Ormai se ne sono accorti tutti,
gli sforzi che la Germania della cancelliera Merkel e la Francia del presidente
Hollande per tenere in vita l'Euro sono sporporzionati rispetto al sacrificio
di milioni di cittadini europei. Europei perchè in un modo o nell'altro tutti
dovranno rimboccarsi le maniche e metter mano al portafoglio per finanziare la
crisi degli altri Paesi dello scacchiere europeo e non solo i cittadini di quei
Paesi poco attenti al bene comune dotati di politici dalle mani bucate (ogni
riferimento ai politici italiani è puramente casuale). Sappiamo anche che non
tutti hanno gradito e gradiranno dover metter mano ai risparmi per sanare i
debiti di chi non ha saputo gestire con attenzione la spesa. Adesso nel bene o
nel male in Europa piangeranno tutti, anche i tedeschi nonostante siano i primi
della classe.
Questi sono gli eventi che
accadono in Europa, e sono in grado di cambiare il destino di un popolo, altri
ancora di cambiare il percorso di molti popoli europei. Ma altri eventi avvennero
cinque secoli indietro nel tempo, eventi che cambiarono il nostro modo di
vivere. La scoperta, del tutto casuale, delle miniere d’argento in Messico e in
Perù permise alla Spagna del 1500 di dotare l’Europa di una base monetaria. Fu
un evento che cambiò non solo il destino individuale di molti uomini ma anche
quello di interi popoli (fu a causa di questa scoperta che gli Inca e Aztechi
vennero sterminati), non solo, tutta quella che allora era l’umanità (anche in
Cina dove la guerra dell’oppio ebbe quale determinante la saga dell’argento
spagnolo).
Nel Medioevo, causa la
rarefazione dei metalli preziosi, e dell’oro in particolare, le monete erano
così sottili da poter essere piegate con le dita. La scoperta di ingenti
giacimenti d’argento da parte degli spagnoli fu sagacemente utilizzata dalla
Repubblica Veneziana per arrivare a coniare nel 1472 la prima lira. La
cosidetta lira Tron (dal nome del Doge di cui portava l’effigie) pesava sette
volte le monete precedenti e non poteva essere piegata. L’Europa si trovò così
ad avere per la prima volta una vera moneta.
Facciamo un passo indietro. I
romani coniavano monete già duemila anni prima, L'utilizzo dell'aes rude
utilizzato dal 509 a.C. si scontrava con la scomodità di dover pesare il
quantitativo di bronzo ad ogni scambio. Su iniziativa di singoli mercanti,
quindi, si iniziò ad utilizzare getti in bronzo di forma rotonda o rettangolare
su di cui era riportato il valore, detti aes signatum. La prima moneta standardizzata
da parte dello Stato fu l'Aes grave, introdotta con l'avvio dei commerci su
mare intorno al 335 a.C. Con il passaggio alla monetazione al martello, l'aes
diventò una moneta fiduciaria, il cui valore non era cioè più legato al
contenuto in metallo. Le prime monete battute emesse da Roma furono alcuni
didracmi d'argento di chiara ispirazione greca (ancora la Grecia, la storia si
ripete pericolosamente) ed alcune monete frazionarie collegate sia in argento
che in bronzo. Queste monete sono nell’immaginario degli addetti ai lavori
indicate con il nome di romano-campane, in quanto
furono molto probabilmente
coniate in Campania nel III secolo a.C., allo scopo di facilitare il commercio
con le colonie greche del sud Italia. Torniamo dunque al 1472, in quello stesso
anno, in un’altra città italiana, Siena, veniva fondata la banca più antica del
mondo, il Monte dei Paschi.
Banca e moneta: le basi della
finanza moderna. Finanza nata in Italia nel Cinquecento grazie al cronico
indebitamento della corona spagnola (che coniava argento per mantenere i suoi
eserciti) e al continuo disavanzo commerciale della Germania (non sono sempre
stati reprobi come vorrebbero far credere), allora grande importatrice delle
merci orientali di cui Venezia deteneva il monopolio distributivo. La finanza
italiana godeva della miglior reputazione mondiale perché ben vigilata: la
zecca di Venezia veniva controllata dalla magistratura.
Il valore della moneta certo.
Le monete spagnole invece erano
invece così falsificate da non essere più accettate all’estero. Un editto
genovese del 1642 aveva bandito l’uso dei pesos perchè non sussistevano più
sufficienti garanzie di autenticità. Bisogna poi aggiungere che funzionari
corrotti e omessa vigilanza facevano sì che la Spagna non godesse di
reputazione finanziaria in Europa (quante coincidenze con l’attuale situazione
finanziaria del Paese, verrebbe da pensare che sia il destino della Spagna,
oggi come un tempo non essere credibile finanziariamente). La virtù
fondamentale della moneta come equivalente di valore per gli scambi commerciali
è l’essere accettata all’estero. Chi esporta vuole moneta debole (così incassa
di più), e chi importa vuole moneta forte (spende meno). Fazioni manifatturiere
eternamente in conflitto, salomonicamente rappacificate dalla fissazione di un
prestabilito rapporto di cambio (fixing).
Dopo l’abbandono della
convertibilità con l’oro, dal 1971 la moneta è divenuta una scritturazione
contabile, a volte nemmeno cartacea ma solo elettronica. Ormai
dematerializzata, la moneta non ha più valore intrinseco: vale solo il suo
prezzo, determinato dall’incrocio tra domanda e offerta. Computer che sparano
ordini contro altri computer programmati a sparare ordini di segno contrario.
Un prezzo che può essere modificato, falsificato, artefatto con metodi ben più
sofisticati di quelli che nel Seicento in Spagna valsero la condanna a morte al
governatore della zecca.
Tutto sta tornando dove era
iniziato.
Dalla saga dell’argento spagnolo,
che costò la vita a milioni di nativi sudamericani, alla saga dell’euro che può
costare il conto in banca a milioni di cittadini europei.
Là dove la creazione di base
monetaria ha innescato l’Occidente industrializzato, là quel modello di
sviluppo (che ha sporcato l’acqua, drogato i campi e cementato i borghi) può trovare
un nuovo inizio.
Perché non siamo solo produttori
e consumatori del villaggio globale.
Siamo uomini e popoli.
Umanità.
Veniamo da cinquecento anni di
storia europea. Sappiamo che banca e moneta non sono divinazioni numerologiche,
ma utensili per il buon governo, la civile convivenza e il bene comune. L'euro
non è la debole moneta virtuale di 10 anni fa, ma la seconda valuta del
pianeta, dominante nei mercati obbligazionari e in forza nelle riserve
valutarie ufficiali e private. Affiorano però interrogativi sul piano politico,
complici le mosse dei presidenti e ministri europei. La Cancelliera tedesca
Markel critica i partners europei, i partners europei criticano la Germania e
quindi la cancelliera accusata a piu’ riprese di voler colonizzare l’Europa
come aveva gia' precedentemente tentato un suo illustre predecessore che pagò i
propri errori suicidandosi in un bunker a Berlino.
Da qualche mese si leggono
svariati articoli sul tema, tutti cercano di analizzare l’impatto che la moneta
unica ha avuto sul nostro paese e su altre nazioni europee.
Ma l’Euro ci conviene?
E’ certamente arrivato il momento
di mettere in fila i birilli, e analizzare i pro ed i contro di un mantenimento
dell’Euro o di un ritorno alla Lira, ovviamente con tutti i limiti che certe
analisi macro-economiche, politiche e statistiche possono produrre,
considerando gli aspetti finanziari e
bancari, da far analizzare esperti del ramo che mai si sognerebbero di
suggerirmi le prossime mosse dello scacchiere finanziario europeo (perche’
potrei sfruttare a mio favore certi suggerimenti e sbancare come al casinò la
cassa delle borse di mezza Europa).
Andando con ordine, e partendo
dalla moltitudine di articoli scritti anche da luminari economici e finanziari
di mezzo mondo nonchè italiani, che non si curano affatto delle nobili origini
veneziane della nostra finanza, ecco che alcuni riprendono dati, analisi e
conclusioni riprese dai dibattiti internazionali sul tema. C’è una costante
ripetizione nelle azioni e soluzioni per ridurre la crisi che spaventa,
economisti di fama “copiano” la cura proposta da altri di mezza tacca che a
loro volta hanno copiato a larghe mani dagli stessi economisti famosi che,
forse, non sanno più che pesci pigliare per risolvere la crisi.
Segno esistenziale di una moneta
che pure c’è ma è destinata ad una morte certa se i governi non capiranno che a
un valore forte non sempre corrisponde una economia di Stato forte, in questo
caso lo Stato diventa una somma di Stati e, di fatto e enormemente tragica nel
percorso compiuto perchè porterà alla scomparsa dell’Euro e dell’Unione
Monetaria voluta dalla Francia di un presidente che guardava di più ad un
proprio tornaconto, da condividere con la Germania piuttosto che al bene di
tutta la Comunità’ Europea.
La dinamica in caso di
mantenimento dell’EURO è prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni (ed
ancora in pieno corso nel 2012), con una Germania che sottrarrà quote a tutti
gli altri. Il trend proseguirà inevitabilmente, fintanto che la Germania
manterrà un’inflazione minore o uguale ai partners, e potrà mutare solo quando
tale tendenza muterà ed in modo duraturo (fantascientifico, un’utopia).
Ovviamente gli aumenti di tassazione indiretta in Italia e Spagna, causa prima
di sovra-inflazione, promettono che il differenziale inflattivo tra Germania e
Sud Europa permarrà anche nei prossimi 2 anni.
In caso di disgregazione
dell’EURO, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di
analogo a quanto accadde nel 1992-95. L’Italia (e gli altri paesi che
svalutarono) all’epoca ebbe un’impennata nella Produzione Industriale e la
Germania ebbe una bella batosta. È ciò che accade in corrispondenza di ogni
riaggiustamento monetario. È vero che l’Italia ha minore peso industriale
rispetto all’epoca, ma è anche vero che l’incidenza dell’Import-Export rispetto
alla produzione è aumentata esponenzialmente in confronto a 20 anni fa, per cui diventa
prevedibile che vi saranno gli stessi effetti.
Il destino dell'euro è di essere
cartina di tornasole delle impasse e dei successi dell'Europa visto che la BCE
è la più importante istituzione federale operante in Europa, anche se non
l'unica. Nessun Paese dell’Unione Monetaria Europea vuole cancellare pezzi di
Europa federale. Ma chiede, al di là di differenze apparenti, che UE e l’Euro
non aggiungano peso normativo e il veicolo di queste esigenze sono le critiche
alle istituzioni federali nonché alle regole e ai comportamenti che le
sostengono. La risposta è un maggiore spazio negoziale per gli organi di
governo del Consiglio e della Commissione, regole semplici, di facile
applicazione, non ad hoc per normalizzare il comportamento di un paese o di un
gruppo di paesi. Purtroppo abbiamo visto che sono solo alibi.
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