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2016/06/12

Maschi che uccidono femmine...


Sui maschi che uccidono o sfregiano la femmina che li rifiuta (con lo scopo, lucidamente feroce, di renderla "inservibile" ad altri maschi) si esercitano molto le discipline psicologiche, criminologiche e antropologiche, come è utile e anzi indispensabile che avvenga. Ma credo - e lo dico da maschio - che su quella rovente, tremenda questione, non si eserciti abbastanza la parola politica.

Al netto dei materiali psichici complessi e oscuri che ci animano, molti dei nostri comportamenti sono determinati dalle nostre convinzioni e dalle nostre idee. Ciò che siamo è anche ciò che vogliamo essere. O che tentiamo di essere. Se non rubiamo non è solamente per il timore della punizione, o perché non ne abbiamo la stretta necessità economica. È perché abbiamo ripugnanza etica del furto.

Quando ero ragazzo, negli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo, si è decisamente sopravvalutato il potere che le convinzioni e le idee potessero esercitare sulla nostra vita; vita quotidiana compresa. "Il privato è politico", si diceva allora, volendo significare che ogni nostro atto, anche domestico, anche invisibile alla Polis che tumultuava e rumoreggiava sotto le nostre finestre, avesse valore pubblico e producesse il suo effetto politico. 

Era una forzatura ideologica che l'esperienza provvide, per nostra fortuna, a sdrammatizzare e infine a diradare, facendoci sentire un poco meno "responsabili del mondo" almeno dentro i nostri letti, un poco meno sottomessi al Dover Essere ideologico. Vennero scritti libri e girati film sulla presuntuosa goffaggine che pretendeva di avere instaurato, in quattro e quattr'otto, libertà di costumi e liberalità di sentimenti. Non erano così facilmente arrangiabili, i sentimenti e gli istinti, alle nuove libertà. Non così addomesticabili il dolore inferto e subito, l'abbandono, la gelosia.

Ma la decompressione ideologica dei nostri anni è funesta in senso contrario. Le idee, che a noi ragazzi di allora parvero fin troppo determinanti, oggi vagolano in forma di detriti del passato oppure di scontate banalità. Hanno perduto molto del loro appeal: in positivo, perché è finita la sbornia ideologica, ma anche in negativo, perché molte fortissime idee hanno perduto la loro presa sul discorso pubblico, impoverendolo e istupidendolo. 

Per esempio l'idea - e veniamo al punto - che la donna appartenga a se stessa ("io sono mia"), che la sua persona e il suo corpo non siano mai più riconducibili alle ragioni del patriarcato e del controllo maschile. Se c'è mai stata, al mondo, un'idea rivoluzionaria, è quella: ribalta una tendenza millenaria, smentisce spavaldamente la Tradizione, muta la struttura sociale perfino più radicalmente di quanto la muterebbe la sovversione della gerarchia padrone-operaio. Perché non se ne sente più l'eco, di quello slogan così breve e di così implacabile precisione? Forse perché lo si dà per scontato (non essendolo!); forse perché nessun "principio" assoluto riesce più a ottenere credito in una società smagata, relativista più per sfinimento che per cinismo.

Eppure, volendo ridurre all'osso la questione del femminicidio, è proprio l'ignoranza o il rifiuto maschile di quel principio - io sono mia - il più evidente, perfino il più ovvio di tutti i possibili moventi. No, tu non sei tua, tu sei mia. Il mio bisogno è che tu stia con me, e del tuo bisogno (non stare più con me) non ho rispetto, o addirittura non ne ho contezza. Tu esisti solamente in quanto mia; in quanto non mia, esisti talmente poco che cancello la tua vita. Certo, la stratificazione psichica è profonda, cause e concause si intrecciano, paure e debolezze si sommano producendo, nei soggetti più sconquassati, aggressività e violenza. Ma il "via libera" all'aggressione, alla persecuzione, allo stalking, al delitto scatta anche perché nessuna esitazione "ideologica" interviene a soccorrere il carnefice, nessuna occasione di dibattito interno gli è occorsa, a proposito di maschi e di femmine.

Politica e cultura (ovvero: il processo di civilizzazione) esistono apposta per non abbandonare la bestia che siamo alla sua ferinità e ai suoi istinti, regolando in qualche maniera i rapporti sociali, rendendoli più compatibili al bisogno di incolumità e dignità di ogni persona. Questo non esclude, ovviamente, che ci siano stalker e aguzzini di buona cultura e di idee liberali. Ma è l'eccezione che conferma la regola: costumi e comportamenti di massa sono largamente influenzati, e sovente migliorati, dalla temperie politica e culturale dell'epoca. 

È nell'Italia rinnovata e modernizzata degli anni Sessanta che la contadina siciliana Franca Viola si ribella al ladro del suo corpo e pronuncia, entusiasmando milioni di spiriti liberi, il suo semplice ma inequivocabile "io sono mia" prefemminista e presessantottino, con la mitezza luminosa di una Lucia aggiornata che rimette al suo posto il donrodrigo di turno. È sempre in quell'Italia che, con fatica, si arriva finalmente a mettere in discussione l'obbrobrio giuridico del "delitto d'onore", che verrà finalmente cancellato vent'anni dopo. Ed è a livello popolare, mica solo nei "salotti", è nel profondo della società che quei fermenti circolano, quelle discussioni si animano, quei confitti indirizzano il senso comune.

Non so quanto dipenda dalla mia storia psichica o dalle mie attitudini caratteriali il fatto che io non abbia mai alzato un dito su una donna. Ma so per certo che dipende in buona parte, per dirla molto banalmente, dalla mia volontà di non farlo; dalla mia educazione e dall'esempio ricevuto in famiglia; dalle mie inibizioni culturali, che mi fanno considerare indegna e vile la sopraffazione dell'altro; infine, e non ultimo, dalle mie convinzioni politiche, che mi conducono fortemente a credere che la libertà delle donne sia condizione (forse la prima condizione) della libertà di tutti.

Come disse a milioni di persone, con la sua ruvidezza a volte così necessaria, Luciana Littizzetto al Festival di Sanremo di qualche anno fa, "chi picchia una donna è uno stronzo". Poi, certo, è soprattutto di aiuto, di assistenza e perfino di pietà che hanno bisogno anche gli stronzi, soprattutto gli stronzi. Ma la prima domanda da porre, al femminicida in carcere o in altro luogo di recupero e cura, è sempre e solamente una, semplice, facile da capire, ineludibile: ma non lo sapeva, lei, che le donne non sono di sua proprietà? Non glielo aveva mai spiegato nessuno?

femmine, omicidio, maschi, maschilismo, macho, uomo, donna, moglie, fidanzata, possesso, mia, uccidere

2016/06/10

Arrivederci Gianluca.



Su richiesta di un amico, pubblico questo articolo in ricordo di Gianluca Buonanno.
Buonanno mi viene descritto come un politico attento ai bisogni della gente, non uno di quei mezzibusti appiccicato con l'attaccatutto al fondo della poltrona ma sempre in prima linea contro i sopprusi. Non lo conoscevo personalmente ma quello che di lui ho letto l'ho apprezzato. Ciao Gianluca.

Uno schianto e domenica scorsa GIANLUCA BUONANNO, europarlamentare della Lega Nord e sindaco di Borgosesia, è morto improvvisamente in un pauroso incidente stradale e con una dinamica ancora oscura (Ndr: Adesso la dinamica è chiara, Gianluca si piegò per recuperare un oggetto non accorgendosi dello sbandamento dell'auto e della Mercedes ferma in corsia di emergenza, l'urto con la quale gli fu fatale). Permettetemi di ricordarlo in amicizia perché Gianluca non era solo quello delle sparate demagogiche - come è stato superficialmente presentato - ma un (ex) ragazzo che a differenza di quasi tutti non si limitava a “dire” ma soprattutto si dedicava a “fare” .

Ci conoscemmo negli anni ’90. “Il suo consigliere si è barricato da due giorni in consiglio comunale” mi sussurrò una voce al telefono. Era il segretario comunale di Serravalle Sesia (VC) che mi comunicava come l’allora consigliere comunale del MSI-DN Gianluca Buonanno avesse litigato con il sindaco minacciando di non uscire più dall’aula finchè non gli avessero dato ragione e il povero segretario – che non sapeva più pesci pigliare – mi telefonò disperato. 

Ero allora consigliere regionale, uno dei pochi esponenti del partito conosciuti nella zona e arrivai di volata a Serravalle dove la piazzetta del comune sembrava un set cinematografico: Gianluca stava in aula e calava un cestino dalla finestra che la gente riempiva di cibarie, con le TV che inquadravano e lui che - ovviamente - finì forse per la prima volta su tutti i giornali. 

Cominciammo a frequentarci e lui “soffriva” i dirigenti di AN di Vercelli che obiettivamente erano tre dita meno in gamba di lui. Litigi continui, polemiche. Volevano espellerlo, lo salvai, lo feci chiamare a Roma da Fini che gli fece una ramanzina (sorridendo, però) pregandolo di calmarsi e parlando di disciplina e spirito di gruppo: sembrava convinto. Gianluca mi chiamò alla sera “Grazie, Marco, ho già fatto un comunicato stampa dove ho scritto che Fini mi ha dato ragione su tutto…” Ovviamente in AN non era più aria e lui era incerto se aderire all’ allora UDC di Casini o alla Lega. Eravamo buoni amici e quindi mi chiese consiglio. Ci trovammo a parlarne e gli consigliai la Lega perché avrebbe avuto ben altri spazi di crescita e visibilità per quella che fu evidentemente una buona scelta.

Gianluca è stato consigliere comunale, provinciale e regionale, sindaco e parlamentare italiano e europeo, riusciva contemporaneamente a fare tutto perché ci credeva e non solo per una questione di immagine.

Pochi mesi dopo il suo debutto “pubblico” con la famosa occupazione del consiglio cambiò la legge elettorale, lui si candidò a sindaco e fu subito sindaco di Serravalle, poi a Varallo e ora a Borgosesia, ma indubbiamente a Serravalle - in pochi mesi – grazie alla sua nomina era già davvero cambiato tutto, a cominciare dalle sagome di cartone a dimensione naturale con lui raffigurato in divisa da vigile urbano sistemate nei punti strategici per indurre a rallentare le auto di passaggio.

Arrivammo una volta per una manifestazione a Serravalle Sesia con Maurizio Gasparri (allora sottosegretario all’Interno) e a un certo punto Gianluca sparì. “Ero andato a chiudere i cancelli dei cimiteri” - spiegò poi - e era proprio così, perché lui era onnipresente e nell’interesse del comune faceva di tutto. 

A Varallo, entrando in paese, colpiva per esempio un gigantesco cartellone che – oltre a vietare alcuni costumi islamici – invitava a telefonare al sindaco in caso di necessità con il suo numero, ovviamente, che chiamai una volta alle 4 del mattino mentre andavo a pescare a Rimasco e lui, pronto, rispose subito. Perché questo era il “vero” Gianluca Buonanno, uno che certo si metteva fin troppo in mostra, ma soprattutto lavorava ogni giorno e stava concretamente dalla parte della “sua” gente che lo amava e da vent’anni - ogni volta - puntualmente lo copriva di voti. 

Certo che a volte esagerava e si era creato un personaggio, ma i suoi atteggiamenti avevano sempre un fondo di buon senso e di ragione. Ridemmo insieme quando fu espulso dall’aula a Montecitorio per la famosa spigola sventolata dal suo banco e lo presi in giro tacciandolo di plagio perché mi aveva copiato, visto che era stato uno dei pochi a ricordarsi che una volta ero stato proprio io a spedire per posta (in piena estate) dei pesci a Rosy Bindi, allora ministro della sanità, che per problemi burocratici non voleva riaprire la pesca sul Lago Maggiore. 

Con nostalgia penso fatalmente all’ultima volta che l’ ho saluto a Borgosesia nel suo ufficio da sindaco, un sabato pomeriggio invernale in orari non certo “d’ufficio” anche perché per lui non c’erano orari, come sanno peraltro tutti i sindaci autentici.

Parlavamo del futuro e gli dissi che – visto anche il deserto generale nel centro destra piemontese - l’avrei visto bene proporsi come presidente della Regione Piemonte la prossima volta (in fondo era una carica che ancora gli mancava). Lui sorrise e ovviamente commentò con un “si vedrà…” 

Il destino non ha voluto, ma in qualche modo la sua unicità, amicizia e simpatia resterà sempre con noi. Arrivederci, Gianluca. 

Ps. Il presidente del Consiglio Comunale di Verbania (del PD) martedì sera non ha concesso di commemorare Buonanno e neppure di osservare il consueto minuto di silenzio a inizio seduta, come richiesto dai consiglieri della Lega Nord. Parte dei consiglieri e del pubblico si sono comunque alzati in piedi lo stesso pur mentre proseguivano i lavori. 


Meglio evitare di commentare certe miserie.

2016/06/04

Metabolismo e digiuno



Chi vi scrive le ha provate tutte. Dalla dieta Dukan al digiuno intermittente, passando attraverso mille altri sistemi magici e miracolosi che avrebbero dovuto ridurre drasticamente il peso e aumentare la mia autostima. Naturalmente nulla ha realmente funzionato.

Pochi mesi fa mi sono imbattuto in una nutrizionista con idee innovative. Fermo restando che le scelte sono solo mie, lei mi ha convinto che un ulteriore tentativo sotto il suo controllo era opportuno doverlo tentare. Ho appena iniziato, quando avremo terminato (avremo perché il processo coinvolge tutta la famiglia, anche se poi a digiunare sono solo io) vi informerò.

Nel frattempo cerchiamo insieme di capire come e perché digiunare fa bene all'organismo.

La vita si basa sui due processi fondamentali di nutrizione e eliminazione: nel momento in cui sospendiamo la nutrizione, l’organismo ha a disposizione un maggiore potenziale energetico indispensabile all’eliminazione delle scorie e dunque il digiuno diventa una importante terapia depurativa .

Il nostro metabolismo ossia quel complesso di trasformazioni biochimiche ed energetiche che avvengono nell’organismo, che riguardano le modificazioni di sostanza nelle diverse fasi del ciclo vitale (accrescimento, equilibrio, involuzione) e le trasformazioni dell’energia chimica delle sostanze alimentari in calore o in lavoro meccanico, si regge su due attività in equilibrio che si succedono e si sovrappongono continuamente: un momento sintetico, detto anabolismo, per mezzo del quale si ha la formazione della sostanza propria e specifica di ogni singolo organismo ed organo o l’immagazzinamento di materiale di riserva, a spese delle sostanze nutritive che esso riceve dall’ambiente esterno e utilizza per accrescersi, per mantenersi e per riparare la continua usura; il momento demolitivo, detto catabolismo, per mezzo del quale avviene la scomposizione dei materiali di riserva o delle sostanze specifiche dei tessuti in costituenti più semplici, con produzione di energia, gli ultimi dei quali vengono solitamente eliminati attraverso gli organi di escrezione (rene, intestino, cute, polmone).

In fisiologia si distinguono e si determinano due quote energetiche, che corrispondono rispettivamente: al metabolismo addizionale, che varia in rapporto al dispendio energetico occorrente per il lavoro muscolare, la regolazione termica, i processi digestivi; al metabolismo basale, che corrisponde al dispendio energetico minimo e irriducibile dell’organismo, ossia all’entità dei processi ossidativi globali di tutto l’organismo in condizioni basali (digiuno completo da almeno dodici ore, astensione da ogni farmaco, riposo clinostatico da almeno un’ora, temperatura ambiente sui 18-20 gradi e assoluta calma psichica). In tali condizioni il dispendio energetico è determinato dai processi ossidativi necessari al mantenimento della funzione cardiaca, respiratoria, del tono muscolare, della funzione dei reni, fegato, apparato digerente, delle ghiandole endocrine e della funzione nervosa.

Orbene durante il digiuno l’organismo tratta le risorse dei propri tessuti con la massima economia possibile per cui il metabolismo totale cala velocemente nei primi due giorni e successivamente più lentamente, ma non si arresta in quanto se ciò succedesse sopravverrebbe la morte. Dato che l’organismo è in riposo viene quindi ridotto, ma il metabolismo basale è mantenuto. “L’indice metabolico si riduce così sensibilmente che l’uomo può espellere calore fino a circa 2300 calorie al dì” (Shelton). In questo modo in digiuno esercita un’azione riequilibrante sui meccanismi biochimici di tutte le cellule del nostro organismo, riportando i tessuti ad uno stato di equilibrio omeostatico dinamico che è la base del benessere. Questo equilibrio omeostatico è proprio il risultato del bilancio fra i processi di assimilazione (anabolismo) e i processi di distruzione cellulare (catabolismo) con la conseguente eliminazione dei residui metabolici.

Se i processi assimilativi divengono più intensi dei processi distruttivi o di eliminazione, sia ha il disequilibrio che provoca l’accumulo e tutte le sostanze che una cellula non può utilizzare diventano tossiche. Abbiamo in tal modo un primo stadio di intossicazione cellulare che costituisce la base fisiologica per l’instaurarsi delle malattie; l’astenersi da cibo quindi consente al corpo di riposare e cominciare a eliminare le sostanze di scarto che si sono accumulate negli anni con l’alimentazione sbagliata e con lo stress continuato.

Ma vediamo come durante il digiuno, visto che il corpo ha bisogno sia di fonti energetiche, per il mantenimento delle funzioni biologiche fondamentali, sia di sostanze organiche per riparare l’usura continua degli organi e dei tessuti, l’organismo attinga alle proprie riserve di grasso, proteine, glicogeno, vitamine e sali minerali.

Dal punto di vista biochimico, i bisogni delle prime ventiquattro ore quando il carburante abituale, il glucosio, non è più disponibile nel tubo digestivo da cui proviene sono coperti dalla riserva di glicogeno epatico ma in seguito devono essere attivati al di fuori dei tessuti adiposi i trigliceridi in quanto costituiranno il combustibile principale nel corso del digiuno.

Le cellule muscolari, epatiche, renali, cardiache e la maggior parte delle cellule sono in grado di metabolizzare immediatamente i grassi e i loro metaboliti, ma le cellule del sistema nervoso centrale invece hanno bisogno di alcuni giorni di adattamento a questo nuovo combustibile ed esigono per tutto il tempo del glucosio, divenuto alimento raro e ciò spiega per quale motivo il periodo più difficoltoso del digiuno possa essere considerato quello dei primi giorni. In effetti, il grasso non può trasformarsi in glucosio a parte la sua componente di glicerolo ed è a partire dalle proteine endogene che il glucosio deve riformarsi. E’ per ovviare a tale momento critico, nel corso del quale il cervello richiede il suo carburante abituale, il glucosio, che le tribù nomadi del deserto, nel corso dei loro lunghi spostamenti, dove il digiuno è solitamente necessario, assumono un dattero e lo lasciano sciogliere in bocca non appena compare la sensazione di fame indotta dal sistema nervoso.

Con il passare dei giorni il sistema nervoso centrale si adatta alla combustione dei corpi chetonici, metaboliti prodotti a livello epatico quando un’eccessiva ossidazione dei lipidi è accompagnata da una scarsa disponibilità di zuccheri e che passano dal fegato in circolo e sono utilizzati (eccetto l’acetone che non può essere ulteriormente metabolizzato) come substrato energetico dal cervello, dal cuore e dai muscoli striati, e il catabolismo proteico diminuisce considerevolmente. Questa rappresenta la chiave per la comprensione dei meccanismi di risparmio proteico nel corso del digiuno, senza i quali esso non potrebbe prolungarsi al di la di qualche giorno. Teoricamente quindi il digiuno potrebbe durare senza alcuna difficoltà sino all’esaurimento delle scorte adipose. Negli stadi finali, a mano a mano che il grasso si esaurisce, l’energia deriva in quantità progressivamente crescente dall’ossidazione delle proteine; poiché le proteine derivano dai tessuti attivi del corpo è soltanto quando le riserve di grasso sono esaurite che si verifica un notevole consumo di proteine. Finché è possibile le proteine vengono economizzate come dimostra la graduale diminuzione dell’escrezione di azoto nei lunghi digiuni (Magnano).

Per misurare, infatti, il catabolismo proteico si utilizza convenzionalmente il bilancio azotato, misurato attraverso i valori di azoto presenti nelle urine, in quanto le proteine sono costituite da catene di molecole di aminoacidi, ciascuno dei quali contiene uno o più atomi di azoto e quest’ultimo è inutile per la produzione di energia e la quantità presente nelle urine è proporzionale a quella delle proteine che sono state demolite per ottenere energia nel corso del digiuno. In un uomo di media corporatura i valori medi di escrezione urinaria della parte azotata delle proteine oscillano all’inizio del digiuno da quattro a dodici grammi di azoto, che corrispondono a venticinque-settantacinque grammi di proteine al giorno nei primi cinque-dieci giorni di digiuno assoluto. Questi valori scendono a tre-cinque grammi di proteine dopo due tre settimane, al momento nel quale il meccanismo di risparmio funziona interamente. Siccome la muscolatura è costituita da proteine, nel corso delle prime tre quattro settimane di digiuno perde almeno un terzo della sua massa, ma il fatto che sorprende è che mantiene l’efficienza. Infatti, per l’effetto dell’azione depurativa del digiuno, in particolare sui liquidi extracellulari e sullo spessore delle membrane basali dei capillari, vi è un aumento dell’ossigenazione dei tessuti in generale e dei muscoli in particolare che consumano grandi quantità di ossigeno, costituendo fra l’altro il 40% della massa corporea totale. Le arteriole aumentano la loro portata e anche questo contribuisce a incrementare l’ossigenazione.

Ci sono variazioni nella quantità di proteine endogene catabolizzate nel corso del digiuno e in merito giocano un ruolo importante la massa adiposa, muscolare, l’apporto precedente di proteine, il sesso, lo stress; ma se si conoscono abbastanza bene le quantità di proteine utilizzate altrettanto non si può dire per la loro provenienza. Nella fase iniziale di astensione dal cibo vengono attivate proteine epatiche, renali, ma anche dal timo e dal tubo digestivo e quest’ultimo essendo a riposo si atrofizza in maniera reversibile e le proteine dell’epitelio possono essere catabolizzate senza danno non appena gli enzimi digestivi diventano superflui. In linea di massima la sintesi proteica rallenta e si riduce nel digiuno; i tassi plasmatici di prealbumina trasportata dalla tirossina e la proteina trasportata dal retinolo si abbassano durante un digiuno assoluto, ma altre proteine come albumina e globulina non subiscono sostanziali modificazioni. Le perdite di proteine del plasma comunque avvengono in modo equilibrato: la composizione totale del sangue non varia e quindi non si formano gli edemi da fame così frequenti invece nell’alimentazione cronicamente deficitaria di proteine (carestie) dove in questo caso si ha un abbassamento delle sieroalbumine e ciò comporta una diminuzione della pressione osmotica all’interno dei capillari con conseguente fuoriuscita di liquido interstiziale.

Le perdite muscolari cominciano a diventare sensibili solo con il prolungamento del digiuno, almeno venti giorni, quando iniziano a scarseggiare le riserve accumulate nel tessuto adiposo, nel midollo osseo, nel sangue e nel fegato; è allora che la muscolatura libera la maggior parte degli aminoacidi indispensabili durante il digiuno: da una parte la neo sintesi del glucosio, dall’altra le sintesi indispensabili al mantenimento delle funzioni vitali. Ma la muscolatura perde una certa quantità di acidi aminici senza peraltro diminuire la propria capacità di funzionamento e la sua contrattilità; e non si tratta di sensazione soggettiva ma prove di laboratorio evidenziano che effettivamente la forza può mantenersi e addirittura aumentare. Sono le persone ammalate che avvertono maggiormente la stanchezza e la conseguente astemia in quanto l’energia disponibile viene prontamente captata dai processi di autoguarigione. La perdita di peso varia ovviamente a seconda delle condizioni individuali e delle modalità con cui si effettua il digiuno ma in linea di massima nelle prime quattro settimane la muscolatura perde un terzo della sua massa; durante tale fase le arteriole vengono decompresse aumentando la loro portata e si avvicinano maggiormente alle cellule con le quali si scambiano l’ossigeno e i nutrienti, e allo stesso tempo i rifiuti metabolici sono più facilmente trasportati dalle piccole vene. La muscolatura può dunque funzionare come riserva proteica e ciò che segna il catabolismo proteico di origine muscolare è la presenza nelle urine del 3-metilistidine 0, un metabolite dell’acto-miosina (proteina contrattile del muscolo) che non viene rimetabolizzato.

Anche se meno ben studiate, ci sono altre fonti di proteine, definite patologiche, che possono essere utilizzate nel corso del digiuno, fra questa ricordiamo: i resti proteici intracellulari incompleti catabolizzati e che ingombrano, per così dire le cellule, uguali a quelli che si ritrovano nei processi di invecchiamento; le proteine extracellulari che rendono le sostanze fondamentali più spesse e tale ispessimento limita lo scambio gassoso e nutritivo tra cellule e con il sangue. Certo questa rappresenta una bassa percentuale delle sostanze proteiche catabolizzate durante il digiuno, ma potrebbero rappresentare un’importante aspetto terapeutico e disintossicante del digiuno. Quindi abbiamo visto che durante l’astensione dal cibo la massa muscolare diminuisce ma la sua struttura e le cellule rimangono le stesse, solo la massa totale diminuisce, il numero delle fibre rimane lo stesso; quando si digiuna si forza l’organismo ad entrare in autofagia, a nutrirsi cioè dei propri scarti. Tutti i tessuti nobili non vengono attaccati ma soltanto gli scarti e la cellula si rigenera. “I tessuti sono persi in ragione inversa alla loro utilità; prima i grassi e le escrescenze morbide; poi gli altri. I centri nervosi non vengono toccati. I tessuti anormali (tumori, cisti, ascessi, cellulite, edemi, trombi ecc.) deficienti in apporto nervoso e sanguigno, sono demoliti per primi” (Pizzi). I processi di autolisi si intensificano durante il digiuno per la necessità di far sopravvivere strutture organiche indispensabili a carico di altre che non lo sono. L’autolisi in questo caso è essenzialmente un meccanismo legato alla sopravvivenza. All’interno delle cellule vi sono enzimi legati a corpuscoli detti lisosomi che vengono liberati, determinando la dissoluzione parziale o anche totale della cellula. Quando una cellula muore per invecchiamento si liberano tali enzimi che portano all’autodigestione della struttura cellulare, i cui prodotti possono poi essere utilizzati da altre cellule, oppure eliminati. Visto che tali processi si intensificano nel corso del digiuno, Shelton ha supposto che l’autolisi possa essere considerata un processo fondamentale per la guarigione questo perché i tessuti patologici verrebbero individuati come potenziale fonte di nutrimento per gli organi sani e si avvierebbe a loro carico un precoce processo di autolisi. E’ probabile che il digiuno, rendendo il corpo più vitale e più attivi i processi di difesa, scateni un’aggressione selettiva contro cellule e tessuti aberranti che prima l’organismo non era stato in grado di mettere in atto, e questa distruzione avviene con le stesse modalità dell'autolisi generica che si potrebbe definire autolisi specifica di difesa (Magnano). Per Magnano ciò è condivisibile solo in parte: infatti se è vero che i tessuti sani vengono persi secondo una successione cronologica che tiene conto della loro utilità e importanza, non sempre i tessuti malati si riducono precocemente, come comporterebbe il loro valore nell’economia in generale dell’organismo. Questo è vero in modo particolare per i tumori che, se maligni, possono in qualche caso accrescersi durante il digiuno. Si potrebbe spiegare ciò con il fatto che i tessuti malati da degenerazione maligna non facciano più parte dell’unità vivente dell’organismo e non cooperino alle finalità vitali generali: possono in tal modo essere recalcitranti a subire un processo autolitico a favore degli organi vitali poiché tendono a nutrirsi a spese dei tessuti sani.

E’ innegabile comunque che il nostro organismo è in grado di individuare, riconoscere e attaccare cellule anomale, tanto che sono stati individuati anticorpi in grado di avviare processi distruttivi a loro carico. Questi processi li possiamo definire autolitici in quanto tali anticorpi sono i grado una volta penetrati all’interno della cellula di liberare gli enzimi contenuti nei lisosomi (organuli intracellulari contenenti numerosi enzimi quali l’idrolasi, specializzati nel degradare macromolecole e particelle provenienti dall’esterno della cellula). Questo tipo di autolisi la possiamo definire di difesa, come indicato dal dottor Magnano per distinguerla dall’autolisi da sopravvivenza; infatti la prima è volta specificatamente alla distruzione delle cellule devianti ed è quindi un meccanismo difensivo, la seconda invece, non distrugge le cellule ma preleva del materiale senza arrecarne danno. E’ quindi grazie all’autolisi di difesa che l’organismo è in grado di liberarsi dei tessuti aberranti, dagli accumuli patologici in genere, e il digiuno potenzia tale autolisi in quanto si determina l’aumento delle energie disponibili per le attività autoguaritrici; ma ricordiamo che tale autolisi non sempre si attiva perché è necessario che l’organismo abbia conservato una sufficiente vitalità e integrità; se questa è presente la cellula danneggiata o lesa è in grado di digerire le parti di sé che sono state danneggiate e dopo aver disintegrato tali parti lese può nuovamente sintetizzare membrane o parti nuove e continuare a vivere.

Sono processi che avvengono in modo netto; c’è uno stadio giunti al quale, se la cellula è troppo danneggiata non può più rigenerarsi; tuttavia fintantoché il nucleo e il materiale genetico della cellula sono sani essa può rigenerarsi procedendo per autofagia, cioè nutrendosi di se stessa, delle proprie membrane danneggiate. La cellula non si nutre di tessuti non lesi, ma solo delle parti guaste. Ciò ci autorizza a fare una trasposizione nel campo del digiuno poiché ciò che fa la cellula lo fa anche il nostro organismo. Quando si digiuna ci si nutre dei nostri residui e quindi li riciclano. Questo è un processo dell’organismo vivo, è un processo di rigenerazione cellulare molto reale. Osserviamo ad esempio che si può sezionare fino a quattro quinti del fegato e quest’ultimo è in grado di rigenerarsi completamente. Le cellule del tubo digerente dalla bocca all’ano si rigenerano annualmente, così pure le cellule ossee come quelle del cervello. Ci sono scambi di sostanze, le pareti vengono continuamente ricostruite, le membrane e le varie componenti vengono rigenerate e anche le cellule muscolari seppur non si riproducono hanno sempre scambio di sostanze. Ecco quindi che durante il digiuno la massa muscolare diminuisce ma la struttura e le cellule rimangono le stesse. Quando ci si astiene dal cibo l’organismo è forzato ad entrare in autofagia, a nutrirsi dei propri scarti e i tessuti nobili non vengono attaccati e la cellula si rigenera. Il corpo ha sistemi di sopravvivenza enormi ed è grazie a questa capacità che l’organismo può rigenerarsi. Le riserve di sali minerali vengono trattenute, trasferite, ridistribuite per cui non si verificano fenomeni di carenza minerale che invece si manifestano a seguito di diete squilibrate, questo perché quanto più il minerale è prezioso, tanto più viene trattenuto: si perdono notevoli quantità di sodio, fosforo e zolfo ma il ferro, il calcio ed il potassio vengono risparmiati e vi è un aumento in percentuale di questi elementi. Anzi sembra proprio che il digiuno ringiovanisca perché all’interno dei tessuti il sodio viene sostituito dal potassio. Inoltre da studi fatti presso il laboratorio di nutrizione dell’Istituto Carnegie di Washington sembra che, in un individuo a digiuno da trentun giorni il sangue possa, nella totalità dei suoi elementi, resistere all’azione dell’astensione dal cibo senza che si verifichi qualche modificazione patologica degna di nota, anzi alcune alterazioni preesistenti a carico del sangue possono scomparire nel corso di digiuni terapeutici. Si notano aumenti del numero di globuli rossi in persone anemiche. I valori ematochimici in persone non perfettamente sane possono inizialmente virare fuori dalla norma per poi tornare a valori migliori di quelli iniziali: è l’effetto delle tossine che dai tessuti si riversano nel sangue per poi essere eliminati.

Ciò che è stato esposto si riferisce ovviamente al digiuno idrico ossia a quello nel quale si ingerisce solo acqua minerale naturale, la più adatta a favorire l’espulsione delle scorie metaboliche, in quantità di due tre litri al giorno; si ritiene infatti che il vero digiuno sia quello in cui c’è la sospensione totale dell’apporto calorico. E’ dimostrabile infatti che ingerendo anche poche calorie, perfino in forma liquida, si costringe comunque l’organismo ad attivare processi metabolici circadiani di digestione, assimilazione ed escrezione che limitano notevolmente l’azione di drenaggio mesechimale che è l’obiettivo prioritario di questa forma di intervento.


Bibliografia

AA.VV. Biologia molecolare della cellula Zanichelli 1984
V.R. Young - N.Scrimshaw Fisiologia dei digiuno Le Scienze n. 41 1972
AA.VV. Il digiuno come salvarsi la vita Mediterranee 1981
S. Alain Digiunare per vivere in salute Musumeci 1985
R. Breuss Cancro e leucemie Ed. Medicine Naturali - Conegliano
A. Cott Digiuno via di salute Red Edizioni 1989
Gazzeri – Magnano Il segreto di lgea. Guida pratica al digiuno autogestito
Associazione Igienistica Italiana-Manca editore
F. Gazzola Il digiuno che guarisce De Vecchi Editore
Magnano - Cavalieri Digiuno fonte di salute MEB 1993
Tumori e cancri Edizioni Igiene Naturale 1985
F. Pizzi Igienismo, sciopero della fame, digiuno AAM 1980
H. M. Shelton Digiunare per rinnovare la vita, Edizioni Paoline 1990
Il digiuno può salvarvi la vita, Società Editrice Igiene Naturale 1986
Il digiuno terapeutico, Società Editrice Igiene Naturale 1987
Introduzione all'igiene naturale, Società Editrice Igiene Naturale 1986

2016/05/08

Giustizia


Non passa giorno che un esponente del PD non finisca nel fango per guai giudiziari, eppure sostengo che il PD non sia peggio degli altri ma – come giustamente ha sottolineato Orfini – oggi è un partito di potere (meglio IL partito del potere) e quindi attrae anche gente poco seria e - quando non l’ha già in casa - se la va a cercare, vedi Verdini & Company.


Anche per questo alcune logiche renziane sembrano assurde: il governo si lamenta per il ritardo dei processi e poi allunga i termini della prescrizione, di fatto rallentandoli.
Non può comunque il PD lamentarsi troppo e soprattutto insistere contro i Magistrati “cattivi” visto la gran parte delle toghe sono politicamente molto vicine al partito di Renzi.

Ridicolo poi sostenere che i magistrati non debbano insistere per il NO al prossimo referendum quando proprio 50 giudici costituzionali (tra i quali ben 11 ex presidenti della Corte Costituzionale) hanno pubblicamente sottolineato – debitamente censurati, perché giornali e TV ne hanno parlato pochissimo – come la nuova riforma voluta da Renzi sia inapplicabile e in molte parti contraddittoria.

VOTARE NO AL PROSSIMO REFERENDUM E COSTITUIRE COMITATI PER IL NO IN TUTTA ITALIA CREDO DEBBA ESSERE L’OBIETTIVO NON DI TUTTI GLI “ANTI RENZI” (perché una Costituzione deve durare decenni indipendentemente da chi comanda) MA DI TUTTE LE PERSONE DI BUON SENSO. 

L’Italia va sicuramente cambiata, ma non come vorrebbe Renzi e la cricca del PD!

2016/05/02

Digiuno per vivere più a lungo




Gesù fu condotto nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti alla fine ebbe fame. Il tentatore gli disse: «Se sei figlio di Dio fa che queste pietre siano pane». Egli rispose: «Non di pane soltanto vivrà l’uomo». Giudaismo, Cristianesimo, Islam le maggiori religioni suggeriscono che si debba digiunare, qualche volta almeno, quando non per un mese intero dall’alba al tramonto. Vi siete mai chiesti perché? 

Topi e uomini che stanno senza mangiare per un po’ - bastano 16 ore, più o meno come nel Ramadan - si ammalano di meno. Ma andiamo con ordine.

Le 12 ore di digiuno

Siamo stati cacciatori e così si mangiava quando capitava, due o tre volte la settimana e nemmeno sempre. Un tempo procurarsi il cibo per l’uomo era così difficile che occorreva aguzzare l’ingegno e chissà che le nostre capacità cognitive non si siano evolute proprio da allora. Per prevalere sugli animali poi era importante per gli uomini poter comunicare tra loro, insomma serviva un linguaggio e l’abbiamo inventato. 

Quelli che riuscivano a procurarsi il cibo mangiavano comunque soltanto di giorno poi col calare del sole più nulla fino all’alba. Sono almeno 12 ore di digiuno. Con la luce artificiale è cambiato tutto si mangia sempre fino a tardi e c’è persino chi si alza di notte per mangiare ma l’uomo non è fatto per mangiare quattro volte al giorno. Siamo stati progettati per farlo quando capita e i nostri geni sono ancora quelli di allora. 

Del resto, se non fosse così perché dovremmo avere ancora oggi organi - il fegato per esempio - capaci di conservare energia per poi renderla disponibile quando serve? Le riserve di zucchero che si accumulano nel fegato sotto forma di glicogeno dopo 10-12 ore di digiuno tendono però a esaurirsi. Questo richiama acidi grassi dal tessuto adiposo, il fegato li trasforma in chetoni che tornano nel sangue e raggiungono muscoli e cervello per essere fonte di energia.

Astenersi dal cibo: nuovi neuroni

Parte del segreto dell’effetto favorevole del digiuno è proprio qui, tanto che basta astenersi dal cibo per 24 ore perché nel cervello si formino nuovi neuroni. Insomma il nostro organismo si difende dallo stress di stare qualche ora senza cibo adottando una serie di precauzioni che col tempo proteggono i nostri tessuti da guai peggiori. 

Stare un po’ senza mangiare fra l’altro riduce l’infiammazione, migliora la risposta immune e potenzia la capacità delle cellule di liberarsi da sostanze di scarto. E non basta, il digiuno rallenta persino la crescita dei tumori, almeno nei topi; anche le cellule del cancro hanno bisogno di energia ma non sanno farlo utilizzando i chetoni. Così in animali che mangiano un giorno sì e uno no il tumore non cresce.

Le nostre abitudini alimentari sono davvero corrette?

Come si conciliano gli effetti favorevoli del digiunare uno o due giorni alla settimana con le abitudini dell’uomo moderno? Malissimo. Ed è persino possibile che le abitudini alimentari che si sono consolidate negli ultimi cento anni siano sbagliate. Che evidenza c’è per esempio che la famosa “colazione abbondante del mattino” faccia bene? Quasi nessuna. E della merendina a scuola per i bambini? Nemmeno. 

Abbiamo più bambini in sovrappeso di qualunque altro paese d’Europa salvo Cipro. Le diete che vengono proposte prevedono di ridurre la quantità di calorie o che si mangino soltanto certi cibi; solo frutta e verdura per esempio oppure solo proteine e ancora dieta dissociata, dieta zona o dieta del gruppo sanguigno. In realtà tutti questi sistemi fanno perdere un po’ di peso all’inizio ma alla lunga non portano a nessun vantaggio.

Un toccasana per chi sta male

E allora? Si potrebbe provare a digiunare uno o due giorni la settimana oppure mangiare solo in certe ore del giorno e saltare qualche pasto (comunque bisogna bere, almeno due litri al giorno). Per diabetici, per chi soffre di cuore e forse anche per chi ha un tumore sarebbe un toccasana. Questo per lo meno è quello che pensano Mark Mattson di Baltimora e tantissimi altri scienziati americani ed europei - fra loro c’è anche un italiano, Luigi Fontana – che hanno pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences un lungo articolo per ricordare alla comunità scientifica i vantaggi e le basi teoriche del mangiare solo ogni tanto. 

Ma se uno sta bene e non ha problemi di sovrappeso? Di sicuro non lo sappiamo, serve altra ricerca per sapere se saltare qualche pasto aiuterebbe anche le persone sane. Si tratta di confrontare per esempio chi mangia tre volte al giorno con in più uno spuntino, con chi mangia solo a mezzogiorno e sera, con chi per almeno due giorni la settimana sta senza mangiare per 16 ore o anche di più. Se poi si dimostrasse che per quanto riguarda l’alimentazione noi uomini non siamo così diversi dai topi se ne dovrebbe prendere atto e adattarsi a stili di vita più compatibili con quello per cui il nostro organismo è stato progettato.