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2017/10/12

UNESCO il fallimento di un'idea





Gli Stati Uniti hanno notificato all’Unesco (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), la loro uscita dall’organizzazione a partire dal 31 dicembre prossimo. Lo ha riferito il direttore generale dell’agenzia culturale dell’Onu, la bulgara socialista Irina Bokova. 

Gli Usa accusano l’Unesco di essere “anti Israele”, perché nel 2011 accettarono l’ingresso della Palestina nell’organizzazione, nonostante la contrarietà di molti Paesi. In quell’occasione, ovviamente, l’Italia scelse di non schierarsi e si astenne. Contestualmente Washington ha ritirato il sostegno di 60 milioni di dollari all’Unesco, creando non pochi problemi all’Onu. Gli States sono infatti il più grande finanziatore dell’Unesco, con una quota pari al 22 per cento dei finanziamenti totali. 

L’Unesco, per chi non lo sapesse. è uno dei tanti carrozzoni delle agenzie dell’Onu, istituito nel 1945, all’indomani della fine della guerra, conosciuto qui in Italia solo per la faccenda dei “siti patrimonio dell’Unesco”. In realtà il bubbone sarebbe dovuto esplodere, prima o poi. Sono anni che le Nazioni Unite, anziché svolgere il loro compito istituzionale, si dedicano alla politica, favorendo ora questo ora quell’attore internazionale secondo gli specifici interessi del Palazzo di Vetro, che raramente coincidono con quelli della popolazione mondiale. 

Troppo spesso l’Onu si è apertamente schierata con una delle parti in lotta, rinunciando al suo nobile ruolo di super partes e compisizione dei contrasti. Individuando di volta in volta, arbitrariamente, il “cattivo” di turno, l’Onu ha schierato i suoi caschi blu e il suo peso diplomatico per proteggere gli interessi di ben determinate nazioni. 

Qualche esempio? 

Congo (dove i caschi blu furono diretti responsabili della strage dei nostri soldati a Kindu), Biafra, Vietnam, Iraq e, più recentemente, guerra dei Balcani, dove i caschi blu si sono smaccatamente schierati con i musulmani di Bosnia e del Kosovo con l’obiettivo – raggiunto – di destabilizzare l’Europa creando nel proprio cuore due Stati islamici, con le conseguenze che vediano oggi. Ma oltre a schierarsi, le Nazioni Unite evitano di proteggere le popolazioni in guerra: nei Balcani, in Libano, e oggi in Siria, dove si tengono bene alla larga dalle zone particolarmente calde. 

Quindi, non è questione di Unesco, o Fao o altro, mastodonti che sprecano soldi per la loro manutenzione piuttosto che per gli scopi sociali: sono le Nazioni Unite a essere ormai un’organizzazione tutta da ripensare e da riformare. Il socialista Guterres, attuale segretario generale, ha già dato prova di essere di parte, e bene fa Donald Trump a denunciare le storture di un Palazzo di Vetro obsoleto nato all’ombra di una tremenda guerra che certo non ha favorito la serenità delle scelte sovranazionali. 

E questo peccato originale accompagna ancora oggi le dissennate strategie dell’Onu.

2017/09/26

Faccio il docente per fare tre mesi di vacanza

Lo ammetto: faccio il docente per fare tre mesi di vacanza… Stupenda lettera di un insegnante al Ministro Poletti ed a Matteo Renzi – leggetela tutta, ne vale la pena !!

Egregio Ministro Poletti,
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere. Mi sono laureato, ho preso due abilitazioni a numero chiuso, ho fatto un concorso nazionale e sono precario da 13 anni (assunto il primo di settembre e licenziato il 30 giugno) non tanto perché volevo far l’insegnante, ma per godermi tre mesi di vacanze estive, oltre ovviamente a quelle natalizie, pasquali, di carnevale e ai ponti dei santi, dell’immacolata, del 25 aprile, del primo maggio e del 2 giugno. Peccato non si stia a casa anche il giorno della festa della mamma, del papà, della donna e magari dei nonni.

Egregio ministro Poletti,
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere, la volgarità e la disonestà intellettuale che caratterizza lei e tutto il governo Renzi è squallida e imbarazzante, sintomo di un paese sempre più allo sbando, retto da personaggi di piccolo cabotaggio, corrotti, prepotenti e mediocri.

Probabilmente signor Ministro lei è troppo impegnato in cene e feste con importanti esponenti di Mafia Capitale per conoscere la professione dei docenti e la realtà in cui vivono gli studenti italiani; altrimenti saprebbe che il numero di giorni di scuola in Italia è pari a quello dei principali stati europei (Germania, Francia, Spagna. ..).
Le vacanze sono solo distribuite in modo diverso.
Se conoscesse le condizioni in cui versano gli edifici scolastici italiani e l’ubicazione geografica del Paese che governa, saprebbe, inoltre, che andare a scuola a luglio e agosto nella maggior parte delle città (Napoli, Bari, Palermo, Roma, Sassari, Milano) sarebbe impossibile.

Infine, signor Ministro, le ricordo che ormai anche il mio macellaio di fiducia (purtroppo sono carnivoro) non pensa che un insegnante faccia tre mesi di vacanza. Tra esami di stato, esami di riparazione, riunioni e programmazione le ferie dei docenti (trenta giorni più le domeniche) si concentrano per lo più da metà luglio al 31 agosto.

Comunque Egregio Ministro e Esimio Premier, fate bene ad umiliare costantemente noi insegnanti. Ce lo meritiamo. Negli ultimi decenni abbiamo accettato tutto supinamente: blocco salariale, classi pollaio, precarietà, aumento dell’orario di lavoro, edifici insicuri, cattedre spezzatino e concorsi truffa.

Ed ora, sprezzanti ma con il sorriso sulle labbra, state realizzando la privatizzazione della scuola e la sua trasformazione in un’azienda senza che il corpo docente italiano dia un sussulto di vitalità. Tra chi aspetta la pensione e chi pensa che un salario fisso anche se basso è meglio che niente, tra chi è stanco di lottare e chi si considera intellettuale, tra chi “tanto mio marito è un dirigente o libero professionista” e chi è solo e disperato, tra chi “o si blocca il paese per settimane o uno sciopero non serve a nulla” e chi ” ora servirebbe la rivoluzione”, gli insegnanti stanno assistendo inerti e rassegnati alla lenta morte della scuola pubblica, democratica e costituzionale.
Il nostro silenzio è complice. E non basta più (se mai è servito a qualcosa) sfogarsi solo sui social network.

Per chi non si vuole arrendere non vi è altra strada che la lotta, per la nostra dignità e per il futuro dei nostri figli e dei nostri studenti.
Una terza via non ci è data.

Matteo Saudino, docente di storia e filosofia a Torino.
Libero pensatore e cittadino del mondo.
(da https://www.facebook.com/pages/Matteo-Saudino/1400008323610329?fref=nf)

2017/08/15

Carta di credito: le dieci regole per non avere brutte sorprese



Vacanze all’insegna del divertimento e del relax, ma occhio alla carta di credito se non vogliamo trovare al rientro dalle ferie brutte sorprese sul nostro conto corrente. Per gli oltre 15 milioni di italiani che, per evitare di viaggiare con grosse somme in contanti quando sono in vacanza all’estero, scelgono di pagare con carte di credito o bancomat, Facile.it, il principale comparatore italiano di prodotti finanziari, ha creato un breve vademecum con 10 regole d’oro da seguire per non incappare in truffe, raggiri e sbadataggini. 

Carta il credito, ecco il decalogo

1) Consultare la banca prima di partire. Non tutte le carte attive nel vostro paese possono essere usate all’estero e, inoltre, alcune possono essere abilitate, ma con limitazioni; per questo motivo, anche se può sembrare ovvio, prima di partire meglio verificare con l’istituto che ha emesso la nostra carta se il Paese in cui stiamo per fare le vacanze ne ammette o meno l’uso: poche cose potrebbero crearci problemi quanto quella di essere oltre confine e senza denaro.

2) Carte di credito o debito, quale scegliere? Purché abilitate al funzionamento in altri Stati, con entrambi è possibile pagare e prelevare contante, ma per il prelievo le commissioni applicate variano notevolmente; per la carta di credito si aggirano in media intorno al 4%, per quella di debito sono pari a circa il 2%. Il secondo, però, ha spesso un limite di utilizzo giornaliero o mensile che all’estero potrebbe variare rispetto a quello applicato nel vostro paese. Verifichiamo, quindi di non sforare.

3) Per il pagamento poche differenze. Per quanto riguarda i pagamenti effettuati direttamente presso l’esercizio commerciale non ci sono grosse differenze tra le due soluzioni; se l’operazione avviene in uno dei Paesi Sepa generalmente non sono previste commissioni, mentre è possibile vedere applicati costi aggiuntivi legati al cambio in caso di uso in aree con valuta diversa dall’euro.

4) Furto, clonazione o smarrimento, cosa fare? Conviene chiamare immediatamente la banca per bloccare la carta smarrita; non appena informato, l’istituto provvederà all’immediata disattivazione. Importante da sapere è che se la carta rubata viene utilizzata prima della denuncia del furto per legge possono essere addebitati fino a un massimo di 150 euro. Il denaro eventualmente sottratto dopo la segnalazione, invece, verrà rimborsato interamente.

5) Conviene cambiare i contanti all’aeroporto? No. Generalmente utilizzare all’estero la carta per acquisti in valuta locale consente di ottenere un tasso di cambio più vantaggioso rispetto a quelli offerti dagli uffici di cambio presenti all’aeroporto. Cerchiamo quindi di cambiare la minore quantità di valuta possibile, magari nella nostra nazione prima di fare le valigie, e usare quel denaro solo dove non è accettata la carta.

6) Scegliere la valuta locale. In caso di pagamento o prelievo in area extra-euro, se viene richiesto, è consigliato scegliere di pagare in valuta locale anziché nella propria moneta; questo consente di evitare commissioni nascoste legate al cambio e ottenere, così, tariffe più convenienti.

7) Con l’app, tutto sotto controllo. Scegliere una banca dotata di app per mobile consente di monitorare tutti i pagamenti in tempo reale, così da tenere sott’occhio i movimenti e relative spese.

8) Un sms può salvare la situazione. Se non ci si trova a proprio agio con le app, o non si vuole aspettare di arrivare a portata di wi-fi per sapere cosa accade al conto corrente, ci si può sempre affidare alle vecchie tecnologie. Molti istituti consentono di attivare un servizio di alert che, in caso di utilizzo della carta, tramite sms avvisa subito il cliente; una soluzione estremamente pratica per avere il pieno controllo della situazione.

9) La vacanza finisce, ma i rischi continuano. Anche una volta tornati a casa e dopo che tutto è andato liscio, meglio continuare a monitorare i conti con attenzione; i malintenzionati sanno bene che pochi osservano i conti dopo il rientro e, per questo, capita agiscano anche a mesi di distanza dal furto dei dati; gli addebiti non autorizzati o le anomalie quindi potrebbero apparire dopo diverso tempo. Nel caso, informare subito la banca e il problema sarà risolto.

10) Quale carta dare ai figli che viaggiano da soli? I ragazzi, soprattutto se al loro primo viaggio all’estero con gli amici, difficilmente pongono la giusta attenzione alle regole di sicurezza delle carte di credito; come fare a limitare i danni di un figlio troppo sbadato? La soluzione migliore è una carta prepagata.

Si tratta di uno strumento di pagamento sempre più diffuso e un’ottima soluzione, perché garantisce la stessa praticità della carta di debito con il vantaggio di avere un plafond limitato, così da tutelare i giovani, e soprattutto i genitori, da eventuali smarrimenti o spese folli. Il consiglio, però, è verificare prima di partire che la carta sia abilitata e accettata nel Paese di destinazione.


2017/08/01

Un Tonneau mal riuscito


Scritto da Roberto Sardo, il pezzo fa parte di un libro di imminente pubblicazione. L'autore ha autorizzato la pubblicazione su questo blog.

Premessa:

Io sono un appassionato degli aerei in generale, sia di quelli civili che uso spesso per lavoro nei miei viaggi all'estero, sia di quelli militari. Anzi, per quelli militari è una vera e propria venerazione, in particolare i caccia. In Italia non abbiamo avuti aerei importanti, di quelli che emozionano, parlo dell'F-14 Tomcat, dell'F-15 Eagle, dell'F-18 Hornet e anche dell'F-16 Fighting Falcon. Molti di questi aerei sono stati venduti a diversi paesi europei, forse il solo F-14 è rimasto prettamente americano, ma gli altri si sono visti e si vedono ancora nei cieli europei. Adesso poi è arrivato l'F-35 Lightning che finalmente sarà anche dell'Aviazione e Marina Italiana e sarà una grande festa, e questo nonostante i detrattori.
Il Fiat G.91 oggetto di questo articolo in dotazione all'aviazione italiana divenne poi Aeritalia G-91. Spesso soprannominato "Gina" dai suoi piloti, era un cacciabombardiere-ricognitore monomotore a getto ed ala a freccia progettato dall'ing. Giuseppe Gabrielli e prodotto dall'azienda aeronautica italiana Fiat Aviazione (divenuta Aeritalia in un secondo tempo) dalla metà degli anni cinquanta. Fu il vincitore del concorso della NATO del 1953 per la produzione di un nuovo aereo leggero da supporto tattico.

in Italia è noto anche per essere stato a lungo il velivolo della pattuglia acrobatica nazionale Frecce Tricolori fino alla sua sostituzione con l'Aermacchi MB-339PAN.

Ecco il pezzo di Roberto Sardo:

Gigi era di poco più anziano di me, anche se oramai era alle scuole di volo da un tempo notevolmente più lungo. Segaligno e nervoso, dal carattere levantino, era sempre sicuro di sé, fino al margine dell'arroganza. In accademia lo avevo conosciuto fin dall'ingresso, nel periodo degli scherzi che dovevano cementare lo spirito di gruppo dei nuovi arrivati. Con lui, uno dei più agguerriti allievi “anziani” del secondo anno, le cose arrivavano facilmente al punto di rottura, dato l'impegno che ci metteva... poi ci eravamo persi di vista, salvo ritrovarci appunto ad Amendola, da istruttori. 

La scuola doveva partecipare ad una serie di manifestazioni, per le quali dovevano essere esibite formazioni compatte di numerosi aerei. A tale scopo avevamo iniziato ad addestrarci tra istruttori, in sezioni di quattro, che ben presto sarebbero entrate a far parte di pattuglioni più nutriti di 12, 16 e 20 G91T. 

Gigi si stava allenando a fare da capo sezione nella "Whisky" della quale ero il gregario sinistro. Una volta raggiunto l'affiatamento necessario, la nostra sezione sarebbe appunto entrata a far parte di un pattuglione Balbo di 20 aerei. Ovviamente l'addestramento, per non sottrarre ore di volo alla scuola, veniva effettuato a margine delle missioni istruzionali, ritagliando una decina di minuti alle vere Whisky con gli allievi. 

Questo tempo serviva agli istruttori per "smanettare" sui comandi, anziché solo seguire i movimenti della cloche, normalmente manovrata dall'allievo, seduto al posto anteriore... A pochi giorni dall'evento, viene allestita una Whisky di soli istruttori, per poter completare l'allenamento dal posto anteriore. Gigi è molto accurato, anche se sbrigativo, nel briefing, dando del cane morto a chi fa troppe domande. 

Quando finiamo di trattare le finalità, le manovre, le tecniche di ricongiungimento, la gestione delle possibili emergenze (tutto ovviamente ben conosciuto, in quanto nei canoni standard della scuola), Gigi lancia una specie di sfida, minacciando che chi si fosse sfilato dalla posizione assegnata, avrebbe pagato da bere agli altri componenti. 

In sala equipaggiamento, tra una cerniera da tirare ed un casco da pulire, ci prendiamo in giro, immaginando cosa ne sarebbe venuto fuori. Alla fine, con caschi, cosciali, giubbino ed anti-G, ci sediamo tutti fuori dalla palazzina, in attesa del fedele pulmino che ci avrebbe portati in linea volo. Il tragitto è ancora costellato di punzecchiature circa le capacità più o meno buone di ognuno di noi... 

Mano a mano che percorriamo la linea volo, accompagniamo la discesa di ogni componente, in corrispondenza del proprio velivolo, con battute e lazzi molto goliardici... alla fine, ci troviamo da soli, Gigi ed io, per recarci ai nostri aerei. Fiutando l’adrenalina dei compagni di volo, mi sento di raccomandare al capo formazione di tenersi ben dentro i limiti di sicurezza standard ma... mi arriva un “cani muertu” per risposta! 

Dopo il giro esterno, compiuto velocemente per non restare ultimo, mi lego a bordo, con l'aiuto del fedelissimo capo velivolo. Finita la sequenza delle cinghie e delle connessioni radio, finisco di aggiustarmi il sottocasco, che continua a scivolarmi sugli occhi. Seduto al posto anteriore, assaporo la gioia di questo volo, insolitamente da solo, senza un allievo da seguire! L'ultimo passaggio è il malloppo delle spine di sicurezza del seggiolino, che sistemo nell'apposito cassettino. 

Accesa la batteria e la radio, sento il “Check” e l'ordine di avviamento. Con il dito indice sollevato e roteante sopra la testa, avviso il Crew Chief. Luce Anticollisione per avvertire, Master, Pompa, Pulsante di accensione. In un attimo la cartuccia si innesca fragorosamente, appena il contagiri si anima, manetta Idle, ed il sordo muggito della turbina, in aumento di giri, invade l'abitacolo. Temperature nei limiti, pressione olio in aumento, minimo stabilizzato... controlli, Aerofreni, Flaps, Radio ed apparati accesi, prova "Tail Plane", Pressioni Idrauliche in arco verde, tutto in ordine. "Viola check" "Due!" "Tre" "Quattro". “Leader pronto, esce”. “Amendola, Viola, 4 velivoli, rullaggio” “Viola, autorizzati rullaggio pista 29, riportate all'attesa”. 

L'uscita dal parcheggio può sembrare una manovra banale, ma ha il suo perché... ed è una bestia nera degli allievi. Quando vi sono i novizi, tutta la linea volo si ferma ad osservare, ridacchiando.. il G91 non ha lo “Steering” e la sterzata si basa solo sull'uso differenziale dei freni. Questo comporta dover dare abbastanza abbrivio al velivolo, con la giusta dose di motore, per far sì che la curva di 90 gradi venga completata, senza che la frenata provochi l'arresto in posizioni intermedie. Se la manovra riesce, con l’aereo allineato sul raccordo, sarà possibile ridare motore per il successivo rullaggio. In caso contrario, fermarsi di traverso significa investire gli altri aerei parcheggiati con un uragano di vento, che farà volare cappottature, protezioni, scalette e, alla peggio, scardinare il tettuccio del velivolo parcheggiato di fianco. 

Esco tranquillamente, forte dell'esperienza acquisita, ghignando al pensiero delle mie prime manovre impacciate, da allievo. Rulliamo sfalsati, per comprimere la formazione senza che lo scarico di chi precede possa sollevare detriti che danneggerebbero il compressore. Al punto attesa ci allineiamo a 45° ed insieme facciamo le prove motore, dando repentinamente gas e togliendo quindi manetta, per controllare la regolare accelerazione della turbina. Tutto ok. Parametri ok. Aziono il pulsante di chiusura ed abbasso il tettuccio, bloccandolo con la maniglia tutta avanti. La spia spenta conferma il corretto bloccaggio. 

"Amendola, Viola bloccato, allineamento" "Due bloccato", "Tre bloccato", "Quattro bloccato"! "Viola, autorizzati allineamento e decollo, riportate quando cielo campo" "Viola"! Quando siamo in pista, in linea di fronte, al roteare dell'indice del leader diamo tutto motore, con i piedi ben piantati sui freni. Controllo i parametri, guardo gli altri due, i caschi oscillano in assenso, mi giro verso il leader e muovo il casco, in assenso, anch'io.. 

Gigi mima una capocciata in avanti ed una repentina impennata del nasetto anticipa il balzo in avanti del suo '91. Conto 5", mimo la capocciata e mollo i freni. Ognuno degli altri conterà 5" prima di mollare i freni. Velocità in aumento, accelerazione regolare, 135kts alleggerisco il ruotino, 155 le ruote staccano, contrasto con due dita il rollio.. Anche qui penso ai decolli dei novizi, caratterizzati dal "Rock del Gina", un continuo oscillare nervoso delle ali dopo il distacco, dovuto alle correzioni maldestre sulla cloche, in lotta con la innata sensibilità dei comandi del '91... 

Gigi accelera e si porta in virata, per aiutare il ricongiungimento. Il mio posto sarà a sinistra; il tre, anch'egli anziano, si metterà a destra, con il n.4 alla sua destra. In caso di problemi, le coppie agiranno separatamente, il N.3 sarà responsabile del N.4. La tranquilla virata a sinistra, in salita, mi consente di iniziare a tagliare la traiettoria, per accelerare il ricongiungimento. Gli altri due taglieranno a loro volta, poi passeranno sotto di me e si posizioneranno in ala destra. 

Manovre basiche, provate mille volte! In breve vedo fugacemente il 3 e 4 comparire nel mio specchietto sinistro, per poi sparire, mentre passano sotto la mia coda. Lo sguardo è concentrato sulla estremità alare di Gigi, per tenere fissati i riferimenti di posizione. In un attimo la formazione è completa. Iniziamo un’ampia sfogata sul campo. La formazione tiene bene la posizione, quindi Gigi inanella una serie di sfogate sempre più accentuate, per dare “l’invito” alla rotazione, fino a girare un tonneau completo. Uno a destra, più favorevole al 3 e 4, poi uno a sinistra, più favorevole a me, da interno alla rotazione, mentre il N.4 deve usare tutta potenza per rimanere in posizione. 

Nel tonneau a destra, dove divengo esterno, invece, devo essere io a dare generosamente motore nella fase di ingresso e di uscita, per non sfilarmi. La catena delle manovre, eseguite sul cielo campo, ci ha fatto perdere un bel po’ di quota. Me ne accorgo con la coda dell'occhio, dai riferimenti sul terreno e, con una occhiata furtiva, dalla lettura dell'altimetro. 

Siamo sopra la pista, Gigi alza nuovamente il muso per quella che immagino voglia essere una sfogata di posizionamento a sinistra. Da interno, diminuisco automaticamente motore, per mantenere la posizione, pronto a ridarlo nella posizione di uscita, ma... la rotazione prosegue.. siamo partiti troppo piatti e lenti per un tonneau completo, per giunta nel verso sfavorevole al 3 e 4 e, come se non bastasse… BASSI... vedo il N3 ed il N.4 danzare oltre il leader, stagliati contro il cielo, mentre ci stiamo per arrotolare, solidali, intorno al N.1... ora il 3 e 4 sono alla sommità esterna della manovra, in una traiettoria ruotante intorno a me ed al leader, che in un attimo li porterà, rovesci, a volteggiare verso il terreno.. qualcosa non mi convince.. lascio per un attimo i riferimenti, per lanciare un'occhiata davanti al blindovetro.. già... siamo partiti più piatti del dovuto, con rotazione troppo lenta, ed il muso, già quasi rovescio, è sceso prematuramente sotto l'orizzonte.. continuando così, questa traiettoria pigra ci porterà a chiudere la rotazione a 350 kts, sotto terra! Sento il tre che chiama per radio "Tre e Quattro rompono!" Sono quasi rovesci anche loro, ma liberi di interrompere la rotazione, staccandosi e raddrizzandosi, per rimettere il muso al cielo. Io invece no... ora sto per essere stretto, con le ali a coltello, tra il leader ed il terreno, che vedo, con la coda dell'occhio, ingrandirsi in modo preoccupante... schiaccio il pulsante del microfono, grido rauco “li murtà....!” In tempo per accorgermi che l'ala di Gigi sta ora scendendo rapidissima rispetto al mio riferimento: si è reso conto della situazione e sta accelerando disperatamente la rotazione, con leggero appoggio in negativo, per non chiudere la sua traiettoria per terra.. mi trovo dunque "positivo" rispetto a lui, ormai praticamente rovescio ed in discesa... non posso raddrizzare verso il cielo, perché urterei il leader. 

Avrei dovuto rompere anch'io, prima.. Ora, tra lui ed il terreno, ho una sola via di uscita.. Dò tutto motore, appoggio la barra in avanti ed a sinistra, accelerando a mia volta la rotazione, ora in pieni G negativi.. vedo i tetti del villaggio azzurro passarmi sopra il tettuccio, mentre ormai rovescio, con tutta barra avanti e di lato, sto rialzando il muso dell'aereo... 

“il due rompe!” È la mia voce, ma non è uscita a comando! Le cinghie del seggiolino mi stanno segando le spalle, trattenendomi, mentre il casco vorrebbe sfuggire verso il tettuccio, se non fosse per la maschera che mi tira la faccia in alto.. nugoli di polvere e terriccio salgono dal pavimento, il tubo dell'ossigeno si allunga in alto, in posizione innaturale... devo sforzarmi di tenere i piedi sulla pedaliera, perché vorrebbero calciare il cruscotto soprastante.. mi conforta rivedere di nuovo l'azzurro davanti, e passando per i 90°, oltre la fase rovescia, riprendo la tirata normale... 

Negli attimi passati sottosopra, dietro il velo dell’adrenalina sparata a secchiate, nel cielo del tettuccio tutto era colore ocra dell'erba, rosso dei tetti e verde dei pini... grazie alla meravigliosa agilità in rollio del ‘91, qualità maledetta dai novizi, termino in un attimo gli ultimi 90° della rotazione, passando dal “G” negativo al positivo, prima spingendo la barra in avanti, e poi tirandola nuovamente a me, come un dannato, per rimettere sicuramente il muso al cielo..! 

Gigi è ancora di fianco a me, ma ora alla mia sinistra, un po' più basso ed avanzato. Anche lui deve aver dato G negativi e barra laterale a josa per uscire, altrimenti sarebbe diventato una scia di fiamme e fumo nero per terra... la Torre non ha osato fiatare, per paura forse che una qualsiasi comunicazione potesse distrarci e fare un disastro..! Gli ripasso sotto la coda e riprendo il mio posto alla sua sinistra, senza profferire parola... ci mettiamo in virata per riprendere il Tre ed il Quattro.. mentre manovriamo per tornare all'atterraggio, ripenso a quando, da allievi solisti con gli MB326 di Lecce, molti anni prima, ci davamo appuntamento in cielo. Max ed io, le pecore nere, di nascosto ci intercettavamo in qualcuno dei primi voli a solo pilota e, contro ogni regolamento, inventavamo manovre azzardate. 

Tra queste, non poteva mancare un po' di formazione in volo negativo... In quelle manovre proibite acquisimmo, senza rendercene conto, la manualità anti-istintiva del volo rovescio, che mi avrebbe salvato la pelle ad Amendola, anni dopo. Se avessi accennato a tirare la cloche, come istintivamente si potrebbe fare per riprendere quota, anziché spingerla senza indugi, in quanto ormai rovescio, non sarei uscito vivo da quel tonneau nato male... siamo “all'iniziale”, con “apertura” a sinistra. Il 3 e 4 si allargano per lasciarmi posto, riduco motore, inclino a destra e passo sotto la coda di Gigi, anticipo potenza, un'occhiata alla clearance dal Tre, e prendo il suo posto di gregario destro. Nell'abitacolo del N.1 il pugno rotea davanti al casco, per fermarsi con tre dita aperte: Apertura a 3". La mano guantata del leader fa ciao, guardo avanti per non seguirlo inavvertitamente. Diecimilauno, Diecimiladue, Diecimilatre, inclino bruscamente a sinistra, ritirando la manetta al minimo ed aprendo gli aerofreni. Sostengo la virata, cavalcando l'aria resa ruvida dalle superfici frenanti sotto la pancia, fino ad effettuare 180° di arco.. davanti a me galleggia il ‘91 di Gigi, mi metto alla sua quota, leggermente esterno rispetto alla pista. 

Vedo gli aerofreni rientrare e, subito dopo, i flap scendere ed il suo carrello uscire e bloccarsi. Velocità sotto i 190, pulsante sulla manetta in avanti, i freni rientrano. Medio e mignolo scivolano di lato e portano indietro la levetta dei flap. Seguo l'indicatore che scende, la sirena del carrello stride, tre dita sulla leva tonda rossa, che si abbassa di scatto, dopo aver vinto la molla. Un klunk sotto la pancia, gli indicatori segnalano carrello bloccato, la sirena tace. Gigi ha iniziato la virata base: quando mi sfila al traverso, riduco motore, inclino ed entro a mia volta in virata per l'atterraggio. "Amendola, Viola, Uno bloccato, Full Stop". "Uno autorizzato, vento frontale 8 nodi" "Due bloccato, Full Stop" "due continuare". Raccordo la virata in discesa, controllo che Gigi sia ben distanziato, un filino di motore per sostenere la velocità in virata, "Tre bloccato Full Stop" “Tre continuare" vedo il parafreno bianco sbocciare dietro la coda del leader, che si sposta nella mezzeria destra. Mi allineo al centro, "Due autorizzato atterraggio" via motore, "Quattro bloccato Full Stop" contatto, giù il ruotino, la mano sale alla maniglia grigia del para, la tira tutta fuori, "Tre e Quattro autorizzati, a seguire" sento la decelerazione, accosto a destra, allineato dietro il leader, lungo la linea gialla di bordo pista, mentre nello specchietto controllo il tre, prossimo al contatto. 

Dò un po' di motore, perché il vento mi farebbe fermare a metà pista. In un attimo il getto centra il para, lo sgonfia e il 91 fa un piccolo balzo avanti. Lo lascio andare, fino al raccordo di uscita. Freno destro, l'aereo segue docile la curva, contraccosto, mi angolo a 45°, un po’ di motore e maniglia grigia dentro. Il para, spinto dal getto, vola nel prato. Freno destro, lungo la bretella. Davanti si snoda la linea volo con la meravigliosa teoria di musetti arancioni e neri, di code eleganti, parafreni penzolanti e tettucci spalancati, perfettamente allineati, come bocche affamate pronte ad ingurgitare piloti.. passo dietro la linea volo col tettuccio aperto ed un braccio penzoloni fuori dall'abitacolo.. prossimo allo spazio a me riservato, vedo lo specialista che mi fa segno di girare.. una spuntatina di motore, freno destro ed il muso si incastra nel parcheggio assegnato. 

Allineato sulla riga gialla, giù flaps, giù aerofreni, fermo la corsa. Radio spente, manetta off. Aspetto che la turbina, rallentando, emetta con gli ultimi giri il tipico suono tintinnante. Subito dopo arriva la pacca sulla fusoliera: motore fermo, controllare i secondi. Inserisco le spine di sicurezza e rimango a bordo, imbambolato, a fissare l'infinito... rivedo il terreno sopra il tettuccio, risento la violenza dei i G negativi, mi chiedo come diavolo ne sia uscito... 

Eppure sono qua. Una reazione istintiva, immediata, che mi ha portato fuori da quell'angolo senza via di scampo, nel quale mi ero trovato... Mi slego, mi tolgo il casco, stacco tutte le connessioni, mi alzo in piedi sul seggiolino, scavalco il bordo dell'abitacolo infilando le punte dei piedi nei predellini ed inizio a scendere. Ormai la sequenza dei movimenti è più che familiare. Con una mano mi reggo al velivolo, con l'altra tengo il casco ed il cosciale. Sono a terra, madre terra. Mi siedo davanti al muso del 91, a gambe larghe. Respiro forte l'aria, come se non ne avessi respirata per giorni. Alzo la faccia e mi lascio inondare dal sole. 

Che bella la vita, quanto la apprezzi, dopo che l'hai riacciuffata al volo, dopo che i tuoi riflessi te l'hanno regalata, provi quasi la sensazione di una rinascita. Vedo il pulmino percorrere la linea volo. Si ferma davanti agli altri aerei, i piloti salgono. Ad ogni tappa si avvicina, tra poco è il mio turno. Mi alzo, salgo goffo di tutto il mio armamentario, mi siedo. Anche l'odore di caserma di cui è impregnato l’interno mi sembra gradevole. Nessuno profferisce parola. 

La strada fino al gruppo di volo è intrisa di un silenzio pesante. Guardo i tetti del villaggio azzurro, oltre gli alberi, oltre la strada. Erano sopra la mia testa, vicini. Troppo vicini. Con uno scossone il pulmino si ferma, siamo arrivati. Scendiamo. Il silenzio ci avvolge mentre ci togliamo l'equipaggiamento di dosso. Mi cambio la maglietta, madida di sudore, poi trascino i piedi fino alla Sala Briefing. Ci scambiamo un'occhiata carica di mille significati. Siamo qui a raccontarcela, che altro bisogna aggiungere..? Gigi ci guarda uno per uno, poi sbotta "Beh che avete fatto..?" Ci guardiamo negli occhi, "non era il nostro giorno, Gigi". "Così ci facciamo male, troppo basso, troppo lento... lo hai visto, non farlo più.." non risponde. 

"Si mi è uscito male" ammette dopo qualche istante di silenzio... Niente "cani morti" niente bevute da offrire... Anche la nostra goliardia sconfinata ha un limite. E quel limite e arrivato a sfiorare l'autodistruzione, per una manovra azzardata, per un eccesso di sicurezza nelle proprie capacità... "Sardo in sala operazioni.." l'altoparlante squarcia il drappo pesante che era calato intorno a noi. C'è un altro volo che mi attende. Non c'è tempo da perdere. Mi alzo, cambio Sala Briefing. L'allievo pilota aspetta, ci sediamo, inizio il briefing per la nuova missione. Siamo qui per insegnare a volare e, sia ben chiaro, siamo qui ad imparare, da ogni nuovo volo, la bellezza della vita.



2017/07/21

Le mozzarelle...



I fatti li conoscono tutti, più o meno, una storia di ordinaria corruzione italica. Niente di cui parlarne in realtà visto che questi episodi sono all'ordine del giorno nel bel paese, senonché in quel periodo io lavoravo per il gruppo Salini-Impregilo e Piersandro Tagliabue era il mio "capo" funzionale.

Ricordo che quando venni assunto a Parigi, fui istruito da Pier Sandro con particolare attenzione al rispetto, alla correttezza nei confronti di tutte le parti, in definitiva non dovevano esistere inciuci. Con i fatti di poi posso solo pensare amaramente da che pulpito veniva la predica.

Io li ho conosciuti quasi tutti, il mio trascursus in Salini Impregilo è disegnato in venticinque anni di frequentazione non continuativa. Entrai in Salini la prima volta nel 1992, poi nel 2009, nel 2014 e infine nel 2016 alla cui fine sono definitivamente uscito. Un ciclo si era concluso. 

Non ho mai lavorato al COCIV, meno male, e quindi sono uno spettatore esterno. Quando scoppiò il caso inviai, senza saperlo, una email al mio capo non ricevendo alcuna risposta. All'oscuro di tutto, mi dissero che aveva dei problemi personali, pensai a una malattia, un incidente. Mai e poi mai avrei immaginato la verità: Corruzione, arrestato (Piersandro) nell'ambito dell'inchiesta COCIV e la corruzione da essa derivata.

Ora che non lavoro più per l'azienda e i tempi sono maturi, ora che non devo più aver paura di farmi tagliare virtualmente le gambe dagli amici degli amici che si preoccuperebbero per non farmi più assumere da nessuno, ora pubblico l'articolo, già pubblicato su Dagospia al quale allego l'ordinanza della procura sperando che il tutto possa servire a capire.

In Italia non cambierà mai nulla, godiamoci il momento e restiamo pronti per il prossimo scandalo. Niente di nuovo sotto al sole Signora Longari, direbbe un attempato Mike Bongiorno, buona lettura.

SE NON BASTAVANO I SOLDI SI PASSAVA AI RICATTI

Il sistema era, a suo modo, semplice e funzionava così. Sempre. Quale che fosse la grande opera da portare a termine (si fa per dire). E non era un Sistema nuovo, come le inchieste della Procura di Firenze nel 2010 avevano già documentato. Sfruttava l’inganno, il “baco” della Legge Obiettivo sulle Grandi Opere del 2001.

Quello per il quale il controllore (il direttore dei lavori) veniva scelto dal controllato (le aziende costruttrici). Giampiero de Michelis, ingegnere e direttore tecnico, ha potuto giocare così su due tavoli: su quello dei committenti dell’opera. Entrambi i tavoli, naturalmenete, erano truccati. De Michelis, il “mostro”, aveva anche un socio occulto, Domenico Gallo. Gallo guadagnava. De Michelis guadagnava.

I CERTIFICATI TAROCCATI

Il “mostro” era anche lo strumento con cui i mega consorzi di imprese truffavano lo Stato fingendo di non essere in ritardo. I due amministratori di Salini-Impregilo, Ettore Pagani e Michele Longo, ad esempio, promettono a De Michelis un pezzetto del business da 750 milioni dello stadio del Qatar a patto che lui sostituisca il Sal (stato di avanzamento lavori) di aprile 2015 con uno a loro più favorevole.

De Michelis obbedisce, i finanziamenti per 607 milioni di euro vengono sbloccati, tra l’altro riuscendo a far lievitare le spese del Sal di aprile da 18 a 61 milioni di euro stracciando documenti e fabbricandone di falsi. Stessa cosa per Pisa Movers, il general contractor cui fa parte anche Condotte: De Michelis tarocca i Sal inserendo opere che non erano nemmeno state ultimate.

GLI EREDI ILLUSTRI

Le regole truccate erano note a tutti e di noto c’era anche qualche cognome illustre. Quello di Giuseppe Lunardi, ad esempio. Figlio di Pietro, il potentissimo ex ministro delle Infrastrutture del governo Berlusconi. Con la sua Rocksoil Lunardi junior, indagato per corruzione, si era messo in linea con le aspettative del “mostro”, cui aveva promesso qualcosa della gara da 15 milioni bandita dalla Regione Friuli.

I due si vedono, almeno in un’occasione. «Lunardi mi è sembrato interessato, dobbiamo cominciare a fare cose insieme», dirà poi De Michelis. E chi era il capo di De Michelis, l’amministratore della Sintel da cui il “mostro” proveniva? Giandomenico Monorchio, il figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio. Monorchio jr è stato arrestato per alcuni contratti (uno da 288.000 euro, altri due da 40.000 e 20.000) che ha fatto assegnare alla Crono, società a lui riferibile.

Naturalmente anche De Michelis tiene famiglia: sua figlia Jennifer vuole lavorare nel mondo di papà. Le trovano un posticino nell’azienda Oikomodos per il quale si chiede un’ingegnere. «Non voglio fare incazzare nessuno — si lamenta un’imprenditore, tale Marchetti, con Enrico Pagani — ma lei non ha i requisiti che voi richiedete, c’è scritto che deve essere laureata... non è manco geometra». La ragazza rimane al suo posto. Perché l’imprenditore «vuole finire i suoi 54 milioni di lavori e portare a casa la pagnotta».

L’ORTICELLO DELL’AZIENDA

Il lessico familiare della corruzione, naturalmente, si arricchisce di nuove metafore. «Hai portato la mozzarella? », dicono tra loro. Il 16 dicembre 2014 l’imprenditore Antonio Giugliano incontra l’allora presidente del Cociv Pier Paolo Marcheselli. Prende una busta dalla tasca. «Ingegnè.... grazie mille... la paghetta....». Secondo i finanzieri di Genova, era una mazzetta. Poco prima, lo stesso Giugliano aveva consegnato un’altra busta a Maurizio Dionisi, responsabile appalti Cociv.

Era questa la flora e la fauna dell’”orticello” coltivato dalla combriccola. «Le aziende hanno un’orticello loro, però in joint venture con l’ingegnere (De Michelis, ndr)... se l’ingegnere fa alla lettera il suo lavoro, è meglio che rinunciano, che si buttano a mare», ricorda a tutti Domenico Gallo. L’”amalgama” funzionava così, è teoria criminale applicata agli appalti pubblici. Primo comandamento: non fare guerre. Gli amici devono essere tutti contenti. «Perché se ognuno tira e l’altro storce, non si va mai avanti».

L’AUTOSTRADA NON COLLAUDABILE

C’è un momento in cui De Michelis, però, storce. «Sembra un Marlin che sbatte la coda», dicono. Monorchio jr lo vuole tagliare fuori. «Sappi che da domani sei deposto da tutti quanti i ruoli che hai». È il 17 dicembre scorso. Lui ne parla con la moglie Perla, la quale conviene che è venuto il momento di battere il pugno sul tavolo. Ma non per fare giustizia. Per farla fare sotto ai compari della combriccola. Ha un dossier sull’Anas che riguarda i cantieri dell’A3 affidati alla Impregilo di Ettore Pagani.

Minaccia di farlo vedere al “maresciallo” della Finanza che indaga sui grandi appalti a Firenze nell’inchiesta “Sistema”. «Io le so tutte, e tenete conto di un’altra cosa allora che qua caschiamo, e tutta la Salerno-Reggio Calabria, dell’opera non collaudabile, dell’arbitrato... Ho le relazioni, di quando dovevate chiudere a 40 milioni. Ora qua o fate le persone per bene, completiamo il ciclo e poi mi mandate a fare in culo... perché così vi siete messi tutti d’accordo per mettermi in mezzo a una strada? Io mi difendo». E infatti, è rimasto al suo posto fino al giorno dell’arresto.

IL MOZZARELLARO

Il “mozzarellaro” arrivava da Afragola e negli uffici del Cociv di via Renata Bianchi, a Genova, ma non portava soltanto mozzarelle di bufala. Antonio Giugliano consegnava buste bianche, gonfie come mozzarelle, ma piene di banconote. E muto come un pesce per non farsi captare dalle intercettazioni ambientali, con le dita delle mani aperte indicava “dieci”. Diecimila euro.

Una tranche che secondo le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria avrebbe tappato le bocche di Pietro Paolo Marcheselli e Maurizio Dionisi, dirigenti di Cociv. Il consorzio, general contractor del Terzo Valico per conto di Rfi, in cambio affidava appalti a Giugliano, titolare della “Giugliano Costruzione Metalliche”.

Che con ribasso di 35 euro rispetto al concorrente, si aggiudicava l’appalto di 2 milioni e 500mila euro per la fornitura relativa alle gallerie di Cravasco e l’innesto del Polcevera. «Missione compiuta... secondo le indicazioni ricevute!», esclamava Piersandro Tagliabue, membro del comitato tecnico del consorzio.

VIAGRA

Gli appalti finivano agli “amici”. Non solo distribuendo mozzarelle e mazzette. Anche offrendo escort brasiliane, notti sfrenate in un albergo del capoluogo ligure. Gallerie e pasticche di Viagra, regali e gare truccate. Le intercettazioni dell’inchiesta dei pm Francesco Cardona Albini e Paola Calleri (coordinata dall’aggiunto Vincenzo Calia) regalano passaggi a luci rosse. Come quando l’imprenditore di “Europea 92”, Marciano Ricci, per cercare di assicurarsi l’appalto per la galleria Vecchie Fornaci (affidamento che poi non si materializza), paga a Giulio Frulloni, coordinatore costruzioni del Cociv, una prostituta.

Organizza dopocena hot, e per cercare di convincerlo, gli dice che non sarà solo, che è stato invitato anche Ettore Pagani, il vice presidente del consorzio. È tutto pronto, Denise e Morena sono già state contattate e disponibili a farsi trovare all’interno della suite. Lui deve solo aprire la porta. «Senti, ho due amiche brasiliane nere. Ti piacciono nere?». Frulloni ride, risponde con titubanza: «No... mi fanno schifo... ». Anche se Ricci ha subito una soluzione di riserva. «...O bianche, bianche!».

Notti euforiche. Frulloni parla con un altro imprenditore, genovese, che è nel giro delle grandi opere. «Pronto dove sei? Io sono con Ricci: andiamo a figa!». «Beati voi, c’è qualcosa per me?». E Ricci: «I soldi ce li spendiamo in mignotte». E l’altro: «Le pasticche ce l’hai?».

Ordinanza applicativa di misure cautelari