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2020/10/28

Il ritorno della pandemia




Intervista al virologo Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia e virologia all’Università di Padova e Adjunct professor presso i dipartimenti di neurosciences and science and technology della Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti.

Per quali ragioni si assiste al ritorno diffuso del Covid-19 in Italia?

«Noi non abbiamo mai avuto un azzeramento dell’ondata del virus. Il virus ha avuto una mitigazione estiva e ricordi che nell’emisfero australe adesso si sta cominciando ad avere la stessa mitigazione: noi siamo ad ottobre e lì comincia la primavera ed in Brasile, Perù, Sudafrica, i casi diminuiscono ed anche la letalità. Le ragioni della mitigazione estiva, senza l’azzeramento, sono dovute a quello che la natura ha posto tra noi e il virus: la temperatura, l’irradiazione ultravioletta prolungata con le ore di luce, l’attività all’aria aperta. Ovviamente, si doveva pensare, come tutti i virus respiratori, che con l’autunno-inverno ci sarebbe stata la recrudescenza. Questo è uno dei motivi della recrudescenza ma il motivo principale è un altro».

Quale professore? 

«Se noi prendiamo tutte le altre variabili, uso del distanziamento, sanificazione, mascherine, attività varie, vediamo che l’unico vero nuovo elemento che è correlabile all’impennata esponenziale dei casi verificatasi ai primi di ottobre è stato la riapertura delle scuole. Ci sono degli studi condotti negli Stati Uniti che dimostrano come la chiusura delle scuole avesse impattato significativamente sulla riduzione dell’espansione del virus. Dal 14 al 24 di settembre si sono riaperte non solo le scuole ma è iniziata la circolazione di otto milioni di studenti. E sei lei considera che la crescita dei casi positivi rispetto al numero di nuovi tamponi praticati, è passata dall’1 al 12%, si tratta appunto di un incremento esponenziale. 

Guarda caso in un lasso di tempo che combacia con la riapertura delle scuole. E non solo e non tanto per l’ambiente scolastico ma per quello che viene prima e dopo la scuola, soprattutto con l’occupazione studentesca dei mezzi di trasporto. Nell’ultimo dpcm i trasporti sono rimasti inalterati, all’80% della capienza. Purtroppo non abbiamo messo a profitto la lezione che avremmo dovuto invece apprendere: il distanziamento sui mezzi, perché se si è ammassati, gomito a gomito, non basta la mascherina».

Lei resta favorevole a tener aperte le scuole? 

«Io resterei favorevole per le elementari e le medie, anche in presenza. Le università hanno già sperimentato la didattica a distanza, anche per le esercitazioni, come pure i licei e le classi superiori. Ma un bambino come fa a distanza? Bloccare l’educazione, la cultura e la scuola significa bloccare la nostra società».

Disinfettanti per le mani, come comportarsi?

«Spesso, ogni volta che si tocca qualcosa, usarli il più possibile».
La paura ormai è un pane quotidiano. 

Ha qualche suggerimento razionale da dare agli italiani? 

«La paura sta diventando un dogma, come il Covid ed il "rischiamo tutti di morire"; il virus è stato assunto quasi a nuova categoria dello spirito. Guai se non riconosciamo che questa è la pandemia del secolo, si rischia altrimenti di essere etichettati come negazionisti o quantomeno non politicamente corretti, non essendo in linea con il pensiero unico che pervade ormai tutta la comunicazione. È l’affermazione di una nuova ideologia basata sulla negazione di atteggiamenti sconvenienti (discriminazione, rifiuto dell’accoglienza, minimalismo) più che sull’affermazione di valori positivi e diritti-doveri civici. Ormai la civiltà occidentale sembra aver perso la capacità di ragionare criticamente e di fatto si dimentica che l’origine del virus è cinese e che la Cina rappresenta un nuovo potere egemone di dimensione planetaria. E poi la paura che cosa fa, dal punto di vista sanitario?».

Cosa fa?

«Fa andare al pronto soccorso persone che hanno un colpetto di tosse e rischiano di intasare attività e strutture che dovrebbero essere dedicate anche a malati affetti da patologie importanti (cardiovascolari, neoplastiche, degenerative) che hanno un significativo impatto sulla mortalità della popolazione generale. Questi pazienti invece devono attendere per le cure di cui necessitano con considerevoli rischi per la loro salute. Inoltre aumenta la possibilità di accendere focolai di contagio in ambiente ospedaliero. Non mi pare che questo dpcm disegni una proiezione di misure sanitarie innovative atte a proteggerci anche in futuro da nuove epidemie. Sa quale è il rischio? Di morire di lockdown più che di Covid-19. Come virologo posso dire che la letalità di questa malattia è relativamente bassa; studi recenti di sieroprevalenza dimostrano che la letalità si colloca tra lo 0,25 e lo 0,40%, il che vuol dire 3-4 per mille. Guardi che nel 1957 e nel 1968 son morte due milioni di persone a seguito della pandemia di influenza asiatica ed Hong Kong. Ma allora la popolazione del mondo era la metà di adesso e più giovane di quella attuale. Quindi è necessario guardare criticamente i numeri. Una patologia virale che ha una letalità del 3 per mille non è la spagnola, non è il vaiolo, non è la peste, non è Ebola, non la Sars, non è Mers e non è neanche la pandemia dell’Asiatica. Quanto alla letalità da Covid-19 l’età media di chi muore è 82 anni. Pochissime le persone giovani sotto i 50 anni, casi che poi vengono amplificati dai giornali».

I nonni possono vedere i nipoti e se sì con quali precauzioni?

«Questa è una vera preoccupazione, anche io sono nonno e cerco di avere il massimo delle precauzioni, sono in buona salute, non ho comorbosità. Ma se in casa abbiamo una persona gracile od un nonno che ha diabete, ipertensione, disturbi vascolari ed ha una età attorno agli 80 anni io gli consiglierei di fare a meno di vedere il nipote».

Bisogna fidarsi della virologia? 

«Avendo avuto il compito di rappresentare a livello nazionale ed internazionale la virologia, ci tengo a dirle che si tratta di una scienza esatta, al pari della chimica e della fisica. Nell’ambito dei diversi ricercatori di discipline biomediche i virologi sono tra quelli più insigniti di premi Nobel per la fisiologia o medicina (tre anche quest’anno), e ci tengo a ricordare al riguardo anche gli italiani Salvador Luria e Renato Dulbecco. Parlare di malattie virali non deve essere esclusività dei virologi, ma anche di epidemiologi, infettivologi, esperti di sanità pubblica, clinici, immunologi, statistici-matematici per le implicazioni che hanno le malattie infettive trasmissibili a carattere epidemico-pandemico. Quello che mi dispiace è che l’opinione pubblica imputi ai "cosiddetti virologi", quelli che come tali vengono accreditati da voi giornalisti e che spesso si accapigliano l’un l’altro o si contraddicono, la responsabilità di una comunicazione che confonde, non dà sicurezza né prospettive. Raccomanderei di investire di più in virologia, quella seria, che si occupa di vaccinologia, patogenesi molecolare, genetica ed evoluzione dei virus specie in quegli ospiti animali (mammiferi) che sono all’interfaccia con l’uomo e che saranno in futuro nuova potenziale sorgente di forme epidemiche. Anche così si potrà dire di aver tratto la giusta lezione da questa pandemia».

2020/10/24

Il suono del niente



Il suono del niente adesso nella testa rimbomba pesante, molto ma molto di più. Sappiamo cosa vuol dire, era otto mesi fa quando l’abbiamo ascoltato. Ma allora andavamo incontro alla luce, al caldo, non sapevamo ancora. Adesso è diverso. Le perdite di ognuno, le persone che mancano, la sicurezza appassita, lo slancio d’estate subito ritratto, tutto pesa immensamente di più. 

E quindi i 20 mila contagi sfiorati sembra non bastino ancora per congelare di nuovo la vita e rinchiuderci in casa a sperare cosa? 
Che arrivi presto il vaccino, il resto non ci si prova nemmeno. 
Ma ci sono ragioni che debbono farci frenare. Non possiamo ignorarle. 
La prima. Il tempo della morte. Ieri sono state 151 le persone perdute, il picco d’autunno sinora. In primavera passavano sette giorni dal contagio al decesso, in media. Ora sono all’incirca trenta. E questo vuole dire, secondo un calcolo macabro ma necessario, ospedali pieni e pazienti sofferenti a lungo. Con l’aumento esponenziale delle positività si arriva poi alla moltiplicazione di decessi. 

Soccombono i fragili: ad andarsene sono persone sempre più anziane, 82 anni di media contro gli 80 della prima ondata. I malati Covid sono parcheggiati per ore in ambulanza prima di riuscire ad essere ricoverati in una struttura ospedaliera. 

Così le sirene rimangono spente, altre emergenze vengono cancellate, altri malati non soccorsi. Il suono del niente è anche questo. Ed è davvero insopportabile.

2020/10/22

Partiti in movimento?



Sappiamo tutti, spero, che va benissimo curare i sintomi  di una malattia. Ma non bisogna assolutamente perdere di vista la causa della stessa. Assistiamo giornalmente al putiferio che si scatena intorno a qualunque commento e relativa critica all’operato e alle dichiarazioni di un componente del direttivo di un movimento e ai suoi richiami al rispetto dei princìpi. Le critiche e relative polemiche, non hanno una base logica.

Dove sta l’equivoco? Nel non aver messo in chiaro la causa, cioè la differenza tra movimento e partito. Il partito si colloca sul terreno della politica, cioè del potere, i movimenti invece su quello del raggiungimento di obiettivi parziali. I movimenti perseguono obiettivi parziali, per questo le persone che vi aderiscono sono più numerose di quelle che militano nei partiti. Un lavoratore può essere assolutamente favorevole a difendere il proprio salario con lo sciopero ma, per quanto contraddittorio ciò possa sembrare, può allo stesso tempo votare a destra. Vi sono molte persone che solidarizzano sinceramente con le popolazioni del Terzo Mondo e dunque si spendono a favore del consumo critico e contro il Fmi, ma, all’ora del voto, scelgono partiti moderati.

Ciò costituisce una contraddizione solo se si adotta il punto di vista del piano politico, cioè un punto di vista complessivo, che dà una spiegazione, non necessariamente corretta, di tutte le parzialità riconducendole ad una sola logica. Ma non è così dal punto di vista del movimento, che ha una visione parziale. Il movimento cioè risponde ad un bisogno di massima unità per il raggiungimento di un obiettivo specifico. Porre problemi di prospettiva politica viene percepito dalla massa degli attivisti di movimento come un attentato a questo sforzo, come un tentativo di divisione, e per questo è solitamente respinto come “strumentalizzazione”.

Aderire a un movimento, accettandone le impostazioni in quanto tale, risulta tanto riprovevole se il fondatore o chiunque al posto suo, richiami ai princìpi fondanti frenando deviazioni?
La conquista di un posto accanto ai detentori del potere politico, non può far deviare un movimento dalle sue originali impostazioni. Pertanto, reclamare interventi che assecondino accordi ai fini del conseguimento di potere, significa voler trasformare un movimento in partito, o quantomeno in fronte popolare.

Altra definizione che si pone tra le due configurazioni di movimento e partito e presuppone l’accordo tra partiti al fine di instaurare un governo ben preciso, in contrapposizione ad altri, esattamente come successo, con alterne fortune, in Europa, alla fine della seconda guerra mondiale. Gridare, quindi, alla mancanza di scelte precise su temi di politica e economia nazionale e internazionale, non ha alcun senso finché permane la scelta di definirsi movimento. Semmai, il dibattito interno a un movimento, dovrebbe essere incentrato, dopo un innegabile successo elettorale, sulla possibilità e fattibilità di un cambio di obiettivi e organizzazione.

Il tutto senza strombazzamenti e accuse di centrismo o totalitarismo verso uno o l’altro difensore del principio movimentista. Cosa che farebbe presupporre il non recepimento e la non comprensione degli obiettivi accettati al momento dell’adesione al movimento stesso, oltre alla non conoscenza della differenza tra partito e movimento.

Nello scenario italiano, il successo elettorale e la possibilità di un incremento della rappresentanza del Movimento “grillino” in Parlamento, quasi impone un cambiamento di rotta e di obiettivi. Ma trasformare un movimento in partito, presuppone una organizzazione e un cambiamento tale che, se da un lato potrebbe portare alla conquista di un potere politico determinante per le scelte di sviluppo dell’intera nazione, dall’altro certamente farebbe scemare il consenso da parte dei sostenitori che non si inquadrano in una ideologia ben precisa, ma hanno deciso di dare l’appoggio a chi si proponeva il raggiungimento di obiettivi parziali e ben definiti, più vicini al sentire comune. Tra l’altro vorrebbe anche dire uniformarsi a un modo di concepire la politica e la democrazia, secondo schemi e canoni che hanno dimostrato le incongruenze della democrazia di partito.

La “democrazia dal basso”, propagandata dai capi del movimento grillino, ha delle basi che presuppongono una presa di coscienza che rasenta, stante l’attuale realtà sociale italiana, l’utopia. Intanto sembra attecchito il seme dell’informazione. Adesso deve crescere diventando conoscenza e maturare diventando presa di coscienza. Tempi lunghi dunque. Inutile schieramenti pro o contro accordi o altro. Le scelte si fanno prima. Consapevolmente. Come le scelte durante.

fonte: il fatto quotidiano

2020/10/21

La libertà perduta, per sempre?




Il virus, arbitro tra salute e libertà

Da una settimana in Italia il contagio è sfuggito di mano e nelle stanze del governo si discutono scenari e nuove restrizioni per riprendere il pieno controllo della situazione. 

Ieri c’è stato un nuovo record nei contagi, oltre quota 15 mila. 

E un preoccupante aumento delle vittime: 127, tante quante non se ne registravano dal 20 maggio. Che cosa accadrà quando i nuovi positivi diventeranno 20-30mila al giorno? 

Tommaso Ciriaco rivela quali sono le proposte sul tavolo: dal coprifuoco serale a partire dalle otto della sera nelle grandi città, fino al divieto di spostamenti, se i numeri dovessero peggiorare, con possibilità di muoversi solo per andare a scuola o al lavoro.

Ancora una volta, per tutelare la salute di tutti dobbiamo prepararci a rinunciare a una parte della nostra libertà. 

E’ la pandemia a richiederlo, e non solo in Italia. Due giornalisti, positivi al coronavirus,  raccontano in prima persona che cosa accade nei due paesi più potenti del mondo. 

Federico Rampini è a New York e la 007 del Covid gli offre, quasi chiedendo scusa, l’albergo a spese dello Stato di New York, i pasti, le medicine e persino lo psicologo gratis. 

Filippo Santelli, da Nanchino, racconta un altro modo di affrontare la pandemia: da quando è risultato positivo la sua camera d’albergo è chiusa a chiave. 

Dall’esterno.

fonte La Repubblica 22/10/2020



2020/10/12

THE PARTY IS OVER



Dopo i fasti dell’estate la festa è davvero finita. Perché se è vero che la maggior parte dei focolai, l’80 per cento, si sviluppa in famiglia e tra amici, la seconda ondata dell’epidemia impone nuove restrizioni nella vita di ognuno di noi. Ed è quello che prevede la bozza dell’ultimo Decreto del presidente del Consiglio dei ministri. 

Come racconta Michele Bocci vengono vietate le feste private nei locali pubblici. Il governo rivolge una forte raccomandazione a non organizzarne in casa e comunque a non ritrovarsi mai in più di sei persone se non si è conviventi. Trenta partecipanti è il limite per le cerimonie civili e religiose come i matrimoni. Stop alle gite scolastiche e allo sport amatoriale di contatto non regolamentato, per esempio le partite di calcetto tra amici, mentre resta il via libera per le attività delle società sportive. Per evitare gli assembramenti dei giovani dopo le 21 scatta il divieto di sostare davanti ai locali che non offrono posti a sedere, come alcuni bar o gelaterie, mentre quelli che hanno il servizio al tavolo come i ristoranti dovranno chiudere a mezzanotte.
 
Interventi mirati e decisi ora, dice il premier Giuseppe Conte, per evitare misure più drastiche in futuro. Per scongiurare, cioè, un nuovo lockdown nazionale e i suoi risvolti drammatici sull’economia e sulle famiglie. “L’economia va preservata, certo. Ma l’unico consumatore che non consuma è quello morto”, scrive Luca Bottura commentando le accuse rivolte al ministro della Salute Roberto Speranza, che parlando di come far rispettare i limiti alle feste private aveva spiegato di confidare nelle segnalazioni dei vicini di casa.
 
La scuola per ora è salva. Anche se l’intangibilità della presenza in classe dei ragazzi, sventolata per mesi, è diventata di nuovo una leva della trattativa. Nel braccio di ferro tra Regioni e governo sulla capienza consentita dei mezzi di trasporto pubblici è riapparso per la prima volta lo spettro della didattica a distanza per gli studenti delle superiori.