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2013/02/23

La violenza è una malattia prevenibile

La violenza è una malattia prevenibile

Nessuno Stato o individuo può essere sicuro in un mondo insicuro. I valori della nonviolenza negli intenti, nei pensieri e nella prassi da un’alternativa sono diventati una necessità. Questi valori si esprimono nella loro applicazione tra stati, gruppi e individui.

Siamo convinti che il rispetto dei valori della nonviolenza introdurrà un ordine mondiale più civile e pacifico, in cui sistemi di governance più equi, efficaci e rispettosi della dignità umana e della sacralità della vita possano diventare una realtà.
Le nostre culture, le nostre storie e le nostre vite individuali sono interconnesse e le nostre azioni sono interdipendenti. Oggi come mai in passato ci troviamo davanti una verità: il nostro è un destino comune, che verrà definito oggi dalle nostre intenzioni, decisioni ed azioni.

Siamo inoltre convinti che creare una cultura della pace e della nonviolenza, pur essendo un processo lungo e difficile, sia utile e necessario. Affermare i principi enunciati in questa Carta è un primo passo, di importanza vitale, per garantire la sopravvivenza e lo sviluppo dell’umanità e realizzare un mondo senza violenza.

Noi Premi Nobel per la Pace e Organizzazioni Nobel per la Pace,

Riaffermando il nostro impegno verso la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo;

Preoccupati dalla necessità di porre fine alla diffusione della violenza a tutti i livelli della società e soprattutto alle minacce a livello mondiale, che mettono a rischio l’esistenza stessa dell’umanità:

Riaffermando che la libertà di pensiero e di espressione è alla radice della democrazia e della creatività;

Riconoscendo che la violenza si manifesta in molte forme, quali conflitti armati, occupazione militare, povertà, sfruttamento economico, distruzione dell’ambiente, corruzione e pregiudizio basato sulla razza, la religione, il genere e l’orientamento sessuale;

Riconoscendo che il culto della violenza espresso nelle forme di intrattenimento commerciale può contribuire all’accettazione della stessa come una condizione normale ed ammissibile;

Convinti che quelli maggiormente colpiti dalla violenza sono i più poveri e vulnerabili;

Rammentando che la pace non è soltanto l’assenza di violenza, ma anche la presenza della giustizia e il benessere dei popoli;

Prendendo atto che un inadeguato riconoscimento da parte degli Stati delle diversità etniche, culturali e religiose è spesso alla radice della violenza esistente nel mondo;

Consapevoli del fatto che il mondo ha bisogno di efficaci meccanismi globali e di metodi nonviolenti per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti e che questi hanno maggiore successo quanto prima sono adottati;

Affermando che coloro che sono investiti del potere hanno maggiore responsabilità per porre fine alla violenza dove essa si manifesta e per prevenirla dovunque sia possibile;

Convinti che i valori della nonviolenza debbano trionfare in tutti i livelli della società, così come nei rapporti tra Stati e tra popoli;

Invitiamo la comunità internazionale a portare avanti i seguenti principi:

Primo: in un mondo interdipendente, la prevenzione e la cessazione dei conflitti armati tra gli Stati e all’interno degli Stati può richiedere un’azione collettiva da parte della comunità internazionale. La sicurezza dei singoli stati si ottiene con una maggiore sicurezza globale ed umana. Per questo è necessario rafforzare la capacità di implementazione del sistema ONU e delle organizzazioni di cooperazione regionale.

Secondo: Per realizzare un mondo senza violenza, gli Stati devono rispettare lo stato di diritto ed onorare i loro impegni legali.

Terzo: E’ necessario muoversi senza indugi nella direzione dell’eliminazione universale e verificabile delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa. Gli Stati in possesso di tali armi devono intraprendere passi concreti verso il disarmo e un sistema di sicurezza che non sia basato sulla deterrenza nucleare. Allo stesso tempo gli Stati devono fare ogni sforzo per consolidare il regime di non proliferazione nucleare, prendendo misure come il rafforzamento delle verifiche multilaterali, la protezione del materiale nucleare e l’aumento del disarmo.

Quarto: Per contribuire all’eliminazione della violenza nella società, la produzione e la vendita delle armi leggere devono essere ridotte e sottoposte a rigorosi controlli a livello internazionale, regionale, statale e locale. Inoltre gli accordi internazionali per il disarmo, come il Trattato per la messa al bando delle mine del 1977, dovrebbero ottenere una piena ed universale applicazione. I nuovi sforzi volti ad eliminare l’impatto delle armi indiscriminate ed attivate dalle vittime, come le bombe a grappolo, vanno sostenuti. E’ necessario un ampio ed efficace trattato sul commercio delle armi.

Quinto: Il terrorismo va sempre condannato, perché la violenza genera violenza; nessuna causa può giustificare gli atti terroristici contro la popolazione civile di qualsiasi paese. La lotta al terrorismo

non può tuttavia giustificare la violazione dei diritti umani, del diritto umanitario internazionale, delle norme della società civile e della democrazia.

Sesto: Porre fine alla violenza domestica e nelle famiglie esige il rispetto incondizionato dell’uguaglianza, della libertà, della dignità e dei diritti delle donne, degli uomini e dei bambini da parte di tutti gli individui e le istituzioni dello stato, della religione e della società civile. Tali tutele vanno inserite nelle leggi e nelle convenzioni locali ed internazionali.

Settimo: Ogni individuo e ogni Stato condividono la responsabilità di prevenire la violenza contro i bambini e i giovani, il nostro futuro comune e il nostro bene più prezioso. Tutti hanno diritto ad un’istruzione di buon livello, all’assistenza sanitaria di base, alla sicurezza personale, alla tutela sociale, alla piena partecipazione alla vita sociale e ad un ambiente che rafforzi la nonviolenza come stile di vita. L’educazione alla pace, la promozione della nonviolenza e la valorizzazione dell’innata qualità umana della compassione devono far parte dei programmi educativi a tutti i livelli.

Ottavo: La prevenzione dei conflitti derivati dall’impoverimento delle risorse naturali, in particolari delle fonti energetiche ed idriche, esige che gli Stati svolgano un ruolo attivo ed istituiscano sistemi giuridici e standard finalizzati alla protezione dell’ambiente ed incoraggino le popolazioni a contenere i loro consumi in base alla disponibilità delle risorse e ai reali bisogni umani.

Nono: Facciamo appello all’ONU e agli Stati membri affinché promuovano il riconoscimento della diversità etnica, culturale e religiosa. La regola d’oro di un mondo nonviolento: Tratta gli altri come vuoi essere trattato.

Decimo: I principali strumenti politici per realizzare un mondo nonviolento sono delle istituzioni democratiche funzionanti e il dialogo basato sulla dignità, la conoscenza e il compromesso e condotto sulla base dell’equilibrio tra gli interessi delle parti coinvolte, tenendo anche presente l’umanità nel suo complesso e l’ambiente naturale.

Undicesimo: Tutti gli Stati, le istituzioni e gli individui devono sostenere gli sforzi volti a risolvere l’ineguaglianza nella distribuzione delle risorse economiche e le iniquità che creano un fertile terreno per la violenza. Lo squilibrio delle condizioni di vita porta inevitabilmente alla mancanza di opportunità e in molti casi alla perdita della speranza.

Dodicesimo: La società civile, compresi i difensori dei diritti umani e gli attivisti per la pace e l’ambiente, va riconosciuta e protetta come parte essenziale nella costruzione di un mondo nonviolento, dato che i governi devono servire le esigenze della gente e non il contrario. Vanno create le condizioni per permettere ed incoraggiare la partecipazione della società civile, soprattutto delle donne, nei processi politici a livello globale, regionale, nazionale e locale.

Tredicesimo: Nell’implementare i principi di questa Carta lanciamo un appello perché tutti lavorino insieme per costruire un mondo in cui ognuno abbia il diritto di non essere ucciso e la responsabilità di non uccidere gli altri.

Per contrastare ogni forma di violenza incoraggiamo la ricerca scientifica nei campi dell’interazione umana e del dialogo e sollecitiamo la partecipazione della comunità accademica, scientifica e religiosa per aiutarci nella transizione verso una società nonviolenta e pacifica.

Nobel  Firmatari:

• Mairead Corrigan Maguire
• His Holiness the Dalai Lama
• Mikhail Gorbachev
• Lech Walesa
• Frederik Willem De Klerk
• Archbishop Desmond Mpilo Tutu
• Jody Williams
• Mohamed ElBaradei
• John Hume
• Carlos Filipe Ximenes Belo
• Betty Williams
• Muhammad Yunus
• Wangari Maathai
• International Physicians for the Prevention of Nuclear War
• International Committee of the Red Cross
• International Atomic Energy Agency
• American Friends Service Committee
• International Peace Bureau

Sostenitori della Carta:

Istituzioni:

• Governo Basco
• Comune di Cagliari (Italia)
• Provincia di Cagliari (Italia)
• Comune di Villa Verde (OR), Italia
• Comune di Grosseto, Italia
• Comune di Lesignano de’ Bagni (PR), Italia
• Comune di Bagno a Ripoli (FI), Italia
• Comune di Castel Bolognese (RA), Italia
• Comune di Cava Manara (PV), Italia
• Comune di Faenza (RA), Italia

Organizzazioni:

• Peace People, Belfast (Irlanda del nord)
• Associazione Memoria Collettiva
• Hokotehi Moriori Trust, Nuova Zelanda
• Mondo senza guerre e senza violenza
• Centro Mondiale di Studi Umanisti (CMSU)
• La Comunità (per lo sviluppo umano), Federazione Mondiale
• Convergenza delle Culture, Federazione Mondiale
• Federazione Internazionale dei Partiti Umanisti
• Associazione “Cádiz por la No-Violencia”, Spagna
• Women for a Change International Foundation, (Regno Unito, India, Israele, Camerun, Nigeria)
• Institute for Peace and Secular Studies, Pakistan
• Associacion Assocodecha, Mozambico
• Awaz Foundation, Centre for Development Services, Pakistan
• Eurafrica, associazione multiculturale, Francia
• Peace Games UISP, Italia
• Club Moebius, Argentina
• Centro per lo sviluppo creative “Danilo Dolci”, Italia
• Centro Studi ed Iniziative Europeo, Italia
• Gruppo Emergency Alto Casertano, Italia
• Sociedad Boliviana de origami, Bolivia
• Il sentiero del Dharma, Italia
• Gocce di fraternità, Italia
• Fundacion Aguaclara, Venezuela
• Associazione Lodisolidale, Italia
• Colectivo de Educación en derechos humanos y Prevención Activa de Conflictos, Spagna
• ETOILE.COM (Agence Rwandaise d’Edition, de Recherche, de Presse et de Communication), Ruanda
• Human Rights Youth Organization, Italia
• Ateneo de Petare, Venezuela
• Association étudiante du CÉGEP de Sherbrooke,  Quebec, Canada
• Federación de Instituciones Privadas de Atención al Niño, el Joven y la Familia (FIPAN), Venezuela
• Centre Communautaire Jeunesse Unie de Parc Extension, Québec, Canada
• Physicians for Global Survival, Canada
• UMOVE (United Mothers Opposing Violence Everywhere), Canada
• Raging Grannies, Canada
• Veterans Against Nuclear Arms, Canada
• Transformative Learning Centre, University of Toronto, Canada
• Promotores de Paz y No Violencia, Spagna
• ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), Italia
• Legautonomie Veneto, Italia
• Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, Italia
• UISP Lega Nazionale Attività Subacquee, Italia
• Commissione Giustizia e Pace di CGP-CIMI, Italia
• Global Security Institute, Jonathan Granoff

Personalità:

• Mr. Walter Veltroni, ex sindaco di Roma
• Mr. Tadatoshi Akiba, sindaco di Hiroshima e presidente di Mayors for Peace
• Mr. Agazio Loiero, presidente della Regione Calabria
• Prof. M. S. Swaminathan, ex presidente di Pugwash Conferences on Science and World Affairs, organizzazione Premio Nobel per la Pace
• David T. Ives, Albert Schweitzer Institute
• Sergio Balacco, Scrittore, Francia
• George Clooney, attore, USA
• Don Cheadle, attore, USA
• Bob Geldof, cantante, Irlanda
• Tomás Hirsch, Portavoce dell’Umanesimo per l’America Latina
• Michel Ussene, Portavoce dell’Umanesimo per l’Africa
• Giorgio Schultze, Portavoce dell’Umanesimo per l’Europa
• Chris Wells, Portavoce dell’Umanesimo per l’America del Nord
• Sudhir Gandotra, Portavoce dell’Umanesimo nella regione Asia-Pacifico
• Maria Luisa Chiofalo, Assessore del Comune di Pisa, Italia
• Silvia Amodeo, Presidente della Fundacion Meridión, Argentina
• Miloud Rezzouki, Presidente dell’associazione ACODEC, Marocco
• Angela Fioroni, Segretaria regionale di Legautonomie Lombardia, Italia
• Luis Gutiérrez Esparza, Presidente di Latin American Circle of International Studies (LACIS), Mexico
• Vittorio Agnoletto, ex europarlamentare, Italia
• Lorenzo Guzzeloni, Sindaco di Novate Milanese (MI), Italia
• Mohammad Zia-ur-Rehman, Coordinatore Nazionale di GCAP-Pakistan
• Raffaele Cortesi, Sindaco di Lugo di Romagna (RA), Italia
• Rodrigo Carazo, Ex presidente del Costa Rica
• Lucia Bursi, Sindaco di Maranello (MO), Italia
• Miloslav Vlček, Presidente della Camera dei Deputati della Repubblica Ceca
• Simone Gamberini, Sindaco di Casalecchio di Reno (BO), Italia
• Lella Costa, attrice, Italia
• Luisa Morgantini, ex Vice-Presidente del Parlamento Europeo, Italia
• Birgitta Jónsdóttir, membro del Parlamento islandese, Presidente di  Friends of Tibet in Islanda
• Italo Cardoso, Gabriel Chalita, José Olímpio, Jamil Murad,  Quito Formiga, Agnaldo Timóteo, João Antonio, Juliana Cardoso, Alfredinho Penna (“Frente Parlamentar de Acompanhamento da Marcha Mundial pela Paz e a Não Violência em São Paulo”), Brasile
• Katrín Jakobsdóttir, Ministro dell’Educazione, Cultura e Scienza, Islanda
• Loredana Ferrara, Assessore alla Pace della Provincia di Prato, Italia
• Ali Abu Awwad, Attivista per la pace attraverso la nonviolenza, Palestina
• Giovanni Giuliari, Assessore alla famiglia e alla pace, Vicenza, Italia
• Rémy Pagani, Sindaco di Ginevra, Svizzera
• Paolo Cecconi, Sindaco di Vernio (PO), Italia
• Viviana Pozzebon, cantante, Argentina
• Max Delupi, giornalista e direttore d’orchestra, Argentina
• Páva Zsolt, Sindaco di Pécs, Ungheria
• György Gemesi, Sindaco di Gödöllő, Presidente dell’Associazione Ungherese degli Enti Locali, Ungheria
• Agust Einarsson, rettore della Bifröst University, Islanda
• Svandís Svavarsdóttir, Ministro dell’Ambiente, Islanda
• Sigmundur Ernir Rúnarsson, Membro del Parlamento, Islanda
• Margrét Tryggvadóttir, Membro del Parlamento, Islanda
• Vigdís Hauksdóttir, Membro del Parlamento, Islanda
• Anna Pála Sverrisdóttir, Membro del Parlamento, Islanda
• Thráinn Bertelsson, Membro del Parlamento, Islanda
• Sigurður Ingi Jóhannesson, Membro del Parlamento, Islanda
• Omar Mar Jonsson, Sindaco di Sudavikurhreppur, Islanda
• Raul Sanchez, Segretario per i Diritti Umani della Provincia di Cordoba, Argentina
• Emiliano Zerbini, Musicista, Argentina
• Amalia Maffeis, Servas – Cordoba, Argentina
• Almut Schmidt, Direttrice del Goethe Institut, Cordoba, Argentina
• Asmundur Fridriksson, Sindaco di Gardur, Islanda
• Ingibjorg Eyfells, Preside, Geislabaugur, Reykjavik, Islanda
• Audur Hrolfsdottir, Preside, Engidalsskoli, Hafnarfjordur, Islanda
• Andrea Olivero, Presidente Nazionale delle Acli, Italia
• Dennis J. Kucinich, Membro del Congresso, USA

2013/02/22

Speciale elezioni (si salvi chi può)


Mai come quest’anno le elezioni politiche hanno avuto un campagna dai toni così crudi e violenti. Tutti i contendenti si sono contesi in singolar tenzone anche il singolo voto pur di prevalere sul vicino, non già concorrente alla poltrona in parlamento, sulla quale con provvido coraggio versare tutto l’attack di cui si dispone e incollare il proprio deretano.


Da quello che io possa ricordare, e il lettore che sicuramente ne sa più di me perchè poco avvezzo ai fatti di politica nostrana, non era mai successo che i fronti si rovesciassero così spesso da sembrare di essere al luna park su una di quelle giostre chiamate, mi si perdoni il termine nonché la volgarità, “calcio in culo” e non in campagna elettorlae.



E senza parlare dei colpi bassi, degli inciuci più o meno dichiarati, delle alleanza promesse e rifiutate, dei sogni rigorosamente da non mantenere, dell’IMU da restituire fino alla promessa che si, stavolta, le tasse si potrebbero anche ridurre ma non andatelo a dire in giro che altrimenti ci prendono per pazzi.

E così dall’alto della mia neutralità posso pontificare su quello che vedo e che sento.
Sento che Il mondo guarda con terrore al ritorno del nano pelato, detto anche Berlusconi, oops, sarebbe il contrario ma tant’è, se l’avessi chiamato col suo vero nome forse nessuno se lo ricorderebbe. I cittadini sono dunque chiamati a decidere chi mettere in Parlamento e questo non riesco a digerirlo, perchè a a questi italiani toccherebbe il lavoro più difficile visto che nessun altro è riuscito a sventare questa minaccia. 

Stiamo assistendo a un finale di campagna elettorale drammaticamente pericoloso per l’Italia, e non occorre che si scomodino eminenti scrittori e uomini di cultura per accorgesene, il mondo intero guarda con terrore a un ritorno della politica del non fare, non solo del Mister B. e nascondiamo il nome con un pietoso espediente perchè altrimenti il tag mi riempirebbe di elogi e di critiche e, in verità non saprei quali potrebbero essere meglio. 

Il nostro viene accusato di essere un fautore di una politica caratterizzata da proposte populiste e isolazioniste. Il populista potrebbe anche starci, e perchè no, l’isolazionista non ce lo vedo proprio, anche perchè, e sono dati della Banca Mondiale, l’Italia durante il ventennio... ari pardon, durante l’ultimo governo del nano pelato con il riporto farlocco a coprire tale pelata, dicevo ha ottenuto esaltanti risultati in termini di esportazione delle tecnologie e del verbo italiano nel mondo, che poi abbiano anche esportato capitali inteso come dinero, grana, soldi e euro sarebbe anche giustificabile. 

È inutile negarcelo, all’italiano le tasse stanno strette e questo rappresenta uno dei motivi per cui preferisce portarli all’estero, dove paga poche tasse e guadagna di più. 
Per contrastare il ritorno a palazzo Chigi del nostro dunque tutti si mobilitano non accorgendosi che così facendo portano voti a suo favore e non contro. La gente ha uno strano modo di reagire quando scopre che si, il beniamino politico si diverte con le donnine, ma son fatti suoi, che si s’è creato una legge e più di una per scampare la giustizia e le tasse e potrei andare avanti per ore sull’argomento ma, il cittadino beneficiato in passato dall’esimio cavaliere (senza cavallo) ricorda che fu grazie a lui che la ben misera pensione di € 387 al mese ha potuto lievitare di altri cento circa, e quindi che faccia quello che vuole, speriamo che stavolta la pensione me la porta su di altri cento scarsi eurini e via con sto voto. 

E, secondo me è praticamente inutile che si proclami a tutti i cittadini onesti, ma chi lo sarà mai veramente, che condividono la necessità di esercitare il loro diritto di voto di esercitarlo a favore di una delle formazioni politiche che si impegnano a contrastare questa destra inetta e illiberale che ancora ci minaccia. 
E già, la politica è una brutta bestia, ma alla fine cari miei onestissimi lettori, la politica altro non è che un grande business, dove i politici o candidati cercano di vendere promesse con la speranza di poterle mantenere e se questo non dovesse succedere allora vorrà dire che è stata colpa di un altro, del nano o del pelato, dell’algido banchiere (algido solo per il colore dei capelli) e del comico da operetta, tutti idistintamente chiamati in correo quando qualcosa va storto. 

E purtroppo in questa Italietta di cose storte le vediamo tutti i giorni. E’ il momento di mettere la parola fine al berlusconismo, insistono i concorrenti, non propongono programmi veri e credibili, solo annientare la concorrenza ricordandosi che, “mors tua vita mea”, c’è un posticino al sole anche per loro, non in nome di un’Italia salvata ma in quello di un’Italia spremuta, come un limone, che a questo punto forse succo non ne ha più. Pare pure inutile questa levata di scudi, tutti contro uno, richiamando gli elettori all’impegno per superare in modo netto e definitivo l’umiliante fase della nostra storia che si sta chiudendo, ma non si è ancora chiusa. 

Una volta sconfitto il nemico pubblico numero uno si potrà finalmente aprire una nuova era, riparando il tessuto sociale, liberandolo da criminalità e corruzione. Ma quando mai, se prendo dal mio cassettino mnemonico qualche vecchio discorso elettorale del mitico Fanfani, chi se lo ricorda Fanfani o dell’imputrescibile ancorchè defunto pure lui Moro, trovo che tutti ripetevano gli stessi concetti, concetti che non sono mai diventati la norma ma si sono persi nei meandri dei corridoi parlamentari e sono li che girano come anime alla ricerca di una identità. 

Liberare il tessuto sociale da criminalità e corruzione è cosa vecchia, come la gallina vecchia che fa il buon brodo ma a questo punto non fa il pulcino. Sono sessant’anni che si promettono le stesse cose e, salvo appunto il nanetto, nessuno è riuscito per esempio a metter sotto chiave tanti mafiosi quanto lui. E la corruzione?

Ma non dovevi trattare delle elezioni? Adesso ti perdi dietro il nanetto pelato?

È vero mio esimio lettore, vero che non solo lui ma tutti sono allo stesso modo vittime e aguzzini, ma alla fine chi ci rimette sempre siamo noi italiani. E quindi a chi giova una campagna elettorale siffatta?

Leggo sull’Unità di ieri che Massimo D’Alema si sia permesso di esprimere un pensiero sul M5S e su Grillo. Quindi lo cito, poi non venitemi a dire che non si tratta di farina del mio sacco, io vi ho informato: 

"Ho un grandissimo rispetto per le tante persone che scendono in piazza intorno a Grillo e per il sentimento di protesta, ben comprensibile, che li anima. Ma Grillo ha contribuito molto a fare di questa campagna elettorale un momento di rissa, in cui i problemi del Paese sono stati totalmente rimossi. Stiamo assistendo a un passaggio di testimone tra Berlusconi e Grillo, che appare un Berlusconi più giovane, più trasversale, ma con un'impronta simile. Lo vediamo del resto anche dalle promesse campate per aria, come quella di dare mille euro al mese a tutti i disoccupati. Ma dove si trovano i soldi per farlo? Non si sa... Tanto lui non è tenuto a rispondere. Il suo è un inquietante populismo autoritario". 

Intanto per dare mille euro al mese a tutti i disoccupati non sarebbe poi tanto difficile, basterebbe toglierli dalle tasche dei politici che di euro alla faccia del popolo ne hanno incassati ben più di mille al giorno, altro che mese. E poi non venitecelo a dire a noi, voi comunistoidi con la pelle rifatta come i serpenti che la cambiano ogni stagione, il populismo fu di Stalin e di Peron, anche il mitico Che Guevara predicava il populismo come liberazione delle masse. E allora?

Anche Grillo è un populista? E chi non lo è in questi tempi. Ora, per chi non lo sapesse, il populismo è un termine usato in politica con accezione negativa che indica una forma di orientamento al popolo di un politico o una fazione politica a scopo unicamente propagandistico. Ma sono tutti populisti, perchè miei onorevoli, nel senso di onorati, lettori, il fine del politico, il fine teorico, è il popolo, chi altri? 

E tutti, ma proprio tutti guardano al popolo per i loro reconditi e subdoli fini di impinguare ancora un pò le proprie casse, magari alla faccia degli altri, alla faccia del nano pelato col riporto ricco da far schifo, alla faccia di tutti perchè sembrerebbe giusto, loro salvano l’Italia dai cattivi, e non si rendono conto che anche loro sono cattivi, esattamente come quello che tutti indicano come il solo, unico e immarcescibile responsabile degli altrui disastri.

Il nostro problema è che dobbiamo sempre dare una parola a ogni idea o complesso di idee; a volte questo nome non c’è e allora andiamo a ricercarlo nell’archivio di quello che “è stato o è passato”, cercando di appioppargli un qualcosa che lo possa far sembrare attuale. Qualcuno diceva che in politica è importante dare un nome a tutto, così è più facile distruggerlo!!! Qualcun altro diceva anche che: il potere logora chi non ce l’ha!



2013/02/18

Quando muore una stella

 Reeva Steenkamp Tribute


Come reagiamo quando una Stella (intesa come una Star, volto noto, della TV, della Radio, del Cinema o dello Sport) muore in seguito a un atto violento?

Reagiamo male, perche' intimamente siamo convinti che raggiungere la notorietà equivalga alla sicurezza. Non so voi ma per me è così. Non ci aspettiamo che muoia per mano di chi invece dovrebbe proteggerla.
In questo caso e maledettamente troppo spesso ecco che le nostre difese personali non funzionano, anche le stelle, intese come primedonne dello star system, diventano preda di bruti e violenti che se ne fregano altamente chi è la persona nel momento che decidono di porre fine a una relazione scomoda o vogliono sfogare istinti aberranti. 

La vita non è un talk show. Se lo fosse, dopo una notizia triste ballerebbero le ballerine, le tette e le cosce riempirebbero lo schermo, assieme a sorrisi da  dentifricio. La vita non è un talk show, dove tutto è sullo stesso piano, le cose serie ed altre no, alla fine non si capisce cosa è importante e cosa non lo è.
Muore la speranza quando muore una donna, muore la speranza quando muore l'emancipazione, il progresso, la conciliazione. Quasi una psicoterapia la speranza, oltre il vociare convulso di chi urla, e di chi uccide, e gode guardandosi nello specchio della propria stupidità.
Muore la speranza quando muore una donna, una delle tante, una delle troppe. Muore un simbolo e vince il mondo capovolto, quello che ragiona a testa in giù.

Che si tratti di una banale coincidenza o di un destino beffardo non è dato saperlo. Una donna splendida, Reeva Steenkamp, è stata massacrata a morte dal fidanzato Oscar Pistorius.
Reeva era una giovane donna piena di vita attenta alle problematiche dell’essere donna in un Paese dove la violenza contro le donne è diventata quasi normalità. Reeva aveva inserito in rete un’ultima foto che riguardava la violenza sulle donne. L’immagine era stata pubblicata per ricordare Anene Booysen, una ragazza di soli 17 anni, stuprata, mutilata e uccisa lo scorso 2 febbraio in un cantiere di Bredasdorp, in Sudafrica. La foto è stata pubblicata dalla modello il 10 febbraio, scrivendo, tra l’altro:  ”Mi sono svegliata in una casa sicura e felice. Non a tutti  capita. Schieriamoci contro la violenza sessuale in Sudafrica. Rip Anene Booysen”.

Purtroppo non è stato così. Anche Reeva è rimasta vittima della “violenza” del “suo” uomo, il grande non più grande atleta paralimpico Pistorius. 

Questa violenza avrà mai fine? Si è detto di tutto su questo efferato omicidio, accampato varie scuse per difendere forse la memoria non già della vittima, conosciuta e apprezzata in un mondo che non coinvolge emotivamente la gente, ma del suo aguzzino, un atleta che aveva dimostrato coraggio e abnegazione per raggiungere gli obiettivi prefissati pur essendo un atleta menomato dall’amputazione di entrambe le gambe.

Ecco che il nostro subconscio  porta a compiangere l’atleta anche se assassino, atleta e pertanto algido rappresentante di un mondo di purezza, di costanza, di determinazione. Non la vittima che ha subito l’uomo atleta diventato uomo bestia. La bestia dentro quell’uomo si è arrogata il diritto di uccidere, massacrare una bella donna per futili ragioni. 

In che mondo viviamo per cui un uomo si arroga il diritto di decidere della vita degli altri in base a futili motivi, ragioni senza senso, non era più facile dire no e lasciar vivere? È questo un mondo dove la violenza, come istinto primordiale, è ancora permessa? Siamo consapevoli che continuare a essere violenti verso la donna, le donne di questo pianeta, a torto identificate come rappresentanti di un sesso debole che si rivela più forte di noi, non porta altro che alla catastrofe morale di tutti i nostri valori più alti?

La violenza, qualsiasi violenza va combattuta e sconfitta.  Non nascondiamoci dietro finte verità. L’uomo che uccide in guerra non uccide per violenza, uccide per non essere uccisio, uccide per un sacrosanto diritto alla vita, non già la sua ma quella di tutto un popolo. Mi si dirà che tutta la guerra è aberrante, potrebbe essere vero ma non è violenza, se così fosse allora lo sarebbero tutte le morti a cui giornalmente assistiamo nell’ambiente ove viviamo, sia sulla strada che nelle fabbriche, abitazioni, ospedali, scuole e caserme. Ma la violenza è insita nell’animo umano e va estirpata, annientata altrimenti alla fine sarà lei a annientare noi.

È violenza ogni abuso di potere e controllo che si manifesta attraverso il sopruso fisico e sessuale,  psicologico, economico. Ciò accade soprattutto quando conosciamo chi usa violenza e siamo legati all’individuo che sia uomo o donna non rappresenta motivo di differenziazione, ma qui tratto della violenza contro la donna e quindi identifico un essere maschio e quindi forte, legato da un rapporto affettivo con la vittima - il patrner, i genitori, gli amici – anche nelle aggressioni subite da estranei la violenza fisica è fatta di minaccie, umiliazioni,  limitazione della libertà. Che senso ha tutto questo? Mi si dice che l’uomo ha necessità di sfogare i propri istinti aberranti? Per questo esistono le corride, le guerre, gli sport violenti che nulla insegnano all’uomo se non continuare a coltivare la violenza stessa?

Combattiamo la violenza contro le donne, combattiamo le forme di crudeltà mentale, la violenza psicologica, la mancanza di rispetto che offende e mortifica la dignità. Diciamo no a chi critica costantemente, umilia, rende ridicola la donna davanti agli altri, insulta, segue e controlla, annienta con la gelosia, la mancanza di fiducia, impedisce di vedere amici o familiari. Diciamo no a chi minaccia di far loro del male.

Diciamo no alla violenza per un mondo migliore.

† Riposa in Pace Reeva.





































Ipocrisia!

Come avevo anticipato, ecco che il futuro ex-Papa sta fin da ora organizzando la propria vita per non diver incorrere nelle ire dei tribunali americani che hanno cercato di condannarlo negli anni passati a causa del suo operato riferito alle posizioni prese per lo scandalo dei preti pedofili. Stupisce questo comportamento, se non altro a causa della missione di un Papa, mentre invece ci troviamo di fronte a un altro furbetto.
Come sei caduto in basso Ratzinger.

Non è solo una questione di privacy e sicurezza. La decisione di Joseph Ratzinger di vivere in Vaticano dopo essersi dimesso da papa il 28 febbraio prossimo gli assicurerà la protezione legale necessaria a rimanere al riparo da ogni tentativo di procedimento giudiziario in relazione ai casi di pedofilia clericale verificatisi nel mondo sia durante il suo pontificato sia mentre - da cardinale - era alla guida della Congregazione per la dottrina della fede. Fonti interne al Vaticano esperte in questioni legali interpellate dalla Reuters ne sono certe.

"È necessario che Joseph Ratzinger rimanga in Vaticano, in caso contrario la sua posizione non sarebbe difendibile" ha affermato un funzionario vaticano che vuole mantenere l'anonimato. Di fatto, fuori dalle Mura leonine l'ex papa non godrebbe dell'immunità diplomatica. Il pensiero corre immediatamente a due denunce particolarmente delicate che lo riguardano in prima persona. 

Nel settembre del 2011 un dossier di oltre diecimila pagine è stato presentato alla Corte penale internazionale de l'Aja dall'associazione di vittime statunitense Snap (Survivors network of those abused by priests) e dalla Ong americana Center for constitutional rights. Destinatari dell'accusa "di crimini contro l'umanità per aver coperto i reati di pedofilia" il Vaticano e i suoi vertici: papa Benedetto XVI, il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, e l'allora prefetto della Congregazione della dottrina della fede, cardinale William Levada. Assistiti dagli avvocati dall'Ong i responsabili di Snap presentarono una «richiesta di dichiarazione di competenza giurisdizionale presso la Corte. 

Secondo l'associazione di vittime fondata a Chicago nel 1988 da Barbara Blaine (e che oggi conta migliaia di interventi di sostegno alle vittime in tutti gli Stati Uniti), il Vaticano rappresentato dalle sue gerarchie ha tollerato e reso possibile la copertura sistematica e largamente diffusa di strupri e crimini "sessuali" contro i bambini in tutto il mondo. Alla denuncia - ancora oggi ferma sul tavolo dei giudici de L'Aja in attesa di un riscontro o di una archiviazione - fu allegata una voluminosa documentazione con l'esposizione dei numerosi casi di pedofilia clericale in tutto il mondo.

L'ammissione di responsabilità da parte delle autorità ecclesiastiche che pure c'è stata in questi anni è stata troppo tiepida e soprattutto è avvenuta troppo in ritardo, racconta Mary Caplan, responsabile Snap per l'area di New York. "Sono state pronunciate spesso parole vuote - aggiunge - a cui non sono seguiti mai fatti concreti. Mentre un fatto è che nel 2005 Benedetto XVI ha invocato l'immunità di capo di Stato per evitare di comparire in un processo in Texas. Noi pensiamo che se il Papa in tutta onestà si sentisse innocente, avrebbe colto l'opportunità di presentarsi in tribunale a difendere il proprio operato. 

Invece, il fatto che lui e i suoi avvocati siano disposti a sfruttare scappatoie legali anziché affrontare direttamente le accuse contro, la dice lunga sulla complicità in questi terribili crimini. Le parole della Caplan rimandano direttamente a un'altra situazione critica, probabilmente quella in cui Ratzinger rischia di più in prima persona.
Nel 2010, quando era ancora alla guida dell'ex Inquisizione, il futuro Benedetto XVI è stato imputato in una causa civile in qualità di firmatario del De delicti gravioribus, un'epistola indirizzata (il 18 maggio 2001) ai vescovi di tutto il mondo per informarli sulle procedure da adottare nei casi di violenza "sessuale", anche su minori, compiuta da persone appartenenti al clero cattolico. In quella lettera, che dava esecuzione a un Motu proprio di Giovanni Paolo II, Ratzinger ribadiva il vincolo del segreto pontificio da mantenere durante tutta la procedura investigativa e processuale stabilito nel 1962 dal Crimen sollicitationis. Pena la scomunica.

Divenuo capo di Stato nell'aprile del 2005, tramite il ministero degli esteri vaticano Benedetto XVI ha immediatamente avanzato richiesta formale d'immunità al presidente degli Stati Uniti, George Bush. Nel settembre 2005, il vice ministro della Giustizia, Peter Keisler ha bloccato la procedura giudiziaria facendo ricorso alla cosiddetta suggestion of immunity, una misura che, via Corte Suprema, deve necessariamente essere recepita dai tribunali di grado inferiore. In quella occasione il vice ministro Usa sottolineò che l'avvio di un procedimento giudiziario nei confronti della Santa Sede sarebbe stato incompatibile con gli interessi della politica estera statunitense. 

In otto anni molte cose sono cambiate, non solo all'interno della Chiesa d'oltreoceano (che nel frattempo ha visto dichiarare bancarotta undici diocesi, in seguito ai risarcimenti extragiudiziali o giudiziali nei casi di pedofilia). Anche alla Casa Bianca siede un altro inquilino, Barack Obama. Il quale, se non altro non dorme con la Bibbia sotto il cuscino. Ci sono sufficienti elementi per considerare veritiere le affermazioni del funzionario interpellato dalla Reuters. 

Dopo il 28 febbraio Joseph Ratzinger continuerà a vivere all'interno del Vaticano per continuare a godere dell'immunità diplomatica. La gendarmeria, che già conosce il Papa e le sue abitudini, sarà in grado di garantirgli privacy e sicurezza senza doverle affidare a forze dell'ordine straniere, la qual cosa sarebbe necessaria in caso di un suo trasferimento in un altro Paese. "Vedrei un grosso problema se si trasferisse in qualsiasi altro luogo" precisa il funzionario anonimo alla Reuters. I servizi segreti della Santa Sede non dispongono delle risorse necessarie a garantire l'incolumità di un ex capo di Stato. 

Dopo essersi dimesso, Benedetto XVI non sarà più il capo supremo dello Stato Città del Vaticano, ma conserverà sia la cittadinanza che la residenza. Ciò continuerà ad assicurargli l'immunità, in base alle norme dei Patti Lateranensi, anche se si recasse per brevi visite nel nostro Paese.


2013/02/11

Il Papa si è dimesso!

Il Papa si è dimesso, in cielo non approvano, il fulmine a ciel sereno è caduto ieri sulla cupola di San Pietro inequivocabile segno divino di disapprovazione per il gesto del Sommo Pontefice. Che sventure potranno accadere a questo punto?


"Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa". Comincia così il testo dell'annuncio delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, scritto e poi letto, in latino, dallo stesso Pontefice durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto.

"Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio - prosegue il testo - sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il Ministero di Pietro. Sono ben consapevole che questo Ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l'elezione del nuovo Sommo Pontefice".
"Carissimi Fratelli - conclude il Papa - vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell'eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio".

BOLLETTINO N. 0089 - 11.02.2013 3 Dal Vaticano, 10 febbraio 2013 BENEDICTUS.

Come era prevedibile la notizia delle dimissioni del Papa sono rimbalzate sui siti internet di tutti i media in tutto il mondo, queste le principali:

“Pope Benedict resigns citing lack of strength”: The Jerusalem Post
“Sensation im Vatikan: Papst Benedikt XVI. tritt zurück”: Der Spiegel
“Pope Benedict XVI in shock resignation”: Bbc
“Pope Benedict XVI to resign post!: Al Jazeera
“La démission de Benoît XVI”: Le Monde

Nella mia breve vita, breve di fronte alla grandezza dell'universo, breve rispetto all’eterna durata del mondo, ecco io ho vissuto sotto ben sei successori di Pietro il primo Papa per tradizione cristiana colui che raccolse lo scettro da Gesù Cristo e lo portò nel mondo per far conoscere la parola di Dio  Sono nato quando regnava sul trono di Pietro Papa Pio XII, egli fu il Papa criticato per le posizioni assunte durante la Grande Guerra, per non aver saputo difendere con determinazione le sorti degli ebrei, diversi eppure tanto vicini alla cristianità di cui il Papa è il rappresentante supremo. Alla sua morte nel 1959 fu eletto Papa Giovanni XXIII, il Papa buono, quello che ho amato più di tutti. 

Ricordo che quando ero bambino amavo ripetere, facendo anche un po’ di confusione con le date, che il 1963 fu un anno terribile, infatti morirono quattro persone importanti, per tutti e per me: Papa Giovanni XXIII, John Kennedy, Marilyn Monroe e mio nonno Luigi. Probabilmente nella mente di un bimbo di appena dieci anni, associare anche la mitica Marilyn agli altri tre fu un peccato veniale, Marilyn infatti mori l’anno prima. 

Alla morte di Papa Giovanni XXIII sopravvenuta dopo una lunga malattia e sofferta da tutti i fedeli come se fosse quella di un parente stretto, di un padre, di un fratello, arrivò nel 1963 Papa Paolo VI. Di tutti fu il Papa che io ho meno amato, anzi per dirla tutta, quello che più mi ha lasciato indifferente alle sorti della Chiesa. Qualcuno disse che fu una meteora di passaggio nel vasto regno della Chiesa, lessi questo pensiero da qualche parte e da allora lo feci mio. 

Nel 1978 salì al sommo scranno di Pontefice Maximo Papa Giovanni Paolo I, che assunse il nome degli ultimi due rappresentanti di Cristo in terra e diventando di fatto un numero uno dopo molti secoli di secondi, terzi, quinti e sesti e dodicesimi. Peccato, perchè lo stile e l’accorato rivolgersi al popolo in trepidante attesa avevano fatto pensare i fedeli che potesse essere come Giovanni XXIII. Dopo solo 33 giorni invece passò lo scettro a Papa Giovanni Paolo II detto anche il Papa polacco o Papa Wojtila per via del cognome. 

GP2 come affettuosamente lo chiamavo, non attrasse particolarmente le mie simpatie nei primi anni del suo regno, ma si riscattò in seguito, in particolare dopo che tentarono di fargli terminare anzitempo il pontificato. Le sofferenze di quest’uomo chiamato al sommo potere cristiano lo rivalutarono notevolmente ai miei occhi, arrivando a farmi pregare per salvarlo dalla morte che pure se lo portò via nel 2005, anno in cui fu eletto dopo un tribolatissimo conclave l’ultimo Papa Benedetto XV, di nazionalità tedesca, troppe volte indicato come il responsabile di malefatte, si possono chiamare malefatte se perpetrate da vescovi e preti? Ma si diciamolo, perchè alla fine son uomini anche loro; dicevo le malefatte di chi si nascondeva dietro l’abito talare per continuare a abusare dei minori, degli innocenti di cui erano gli aguzzini spietati mentre invece, perchè religiosi, avrebbero dovuto proteggerli. 

Parlo dei preti pedofili e delle pratiche abituali per coprire gli abusi di questi nei confronti dei minori. Parlo delle indagini compiute negli USA riguardo la questione e dello scandalo che ne conseguì e naturalmente degli esisti di questo e della richiesta di perseguire penalmente l’allora ancora Cardinale Ratzinger, stranamente, e a sorpresa diventato Papa proprio nel corso di quell’anno. Infatti venne chiamato dal Tribunale del Texas a rispondere di cospirazione contro la giustizia. L’accusa per il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede fu quella di aver coscientemente tenuto nascosti numerosi casi di pedofilia con i documenti da lui approvati e divulgati. Nel mese di aprile dello stesso anno però Joseph Ratzinger venne nominato Papa e chiese di avvalersi, in quanto Capo di Stato, dell’immunità diplomatica. L’allora presidente degli Stati Uniti George Bush gliela concesse, motivando la decisione come una scelta di politica estera. E non dimentichiamoci dell'estensione dello scandalo dei preti pedofili in Irlanda.  Quello degli abusi sessuali su minori, continua a essere uno scandalo che perseguita la Chiesa nel mondo anglosassone da molto tempo. Già da cardinale Ratzinger se ne era occupato, ma quanto successo in Irlanda sotto il suo pontificato può aver influito sul morale del Papa con alcune vittime di abusi che si sono addirittura appellate alla Corte penale internazionale. La tensione tra Dublino e il Vaticano arrivò al punto che l’Irlanda, paese di chiara tradizione cattolica, chiuse, nel 2011, la propria ambasciata presso la Santa Sede.

Ecco qui, in breve una storia, la storia di questo Papa, l’ultimo in ordine di tempo, il secondo a abdicare dopo Celestino V, oltre settecento anni fa, a rimettere a Dio lo scettro di capo della Chiesa Cristiana. Forse adesso è pronto per essere giudicato?

E adesso? Morto un Papa se ne fa un altro, si dice dalle mie parti, e se non muore?