sanitarie del Sudafrica e già in via di diffusione anche in Europa. Dall'inizio della pandemia, l'Oms ha chiamato le varianti del virus assegnando loro di volta in volta una lettera dell'alfabeto greco. La prassi va incontro a ragioni di comprensione universale del termine utilizzato, ma mira anche a evitare che una forma patologica possa essere identificata con il Paese nel quale è stata isolata per la prima volta.

La prassi dell'Oms, però, stavolta, ha subito per la prima volta una deroga: l'organismo dell'Onu ha infatti saltato le due lettere dell'alfabeto che erano "di turno" per l'assegnazioni a nuove varianti: la Nu e la Xi. La "versione" del virus scoperta in South Africa, infatti, avrebbe dovuto essere chiamata Nu, a ruota della variante colombiana che era stata denominata Mu. Invece l'Oms ha saltato la Nu e anche la lettera successiva, la Xi. In assenza di spiegazioni ufficiali, inizialmente la decisione è finita al centro di un piccolo giallo che ha alimentato anche polemiche politiche nel momento in cui è parso che la lettera Xi fosse stata evitata per non offendere il presidente cinese Xi Jinping.

In seguito, sollecitata dai media, l'Oms ha emesso un breve comunicato in cui ha spiegato le ragioni dell'esclusione delle due lettere. Nel caso della Nu, la lettera ha foneticamente troppa somiglianza con la parola inglese New e poteva generare equivoci. Quanto a Xi, la spiegazione dell'Oms, è che si è voluta evitare perché rappresenta un cognome diffuso e l'organizzazione è sempre molto attenta a scegliere per le nuove malattie dei nomi che non offendano "gruppi sociali, culturali, nazionali, regionali, professionali o etnici".

I maligni hanno voluto rimarcare però che quel cognome molto diffuso in una regione non citata è però quello del presidente cinese Xi Jinping. "Se l'Oms ha così paura del Partito comunista cinese - ha twittato negli Usa il senatore repubblicano Ted Cruz - come possiamo pensare che denunceranno (i cinesi) la prossima volta che cercheranno di coprire una pandemia globale catastrofica?"



 
   




2021/11/15

Su con la vita



Sarà per il correre degli anni, ma mi sento sempre più un alieno: ascolto musica che mi sembra immondizia eppure viene pompata come “top” a livello planetario, assisto a show televisivi che personalmente mi sembrano di demenza collettiva, ascolto notizie che assomigliano molto a quelle del Regime, visto l’allineamento di quasi tutti i media ossequenti.

Parole fatte, fritte e rifritte, banali ma utili a riempire i TG con sempre largo spazio alla “cronaca nera” che sembra riempire le menti di milioni di persone, ma censura aperta su tanti temi che non vanno o alle voci che escono dal coro (valga la questione pandemia sulla quale mi sembra ci sia sempre meno chiarezza).

Ossequio internazionale ai “buoni” e dileggio ai “cattivi” (sempre quelli) cui vanno imputate tutte le nefandezze cosmiche. Accurato silenzio su come risolvere concretamente i temi irrisolti, ma spazio per gli show di chi protesta per i “bla bla bla” (vedi Greta) che però riproduce analoghi “bla bla bla” senza mai andare a prendersela con chi veramente ha la responsabilità dei disastri. Così l’Italia si autodistrugge il futuro auto-vietandosi ogni ricerca petrolifera o atomica, mentre la Cina aumenta di un milione di tonnellate al giorno l’estrazione di carbone… mah.

Ma non è vero che tutto va male: innanzitutto ogni giorno incontro una infinità di gente che la pensa come me eppure sta zitta, temendo di uscire allo scoperto, ma poi scopro sempre più grandi pozzi di volontariato, disponibilità, attenzione al prossimo che sui media non passano mai.

Alla fine tante volte il silenzio è meglio del caos, gli esseri umani sono diversi – per fortuna – da come spesso vengono dipinti e nel mondo c’è ancora spazio per Speranza, Fede, solidarietà.

Se ci penso torno su di morale, mi guardo indietro e penso a come vivevano nonni e bisnonni. Ci lamentiamo tanto per l’oggi ma nel passato non c’erano sicurezza, assistenza sociale, medicine, consumi voluttuari, mille scoperte che soprattutto negli ultimi 150 anni hanno trasformato (in meglio) la nostra vita: credetemi, alla fine siamo ancora noi i più fortunati.

2021/10/28

ENERGIA NUCLEARE: PARLIAMONE



L’incremento dei prezzi dell’energia con le conseguenze sull’economia generale impongono di riprendere in mano la pratica energetica. Dopo qualche anno di petrolio a basso prezzo e anche sull’onda “green” che si diffonde nel mondo è evidente infatti che lo studio e la applicazione di nuove forme di energia sia all’ordine del giorno del pianeta.

E’ bastato però che Draghi e qualche ministro accennassero all’utilità di riprendere gli studi su una energia nucleare più moderna e “pulita” che immediatamente si levassero le proteste degli ecologi oltranzisti per i quali ogni discorso è stato chiuso del referendum di 35 anni fa.
Al tempo fui uno pochi (circa il 20% degli elettori) che votò SI, ma la vittoria del NO – era appena successo il disastro di Cernobyl, l'opinione pubblica ne era sconvolta - fu schiacciante e da allora questo tema è tabù.

Eppure il 20 settembre il ministro Cingolani si era limitato a dichiarare la pura verità ovvero che l’energia importata oggi dalla Francia (pari al 5% delle necessità italiane) è «prodotta con il nucleare a due passi da noi». Di per sé questa frase è molto generica, ma resta il fatto che in Francia sono attive 18 centrali nucleari per un totale di 56 reattori, con cui sono prodotti 379,5 TWh di energia elettrica, più del 70 per cento del totale prodotto nel Paese. Importiamo ancora più energia dalla Svizzera (l’8,7% delle necessità italiane) e va ricordato che anche in Svizzera sono attive 3 centrali nucleari.
L’Italia produce circa l’84 per cento dell’energia elettrica che utilizza in un anno, stando agli ultimi dati diffusi da Terna, la società che gestisce la rete elettrica italiana, riferiti al 2020. Il resto, il 16,1 per cento, lo importiamo. Quasi la metà arriva dalla Svizzera, un terzo dalla Francia e il resto da Slovenia e Austria. E tutta l'energia che importiamo è prodotta con il nucleare. Ma anche buona parte dell’energia prodotta in Italia dipende da forniture di materie prime energetiche dall’estero.

Già oggi, quindi, una parte dell’energia elettrica che consumiamo è di origine nucleare, anche se si fa finta di dimenticarlo. A mio avviso è una grande ipocrisia, visto che ad oggi l’energia nucleare resta una delle poche forme energetiche ad emissioni zero di CO2, con potenziali produttivi illimitati. Sarebbe interessante calcolare quanti milioni di tonnellate di CO2 si producono in Italia bruciando prodotti fossili e gas e quanti già oggi se ne risparmino grazie al nucleare.

E’ evidente che questa forma energetica può comportare rischi, ma come per ogni azione umana vanno studiati ed affrontati i pro e i contro. Forse la gente non considera che negli ultimi 70 anni sono stati molto di più i morti per un’energia “green” come l’idroelettrico che per il nucleare (la sola tragedia del Vajont costò 3.000 vittime, ben di più di tutte quelle legate a Cernobyl) e anche a considerare le potenziali vittime “indirette” i conti non cambiano di molto.

Secondo gli stessi dati di Legambiente negli ultimi 70 anni (a parte Cernobyl di cui tuttora non si conoscono dati ufficiali) ci sono stati nel mondo alcune decine di incidenti “gravi” legati al nucleare che hanno causato circa 500 morti dei quali 300 (presunti) per un incidente a Sellafeld i Gran Bretagna il 7 ottobre 1957 (64 anni fa!). E’ molto probabile che i contaminati per radiazioni siano stati nei decenni molti di più e che numerose siano state le vittime indirette e per successivi tumori legati alle emissioni atomiche, ma è altrettanto vero che oggi le procedure di sicurezza sono infinitamente più severe che negli anni ’50.

Lo stesso disastro di Cernobyl avvenne solo perché fu gestito in modo scriteriato e – applicando le procedure adeguate e standard già allora in vigore - non solo lo si sarebbe evitato, ma ne sarebbero state ridotte le sue gravi conseguenze.
Tutto ciò non per sottovalutare i rischi, ma solo per dire che non ha senso abbandonare l’energia nucleare per preconcetto, mentre invece vanno continuati e sviluppati gli studi per rendere questa risorsa più sicura da tutti i punti di vista.

Alla fine i veri problemi per produrre energia nucleare civile sono legati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi ed a possibili incidenti legati a catastrofi naturali o ad attentati terroristici. Per i primi è necessario procedere a studi ineccepibili sulla localizzazione degli impianti, ma anche a prevenzioni adeguate mentre per i secondi - proprio perché gli obiettivi sono e sarebbero numericamente ridotti – sarebbero e sono anche più facilmente difendibili. Nel mondo non si è sospesa la costruzione di grattaceli dopo l’11 settembre, né fermate le metropolitane o gli aerei per possibili dirottamenti, ma invece sono state aumentate le difese attive e passive contro questi rischi, esattamente come si dovrebbe fare per centrali e stoccaggi nucleari.

Questi ultimi sono un rischio davvero trascurabile: stoccaggi a migliaia di metri di profondità ed adeguatamente protetti rendono meno che infinitesimali i rischi mentre sul tema è più facile e consuetudine scatenare la bagarre demagogica.
Per contro va anche ricordato che data la loro quantità sono infinitamente maggiori i rischi legati ad inquinamenti di materiali usati per batterie elettriche o smaltimento di queste produzioni.

Pur agendo con estrema prudenza mi pare assurdo bloccare il nucleare, mentre si deve piuttosto insistere nella ricerca, negli studi, nelle difese contro potenziali rischi collegati a questa energia che è comunque naturale e ci può essere estremamente utile.
Almeno parlarne è doveroso, assurdo è il tacere e ancora più assurdo affrontare i problemi con pregiudizio assoluto, senza nemmeno accettare il confronto.

2021/10/23

... inutile come un camino ...


Veramente, la citazione originale, riportata volentieri in quasi tutti gli opuscoli e le pubblicazioni che si occupano di caminetti, almeno in Italia, è: '...inutile come un camino d'estate', ed è frase di Francesco Milizia, Architetto veneto del settecento, riportata nella sua opera Principj di Architettura Civile, del 1785.

Se ci siamo permessi di parafrasare una così autorevole fonte, è perché, nei quasi due secoli e mezzo che ci separano dalla pubblicazione del celebre trattato, l'architettura e l'edilizia civile in genere, la tecnologia del riscaldamento, così come il nostro stile di vita, si sono talmente modificati, che non ci è parso troppo irrispettoso attualizzare il problema, e porci la domanda: a che diavolo serve, oggi, un camino?

Non a riscaldare: se chi legge ha avuto- o avrà - la bontà e la pazienza di seguire la trattazione sulle stufe, saprà che un caminetto aperto è una fonte di calore del tutto inefficiente e, spesso, insalubre, che è stata da tempo sostituita da altre tecniche di riscaldamento, assai più comode ed economiche.

Non a cucinare: lasciando pure da parte i cibi precotti ed i prodotti di 'fast food' che sempre più spesso occupano la nostra tavola (quando non vengano consumati addirittura in piedi...), francamente non vediamo i nostri contemporanei di qualunque sesso e condizione rinunciare alle comodità di una cucina moderna per tornare a tecniche e strumenti di cottura già dimenticati prima dell'alba del ventesimo secolo. Qualche bruschetta natalizia o pasquale non giustifica certo l'impegno ed il costo che la realizzazione di un camino comporta.

Pure, mai come oggi i camini sono stati amati e richiesti - e mai come oggi l'offerta della produzione è stata così varia ed articolata da provocare un così grave imbarazzo nella scelta. Tutti gli stili e tutte le tendenze del disegno d'interni e dell'architettura, dal classicismo più tradizionalista sino all'high tech più avveniristico e sfrenato, sembrano considerare irrinunciabile l'impiego di questo antichissimo elemento, il fuoco, e della sua cornice: il caminetto, appunto.

Eppure forse è proprio in questo il segreto della nuova vita del caminetto: nella sua lussuosa inutilità, nella sua totale separatezza da qualunque reale scopo pratico.

Svincolato dalla necessità di riscaldare e di cucinare, gravosi compiti affidati ad altri - più tecnologici e meno aristocratici - strumenti, il camino gode oggi dell'immenso privilegio di essere scelto, invece che subìto, lasciando all'estro dell'architetto, all'intuito dell'arredatore, alla genuinità del proprietario, la libertà della forma, della dimensione, della collocazione. Ridotto a puro contenitore del fuoco, ritrova la sua primitiva sacralità di focolare domestico, di centro naturale d'attrazione della vita famigliare, contendendola, egli soltanto, a quell'altra moderna scatola di luce e colori, la televisione, dal contenuto, ormai, assai più monotono e ripetitivo del guizzare della sua fiamma.

Accucciarsi davanti al focolare, pulirlo con cura della vecchia cenere, scegliere e posizionare con calma i giusti tagli di legno, i più piccoli e più facili da bruciare prima e quelli più grossi e durevoli poi, accendere finalmente il fuoco, curarlo finché prenda adeguatamente, e poi sedersi soddisfatti ad ammirare il risultato, attizzando la fiamma ogni tanto, magari solo per il gusto di sfavillare qualche scintilla in giro, è l'unica antica cerimonia che sia rimasta nella nostra automatizzata e supertecnologica vita, che ci faccia sentire ancora fratelli di Prometeo, rinnovando l'eterno stupore del fuoco, e l'intimo orgoglio di saperlo dominare, gesti semplici dal significato immediato, che suonano corde ancestrali ancora non del tutto sopite della nostra originaria natura di cacciatori e raccoglitori del Paleolitico....

Lasciarsi abbrustolire al calore della fiamma dà ancora un piacere che nessun riscaldamento centralizzato può imitare, ascoltare nella notte lo scoppiettìo dei ceppi dà un senso di sicurezza e rilassamento che nessun moderno farmaco può sostituire, lasciar vagare lo sguardo sul guizzante e mutevole gioco di luci di un focolare in penombra libera ancora la fantasia e l'immaginazione che il bombardamento mediatico radiotelevisivo opprime ed atrofizza...

La semplice cura di un focolare ha un valore terapeutico che il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe riconoscere, consentendone l'installazione al prezzo di un modesto 'ticket', come misura profilattica contro lo sciocchezzaio e la confusione della vita moderna...

Un caminetto riscalda, illumina, favorisce la ventilazione della casa, fa compagnia ed arreda. Nessun altro componente della casa, né strutturale né accessorio, svolge così tante e mutevoli funzioni insieme. Certamente la caldaia riscalda di più e più economicamente, le lampade elettriche illuminano meglio, la televisione o la radio hanno una colonna sonora più varia, e altri sistemi tecnologici rendono la nostra vita più semplice e comoda, ma nessuno che corrisponda ai nostri istinti più intimamente del camino, nessun che sia più affine a noi stessi, nessuno che sia così versatile e plasmabile alle nostre esigenze.

Un camino posto in un qualunque spazio, trasforma una stanza vuota in una casa: nient'altro ha questo incredibile potere.
Ecco, il potere di trasformare anche una banale abitazione moderna, industriale, anonima, in una Casa: basterebbe questo, crediamo, a far desiderare un camino.
E scusate se è poco...

2021/10/21

THE DAY AFTER



Serve a poco che la sondaggista Ghisleri si affanni a spiegare che su quasi 50 milioni di elettori italiani il 4 ottobre ne erano chiamati al voto solo 12 milioni, che hanno effettivamente votato sola la metà degli elettori e che domenica scorsa ai seggi ne sono andati molti di meno, neanche il 5% del corpo elettorale: la percezione (corretta) è che il PD abbia vinto e gli altri abbiano perso. 

Il centro-destra si è salvato a Trieste ma è crollato in tutti gli altri centri andati al voto di ballottaggio, come peraltro era prevedibile, salvo qualche caso davvero incredibile (come a Latina), con votanti scesi tra il 30 e il 40%.

Letta può quindi giustamente esultare, ma non solo per i risultati in sé quanto perché dalle urne esce la conferma che - se si andasse a votare con un centro-sinistra unito - il PD potrebbe vincere le prossime elezioni politiche e (dopo aver messo un suo uomo al Quirinale) Letta potrebbe quindi blindare l’Italia per i prossimi cinque anni.

Improvvisamente la possibilità di elezioni anticipate - prima fortemente sostenute a destra - sembrano convenire ora alla sinistra, anche perché gli avversari sembrano KO con il rischio di ulteriori fratture nello stesso centro-destra dove, soprattutto, non emerge un leader capace di porsi come guida stabile della potenziale coalizione.

Le divisioni a destra non hanno pagato nonostante i sondaggi perché un conto è correre ciascuno per conto proprio inseguendo l’elettorato del vicino, un conto convergere su un candidato unico a sindaco quando è percepito appartenere alla “concorrenza”. Fallite le giunte pentastellate ecco ora i voti grillini rientrare a casa PD, partito comunque capace di mantenere più o meno i propri voti. Quando a casa restano poi soprattutto gli anticomunisti, la vittoria è assicurata.

Il voto di domenica conferma anche come i rapporti PD-M5S siano potenzialmente in miglioramento sposando le posizioni di Conte, ormai specializzatosi nel ruolo di pontiere.
E pensare che al centro-destra (ormai abbonato alle sconfitte ai ballottaggi, perché il proprio elettorato è storicamente poco propenso ad andare a votare al secondo turno) basterebbe un codicillo alla legge elettorale amministrativa per sparigliare: 

“Se al ballottaggio chi vince prende comunque meno voti di un altro candidato al primo turno, quest’ultimo, essendo stato il più votato, è allora eletto sindaco.” 

Sembra una banalità, ma è un caso ormai diffuso che chi vince il primo tempo perde al secondo per un forte calo di elettori. In fondo sarebbe una più corretta forma di democrazia, si eviterebbero dispersioni di voti su candidature senza senso al primo turno evitando che i potenziali vincitori ripudino le alleanze ai ballottaggi conquistando quindi da soli il premio di maggioranza cui aggiungere altri seggi di liste apparentate solo informalmente, ma con le quali ci sono già accordi di successive maggioranze allargate.

Si finisce presto nei tecnicismi elettorali, ma sono questioni importanti per elezioni comunali dove ormai vota meno del 40% con il risultato di sindaci eletti con anche meno del 20% dei voti rispetto al corpo elettorale.

Il centro destra si ritrova intanto in un angolo da dove sarà ben difficile uscirne perché il problema è soprattutto Draghi. Ci fosse un leader del PD come premier sarebbe plausibile una rottura di governo, ma come mettersi contro il Mario Nazionale, interpretato dai più (e soprattutto dai media) come ancora di salvezza?

Oltretutto stando mezzi dentro e mezzi fuori il governo è evidente che il messaggio all’elettorato di centro destra diventa ancora più ambiguo e poco plausibile.
Ecco perché a Letta potrebbe convenire - a primavera - di tentare il colpaccio di andare subito a nuove elezioni, anche se contemporaneamente scenderebbero le possibilità di Draghi subito al Quirinale, perché verrebbe meno un punto di riferimento certo come premier.

Fossi il leader del PD lavorerei quindi per una proroga di Mattarella per andare poi subito al voto con Draghi confermato premier, vincere, mettere un proprio uomo di fiducia al governo e poi cambiare l’inquilino sul Colle garantendo a Draghi la poltrona dorata. Possibile che i leader del PD non ci stiano pensando?

Di positivo a destra c’è solo che il rischio di perdere in futuro sembra aver convinto Meloni, Salvini e Berlusconi a rafforzare l’intesa e ad insistere per non cambiare il sistema elettorale: è poco, ma è già qualcosa.