2013/05/22
Il mio Piccolo Libro della Vita
Il libro "IL mio PICCOLO LIBRO DELLA VITA" è ora disponibile su Amazon a questo indirizzo:
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Sergio Balacco
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5/22/2013 05:16:00 PM
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2013/05/21
Vietnam
Titolo breve e significativo. Il Vietnam è diventato negli anni una meta ambita per tutti quelli che vogliono trasformare il turismo consumistico in una forma di turismo densa di contenuti, anche storici. Il Vietnam nazione del Sud Est Asiatico strategica area geografica che si posiziona fra l’Australia e il Paese di mezzo altrimenti detto Cina. Certamente è anche lo stesso di certi tragici ricordi di guerre, distruzione e morte, ormai patrimonio di un lontano passato, possibilmente da dimenticare.
Parliamo dunque di questo Vietnam, quello della gente gentile, sorridente cascasse loro il mondo addosso, sempre disponibile verso lo straniero purché dotato di portafogli sempre pieno di profumati dollari, guardacaso degli euro non sanno che farsene. Per un vietnamita il turista, oltre a essere un portafogli con le gambe, rappresenta un bene da preservare, da coccolare, da salvare. Evidente il riferimento al portafogli ma non solo.
In questa mia ultima fatica voglio parlarvi del viaggiare in Vietnam. Il viaggio in questo lungo e stretto paese è possibile con qualsiasi mezzo ma solo due di questi possono essere considerati con la dovuta importanza in quanto tutti gli altri non rientrano ne nei nostri standard ne nella convenienza a causa delle velocità non certo ottimali, ne delle condizioni di sicurezza senza tralasciare la pulizia.
Restano i mezzi stradali, i cosiddetti van come li chiamano qui a 16, 26 o 50 posti e gli aerei. Diciamo subito che l’aereo riveste una importanza strategica per questo paese, sia per la tempistica veramente ridotta rispetto al mezzo alternativo su strada, sia per la sicurezza. L’aereo va dunque preferito a un trasferimento su strada quando le distanze sono oltre i 250km, ma se il turista vuole “vivere” il viaggio è il torpedone, mi si conceda un termine puro con rimembranze autarchiche, quello che gli permette di vivere al meglio il viaggio di scoperta intima di questo affascinante Paese asiatico.
Le principali città del Vietnam sono quattro, da nord a sud: Ha Noi, Hai Phong, Da Nang, Ho Chi Minh City, nota in passato come Saigon. A queste si aggiungono altre non meno famose, dotate di un tessuto urbano considerevole eppure meno catalizzanti delle prime quattro. Possiamo quindi aggiungere: Nha Trang, Hué, Vinh, Than Hoa. Da Nang dista da Ha Noi circa 900 km, l'aereo e' il mezzo piu' adatto, stesso discorso da Saigon a Da Nang, 870 km, anche in questo caso spostarsi in aereo rimane la soluzione piu' facile, ambita.
Hai Phong dista poco meno di 150 km da Ha Noi ma oltre 1500 da Saigon, mentre Nha Trang quasi 500 da Saigon. Inutile fornire altre cifre, Ha Noi e Hai Phong sono a nord, Da Nang e Hue al centro, distanziate da un paio di centinaia di km, tutte le altre si trovano a sud. Impensabile attraversare tutta la nazione in auto, treno o torpedone per raggiungere le vostre mete a meno che non siate propensi al sacrificio o costretti da bagagli particolari.
Chiarito il dettaglio salto a pie' pari al mezzo d'eccellenza in Vietnam: l'aereo.
Va detto che i vietnamiti, parlo di chi tiene i fili del comando, hanno, letteralmente, un sacro terrore dell'aereo. Non intendo dire che non volano, semmai che possa cadere un apparecchio provocando vittime. Molti voli importanti trasportano ogni anno milioni di turisti, quanti ne arrivano principalmente dall'Australia e New Zealand, Stati Uniti e dall'Europa. E meno male direte voi, qualcuno pensa ogni tanto alla sicurezza e non solo ai ricavi. Certo, per questo motivo tempo fa, è capitato a me, l'aereo su cui viaggiavo ebbe un problema, il pilota informò i passeggeri che si tornava all'aeroporto da cui eravamo decollati, poi ripartimmo e ritornammo a terra credo sempre per lo stesso problema. Altro decollo e altro ritorno dopo di che non tentai la sorte per la quarta volta e cambiai aereo. Il motivo era sempre lo stesso: tutelare i passeggeri, anche a scapito delle tempistiche, anche a scapito delle coincidenze. Nel mio caso la metà dei viaggiatori era inviperita, tutti avevano perso le varie coincidenze, tutti auspicavano di venir riprotetti su altre linee ma, si sa, certi voli verso altri continenti si ripetono su base settimanale, essere riprotetti significava doversi sorbire un numero imprecisato di voli di grandi e piccole compagnie non sempre allo stesso livello, un livello accettabile, per sicurezza e affidabilità, un incubo da evitare assolutamente. Attenti dunque alle coincidenze.
Forti di questo sano principio gli aerei della Vietnam Airlines non volano se fuori piove a dirotto, se i nuvoloni scaricano tonnellate di acqua per secondo, abbastanza normale si dirà, succede in ogni altra parte del mondo. Certamente, ma in Vietnam non informano il passaggero, così esso si ritrova in attesa di un volo che doveva partire ma non parte, di un aereo che doveva arrivare ma non arriva e non pensiate che sia un’eccezzione, no, è la regola. In questo ultimo anno ho percorso la tratta Ha Noi / Da Nang con regolarità, quasi tutti i fine settimana li ho trascorsi a Hoi An ridente cittadina situata lungo le rive del fiume Thu Bon, nominata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, meta preferita di milioni di turisti ogni anno. E non solo, quando le esisgenze di lavoro lo richiedevano mi dovevo sorbire il trasferimento obbligatorio da Ha Noi a HCMC (Ho Chi Minh City) e da li a Sydney e poi a Brisbane, e questi aggiungevano patemi e arrabbiature.
In un anno un solo volo è decollato in orario micronometrico, quasi che fosse un orologio svizzero o un bullet train giapponese. Uno sugli oltre trecento voli, una percentuale di probabilità infinitesimale, lascio a voi il calcolo, ci siamo capiti.
L’ultimo episodio venerdì scorso. Rientravo a Da Nang e da li a Hoi An dove ho casa. Per non avere problemi di imbarco, di liste d’attesa sconosciute dell’ultimo momento, per non essere prevaricato a causa del bagaglio a mano pesante e non sai mai che altro ti aggiungono su, quasi come quando giochi a briscola e ti ritrovi fra capo e colo un carico da undici, ecco che, per non avere tutti questi problemi ho acquistato un biglietto in business class. Non v’allarmate, business class a livello di un volo nostrano con una compagnia low cost, sessanta euro o poco più che in una tratta lunga come la Milano Roma non costa nemmeno come un posto in stiva.
Arrivo in aeroporto e mi dirigo prontamente al lounge diritto esclusivo di chi possiede tale biglietto da eletti. Attendo le mie brave due ore, perchè la regola dice di arrivare in aeroporto un’ora prima il decollo, il mio autista è stato veloce e mi ha scodellato davanti all’aeroporto un’ora in anticipo, poco male, al lounge le attese son sempre piacevoli. Nel buio, senza finestre, dell’attesa, consumo il tempo fra gustosi manicaretti fruttacei e letture amene sul computer, lavoricchiando un po’, scrivendo il mio libro nel tempo che resta.
Allo scadere del tempo e giusto dieci minuti prima dell’imbarco mi avvio al gate, scoprendo che il volo ha cambiato location, dal numero 2 al numero 9 che, in un aeroporto come Noi Bai equivale a scendere una scala di 30 scalini, attraversare un sottopassaggio lungo un centinaio di metri, risalire una scala di 30 scalini e ritrovarsi nella seconda fetta di scali nazionali. Una volta arrivato riconosco subito il mio gate a causa della lunga fila di viaggiatori in attesa. Mi avvicino al bancone e scopro che il volo ha subito ritardo, un quarto d’ora. Ok, non sono preoccupato, aspetterò. Passa il tempo, arriva l’orario previsto ma nulla succede, nel frattempo fuori piove a dirotto. Arriva qualche aereo, qualcun altro parte ma tutto tace. Altra lunga attesa e lo schermo cambia l’ora di decollo, questa volto le 19:40, un’ora e quaranta di ritardo. La gente s’inviperisce, una cacofonia di grida, lamenti, incavolature, gente che sbraita, si anima, inveisce e... e loro imperturbabili, sorridono, non si preoccupano o forse lo sono veramente ma non te lo fanno vedere, l’ordine proviene dall’alto. Fuori intanto continua a piovere, il nostro aereo, o almeno quello che pensavamo fosse nostro parte, se ne va, non si sa se pieno di passeggeri o meno, era li davanti al nostro gate, a un certo punto sparisce in silenzio, nessuno se ne accorge se non quando lo schermo cambia ulteriormente l’orario di partenza, alle 20:15, altri 35 minuti inspiegabili visto che nulla all'esterno si è modificato.
In sala imbarchi la tensione è alle stelle, la gente urla, si formano accrocchi di persone che gesticolano, gli addetti alle partenze non sanno più che fare, spiegano, discutono, a volte sorridono e tutti, ma proprio tutti, attendono un ordine che dovrebbe arrivare ma che difetta. E poi l’apoteosi, blackout, tutto buio, salta la luce, si ammutoliscono gli schermi, saltano le luci d’emergenza, siamo al buio nero, buio fuori buio dentro. Le mani corrono veloci ai portafogli, alle tasche a proteggere perché in simili frangenti la prudenza non è mai troppa. Venti minuti di passione e poi torna la luce. Un’altra ora di attesa, alle 21 viene annunciato l’imbarco, decolliamo alle 21:15, tre ore di ritardo e nessuno ha mai capito per quale ragione.
Questo è il Vietnam, benvenuti nella perla (perennemente in ritardo) d’Oriente, siatene coscenti quando prenoterete la vostra vacanza e le coincidenze mai sotto le tre ore, potreste trovarvi in imbarazzanti situazioni!
Siete avvisati!
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5/21/2013 06:47:00 PM
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Terra
2013/05/20
IL mio PICCOLO LIBRO DELLA VITA
All’inizio era un Blog. Adesso anche un libro. Come i miei lettori sapranno ho scritto in questo blog per raccontare il mio punto di vista su storie reali, fatti di cronaca, anche storie frutto della mia grandissima fantasia. Ho attirato critiche oltre che consensi. L'evento che maggiormente ha condizionato la mia vita è stato la nascita di mio figlio Matthia. Un evento travolgente, un riavvicinarsi alla vita, scoprire nuovi stimoli, lavorare con essi e guardare sempre avanti. Ogni tanto la vita offre un momento così prezioso, così travolgente che quasi abbaglia. Con lui ne ho vissuto uno. Col tempo alcuni fra i miei lettori abituali, e in attesa che Matthia potesse iniziare a leggere, chiesero se fosse possibile avere sempre a portata di mano i miei scritti. Non mi considero la Bibbia del web, semmai solo una zanzara fastidiosa che dice le cose come stanno, che punge e a volte infastidisce ma non è mai condizionata. Il Blog ha sempre avuto questa peculiarità, dire la verità qualsiasi essa fosse, anche se a danno di chi la scrive; pungere, dar fastidio a chi fa della prevaricazione il proprio stile di vita.
Non sono un guru ne tantomeno voglio esserlo o indicato come tale, i miei sono solo consigli, punti di vista e pareri che spesso c’azzeccano, che entrano nel cuore della questione e portano a credere o solo pensare che tutte le informazioni che i media distribuiscono a piene mani, bontà loro, non siano per il nostro bene ma esclusivamente per quello dei media stessi. Una forma di condizionamento mediatico di cui molti hanno già discusso e ampiamente trattato.
Il libro copre un percorso di quasi un anno. Un percorso denso di significati e di emozioni. Il Blog è ufficialmente nato il 12 Agosto 2012, i primi scritti risalgono a fine Luglio dello stesso anno, alcuni anche considerevolmente prima. Non tutti gli articoli del Blog sono stati inseriti nel libro, per varie ragioni che non starò qui a elencare, in linea di massima perché non li ho ritenuti adatti a quel tipo di prodotto.
Qualcuno, uno dei tanti miei lettori ebbe a scrivere che io non sono uno scrittore, semmai un "demolitore", uno che demolisce quello che altri hanno voluto dire, hanno voluto farci credere che provenisse direttamente dal cielo, verbo divino. Forse si, io demolisco, demolisco chi pensa che siamo tutti cretini come un personaggio di una mia storia.
Il libro sarà disponibile su Amazon.it in un paio di giorni da oggi (salvo complicazioni), in formato eBook in quanto autopubblicato a un prezzo di vendita molto basso, il minimo imposto da Amazon come si conviene a uno scrittore emergente che, prima di tutto, deve farsi conoscere. Per questo motivo non ho abbandonato il mio lavoro. Poi se e quando verranno i frutti si vedrà.
Auguro a tutti una buona lettura e, se non avete apprezzato i miei scritti ditemelo, le critiche sono sempre ben accette perché aiutano a crescere e migliorarsi imparando dagli errori.
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5/20/2013 11:53:00 PM
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Il mio piccolo libro della vita
2013/05/19
Istruzioni per vivere
Ricordo di aver letto in qualche libro un pensiero, direi geniale, a proposito del mestiere dei genitori, secondo cui essi non devono asfaltare, nel senso di rendere scorrevole e scevra di impedimenti la strada che i figli percorreranno, la strada della vita si intende, semmai è loro responsabilità provvedere a fornire una buona mappa, una guida, non enciclopedica ma facilmente consultabile affinché i figli siano in grado di trovare la giusta strada per arrivare più in alto possibile in quella scala di valori chiamata vita. Gli inglesi lo chiamano parenting noi, forse banalmente, preferiamo chiamarlo mestiere. Che lo si chiami all'inglese oppure all'italiana di fatto il ruolo di genitore è forse uno dei più difficili da interpretare, perché non si può apprendere sui libri di scuola in quanto non esistono regole universali su come prendersi cura dei propri figli. Ogni genitore interpreta il ruolo in modo del tutto soggettivo; sono la storia individuale e familiare, l’educazione ricevuta e le diverse esperienze a determinare le differenze nelle competenze genitoriali. Sappiamo per esperienza che il genitore perfetto non esiste, esistono genitori più attenti e rispondenti ai bisogni dei propri figli. Per un genitore è di fondamentale importanza riuscire a favorire nel figlio non solo una crescita adeguata sul piano fisico, emotivo, intellettivo e sociale ma anche comportamentale, i genitori spesso rappresentano per i figli un modello a cui ispirarsi, sia pure inconsapevolmente. E questo è forse l'insegnamento più difficile, insegnare ai figli come vivere partendo dal nostro modo di affrontare la vita, per quanto ci sforzeremo a insegnare concetti e processi i nostri figli guarderanno sempre l'insegnante che hanno assunto a modello.
In questo lungo cammino di consigli e istruzione per vivere io partirei da alcuni suggerimenti su come iniziare il percorso, formarsi le basi, costruire attorno a esse il futuro. Ecco dunque i miei primi cinque consigli per affrontare serenamente ogni nuovo giorno, nel difficile cammino della vita. A differenza di altri che si sono cimentati in questo difficile esercizio io aggiungo un pensiero, una spiegazione, l'istruzione per l'uso, ognuno lo prenda come preferisce.
1. Avere un cane!
Come sarebbe a dire? E tutti quei buoni propositi? Avere un cane non è affatto banale, vuol dire sacrificare un poco del nostro tempo, della nostra vita, dei nostri piaceri per condividerli con l'amico dell'uomo per eccellenza, appunto il cane. Significa essere portati a considerare gli altri, chi ha meno di noi e dare loro quel supporto di cui necessitano che poi non deve essere per forza denaro e lavoro, ma anche le piccole cose, al cane una ciotola piena d'acqua e le crocchette all'ora dei pasti, una passeggiata almeno tre volte al giorno, anche se piove, tira vento o nevica. Agli umani parole di conforto e comprensione, aiuto morale per tirarsi su e ricominciare a guardare avanti, aiuta moltissimo sapete?
2. Complimentarsi almeno con tre persone al giorno
Complimentarsi sarebbe? Stringere la mano, dir loro che hanno svolto un buon lavoro, che sono stati bravi, che sono buoni amici o semplicemente che si sta bene con loro anche senza dividere nulla, che siamo felici lo stesso, siete contenti voi, sono contenti loro.
3. Assistere al sole che sorge almeno una volta all'anno
Il sorgere del sole è una allegoria. E' la vita che ricomincia, dopo la pausa notturna, è un momento di riflessione, la considerazione che siamo ancora tutti vivi, che siamo qui, pronti a ricominciare e combattere virtualmente per il nostro posticino al sole. Perché l'alba e non il tramonto?
Il sole sorge sempre molto presto, significa sacrificio per assistere al magico momento, è necessario alzarsi presto al mattino e trepidamente attendere i primi raggi di luce. un momento indescrivibile. Il tramonto è la fine del giorno, nella rappresentazione allegorica rappresenta la fine della vita, abbiamo tempo per assistere, non servono sacrifici speciali, bisogna essere li al momento giusto al posto giusto. Ecco, sorge il sole, viviamo insieme questo fantastico momento che si ripeterà domani ma, chissà, se domani avremo tempo.
4. Stringere la mano con fermezza
Ecco un aspetto che ritengo importantissimo. Lo stringere la mano. C’è chi ha scritto testi, manuali, enciclopedie sul vezzo di stringere la mano. Ognuno ha da dire la sua per quanto riguarda certi atteggiamenti. La stretta di mano rivela molti tratti della personalità: un palmo umidiccio, uno sguardo sbagliato o una stretta eccessiva possono dare all’interlocutore una cattiva impressione. E' uno degli elementi cruciali nei rapporti interpersonali, rivela rapidamente aspetti importanti sulla personalità di chi abbiamo di fronte: se è troppo soft indica insicurezza, mentre una stretta troppo breve può essere indice di arroganza. La mano, figlio mio, la si stringe con trasporto e vigore, lo stesso vigore che metteresti in un abbraccio, se è veloce e assente non si ricorderanno di te, se stringi ma senza esagerare allora saranno felici.
5. Guardare sempre la gente negli occhi
Questo è di fondamentale importanza. Ricordo che quando ero giovane ebbi modo, mio malgrado, di conoscere una persona che aveva uno strano vizio. Non guardava negli occhi ma grossomodo all'attaccatura dei capelli. Oltretutto era anche strabico, per cui non sapevi mai da che parte stesse guardando. Mi urtava moltissimo parlare con lui, ne avrei fatto volentieri a meno, purtoppo in certe occasioni ero obbligato in quanto si trattava del portiere del condominio dove abitavamo. uno di quei condomini col portiere in livrea che t'apriva la porta ringraziando della visita (tutti i giorni e tutte le volte che varcavo quella soglia), uno di quelli che ti chiamava l'ascensore e ti porgeva la posta con molto garbo e disponibilità, uno di quelli che non guardava mai negli occhi e che cancellava con un tratto di penna tutte le buone azioni, ancorché profumatamente pagate, fino a quel momento eseguite. Per cui, presto detto, guardare sempre la gente negli occhi, equivale a dire che non si ha paura di nessuno, la consapevolezza della propria forza, non già il potere, quello bisogna conquistarselo, ma la forza e tutto il resto verrà da sé.
E come si dice alla fine delle puntate delle serie tv americane: to be continued....
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5/19/2013 02:52:00 AM
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Emozioni
2013/05/14
L'idiota
A volte le ispirazioni vengono senza che te le aspetti.
Questo articolo si fonda su alcuni pensieri che mi sono venuti questa mattina rileggendo un articolo su un social forum a proposito della requisitoria del PM Ilda Bocassini sull'affare Ruby.
Intendiamoci, la citazione a quell'evento inizia e termina subito, non è di quello che voglio qui trattare, diciamo che ho colto quell'occasione per scrivere il mio pezzo.
Obiettivo l'idiota in quanto tale e la sua posizione in seno al contesto sociale.
Leggo su Twitter una citazione di ignoto: "La differenza che passa fra un idiota e un uomo intelligente la si misura attraverso il colore dei calzini, quelli dell'idiota sono sempre bianchi."
Ora verrebbe da chiedersi per quale motivo l’idiota, o almeno un individuo, diventa idiota nel preciso momento in cui indossa i calzini che, si sa, non sempre rivestono quella importanza che noi diamo a tale accessorio di abbigliamento. Dipende da tante cose, primo fra tutti il contesto geografico: il pescatore delle Isole Vergini, tanto per menzionare qualcuno, non sa che farsene dei calzini, che siano bianchi o neri o a pallini rossi e blu al massimo, se ne entrasse in possesso, li userebbe come contenitori per le esche, non gli ami altrimenti si impiglierebbero nel filato, ma se succedesse che il pescatore delle Isole Vergini li usasse come contenitori degli ami da pesca, allora potremmo associarlo alla categoria degli idioti?
No, voglio approfondire, il concetto, l’idea di base l’ho espressa, ora sta a voi miei carissimi lettori, a decidere in quali casi il pescatore di cui sopra posso essere considerato idiota secondo l’uso che fa dei calzini.
Torniamo alla citazione dunque. Il mio lattaio, ahimè lo cito spesso ma è l’unico che mi ritorna in mente, ma non come la famosa canzonetta di Battisti, io non lo desidero affatto, dicevo che il mio lattaio indossa i calzini, anzi le calze, quelle lunghe, attillate, che avvolgono la gamba dal ginocchio in giù. Lui le calze le indossa sempre di colori sgargianti, a volte nere, mai bianche. Può quindi essere salvo, cioè non includile nella categoria degli idioti perché le calze bianche non le indossa mai?
No di certo. La citazione evidente non si ispira all’accessorio utile per fasciare i piedi, veri responsabili di tutta la questione, ma a un modo di vivere, a una vita senza colore, il bianco rappresenta il colore sommatoria di tutti i colori ma senza tinta, che poi a noi la sottile differenza non arriva, non siamo capaci di cogliere il significato del termine e per cui se non ha la tinta che colore sarebbe?
Anche il nero ha una classificazione a parte nella scala dei colori, infatti viene senza dubbio classificato come il colore non colore, vale a dire il colore che non esiste perché non contiene nessuno di quelli della scala cromatica ma a questo punto a noi che ne viene? Nulla, e per questo che dobbiamo focalizzarci sul bianco.
Bianco come la purezza, la purezza ha a che fare con l’idiozia? Giammai, allora bianco come la Luna? Come il Sole a mezzogiorno quando è inguardabile pena perdere la vista per sempre? Bianco perché accidenti? Io non trovo una corrispondenza valida se resto nel contesto cromatico. Ma ecco che sovviene un discorso di non mi ricordo chi, che fosse il saggio Aristotele?
Aristotele pare avesse sviluppato un'autonoma concezione della realtà; in particolar modo, doveva negare l'esistenza delle idee come universali che esistano separatamente dalle cose particolari. In altre parole, pur essendo Aristotele d'accordo con Platone sul fatto che gli universali come "uomo", "giusto", "bianco" per essere conoscibili dovessero avere un certo grado di realtà, non condivideva l'attribuzione a questi di un'esistenza separata rispetto agli oggetti (i singoli uomini, le singole cose bianche, giuste, ecc.) di cui questi universali si predicano.
Il bianco in quanto tale, fine a se stesso, invece non esiste separatamente. Non vediamo mai il bianco ma sempre un oggetto bianco; il bianco, non si identifica in una situazione più o meno reale ma esiste solo come qualità di una sostanza (questo concetto tuttavia dovrebbe applicarsi anche agli altri colori della scala cromatica, pare che Aristotele non lo considerasse, la ragione mi è completamente sconosciuta).
Di conseguenza, in linea di principio, non è possibile realizzare un contenitore dei colori, in cui siano presenti i singoli colori ma solo se disponiamo di oggetti che non sono colori ma li rappresentano. Non avremo mai una scatola di colori, ma una di matite colorate, e come non potremo mai avere una di numeri ma contare le cose al suo interno e assegnare a ognuna un numero tale che la distingua dalle altre esattamente come faremmo per i colori. Non esiste l’albero dei colori, esiste quello di mille colori ma si tratta di un albero e non di un colore che, in quanto tale non esiste.
Aristotele asseriva che l'essere non è un genere e che anzi la parola "essere" può avere molti significati. Quindi l'essere bianco è come un concetto di universalità, e parafrasando e andandoci anche abbastanza larghi, potrei dire che bianco equivale a nessuna presa di posizione, nessuna realtà, nessun appartenere a qualcosa di definito o definibile, per cui fuori dal coro.
Un idiota quindi se indossa, per assurdo, solo calze bianche, significa che non si schiera, che non prova sulla propria pelle i casi e le situazioni della vita, cioè tutto quello che la vita gli propone, se ne tira fuori, le calze bianche sono la prova, il testimone, di questo suo vivere fuori dal contesto, dagli schemi, dalla cultura generale, dal sapere e anche dal non sapere per volontaria decisione, dalle consuetudini e per cui viene dichiarato idiota.
Evviva! Oppure no?
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Sergio Balacco
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5/14/2013 07:17:00 PM
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Filosofia
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