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2013/06/25

60 e non per tutti

Quando su Facebook un amico compie gli anni, in genere gli "propino" la storiella della Terra che ha completato il giro attorno al sole. Parafrasando, quel giro diventa il cammino da noi percorso intorno alla nostra stella. Colei che ci da vita. Il nostro viaggio ogni anno ha un inizio e un termine, un attimo di sosta e si riparte per il viaggio successivo che altro non è che la ripetizione del precedente che sarà comunque uguale a quelli che verranno. Tutti uguali, tutti attorno al Sole, l'unica vera certezza nelle nostre vite, simili ma non uguali, percorriamo lo stesso virtuale cammino attorno al sole per ritrovarci tutti assieme un anno piu' vecchi.
È il destino dell'umanità, mio, tuo, nostro, vostro.

Eccomi qui. Ho 60 anni ma non mi sento vecchio, amo la vita e quello che riesce a darmi, mi piace la l’aria, l’acqua, il cielo e le nuvole, le verdi distese e quelle imbiancate di neve, una bella nuotata in piscina, lunghe passeggiate. Un figlio ringiovanisce, d'un colpo mi toglie dieci anni all'anagrafe. Mi sento giovane dentro e fuori. E poco importa che, proprio oggi ho dovuto sottopormi a un doloroso intervento dentale, oggi rimane un giorno speciale da dividere con chi mi vuole bene: la mia famiglia e gli amici più cari.

Buon compleanno Sergio, cento di questi giorni.

2013/06/20

Tributo a James Gandolfini



James Gandolfini era un grande, di quelli che non si vedono spesso. Nella vita come nella finzione. Quando succede che la dama nera prende uno tra i più grandi non fai a tempo a sederti davanti alla tv che già lo sanno tutti. Il computer ti riporta all’istante tutto quello che potevi sapere sulla fine tragica di questo personaggio amato dal pubblico di casa nostra e oltre oceano, forse del mondo interno. James Gandolfini è morto oggi, stroncato da un infarto a 51 anni, è morto a Roma capitale di quella nazione che comprende la Sicilia. Tony Soprano era un mafioso siciliano e James Gandolfini si immedesimava alla perfezione nel personaggio tanto da venire additato anche egli come un mafioso, buono per carità, simpatico, di quelli che, nel mondo da lui interpretato, spereresti di incontrare qualche volta ma non succede mai. Una notizia di quelle che sorprendono, una breaking news destinata a rimbalzare ai quattro angoli del pianeta alla velocità della luce.

Sarebbe insomma davvero inadatto propinarvi un riassunto della carriera di James, perchè sarebbe un’inutile ripetizione, ormai tutti in rete hanno scritto di lui, che dovrei mai scrivere io che sono l’ultimo arrivato? Parto da un pensiero dunque, come succede quando a lasciarci è un amico, uno di quelli cari, che si conoscono da sempre. Parto dalle condoglianze alla famiglia, ricordando l’uomo, prima di tutto padre, marito e attore. Parlo del dolore dei colleghi lasciando per ultimi i fans, soprattutto di quelli che sono impazziti per i Soprano, non perché li vedo male, del resto sono loro che apprezzando fin da subito la serie culto che ha cambiato la storia della televisione del costume americano hanno creato e elevato al rango di grande James. No, perché tutto sommato, e per quanto questa partenza senza ritorno improvvisa possa generare confusione, dolore e rimpianti, sono sicuro che lui rimarrà nel cuore della gente solo fino a quando un altro personaggio bucherà lo schermo appropriandosi dei fans del nostro James. 

Allora preferisco salutare questo grande attore parlando di lui, della sua umanità, del suo essere, nonostante tutto, alla mano, disponibile, nella vita come nel lavoro. Lui James, alias Tony, alias James, era uno di noi. Non dimenticatevelo. Lui non era solo una gran signore, gentile, modesto, un mattatore, simpatico, lui era un vero fuoriclasse del set. E questo anche se la sua fama è legata inevitabilmente alla televisione e al ruolo di Tony Soprano, boss nel New Jersey alle prese con inverosimili crisi di panico. Lui aveva collezionato una serie notevole di successi nella sua carriera cinematografica. Una su tutte: "L'uomo che non c'era", magnifico noir dei fratelli Joel ed Ethan Coen, in cui recitava accanto a Billy Bob Thornton e Frances McDormand. Il film nel quale è riuscito a fondere alla perfezione l'intensità sentimentale con la fisicità bestiale che caratterizzava i suoi personaggi. Era un uomo speciale, un grande talento, che con il suo straordinario senso dell’umorismo, il suo calore e il suo rispetto, ha toccato il cuore a molte persone.

Cosa rimane a chi ha saputo apprezzarlo? La consapevolezza che con James se ne vanno anche le residue speranze di poter assistere un giorno o l'altro a un clamoroso ritorno dei Soprano. Difficile evento, molto improbabile come è tradizione dei Serials americani, qualcuno aveva ben sperato. Ormai da oggi assolutamente impossibile. Sarebbe come girare una nuova avventura episodio del maghetto Harry Potter senza Daniel Radcliffe. Quando muore un personaggio di livello, uno di quelli che bucano lo schermo, ti sembra che niente sarà come prima. Poi, per fortuna, la vita ti fa cambiare idea. Ma oggi no, oggi siamo tutti con lui, il nostro James Gandolfini. 

Grazie di tutto James, ci mancherai.









Un gestaccio certo, alla morte che pure l'ha portato via. R.I.P.

2013/06/14

Il Sogno Americano


Ale è un ingegnere di poco più di trent’anni e con sua moglie – da poco è arrivato anche il piccolo Tommy – hanno lasciato il Lago Maggiore e ora vivono a Boise, piccola capitale dell’Idaho, sperduto stato americano tra le Montagne Rocciose.
Cosa ha spinto due ragazzi in gamba, laureati e già con in Italia un buon impiego addirittura a tempo indeterminato ad imbarcarsi in un’avventura con in mano un contratto di lavoro formalmente di soltanto due settimane rinnovabili (in America si usa così) ? Anche se sulla base di quel pezzo di carta la banca ha concesso loro un mutuo per comprarsi quasi subito la casa hanno fatto una scelta coraggiosa. Due persone tra le tante che ho incontrato in questi giorni e dopo pochi minuti la conversazione era già su questi temi, ovvi per chi la propria città e il proprio paese l’hanno sempre nel cuore. Gente semplice, concreta, ma che  non ce la faceva più senza vedere un futuro intorno a sé e soprattutto con la voglia della sfida per raffrontarsi con una realtà diversa, dove finalmente cresci solo se vali e dove non conta il colore della pelle, la nazione di provenienza.  Una serata stimolante, intensa, concreta.
Tornato in albergo apro le mail e leggo dei guai consueti di casa nostra e di una città dove la polemica è su un senso unico, sul solito CEM, sulla soddisfazione di qualche ex consigliere comunale perché è finalmente sparita la scritta “Verbania capitale dei Laghi” dall’aiuola di piazza Flaim.
Quella stessa ex consigliere piange perché non trova lavoro a chi glielo lo chiede, perché l’economia è in crisi e -  piangendosi addosso come fa quasi tutta l’Italia – conferma una volta di più di non riuscire a capire che occorre guardare al di là dello steccato per uscire dal pollaio, o dalla crisi mai si uscirà, anzi.
L’altro giorno passavo per una cittadina sulla costa dell’Oregon che si è auto-proclamata “La città dove si ammirano le balene più belle del mondo”: vero, falso? Sta di fatto che in tutto lo Stato per questo la conoscono per questo ed i dépliant per le escursioni li trovi a centinaia di chilometri di distanza: questo è marketing, gente, ma anche credere nei propri mezzi, nelle proprie peculiarità e saperle venderle, venderle bene.
Da noi – torno ancora a “Verbania Capitale”, perché è una ferita che mi brucia, una grande occasione persa – si è solo capaci a ironizzare, a demolire. Nessuno o pochissimi a chiedersi “Idea grandiosa, ma cosa possiamo fare per renderla credibile davvero?” No, quasi tutti a proclamare “Ma siamo piccoli, non ce la faremo mai, è troppo difficile” Visto che sarebbe auto-ammissione di colpa si va sul più facile “Demagogia irrealizzabile, ma figuriamoci…” Piccolo e bello, cancellate le scritte e chiudete la coscienza: i problemi resteranno ma chiudete la porta.
Il West americano da Seattle a Los Angeles, la nuova frontiera, la Silicon Valley, Hollywood, sarebbero oggi quello che sono se qualcuno neppure molti decenni fa non avesse esplorato, conquistato, studiato, rischiato la propria vita? 
Città oggi tra le più grandi ed organizzate del mondo nacquero meno di due secoli fa, negli stessi anni di un bel quadro conservato al nostro Museo del Paesaggio con le lavandaie in primo piano chine sul lungolago di Pallanza: allora noi eravamo in cima al mondo, oggi siamo sommersi, in lontani paesi di periferia. Non è colpa degli altri ma colpa nostra. Come pensare di cambiare le cose se chi è ai margini del mondo – come ormai  l’Europa - non riesce neppure ad unirsi e contare come  nazione, l’Italia ad avere un posto dignitoso nella casa europea e le nostre piccine città a sopravvivere stando ai confini dell’impero? 
E poi arrivano anche le leggi (idiote) che impediscono ad una amministrazione perfino di investire in immagine, in comunicazione, in pubblicità: forse Casalpusterlengo non ha una grande attività turistica, ma se per Verbania questa è l’unica possibilità di sviluppo economico come si può fare leggi così piatte per tutti e distruggere qualsiasi prodotto che possa rilanciare una città ? 
 E Il CEM? ” Vade retro, satana!” Critiche e pavidi silenzi  e l’alternativa proposta è ritornare a “Liberobus” e alla pista ciclabile Suna-Fondotoce (peraltro cosa egregia e già programmata e mandata a progetto dalla mia giunta)! Immagino già le frotte di tedeschi slanciarsi dalla Baviera per il Lago Maggiore, fermarsi inebriati a Fondotoce e quivi godere della suprema libidine di prendere gratis l’autobus per Intra: cosa volete di più dalla vita? 
Ma serve poi proporre qualcosa? Qualcuno forse avrà visto che Bregenz (località austriaca sul Lago di Costanza di 14.000 abitanti che da anni si regge su una rassegna teatrale estiva – ndr)  quest’anno ha avuto un formidabile lancio pubblicitario perfino sul “Corriere della Sera” per le sue proposte culturali. Vi ricordate  i criticoni che l’anno scorso hanno risposto “niet” alla mia proposta di andare a vedere? Ma da noi sono solo capaci a criticare il CEM, senza volere scientemente e dolosamente capire le potenzialità di fare qualcosa per finalmente rilanciabile (quasi a costo zero !!!) la città, inventando un fattore di diversità, di moltiplicatore, di ripartenza. E non solo la critica, l’aperto boicottaggio. A chi si lamenta dei ritardi per l’avvio dei lavori ricordiamo i ricorsi, le loro proteste, le interrogazioni, i ritardi e le verifiche imposte in regione. Aggiungete una burocrazia asfissiante e avrete la certezza di perdere mesi per niente oltre alla quotidiana disinformazione fatta da (poche) persone che non hanno neppure letto i bandi, ma pontificano come illustri professori. 
Il problema  vero è poi  che in Italia non si riesce mai ad avere un responsabile che agisca correttamente ma velocemente, sulla base delle sue certezze professionali. Non lo fa perché c’è sempre una norma contraddittoria, un potenziale atto illegittimo, un ricorso pendente, una contestazione legale, un TAR disponibile…e si tira a campare con l’89% delle opere pubbliche incompiute secondo il Sole 24 Ore.
Quando non c’è di peggio, come sollevare problemi inesistenti, vedi la questione dei movimenti del  terreno dell’ “Arena” che quindici  anni fa andava benissimo quando comandava la sinistra proprio per farci l’ Artena e oggi - per interpretazioni dolosamente diverse ed esasperate - non va più bene. Terreno non inquinato ma “contaminato” da – udite udite – le perdite d’olio del motore di qualche camion che decine di anni fa muovevano la sabbia della ditta che lì allora la stoccava. E’ assurdo che nel VCO valga una norma interpretata da un funzionario in modo diverso e restrittivo rispetto ad altre zone pur limitrofe e che farebbe aumentare i costi assolutamente per nulla. Posso dire in coscienza che questa è una manovra spudoratamente politica. Eppure è la verità, e lo possono confermare tutte le aziende del VCO che hanno provato a combinare qualcosa e con problemi ambientali (veri o presunti) hanno visto tempi e costi aumentare a dismisura finchè spesso non se ne sono andate disperate dal territorio. Altro che nuova occupazione: chiedete alle Associazioni di categoria che spesso vivono nel timore perché le imprese scappano e si impiantano a cinquanta chilometri di distanza, magari nella mitica Svizzera. Sono duro: non c’entrano i soldi ma anche questa è mafia, la mafia di chi scientemente distrugge sulla base di integralismi idioti e costosi senza mai, nel proprio, rischiare nulla.
Così, visto che il CEM per certe teste è “politica” , dategli addosso perché questi sono gli ordini dei compagni di partito e se così morirà anche il buon senso tranquilli che ci sarà sempre un codicillo a coprirvi: vergognoso! 
Salt Lake City non è New York ma solo la ben più modesta capitale dello Utah, stato di montagne desolate grande quasi come l’Italia ma con meno della metà degli abitanti del Piemonte: avrebbe superato l’esame degli eccellentissimi tecnici nostrani il progetto di una sala congressi (recentemente realizzata) di ben 21.000 (ventunomila!!) posti a sedere? E gli stadi di football e di baseball che si aprono e si chiudono a seconda del tempo, del sole o della pioggia su decine di migliaia di spettatori in pochi minuti? Avranno avuto l’ok dell’ASL, dei NAS, dell’Ufficio ambiente della provincia, dell’ARPA, dei Vigili del Fuoco, delle norne antisismiche, degli scarichi delle acque reflue… E l’appalto avrà visto un progetto di massima, preliminare e poi definitivo e solo dopo uno esecutivo? Nessuno delle ditte perdenti avrà ricorso al TAR al minimo per avere una sospensiva e poi alla Corte dei conti? E le gare, gli appalti, le varianti, le nuove varianti per le norme sorte nel periodo tra il progetti e l’esecuzione (e quindi nuovo progetto)? E i sindacati avranno detto la loro? Tutto ok, benissimo…ma i finanziamenti sarebbero poi arrivati o no, per stralci o lotti esecutivi? Il governo avrà passato i fondi alla regione e di qui al comune previa rendicontazione o una legge finanziaria nel frattempo avrà fermato tutto ? E le ditte avranno avuto tutti i certificati a posto o sono in scadenza, perchè altrimenti  si rinvia e le procedure si rifanno da capo.
Dal grande alle piccole cose: vedo in giro fontane e parchi bellissimi (camminate su un selciato che riporta i nomi dei donatori che – esentasse – hanno a migliaia finanziato i lavori pubblici più diversi…) e penso alla nostra  piazza Città Gemellate dove c’è voluto più di un anno di iter burocratico per realizzare una fontanella che va quando vuole, con lavori rifatti due volte perché fatti male e che si rompono già, lavori che peraltro ne rifacevano altri fatti malissimo solo pochi anni prima e rimasti  incompleti,  con giochi per i bambini subito rovinati dai vandali. Quanta amarezza nel sentirsi impotente con i cittadini che giustamente se la prendono con te e tu invano che spieghi la realtà di un sistema avvitato su se stesso che va alla rovina soprattutto per mancanza di senso di responsabilità che viene negata anche a chi avrebbe la volontà di assumersela fino in fondo, in proprio e dall’inizio alla fine. 
Io ci ho provato, ce l’ho messa tutta e mi sono arreso anche per la piccolezza di menti e di persone. Non è superbia, è tristezza, anche se resto convinto di avere ragione e pur rendendomi conto che nessuno è mai profeta in patria: chissà se un giorno soprattutto i giovani di Verbania capiranno le grandi occasioni perse, la voluta mancanza di prospettive. Non si rilancia una città solo con una grande opera, ma neppure una volta l’anno solo con i fuochi artificiali (a proposito: io il 19 aprile avevo trovato 50.000 euro per il Corso dei Fiori dall’Ente Villa Taranto, strano leggere che adesso manchino i soldi …) .
Venire in America come in tante altre nazioni del mondo  (e pensare sempre di più a volerci restare per un bel po’) vuol dire allora respirare, scoprire nuove idee e trovare gente in gamba che guarda all’Italia (se italiani) con disperazione e con rabbia per le tante, troppe occasioni perse.
Agli americani invece quando parli dell’ Italia il viso gli si illumina: tutto è wonderful, ma forse non sanno che Pompei va a pezzi, i musei stanno chiusi (vi immaginate un pezzo degli Uffizi trapiantato qui per sei mesi che pubblicità sarebbe per tutti?). Nel micro-pollaio verbanese poi non solo il museo non ha un minimo vitale di dotazione finanziaria ma nel passato si sono fatti debiti senza programmazione alcuna (vedi casa Ceretti). Così se viene uno da Milano con idee nuove – come Philippe Daverio - lo si fa scappare indignato mettendogli perfino l’attak nelle serrature per non farlo entrare…
Tanti incontri, tutti speciali e diversi l’uno dall’altro. Anche Mariano è venuto qui, anche Paola: adesso stanno a Portland e Mariano progetta giardini, Paola sta realizzando un progetto di compattazione di archivi elettronici: è l’ “idea creativa” che conta e viene ascoltata.  Due anni fa avevo scritto a 1.350 famiglie verbanesi trasferitesi  all’estero e iscritte all’AIRE: tante loro risposte varrebbero più di qualsiasi sondaggio o programma elettorale, perché spesso spietate nei giudizi e che dovrebbero fare riflettere tutti.  
Forse la cosa migliore sarebbe così dedicare proprio a certi politici (“politici”?!) italiani e soprattutto del VCO un monumento di Seattle realizzato proprio dove un tempo passavano i binari di una ferrovia che dopo molte polemiche fu spostata ed ora corre veloce da un’altra parte.
Sono un insieme di statue – fatte molto bene -  di gente in attesa del treno. Giovani e anziani, uomini, donne e bambini che hanno valige in mano e bauli ai piedi come se il convoglio stesse per arrivare, ma il treno di lì ormai non passerà più. Quelle figure, immobili come…statue, sembrano però non saperlo o forse non lo vogliono sapere perché è più comodo e più semplice fare così. Le statue aspettano, ma il treno corre su altre linee e solo loro continueranno ad aspettarlo invano.

Ho ricevuto questo pezzo da un amico, Marco Zacchera, ex sindaco di Verbania. L'ho pubblicato con piacere visto che condivido i pensieri e anche la sua amarezza nel constatare che il nostro paese sta miseramente affondando e nessuno fa niente per salvarlo. Lo stesso Letta e accoliti nei primi 90 giorni di governo sono stati capaci solo di minchiate e tante parole, fatti nessuno. L'IMU? Solo sospesa, nel senso che passata la tempesta vedrete che ve la ritroverete fra capo e collo ancora, magari con un nome diverso tanto per confermare certe ragioni.

Delaware Paradiso Fiscale



Prossima fermata: Paradiso. Possibilmente fiscale, possibilmente con la speranza che il vorace fisco italico non arrivi anche li. Questo discorso nasce da molto lontano. Nasce dall'analisi di un sistema, il sistema fiscale. Non voglio discutere di quanto sia bello, conveniente e interessante aprire una societa' in Delaware, non in questa fase almeno, e non per parlare del piccolo Stato americano come un paradiso presunto fiscale, semmai una conseguenza, ma affrontare l’argomento attraverso una importante considerazione che nasce molto lontano nel tempo e si è espansa a tal punto da diventare universalmente un apparato dotato di vita propria, tanto vivo da condizionare la vita di ogni abitante del pianeta: il sistema fiscale.

Perche' paghiamo le tasse?

Le tasse si pagano da cosi' tanto tempo che qualcuno ha anche dimenticato il motivo. Lo so che altri verranno a dirmi che le tasse sono un obbligo morale di ogni cittadino che si considera tale. 
Fuffa, autentica fuffa.
Le tasse si pagano perchè la “macchina” dello Stato è impossibilitata a produrre un reddito tale da autofinanziarsi e mantenere se stessa e i componenti di quello Stato che compongono lo Stato stesso.
Lo Stato (tutti gli Stati) non potendo produrre beni per autofinanziarsi, pretende dai cittadini, parte integrante della macchina statale, il pagamento delle tasse intese come tributi e imposte, quindi non solo le tasse propriamente dette ma tutte quelle forme aggiuntive quali per esempio l’IVA giusto per menzionarne una e tralasciandone molte altre. 

È sempre stata questa la ragione per cui siamo stati costretti a pagare le tasse? Naturalmente no.
Nella notte dei tempi il più forte, o il più ricco ma anche quello più furbo, pretendeva dal più debole in tutti i sensi, il pagamento di una gabella affinché potesse finanziare i propri bisogni. Naturalmente al potente non passava nemmeno per l’anticamera del cervello di lavorare per guadagnare abbastanza da mantenersi. Giocoforza lo pretendesse dai deboli e indifesi abitanti della regione, città o solo villaggio dov’egli abitava e imperava. Questa brutta abitudine iniziò quindi attraverso l’uso di un inganno, tu mi paghi e io non ti uccido. 

Certo che poteva anche uccidere, anche e solo a titolo di esempio per gli altri ma, al potente di turno non conveniva molto uccidere tutti, altrimenti a chi avrebbe chiesto il pagamento delle gabelle?
Ecco che a un certo punto questa cattiva abitudine si è trasformata in "il più debole contribuisce con quello che riesce a produrre al più forte affinchè questo lo protegga dai nemici, dai cattivi, dai dragoni, dal cattivo tempo, presagi e farfanterie varie tanto la povera gente di soldi e di spirito, credeva a qualunque storia si raccontasse loro. Ecco che col tempo l’usanza o cattiva abitudine si è trasformata ulteriormente nella pretesa che chi comanda esige, attraverso la legge, la contribuzione del singolo, e dell’impresa al fine di finanziare il bene comune e mantenerlo. Le tasse dunque non sono altro che una pretesa in base a dei concetti astrusi affinché tutti contribuiscano secondo le proprie capacità al mantenimento del bene comune che, al tempo feudale era il feudo, la fortezza a protezione del feudo stesso, in tempi moderni lo Stato come protezione e aggregazione di genti che parlano la stessa lingua, hanno le stesse abitudini, si interfacciano tra loro e tutti insieme producono un reddito. Ecco dunque le tasse! L’esistenza stessa delle tasse sarebbe in effetti una congettura, esistono perché servono a mantenere in funzione una macchina statale che per funzionare si fa pagare da chi la utilizza oboli e contributi secondo l’uso che se ne fa di quella macchina.

Mi spiego. Le tasse, nel caso attuale e moderno di uno Stato di diritto, contribuiscono a mantenere un’organizzazione che si occupa delle comunicazioni, dei trasporti, della viabilità, aggiungiamo la salute pubblica o sanità e poi l’istruzione. Naturalmente diventa necessario aggiungere la difesa dai nemici dello Stato e della grande comunità aggregata di cui quello Stato fa parte. Bene, questi sono i pilastri fondamentali sui quale si regge concretamente ogni comunità. Se contribuisco con una percentuale dei miei ricavi a mantenere questa serie di servizi ecco che io posso usufruirne liberamente proprio perché io stesso ho pagato il servizio. Male perché scopro che i trasporti sono privati, se voglio usarli devo pagare. Anche le comunicazioni sono private, se voglio usarle devo pagare. E continuando scopro che anche le strade sono private, il proprietario è quello Stato di cui io faccio parte ma per percorrerle devo pagare. Se voglio un servizio sanitario adeguato alle mie esigenze ed al livello di cività a cui sono abituato devo pagare. Anche l'istruzione, stesso identico discorso. Ecco che a questo punto saranno molti quelli che si stanno chiedendo per quale motivo dobbiamo pagare le tasse. Le tasse secondo questo discorso molto profondo non dovrebbero dunque esistere.

Capisco che uno Stato, penso a quello italiano, ha mille altre spese e ragioni per pretendere il pagamento del mio contributo necessario al funzionamento della stessa macchina pubblica di cui sopra. Che non ci siano solo le ragioni primarie quali trasporti e comunicazioni e quelle già menzionate ma evidentemente molte altre di cui noi stessi cittadini non comprendiamo la necessità e neppure il bisogno è perfino evidente. E allora per quale motivo la macchina Stato non si organizza al fine di produrre da sola quanto necessita alla macchina stessa per esistere e funzionare? Questo discorso sembrerebbe molto campato in aria a chi legge, forse perché il concetto si è talmente radicato nella comunità che affermare il contrario di quanto creduto fino a questo momento equivale a mettersi contro il sistema stesso. Eppure, se analizziamo bene l’argomento vedrete che esiste un fondamento di verità in tutto questo. Non si tratta più di pagare le tasse per mantenere la macchina statale e farla adeguatamente funzionare affinché possa tutelare il cittadino ma di pagare le tasse per contribuire all’arricchimento di chi fa funzionare lo Stato, e in questo mi permetto di mettere sia il mondo politico sia quelli che fiancheggiano la politica con l’intento di trarne enormi benefici a danno dei più deboli, e penso al sistema bancario!

Non voglio addentrarmi ulteriormente nella questione tributi e imposte, è talmente variegato che servirebbe un’enciclopedia per spiegare tutto l’argomento nei dettagli, questo discorso è introduttivo al successivo che poi da anche il titolo a questo articolo.

Per quale ragione esistono i cosiddetti Paradisi Fiscali?

La definizione di paradiso fiscale è riduttiva, arcaica direi, fuorviante. Non si tratta di un Paradiso ma di un sistema per ridurre l’esposizione fiscale di una azienda, i vantaggi che si possono ricavare non hanno a che fare solo con la tassazione. In senso più ampio, un paradiso fiscale è una giurisdizione che permette di eludere (cioè aggirare in maniera "legale") regole che in un altro Paese sono più restrittive. Oltre a quelle fiscali, quelle bancarie, il riciclaggio del denaro o le normative commerciali e tecniche. E non sono solo italiane le aziende che sono registrate in un Paese cosidetto “paradiso fiscale”. In questo potremmo affermare con sicurezza che tutto il mondo è paese, buona parte delle “Fortune 500”, cioè delle 500 aziende più importanti del pianeta sono registrate in paradisi fiscali. American Airlines, Apple, Bank of America, Coca-Cola, Ford, General Electric, Google, JPMorgan Chase, Wal-Mart tanto per fare qualche nome.

Che tipo di attrazione viene esercitata per invogliare un’azienda a registrarsi in un paradiso fiscale? 
Innanzitutto una tassazione particolarmente bassa o nulla per i soggetti non-residenti. Questa asserzione va letta in maniera differente. Se è pur vero che la tassazione nel paese di registrazione è nulla (solo nel caso di LLC ovvero Limited Liability Company) o molto ridotta (Corporation), va anche considerato che i redditi che ognuna delle aziende produce nella nazione ove opera saranno tassati e tassabili e quindi soggetti a quel processo fiscale che si voleva evitare anche se in questo ambito bisognerebbe puntualizzare e dettagliare. Un vantaggio decisamente più importante è la mancanza di scambio di informazioni con le autorità tributarie di altri Stati e la mancanza di trasparenza e infine il segreto bancario molto spinto, anche se negli ultimi tempi un baluardo del segreto bancario ha iniziato a scricchiolare clamorosamente, parlo della Svizzera che ha iniziato a cadere sotto i colpi di altre nazioni, Stati Uniti in primo luogo.

Viene quindi un dubbio. Il Delaware fa parte degli Stati Uniti d’America, si trova sulla costa orientale non molto distante da Baltimora e Washington DC. Per quale ragione gli USA pretendono la caduta di certi privilegi finanziari e fiscali da parte di nazioni che hanno da sempre rappresentato un baluardo inespugnabile contro i sistemi fiscali di mezzo mondo, e non attuano alcuna politica per fermare o rallentare, o creare degli ostacoli legali alle aziende che volessero registrare un’azienda in uno degli Stati dell’Unione compreso evidentemente il Delaware che attuano politiche favorevoli, paradisiache quasi allo stesso livello di quelli che il potere centrale americano vuole fermare?

Una ragione esiste, e naturalmente è strettamente legata all’economia. Non è vero che le tasse non si pagano in Delaware, nel Wyoming, o in Nevada, tanto per restare negli USA. Si pagano anche lì, ma a livelli inferiori rispetto a quelli italiani per esempio, dove una impresa viene tassata con tassi che sfiorano il cinquanta per cento dei ricavi netti. In Delaware la tassa sui ricavi di una Corporation quindi escluse le LLC,  si posiziona all’8,7% rendendo, di fatto, conveniente per qualsiasi impresa l’essere registrati lì piuttosto che in Italia. Con questo sistema si incassano le tasse senza che lo Stato spenda un solo dollaro per contribuire al funzionamento dell’impresa estera, che non utilizza risorse ne servizi locali, non consuma e non inquina, non esiste se non su un pezzo di carta apostillata e autenticata con un timbro in oro. 

Tutto chiaro?

Attualmente i paesi compresi nella black list del ministero delle Finanze sono questi, come potrete notare non è menzionato il Delaware:

Alderney
Andorra
Anguilla
Antigua e Barbuda
Antille Olandesi
Aruba
Bahamas
Bahrein
Barbados
Belize
Bermuda
Brunei
Costa Rica
Dominica
Emirati Arabi Uniti
Ecuador
Filippine
Gibilterra
Gibuti
Grenada
Guernsey
Hong Kong
Isola di Man
Isole Cayman
Isole Cook
Isole Marshall
Isole Vergini Britanniche
Jersey
Libano
Liberia
Liechtenstein
Macao
Malaysia
Maldive
Mauritius
Monserrat
Nauru
Niue
Oman
Panama
Polinesia Francese
Monaco
San Marino 
Sark
Samoa
Seychelles
Singapore
Saint Kitts e Nevis
Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadine
Svizzera
Taiwan
Tonga
Turks e Caicos
Tuvalu
Uruguay
Vanuatu