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2012/11/25

Arroganza e Democrazia

Il termine democrazia deriva dal greco δμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere, e etimologicamente significa governo del popolo.
Il concetto di democrazia non è cristallizzato in una sola versione o in un'unica concreta traduzione, ma può trovare ed ha trovato la sua espressione storica in diverse espressioni ed applicazioni, tutte caratterizzate per altro dalla ricerca di una modalità capace di dare al popolo la potestà effettiva di governare. Questa la definizione. Ineccepibile salvo che per un dettaglio, non si parla infatti di una parte del popolo ma di tutto il popolo altrimenti una citazione l’avremmo evidenziata. Nulla.
Quindi la democrazia non è il governo di una parte del popolo ma di tutto il popolo.
Approfondiamo il concetto.
Scorrendo le pagine dei vari siti web che trattano l’argomento, scopriamo che le forme di democrazia sono molteplici. Si continua a utilizzare il termine democrazia però anche quando democrazia non è più.
Perchè?
Perchè la Democrazia inventata dai Greci era di tipo diretto, quindi rendeva merito al nome, il popolo, tutto, governava, poteva esercitare il potere di decidere delle cose che riguardavano la comunità, la città di Athene in quel caso.
Mi si dirà che nella Grecia antica la popolazione era costituita da meno individui di quanti sono ai giorni nostri. A quel tempo mettere d’accordo 20/30,000 individui era relativamente semplice, può essere che non si riunissero tutti insieme nello stesso anfiteatro a discutere, come sembrerebbe certo che alla vita politica non partecipassero ne gli schiavi e neppure le donne e naturalmente i giovani sotto un determinata età. Pertanto alla fine il numero di cittadini che costituivano l’ossatura della democrazia erano sufficientemente contenibili nell’agorà, nella piazza a cui il termine fa riferimento.
Non voglio entrare nel merito delle altre formule di democrazia e nemmeno soffermarmi sull’organizzazione di quella diretta, l’espressione della volontà del popolo e la forma per esprimerla e farla valere nelle decisioni importanti.

Vorrei invece analizzare il contesto democratico dei giorni nostri dove una massa di individui, con un minimo del 50%+1 impone le proprie scelte alla rimanente massa del 50%-1 e non accetta alcuna ingerenza ne controproposta da parte dell’altrui schieramento.
Mi direte che non corrisponde alla verità perchè ci sono i rappresentanti della maggioranza e della minoranza che amministrano la cosa comune, quindi la democrazia e decidono secondo il volere del popolo.

Non è affatto vero.
È un’infame menzogna.
Vi spiego perchè.

Nell’antica Grecia il popolo non governava attraverso la domocrazia, in effetti non governava affatto, il popolo si limitava a discuterne nella piazza, detta agorà e il suo potere e decisioni venivano utilizzate dai rappresentanti dell’assemblea del popolo e messi in pratica.
La democrazia non era una forma di governo ma esclusivamente una forma simbolica per indicare il potere detenuto dal popolo. Vorrei aggiungere che il termine democrazia non fu utilizzato per indicare la volontà del popolo,  pare trattarsi invece di una espressione dispregiativa utilizzata dagli avversari del sistema di governo pericleo. Infatti kratos, più che il concetto di governo (designato da archìa) rappresentava quello di "forza materiale" e, quindi, "democrazia" voleva dire, pressappoco, "dittatura del popolo". Il popolo sovrano, e solo esso, dettava le regole ai propri rappresentanti affinché fossero eseguite. Il popolo forniva le linee guida di governabilità e impartiva gli ordini necessari.

Leggo su un sito che ne tratta in modo esauriente che i sostenitori del regime ateniese utilizzavano comunque altri termini per indicare come una condizione di parità fosse necessaria al buon funzionamento di un sistema politico: "isonomia" (ovvero eguaglianza delle leggi per tutti i cittadini) e "isegoria" (eguale diritto di ogni cittadino a prendere parola nell'assemblea). Peraltro, a queste forme di eguaglianza si legavano i principi di parresìa (libertà di parola) ed eleutherìa (libertà in genere).
Forme di equaglianza, diritto, libertà anche di parola.
Comunque la si rigiri la frittata arriviamo alla stessa soluzione: i più forti governano a scapito dei più deboli senza lasciar loro il diritto di espressione.
Non parliamo ovviamente dell’antica Grecia ma dei giorni nostri e, in particolare, giusto per lavare i panni sporchi in famiglia, del nostro parlamento e dei politici che, ahinoi, abbiamo eletto a rappresentarci.
Dove sono stati generati costoro? Da dove deriva il potere che noi cittadini siamo stati capaci di concedere questi individui ora che sentiamo il bisogno e desiderio di toglierglielo?
Sarebbe un lungo discorso da affrontare, lo riassuno a grandi linee.

Il primo parlamento democraticamente eletto e’ del 930 d.c. in Islanda, seguito a breve distanza da una simile organizzazione dei nativi americani, quale grande esempio abbiamo ricevuto, e in premio l’uomo bianco è quasi riuscito anche a sterminare quel popolo, degno esempio di una forma di governo che noi, poveretti uomini bianchi, non siamo mai stati capaci di applicare, islandesi esclusi naturalmente. E arriviamo alla rivoluzione francese e poi via via passando da varie e alternate fasi ai giorni nostri. La forma di democrazia, si ostinano a chiamarla tale, però non deriva dall’originale utilizzata nell’antica Grecia ma da una fomula di trasformazione che trasferiva il potere diretto e indiretto dal popolo ai suoi rappresentanti anche non eletti ma nominati da un esecutivo solo apparentemente nominato dal popolo. Che assurdità potreste farmi notare. Esatto assurdità e siamo stati noi elettori a concedere loro il diritto di sottrarci la possibilità di scegliere quali dovevano essere i nostri rappresentanti. Di fatto siamo governati da qualcuno che il popolo non ha eletto ne voluto, con leggi e programmi che il popolo non vuole ne gradisce e costretti a pagare tasse per spese che compensino spese che nessuno di noi ha mai autorizzato.

Ma che razza di democrazia sarebbe questa? Allora era meglio quando c’era il Re, almeno sapevamo benissimo chi fosse il respondabile del nostro malumore, il bersaglio preferito del nostro astio, la cartina tornasole della situazione economico-finanziaria italiana. Così com’è ora con uno stuolo di politici che non riescono a scollarsi dalla poltrona ricevuta in regalo, non più in prestito, in regalo perchè una volta presa non se ne vanno più, vedere una luce seppur flebile alla fine del tunnel diventa un miraggio.
Pertanto anche le parole di un certo Monti sulla vicina fine del tunnel sembrano messe li apposta per confondere o illudere l’italiano che forse dalla democrazia, la democrazia salvatrice, non si era mai usciti.

Io dissento, mai entrati volevate dire?

Un po’ di storia. Durante i lavori dell'Assemblea Costituente Piero Calamandrei affermò che nel "popolo dei morti", ossia nell'eccezionale tributo di vite umane pagato alla seconda guerra mondiale, si doveva scorgere la più importante fonte di legittimazione della rinata democrazia italiana ed europea. Analizzando questa prospettiva, qualcuno intravvide l’evidenza che il passaggio alla Repubblica fu uno svolgimento storico più corale, e anche più contraddittorio, di quello solitamente prospettato dalla tradizione che accentua il ruolo preminente della resistenza armata, tralasciando, nella transizione alla democrazia, la violenza dei bombardamenti angloamericani, a lungo taciuta nel rispetto del paradigma della "guerra giusta", e sui suoi effetti politici di breve e lungo periodo.

Perchè tacere, per quale motivo il popolo non doveva sapere di quello che pure succedeva al nostro vicino di casa, nelle città della nostra regione dove italiani e nonostante tutto, morivano ancora in nome di una guerra che non è mai stata nostra. Quale poteva essere l’equazione affinchè l’italiano medio potesse affermare che era stato salvato dalla politica? La politica e la democrazia non esistono, siamo noi entrambe, sono l’estensione di un pensiero di trasformismo filosofico che ci porta verso uno status di maniacale masochismo tale da farci eleggere gli aguzzini e poi criticarli per giustificare il malumore, chiedere a gran voce al grande puffo in cima al colle di rimuovere i cattivi e poi torniamo alle urne per rieleggere non già i partiti che sono solo delle scatole con etichette che di volta in volta vengono sostituite per dare l’impressione che tutto cambi, no, noi rieleggiamo gli stessi aguzzini che nella precedente lagislatura si sono resi complici dei furbi e dei ladri, dei disonesti e dei razziatori della cosa pubblica a loro esclusivo vantaggio e in totale disprezzo del cittadino elettore.
Ma quale democrazia è questa, qui si parla di arroganza della politica, una politica che non ci rappresenta più da almeno 50 anni. Non sono solo in questa tesi, altri e più titolati di me filosofi e uomini di scienza e cultura, l’hanno abbracciata prima di me.
Di che si tratta? Quale tesi?

La mia posizione riguardo la frase infelice di Calamandrei nonchè l’affermazione non è in totale sintonia. Primo non è chiaro per quale motivo il passaggio alla Repubblica possa sembrare un evento corale, storico siamo d’accordo ma corale? Sappiamo benissimo che il referendum costituzionale del 2 giugno 1946 fu fortemente voluto dagli inglesi e americani anche se non dichiararono mai apertamente la richiesta, si impegnarono assiduamente affinchè fosse istituito. Poi si volle giustificarlo con la volontà degli italiani di decidere sul loro futuro mentre sappiamo benissimo che non fu assolutamente così. Il gruppo dei Monarchici, a quel tempo ancora forti e compatti, attribuì al referendum brogli e manovre dimostrate anche se nessuna vera prova fu fornita, ci fu qualche episodio dubbio, anche quelle schede già barrate pro repubblica ritrovate in un campo alla periferia di Roma, non furono però giudicate sufficienti altrimenti avrebbe dovuto essere invalidato. C'era però qualcosa di più di semplici supposizioni: ci furono dei ricorsi, il governo non attese l'esito del ricorso e dichiarò la vittoria per la Repubblica in tutta fretta, nessuna coralità dunque ma il disegno egemone di chi accarezzava già l’idea di una democrazia esclusivamente nel nome ma non nei fatti.

Sappiamo comunque che che la casa regnante italiana era invisa sia a gran parte del ceto politico uscito dalla Resistenza - la questione dell'appoggio di Vittorio Emanuele II al fascismo non si poteva risolvere così, in amicizia, con una semplice successione - sia a molti degli Alleati e sappiamo quanto la Gran Bretagna fosse diventata particolarmente ostile ai Savoia. Tutto ma non coralità e nemmeno democrazia ma arroganza, l’arroganza di chi sapeva, aveva già in mente un piano per rodere la sovranità del popolo italiano e portarlo a essere succube in casa propria di una casta politica arrogante. I fatti di questi ultimi mesi non fanno che supportare questa tesi.

Al popolo italiano hanno lasciato solo gli occhi per piangere. I diritti sociali sono annullati, e quelli costituzionali soppiantati col governo tecnico. La sovranità e' un'aspirazione. Un anno con Mario Monti e' stato terribile: e' morta la democrazia in nome dell’arroganza e per questo decine di milioni di uomini e donne che hanno paura del domani e avvertono il vuoto attorno. Maledici il mondo, in casi così. E in effetti e' globale il terrorismo economico che ha distrutto le capacità decisionali degli Stati. Oggi siamo governati da poteri irresponsabili, ci comandano centrali finanziarie che decidono decimando ogni forma democratica. Ad opporsi dovrebbero essere i popoli; ma sono annichiliti nella protesta e rischiano di diventare strumento di violenze come quelle che si sono registrate in questi giorni. Poliziotti contro studenti, poveri contro poveri; a far da mazzieri i Black block e da cospiratore quel gruppo Bilderberg al quale Monti non si vergogna di presenziare. La protesta sociale ormai divampa. I governi, a partire da quello italiano, infliggono mazzate che tolgono il respiro a chiunque tenta di sopravvivere; non c'e' spazio per sperare nel futuro finché non arriva una classe dirigente capace di dire basta agli impostori che ci impongono il loro credo, il dogma della loro finanza indistruttibile.

Che rapporto intercorre tra la cosiddetta libertà degli antichi e la libertà dei moderni? L’unico modo di intendersi quando si parla di democrazia è davvero quello di considerarla come un insieme di regole che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure? È lecito esportare la democrazia? Il nostro è veramente il secolo della fine delle ideologie? Dove finisce la democrazia e inizia l’arroganza politca del prendere tutto e lasciare solo briciole? Per quale motivo siamo costretti a prendere tutto ciò che l’arroganza della politica vuole venderci anche  acaro prezzo e non siamo capaci di ribellarci per respingere al mittente le richieste? 

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