Il termine democrazia
deriva dal greco δῆμος (démos):
popolo e κράτος (cràtos): potere, e
etimologicamente significa governo del popolo.
Il concetto di democrazia
non è cristallizzato in una sola versione o in un'unica concreta traduzione, ma
può trovare ed ha trovato la sua espressione storica in diverse espressioni ed
applicazioni, tutte caratterizzate per altro dalla ricerca di una modalità
capace di dare al popolo la potestà effettiva di governare. Questa la
definizione. Ineccepibile salvo che per un dettaglio, non si parla infatti di
una parte del popolo ma di tutto il popolo altrimenti una citazione l’avremmo
evidenziata. Nulla.
Quindi la democrazia non è
il governo di una parte del popolo ma di tutto il popolo.
Approfondiamo il concetto.
Scorrendo le pagine dei
vari siti web che trattano l’argomento, scopriamo che le forme di democrazia
sono molteplici. Si continua a utilizzare il termine democrazia però anche
quando democrazia non è più.
Perchè?
Perchè la Democrazia
inventata dai Greci era di tipo diretto, quindi rendeva merito al nome, il
popolo, tutto, governava, poteva esercitare il potere di decidere delle cose che
riguardavano la comunità, la città di Athene in quel caso.
Mi si dirà che nella
Grecia antica la popolazione era costituita da meno individui di quanti sono ai
giorni nostri. A quel tempo mettere d’accordo 20/30,000 individui era
relativamente semplice, può essere che non si riunissero tutti insieme nello
stesso anfiteatro a discutere, come sembrerebbe certo che alla vita politica
non partecipassero ne gli schiavi e neppure le donne e naturalmente i giovani
sotto un determinata età. Pertanto alla fine il numero di cittadini che
costituivano l’ossatura della democrazia erano sufficientemente contenibili
nell’agorà, nella piazza a cui il termine fa riferimento.
Non voglio entrare nel
merito delle altre formule di democrazia e nemmeno soffermarmi sull’organizzazione
di quella diretta, l’espressione della volontà del popolo e la forma per
esprimerla e farla valere nelle decisioni importanti.
Vorrei invece analizzare
il contesto democratico dei giorni nostri dove una massa di individui, con un
minimo del 50%+1 impone le proprie scelte alla rimanente massa del 50%-1 e non
accetta alcuna ingerenza ne controproposta da parte dell’altrui schieramento.
Mi direte che non corrisponde alla
verità perchè ci sono i rappresentanti della maggioranza e della minoranza che
amministrano la cosa comune, quindi la democrazia e decidono secondo il volere
del popolo.
Non è affatto vero.
È un’infame menzogna.
Vi spiego perchè.
Nell’antica Grecia il
popolo non governava attraverso la domocrazia, in effetti non governava affatto,
il popolo si limitava a discuterne nella piazza, detta agorà e il suo potere e
decisioni venivano utilizzate dai rappresentanti dell’assemblea del popolo e
messi in pratica.
La democrazia non era una
forma di governo ma esclusivamente una forma simbolica per indicare il potere
detenuto dal popolo. Vorrei aggiungere che il termine democrazia non fu
utilizzato per indicare la volontà del popolo, pare trattarsi invece di una espressione
dispregiativa utilizzata dagli avversari del sistema di governo pericleo.
Infatti kratos, più che il concetto di governo (designato da archìa)
rappresentava quello di "forza materiale" e, quindi,
"democrazia" voleva dire, pressappoco, "dittatura del
popolo". Il popolo sovrano, e solo esso, dettava le regole ai propri rappresentanti
affinché fossero eseguite. Il popolo forniva le linee guida di governabilità e
impartiva gli ordini necessari.
Leggo su un sito che ne
tratta in modo esauriente che i sostenitori del regime ateniese utilizzavano comunque
altri termini per indicare come una condizione di parità fosse necessaria al
buon funzionamento di un sistema politico: "isonomia" (ovvero
eguaglianza delle leggi per tutti i cittadini) e "isegoria" (eguale
diritto di ogni cittadino a prendere parola nell'assemblea). Peraltro, a queste
forme di eguaglianza si legavano i principi di parresìa (libertà di parola) ed
eleutherìa (libertà in genere).
Forme di equaglianza,
diritto, libertà anche di parola.
Comunque la si rigiri la
frittata arriviamo alla stessa soluzione: i più forti governano a scapito dei
più deboli senza lasciar loro il diritto di espressione.
Non parliamo ovviamente
dell’antica Grecia ma dei giorni nostri e, in particolare, giusto per lavare i
panni sporchi in famiglia, del nostro parlamento e dei politici che, ahinoi,
abbiamo eletto a rappresentarci.
Dove sono stati generati
costoro? Da dove deriva il potere che noi cittadini siamo stati capaci di
concedere questi individui ora che sentiamo il bisogno e desiderio di
toglierglielo?
Sarebbe un lungo discorso
da affrontare, lo riassuno a grandi linee.
Il primo parlamento
democraticamente eletto e’ del 930 d.c. in Islanda, seguito a breve distanza da
una simile organizzazione dei nativi americani, quale grande esempio abbiamo
ricevuto, e in premio l’uomo bianco è quasi riuscito anche a sterminare quel
popolo, degno esempio di una forma di governo che noi, poveretti uomini
bianchi, non siamo mai stati capaci di applicare, islandesi esclusi
naturalmente. E arriviamo alla rivoluzione francese e poi via via passando da
varie e alternate fasi ai giorni nostri. La forma di democrazia, si ostinano a
chiamarla tale, però non deriva dall’originale utilizzata nell’antica Grecia ma
da una fomula di trasformazione che trasferiva il potere diretto e indiretto
dal popolo ai suoi rappresentanti anche non eletti ma nominati da un esecutivo
solo apparentemente nominato dal popolo. Che assurdità potreste farmi notare.
Esatto assurdità e siamo stati noi elettori a concedere loro il diritto di
sottrarci la possibilità di scegliere quali dovevano essere i nostri
rappresentanti. Di fatto siamo governati da qualcuno che il popolo non ha
eletto ne voluto, con leggi e programmi che il popolo non vuole ne gradisce e
costretti a pagare tasse per spese che compensino spese che nessuno di noi ha
mai autorizzato.
Ma che razza di democrazia
sarebbe questa? Allora era meglio quando c’era il Re, almeno sapevamo benissimo
chi fosse il respondabile del nostro malumore, il bersaglio preferito del
nostro astio, la cartina tornasole della situazione economico-finanziaria
italiana. Così com’è ora con uno stuolo di politici che non riescono a
scollarsi dalla poltrona ricevuta in regalo, non più in prestito, in regalo
perchè una volta presa non se ne vanno più, vedere una luce seppur flebile alla
fine del tunnel diventa un miraggio.
Pertanto anche le parole
di un certo Monti sulla vicina fine del tunnel sembrano messe li apposta per
confondere o illudere l’italiano che forse dalla democrazia, la democrazia
salvatrice, non si era mai usciti.
Io dissento, mai entrati volevate
dire?
Un po’ di storia. Durante
i lavori dell'Assemblea Costituente Piero Calamandrei affermò che nel
"popolo dei morti", ossia nell'eccezionale tributo di vite umane
pagato alla seconda guerra mondiale, si doveva scorgere la più importante fonte
di legittimazione della rinata democrazia italiana ed europea. Analizzando
questa prospettiva, qualcuno intravvide l’evidenza che il passaggio alla
Repubblica fu uno svolgimento storico più corale, e anche più contraddittorio,
di quello solitamente prospettato dalla tradizione che accentua il ruolo
preminente della resistenza armata, tralasciando, nella transizione alla
democrazia, la violenza dei bombardamenti angloamericani, a lungo taciuta nel
rispetto del paradigma della "guerra giusta", e sui suoi effetti
politici di breve e lungo periodo.
Perchè tacere, per quale
motivo il popolo non doveva sapere di quello che pure succedeva al nostro
vicino di casa, nelle città della nostra regione dove italiani e nonostante
tutto, morivano ancora in nome di una guerra che non è mai stata nostra. Quale
poteva essere l’equazione affinchè l’italiano medio potesse affermare che era
stato salvato dalla politica? La politica e la democrazia non esistono, siamo
noi entrambe, sono l’estensione di un pensiero di trasformismo filosofico che
ci porta verso uno status di maniacale masochismo tale da farci eleggere gli
aguzzini e poi criticarli per giustificare il malumore, chiedere a gran voce al
grande puffo in cima al colle di rimuovere i cattivi e poi torniamo alle urne per
rieleggere non già i partiti che sono solo delle scatole con etichette che di
volta in volta vengono sostituite per dare l’impressione che tutto cambi, no,
noi rieleggiamo gli stessi aguzzini che nella precedente lagislatura si sono
resi complici dei furbi e dei ladri, dei disonesti e dei razziatori della cosa
pubblica a loro esclusivo vantaggio e in totale disprezzo del cittadino
elettore.
Ma quale democrazia è
questa, qui si parla di arroganza della politica, una politica che non ci
rappresenta più da almeno 50 anni. Non sono solo in questa tesi, altri e più
titolati di me filosofi e uomini di scienza e cultura, l’hanno abbracciata
prima di me.
Di che si tratta? Quale
tesi?
La mia posizione riguardo la
frase infelice di Calamandrei nonchè l’affermazione non è in totale sintonia.
Primo non è chiaro per quale motivo il passaggio alla Repubblica possa sembrare
un evento corale, storico siamo d’accordo ma corale? Sappiamo benissimo che il
referendum costituzionale del 2 giugno 1946 fu fortemente voluto dagli inglesi
e americani anche se non dichiararono mai apertamente la richiesta, si
impegnarono assiduamente affinchè fosse istituito. Poi si volle giustificarlo
con la volontà degli italiani di decidere sul loro futuro mentre sappiamo
benissimo che non fu assolutamente così. Il gruppo dei Monarchici, a quel tempo
ancora forti e compatti, attribuì al referendum brogli e manovre dimostrate
anche se nessuna vera prova fu fornita, ci fu qualche episodio dubbio, anche
quelle schede già barrate pro repubblica ritrovate in un campo alla periferia
di Roma, non furono però giudicate sufficienti altrimenti avrebbe dovuto essere
invalidato. C'era però qualcosa di più di semplici supposizioni: ci furono dei
ricorsi, il governo non attese l'esito del ricorso e dichiarò la vittoria per
la Repubblica in tutta fretta, nessuna coralità dunque ma il disegno egemone di
chi accarezzava già l’idea di una democrazia esclusivamente nel nome ma non nei
fatti.
Sappiamo comunque che che la
casa regnante italiana era invisa sia a gran parte del ceto politico uscito
dalla Resistenza - la questione dell'appoggio di Vittorio Emanuele II al
fascismo non si poteva risolvere così, in amicizia, con una semplice
successione - sia a molti degli Alleati e sappiamo quanto la Gran Bretagna fosse
diventata particolarmente ostile ai Savoia. Tutto ma non coralità e nemmeno
democrazia ma arroganza, l’arroganza di chi sapeva, aveva già in mente un piano
per rodere la sovranità del popolo italiano e portarlo a essere succube in casa
propria di una casta politica arrogante. I fatti di questi ultimi mesi non
fanno che supportare questa tesi.
Al popolo italiano hanno
lasciato solo gli occhi per piangere. I diritti sociali sono annullati, e
quelli costituzionali soppiantati col governo tecnico. La sovranità e'
un'aspirazione. Un anno con Mario Monti e' stato terribile: e' morta la
democrazia in nome dell’arroganza e per questo decine di milioni di uomini e
donne che hanno paura del domani e avvertono il vuoto attorno. Maledici il
mondo, in casi così. E in effetti e' globale il terrorismo economico che ha
distrutto le capacità decisionali degli Stati. Oggi siamo governati da poteri
irresponsabili, ci comandano centrali finanziarie che decidono decimando ogni
forma democratica. Ad opporsi dovrebbero essere i popoli; ma sono annichiliti
nella protesta e rischiano di diventare strumento di violenze come quelle che
si sono registrate in questi giorni. Poliziotti contro studenti, poveri contro
poveri; a far da mazzieri i Black block e da cospiratore quel gruppo Bilderberg
al quale Monti non si vergogna di presenziare. La protesta sociale ormai
divampa. I governi, a partire da quello italiano, infliggono mazzate che
tolgono il respiro a chiunque tenta di sopravvivere; non c'e' spazio per sperare
nel futuro finché non arriva una classe dirigente capace di dire basta agli
impostori che ci impongono il loro credo, il dogma della loro finanza
indistruttibile.
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