Qualunque attività umana non è a rischio zero, l'opportunità o meno di adottare una nuova tecnologia, qualunque essa sia, è legata all'analisi dei rischi e dei benefici. Anche gli OGM non sfuggono a questo principio: non avrebbe senso accettare gli OGM solo dopo aver accertato un rischio zero, poiché non sarebbe coerente con qualunque altra attività umana.
Esistono due linee di principio molto diverse in tal senso.
Nel 1993 l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OECD) ha introdotto il principio della "equivalenza sostanziale" tra alimenti agricoltura tradizionale e alimenti OGM. Tale principio è stato approvato da una consultazione congiunta FAO/WHO nel 1996.
Il principio di equivalenza, ampiamente utilizzato in USA, è stato contestato da molti organismi scientifici, come la rivista Nature (vol. 401, 525, 1999) che lo ha definito "ai limiti della pseudoscienza".
Altri organismi, come la Royal Society canadese hanno proposto la sostituzione del principio di equivalenza con il "principio di precauzione", come elemento fondamentale in un campo in cui domina ancora l'incertezza dovuta all'ignoranza, alla scarsa conoscenza del funzionamento di un sistema biologico molto complesso. Tale principio non deve essere considerato come fattore limitante per la ricerca, ma come punto di partenza per il suo sviluppo, con l'obbiettivo di giungere alla totale sicurezza ambientale e alimentare.
Secondo il principio di precauzione, gli OGM non sono rischiosi in sè, bisogna valutare caso per caso, come accade per qualunque nuovo farmaco o alimento immessi sul mercato, il rapporto tra rischi e benefici e prendere le dovute precauzioni prima dell'immissione sul mercato, ed effettuare un monitoraggio attento dopo la commercializzazione.
Le accuse mosse contro gli OGM
Le principali accuse mosse nei confronti degli OGM sono elencate di seguito, va evidenziato che i pericoli reali associati alle biotecnologie non esistono.
Rischi per la salute
Gli alimenti OGM vengono accusati di essere potenziali allergenici. Qualunque alimento può scatenare una allergia nei soggetti predisposti, il problema quindi non è nell'alimento, ma nei soggetti che sono sensibili a tale alimento. Ci sono persone che sono morte per shock anafilattico ingerendo alimenti comunissimi come un arachide, ma non per questo le arachidi devono essere bandite dal commercio! Se un alimento OGM presenterà un tasso di allergenicità elevato potrà essere prontamente rimosso dal commercio, come avvenuto nel 1996, quando i ricercatori del Nebraska hanno rilevato che la soia geneticamente modificata con un gene della noce brasiliana prodotta dalla Pioneer Hybrid, era allergenica ad una parte significativa della popolazione. La Pioneer Hybrid ha saggiamente interrotto la commercializzazione di questo prodotto. Mio figlio era allergico al latte vaccino e questo fino ai tre anni, non ho sentito nessuno che abbia proposto di mettere fuori legge il latte vaccino o vietarne la vendita.
La biodiversità è intesa come insieme delle risorse genetiche disponibili in un certo territorio; quanto più grandi e differenziate sono tali risorse tanto maggiore è il potenziale di nuove coltivazioni e di nuovo cibo. Uno dei fattori principali della perdita della biodiversità negli ambienti naturali è sempre stato rappresentato dall’introduzione della pratica agricola. Questa, oltre trasformare i boschi e le praterie in monocolture, può attentare alla biodiversità delle specie selvatiche attraverso la diffusione del polline delle piante coltivate. Esistono esempi eclatanti di attentati alla biodiversità: uno su tutti, l'introduzione della Robinia pseudoacacia, introdotta per consolidare la massicciate dei treni, che si è diffusa in buona parte del paese a discapido della pianta autoctona Acacia.
Secondo alcuni le piante OGM potrebbero diventare infestanti e diffondersi nell'ambiente a discapito di altre. Questo può avvenire solamente se il gene introdotto conferisce un vantaggio selettivo nei confronti delle altre piante, cosa che attualmente non avviene e che può essere evitata con una banale sperimentazione. Nel caso poi che ci sia un vantaggio selettivo, allora è sufficiente inserire il transgene nel cloroplasti delle cellule: in questo modo il transgene non si trasmetterà nel polline e non ci sarà il rischio di diffusione dello stesso nell'ambiente.
OGM: perché non essere contrari
Il rischio zero non esiste neanche in agricoltura: i benefici del miglioramento agricolo sono stati sempre considerati di gran lunga superiori ai rischi. Il miglioramento delle specie coltivate è stato fino ad ora ottenuto attraverso l’incrocio e la mutagenesi che certamente non sono esente da rischi: con queste tecniche infatti i geni sono modificati a caso ed in modo incontrollabile. Una razionale proposta è quella di: "accettare la piante OGM se il loro rischio è uguale o inferiore a quello che oggi accettiamo per le piante prodotte con il miglioramento genetico tradizionale (incroci e mutazioni)".
E’ stato inoltre pubblicato sul numero 80 del Journal of Proteomics un lavoro dal titolo: “How much does transgenesis affect wheat allergenicity? Assessment in two GM lines over-expressing endogenous genes”. Il frumento fa parte dei cosiddetti “big eight allergens”, insieme a soia, uova, latte, pesce, molluschi bivalvi, nocciole e arachidi, ovvero gli alimenti che più spesso sono responsabili di allergie alimentari e, per alcuni di essi, anche respiratorie. Si stima che tra lo 0.1 e lo 0.4 % della popolazione mondiale sia allergica alle proteine presenti negli sfarinati a base di frumento, peraltro fondamentali, dato che si deve loro gran parte delle proprietà tecnologiche e nutrizionali di pasta, pane, biscotti e di tutti gli altri numerosi prodotti derivati dal frumento.
La possibilità di sviluppo di allergie è una delle maggiori preoccupazioni riguardo agli alimenti contenenti OGM, per cui, sebbene non vi siano frumenti OGM commerciali al momento, ve ne sono numerosi realizzati nei laboratori, ad esclusivo scopo di ricerca, ma non è escluso che frumenti OGM possano essere commercializzati nei prossimi anni. Allo scopo perciò di verificare se vi fosse una differenza nel livello di espressione delle proteine allergeniche in linee di frumento OGM disponibili nei laboratori che hanno condotto la ricerca in questione, sono state messe a confronto due linee di frumento transgeniche con i relativi genotipi non OGM, corrispondenti alle varietà di frumento duro Svevo e di frumento tenero Bobwhite.
La novità di questo lavoro risiede soprattutto nell’uso dei sieri di pazienti allergici al frumento (bambini e adulti, con allergia di tipo respiratorio o alimentare), che hanno permesso di misurare la quantità di proteine immunogeniche estratte dagli sfarinati mediante test ELISA e di effettuare delle analisi dettagliate di proteomica che hanno portato all’identificazione delle proteine immunogeniche stesse.
I risultati ottenuti da tale confronto hanno indicato che non esistono differenze sostanziali tra i genotipi OGM e le varietà commerciali, e che fondamentalmente esiste un’enorme variabilità tra gli individui allergici, sia verso le varietà commerciali che verso i genotipi OGM.
Sono state osservate, infatti, diverse combinazioni di situazioni: due proteine immunogeniche sono state rilevate solo in una linea OGM, ma non nella varietà coltivata corrispondente. E’ stata riscontrata però anche la situazione opposta, ovvero è stata osservata la presenza di specifiche proteine immunogeniche nella varietà coltivata, risultate invece assenti nella corrispondente linea OGM.
Inoltre, è stata rilevata un’estrema variabilità di risposta tra i diversi pazienti, sia nel numero, che nel tipo di proteine immunogeniche presenti, nonché della quantità delle singole proteine.
I saggi ELISA infatti hanno mostrato che, dei 18 sieri testati, dieci non presentavano nessuna differenza a livello quantitativo nella reattività verso le frazioni proteiche estratte dalle due linee OGM e dalle rispettive varietà coltivate. Degli otto sieri rimanenti, cinque mostravano una maggiore reattività solo verso la linea OGM di frumento duro, ma non di tenero. I due restanti sieri mostravano una maggiore quantità di IgE contro le proteine presenti nella varietà di frumento tenero e non nella corrispondente linea OGM, mentre un altro siero mostrava una reattività leggermente superiore contro la linea di frumento tenero OGM rispetto alla varietà coltivata corrispondente.
L’analisi proteomica ha mostrato che tutte le proteine identificate corrispondevano ad allergeni già noti. Insomma, le differenze tra OGM e non OGM sembrano paragonabili, se non addirittura inferiori, a quelle osservate tra le cultivar commerciali Svevo e Bobwhite, per quanto riguarda la quantità e il tipo di proteine immunogeniche.
In conclusione, questi risultati hanno confermato che la transgenesi è solo uno dei fattori che devono essere valutati in relazione alle allergie. Infatti, per alcuni dei pazienti presi in esame, la linea GM è risultata addirittura contenente meno proteine coinvolte nelle allergie, rispetto alla corrispondente varietà commerciale, quindi non OGM, mentre per altri casi è stata riscontrata la situazione opposta.
Questo dimostra come non sia possibile prevedere o generalizzare l’effetto della transgenesi sulle allergie, e che ogni situazione andrebbe analizzata singolarmente, non solo nel caso degli OGM, ma anche delle varietà commerciali, quando queste siano già note per essere allergeniche.
(Gli autori della ricerca sono Roberta Lupi, Stefania Masci, Domenico Lafiandra, dell’Università della Tuscia, Corrado Rizzi dell’Università di Verona, Marco De Carli della Azienza Ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine, insieme ai colleghi francesi Sandra Denery-Papini, Colette Larré ed Helene Rogniaux dell’INRA di Nantes e a Denise Moneret-Vautrin del Centro Ospedaliero J. Monnet di Epinal).
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