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2014/08/14

Malati di burocrazia

Storie di ordinaria follia burocratica in un Paese tecnicamente fallito e con l'acqua alla gola. Leggiamole inseme e se a qualcuno viene da ridere si accomodi, non ci offendiamo.

Il mancato pagamento

Un imprenditore ha effettuato un intervento di manutenzione sull’impianto di una piccola azienda e non è stata pagato. Si è quindi rivolto all’avvocato per recuperare il credito.
“Avvocato, ha depositato il ricorso per decreto ingiuntivo?”
“Si, ma se ne riparla a novembre”
“A novembre? Ma siamo a metà luglio!”
“Si, ma il decreto ingiuntivo deve essere emesso dal giudice, poi notificato dall’ufficiale giudiziario e poi occorre attendere che decorra il termine di 40 giorni, ma da inizio agosto a metà settembre i termini non decorrono essendo bloccati per la sospensione feriale”
“Mi scusi avvocato, ma se la banca mi chiede il rientro dei fidi, mi da tre giorni di tempo; e io cosa le dico, che mi ci sono voluti quattro mesi solo per iniziare la procedura per recuperare i miei crediti?”
“Veda lei cosa dire: le regole sono queste”.

La procedura esecutiva continua e si arriva alla richiesta di pignoramento dei beni mobili presenti nell’azienda debitrice; l’avvocato informa l’imprenditore dell’esito della procedura.
“L’ufficiale giudiziario ha pignorato un computer e una stampante e l’Istituto Vendite Giudiziarie li ha venduti all’asta … per 200 €”
“Ma il mio credito era molto superiore!!”
“… però la procedura di vendita è costata 450 € e dunque Lei deve 250 € all’Istituto Vendite Giudiziarie ”.
Pagati i 250 € e la parcella dell’avvocato, l’imprenditore contatta il commercialista.
“Il cliente è sparito e non mi ha pagato: per cortesia provveda dunque a recuperare le tasse che ho già dovuto pagare”
“Va bene, provvederò a recuperare le imposte dirette”
“Come sarebbe a dire che provvederà per le imposte dirette; e per l’iva?”
“In base al DPR 633/72 ed alla risoluzione n. 195/E del 16/5/08 dell’Agenzia delle entrate, se il cliente sparisce lei non può recuperare l’iva”
“Mi sta coglionando, vero?”
“Eh, no; vede per recuperare l’iva, lei deve essere in grado di dimostrare che il suo cliente è fallito, o comunque che è terminata la procedura di concordato”
“Ma le ho detto che questo è sparito; non risponde più al telefono, il capannone è vuoto; non ho la più pallida idea di dove sia finito”
“Ecco vede, è proprio come le dicevo: lei non è in grado di dimostrare che il cliente è fallito né che ha concluso la procedura di concordato, e dunque non può recuperare l’iva”.

Il giovane

Un giovane ingegnere, viste le difficoltà a trovare un lavoro subordinato, non volendo rimanere senza fare nulla, si attiva per iniziare un’attività professionale.
In questo periodo non è facile trovare clienti, ma il giovane si impegna e riesce a trovare il suo primo cliente: si tratta di un’azienda che ha bisogno di consulenze in una materia che lui conosce bene. Non è stato facile trovare questo cliente, in tanti prima gli hanno detto no; ma ora è fatta, ha trovato quest’azienda, che crede nei giovani e ha deciso di affidarsi a lui. Si reca quindi dal commercialista per aprire la partita iva.
“So che è prevista una partita iva agevolata per i giovani”
“Si, è il regime agevolato previsto dal DL 98/11: non deve però superare i 30.000 € di fatturato all’anno. Senta, ma lei quanti clienti ha?”
“Sono all’inizio, ho molte cose in ballo, ma al momento ho un solo cliente. Sono poi in trattativa con un altro..”
“Ah. Quindi non esclude di avere la gran parte del suo fatturato con uno stesso cliente e di svolgere attività per quel cliente per più di otto mesi all’anno?”
“Ma cosa vuole che escluda! Come le ho detto, inizio con un cliente, poi spero se ne aggiungano altri; le consulenze che mi darà questo cliente sono impegnative, in termini di tempo: poi, più me ne darà e meglio è, visto che abbiamo pattuito un corrispettivo per ogni consulenza”
“Allora, in base all’art. 69 bis del DLgs 276/03, deve avere un utile di almeno 19.400 €, perché in caso contrario perderà la partiva iva agevolata; inoltre sarà difficile che il suo cliente le affidi gli incarichi, perché rischia sia presunta la natura subordinata del rapporto di lavoro”
“L’utile sono i ricavi meno le spese, giusto?”
“Certo”
“Come spese avrò quelle per acquistare le attrezzature e quelle per svolgere l’attività: quest’anno ne avrò per almeno 6.500 €”
“Allora dovrà avere un fatturato di almeno 26.000 €”
“Cioè, mi faccia capire: il mio fatturato deve essere di almeno 26.000 €, per il DLgs 276/03, ma non deve superare 30.000 €, per il DL 98/11 ?”
“Esatto”.
“Mi scusi, ma io volevo fare il professionista, mica l’equilibrista!“
“Eh in effetti…”
“Riassumendo: mi sbatto per cercare i clienti, mi indebito per acquistare le attrezzature… non ho neppure iniziato e già mi trovo ad affrontare questi problemi”
“Li consideri un saluto di benvenuto, visto che sono solo l’antipasto…”
“Mmh…”
“ Comunque giovanotto, bando alle ciance: non era venuto per aprire partita iva ed iniziare la sua attività?”
“Eh si… ma ci rifletto ancora un poco… Arrivederci (a mai più)”

L’appalto pubblico

Paolo Rossi ha una piccola impresa ed ha acquisito l‘incarico di effettuare un intervento di manutenzione su un edificio di un ente pubblico: valore del lavoro 400 €.
Prima di iniziare il lavoro, il cliente gli chiede di compilare una serie di moduli e dichiarazioni in merito alla sicurezza. Il piccolo imprenditore si consulta con il consulente del lavoro.
“Dottore, la chiamo perché un cliente mi ha chiesto di compilare una marea di moduli e dichiarazioni relativi alla sicurezza”
“Hanno ragione, è previsto dal decreto 81/08”
“Si, ma impiego più tempo a compilare i moduli che a fare il lavoro”
“Compili, lo prevede la legge”
“Si, ma mi chiedono un sacco di cose..! Che senso ha tutta questa carta per un piccolo intervento come il mio… mi chiedono, tra l’altro, di indicargli anche la procedura di primo soccorso!”
“E cioè ?”
“La procedura che la mia impresa prevede di applicare nel caso mi faccia male”
“Beh… gliela indichi!”
“Vado a fare il lavoro da solo… se mi faccio male che procedura vuole che applichi…. al massimo posso lamentarmi”
“Ecco, bravo… scriva quello”.
Il piccolo imprenditore, pazientemente, compila moduli e dichiarazioni; non ha ancora terminato, che l’ente pubblico gli riscrive, chiedendogli un’ulteriore dichiarazione. Altra telefonata al consulente del lavoro.
“Mi chiedono un’altra dichiarazione: hanno citato il decreto 163/06”
“Certo, le chiederanno di dichiarare che non ricorrono le cause di esclusione dagli appalti pubblici, previste dall’art. 38 del decreto 163”.
“Ma vogliono che la dichiarazione sia resa dall’amministratore, dal responsabile tecnico e dal socio di maggioranza dell’impresa”
“E beh, fatela”
“Il socio di maggioranza non lavora in azienda, è un mero socio di capitale: in questo momento, per esempio, si trova negli Stati Uniti”
“Cosa vuole che le dica: o lo rintracciate o lo aspettate”.
L’installatore esegue il lavoro ed invia la fattura. Neppure il tempo di alzare la testa ed è già in arrivo un nuovo modulo, quello relativo al DURC; di nuovo al telefono con il consulente del lavoro.
“Questa volta vogliono che compili un modulo per richiedere il DURC”.
“E lei lo compili”
“Ma non posso inviargli direttamente il DURC ?”
“No. Gli enti pubblici non possono più chiedere il DURC ai privati, devono acquisirlo direttamente dall’Inps:
è una delle semplificazioni introdotte dal DL 5/12”
“Semplificazione ? Prima mandavo il DURC, ora devo compilare un modulo con un sacco di dati; impiego molto più tempo”
“Se dicono di avere semplificato, avranno semplificato, no…?”.
Appena compilato il modulo del DURC arriva la richiesta di un’altra dichiarazione, questa volta ai sensi della legge 136/10.
“Dottore….”
“Ancora lei ?”
“Eh si, non ci crederà, ma mi chiedono di compilare un’altra dichiarazione: fanno riferimento alla legge 136/10”
“Hanno ragione, si tratta del conto corrente dedicato: deve indicare le generalità delle persone che possono operare sul conto corrente su cui l’ente pubblico effettuerà il pagamento”
“Quindi devo compilare anche questa dichiarazione ?”
“Si; la legge 136/10 ha previsto questa procedura per contrastare le infiltrazioni della mafia negli appalti pubblici”
“Combattono le infiltrazioni della mafia negli appalti pubblici con le dichiarazioni ?”
“Si… beh, non solo, hanno poi anche previsto il CIG, il CUP, insomma … diverse cose”
“Ah ho capito … hanno deciso di sfiancare la mafia a suon di moduli e dichiarazioni… in effetti sarà terrorizzata ”.

L’incarico a altra impresa

Un’impresa ha acquisito da un cliente l’incarico di realizzare un lavoro: ne effettua direttamente una parte e, con il consenso del cliente, subappalta il resto ad altra impresa. Il lavoro viene terminato, il cliente paga, e l’impresa appaltatrice si accinge a pagare l’impresa subappaltatrice, quando interviene trafelato il commercialista.
“Prima di pagare, avete acquisito la dichiarazione ai sensi del DL 83/12 e successive modifiche ?”
“E cosa è?”
“È una dichiarazione con la quale l’impresa subappaltatrice dichiara di avere versato le ritenute sui loro dipendenti”
“Perché dobbiamo chiedere questa dichiarazione?”
“Se non lo fate e non hanno pagato le ritenute, in base alla legge, siete esposti al diritto di rivalsa”
“Diritto di rivalsa??”
“Si, per esempio l’Inps ha diritto di pretendere da voi i soldi che loro non hanno versato”
“Cioè, mi faccia capire: loro non pagano i contributi e l’Inps impone di pagarli a me?”
“Esattamente, entro i limiti del valore dell’appalto”
“Ma che senso ha?”
“Nessuno; e infatti l’avevano previsto anche per l’iva, che però è un’imposta europea, e l’Europa ha detto che non si poteva fare”
“Ah ecco… allora hanno poi cancellato la norma”
“Si, l’hanno eliminata per l’iva, ma non per le ritenute sul lavoro dipendente, che sono nazionali”
“Quindi devo richiedere questa dichiarazione?”
“Si”
“Ma devo chiederla solo a questa impresa?”
“No, a tutte le imprese a cui affida dei lavori, ad esempio anche all’impresa che pulisce i vostri uffici”
“Va bene una dichiarazione generica?”
“Nooh !! Deve contenere gli estremi degli F24 pertinenti, come indicato nella Circolare 40/E/12 dell’Agenzia delle entrate”
“Mi scusi, ma se mi fanno una dichiarazione falsa?”
“Ah, lei comunque è a posto”
“Ma secondo lei, uno che non versa le ritenute per i dipendenti, per essere pagato si pone poi tanti problemi a farmi una dichiarazione non veritiera?”
“In effetti …”
“E allora a cosa serve questa norma: a farci perdere altro tempo e a far girare altra carta?”
“Beh… non solo; serve anche ad esporre a rivalsa tutti coloro che non sanno di dover richiedere questa dichiarazione oppure che, oberati dagli adempimenti burocratici, non la richiedono”.

2014/08/10

Renzi: mille promesse, zero risultati

Matteo Renzi comincia ad arrancare, è chiaramente in difficoltà: l’economia non decolla anche perchè le promesse valgono per un po' ma poi si smontano da sole quando i risultati non arrivano.
Alla prova dei fatti la spesa pubblica non si riduce e per dare demagogicamente 80 euro a qualcuno Renzi ne ha presi molti di più a tanti altri e anziché avviare riforme serie ci si è impantanati in questioni secondarie. Il premier si avvicina già al suo capolinea?

Credo che voglia cambiare soprattutto la legge elettorale e poi andare ad elezioni per blindare i suo fedelissimi e per questo sta cercando di crearsi una legge elettorale a proprio beneficio personale che è lo stesso obiettivo di Berlusconi perché entrambi hanno bisogno di fare eleggere solo una cerchia di pretoriani fedelissimi e che dicano soprattutto sempre di sì.

Forse Napolitano dovrebbe cominciare ad esprimersi e a preoccuparsi su serio.
Se di fatto viene tolto di mezzo il senato e se tutto il potere passa alla Camera (il che non è poi così sbagliato) come si può impostare un sistema elettorale di liste bloccate dove chi vince anche per un solo voto e prendendone comunque pochi anche pochi conquista una maggioranza assoluta che poi può nominar e decidere tutto, eleggendo perfino il Presidente della Repubblica compreso?

Non è giusto, soprattutto se i cittadini non potranno neppure eleggere i propri rappresentanti ma solo indicare il partito o la coalizione, senza preferenze o serie “primarie” che pre-indichino i candidati. Non prendiamoci in giro con l’ ok alle preferenze “salvo il capolista di ogni collegio” perché in quasi tutti i collegi sarà eletto il solo capolista!

Un sistema più snello è doveroso, il superamento del bicameralismo pure, ma ci sia libertà di scelta dei candidati per scegliere i migliori e i più credibili, non persone solo obbedienti ai leader e che già in passato hanno fatto solo disastri, a destra come a sinistra. 

Ma all’Italia servono soprattutto altre riforme a cominciare dal controllo della spesa pubblica, non basta “cacciare” Cottarelli per far finta di nulla: in campo economico il fallimento di Renzi purtroppo è totale e l’Europa e i mercati temo che presto ne prenderanno atto.
Se volete divertirvi su come Renzi parli l'inglese guardate intanto questo video:


Uno degli esempi di come il governo Renzi stia affrontando i problemi con demagogia assoluta è la situazione delle province.
Si potrà anche pensare che non servano più e vadano abolite certo, ma contemporaneamente bisognerebbe però chiarire a chi andranno affidati i servizi svolti dagli enti provinciali.

Non basta tagliare i fondi alle province per poi prendere atto che le strade provinciali sono senza manutenzione e senza sgombero della neve, così come è ridicolo non trasmettere più i fondi per la manutenzione delle scuole di competenza provinciale: chi ci pensa?.

Visto che il prossimo Senato sarà composto quasi interamente da consiglieri regionali sarà anche interessante vedere come opererà per eventuali tagli alle regioni che sono – molto più delle province! – la causa del dissesto economico italiano in termini di sprechi.


2014/08/07

La macchina del fango: Schettino e la Sapienza

Comincia tutto da una notizia data male: Schettino tiene una lezione magistrale all’Università di Roma sul tema della gestione del panico.

Poi – mi direte – è stata corretta. Non conta, conta la prima parola, il primo flash che abbaglia gli occhi.  Conta che quella notizia data male toglieva al fatto il suo contesto, che è tutto, quando si dà una notizia: posso correre con una borsa in mano, ma se non scrivi che sto perdendo il treno, qualcuno mi prenderà per scippatore.

Forse andava detto che in un master – settanta-ottanta partecipanti, non una lezione pubblica, in questo caso gli studenti pagano per specializzarsi – erano previsti “case studies”, con la partecipazione dei protagonisti: quindi se c’era, per dire, da parlare di spie, ci sarebbe stata una spia. Forse andava detto che quel Master non si svolgeva “alla Sapienza” ma altrove. Che era una testimonianza di sette (quindici secondo altri) minuti, non una lezione, e poiché si studiano i casi concreti, è stato chiamato a parlare un uomo che ha vissuto un situazione limite. Ben conoscendo tutti, studenti e docenti, che quella sarebbe stata una “testimonianza di parte”. Insomma assoluto buon senso.

La pagina del Master era su Facebook, ma nessuno, prima di fare un titolo o sparare uno sms, l’ha letta. Eppure se a un fatto tu togli il contesto, ne distruggi la “logica”. E su quel fatto senza contesto, la gente giudicherà male.

Anni fa, Umberto Eco scrisse un saggio di grande forza sul caso Braibanti (Nel volume “Sotto il Nome di plagio”). Fermiamoci un attimo su quel “fatto”.

Il filosofo ed entomologo Aldo Braibanti ebbe un processo per “plagio”: era andato a vivere con un ragazzo di vent’anni, all’epoca minore età.  Un processo che la sinistra dell’epoca, non tutta (il Pci poco, in fin dei conti era una “storia di froci”) combatté duramente. Vi vedeva, quella sinistra, la manipolazione di prove e informazioni tese e condannare già prima della sentenza attraverso lo “stigma”. Erano gli anni ’60 e Umberto Eco, per dimostrare la follia di quel modo di procedere, scrisse una descrizione del contenuto del suo cassetto, il cassetto della sua scrivania, ma in prosa carabinieresca. Dimostrò alla perfezione che, se descrivi “in chiave criminale” un normale cassetto di scrivania, il titolare di quel tavolo dovrà essere arrestato per gravi sospetti.

E quindi “Lectio Magistralis” è rimasta e quel concetto ha dato l’imprinting a tutta la conversazione successiva. Soprattutto perché ci si è messa l’Università. Che nel suo comunicato di fine mattinata cita i media, non i fatti giudiziari e i principi. Invece parla della conversazione del “Salga a Bordo Cazzo”. Ma quella è una notizia, oggetto di un processo. Nel comunicato del Rettore? Nel comunicato del Rettore. Conseguentemente, molti social media people parlavano di “etica”. L’etica. Come se un paese civile si reggesse sull’etica e non sul diritto, come se l’etica non fosse diventata il fantasma di questo paese da invocare appena non sai niente del merito delle cose (questo file si autodistruggerà fra 30 secondi, non ho mai scritto una cosa simile)

E quindi chi ne scrive oggi sui giornali non analizza il fatto, ma la fantasmagoria segnica prodotta su Twitter e Facebook da un paese indignato, furente, come la belva cui hai tolto il pezzo di carne dalla bocca. Ma come – ci dicono le masse furenti – questo colpevole che avevamo già divorato, voi ce lo vomitate qui, come professore universitario? Schettino è carne morta, l’altro da noi che noi abbiamo allontanato con orrore. Non potete rimetterlo in circolazione. Stiamo solo aspettando che la sanzione del tribunale ce lo metta in galera e butti via la chiave: perché lo condanneranno, questo è certo.

Questa è la cultura di oggi, altro che cassetto di Umberto Eco. E com’erano  felici ieri i giornalisti di parlare di “rivolta sul web”. Ben inteso, amati colleghi, è lo stesso furore che si rivolge contro di voi quando “ve tocca”, come si dice a Roma. Ma in quei casi voi producete preoccupati editoriali sull’inciviltà del web e fate le vostre larvate, leggere, cavalleresche pressioni perché il Parlamento e il governo facciano qualche legge repressiva, o almeno una commissione di studio, che diamine, dalla quale poi venga fuori la martellata. Perché, insomma, la rivolta va bene se ci aiuta, non se ci distrugge non va bene. E questo è il vostro, fatale, errore. Perché non funziona e non funzionerà mai più così. I “lazzari” sono nelle strade, non faranno differenza, hanno sete e berranno anche il vostro, di sangue. Ma nelle strade ce li avete e ce li mettete voi, ogni giorno. Da decenni.

Perché poi “ce tocca” o “ce po’ toccà” a tutti, sempre come si dice a Trastevere. Quindi dimenticate il passato recente: gettate nel cestino la “macchina del fango”. Cancellate il “circuito mediatico-giudiziario”, non analizzate da destra e da sinistra. Ci siamo dentro tutti. Chi ieri ha massacrato con una falsa notizia l’avversario politico, oggi potrà riceverne lo stesso trattamento. È come se il vecchio caro giustizialismo fosse passato da analogico a digitale. Sì, l’avviso di garanzia era già condanna, ok. Sì, la detenzione è già anticipo di pena, ok. Sì, l’intercettazione è la “prova”, ma non lo senti come parla, questo criminale (Consiglierei la lettura di “Buio a Mezzogiorno” di Arthur Koestler)

Ma adesso si è aggiunta la velocità del Fatto Compiuto Senza Contesto, l’algoritmo del colpevole. Per carità, è la dinamica che porta i falsi untori della “Storia della Colonna Infame” di Manzoni ad essere prima torturati e poi squartati e avere le budella bruciate. Ma vuoi mettere i bit? È la nostra antropologia (cialtrona? Da linciatori? Totalitaria) alla velocità del computing e senza responsabili: la mia pietra è uguale alla tua (almeno i regimi totalitari prendono una responsabilità su di sé). Come noi nessuno sa come si costruisce una strega.

Questo sfugge a chi ancora oggi intinge la penna nello Schettino “simbolo” dell’Italia responsabile della “distruzione delle tradizioni marinare” (bum!). Che cosa strana, c’è un giornalismo dell’eccesso, della condanna, della Fustigazione Morale, ma è lo stesso che nega all’uomo comune della rete il diritto di eccedere e di fustigare. Non li sfiora l’idea di essere uguali, grandi e piccini, grandi penne e canari della magliana (un tipo che fece a pezzi con la tronchesi l’amante di sua moglie, assurto a Roma a simbolo del fare le cose male, già “simbolo”). Abbiamo creato il Lego della condanna sommaria: siamo tutti mattoncini nell’edificio dell’accusa. A turno andremo a comporre il rogo. Lo facciamo rosso, dai. Ché poi, se fosse chiaro che è un gioco della Menzogna, sarebbe un mondo perfetto: ma l’uomo del “ké” e l’editorialista illustre pensano che quella sia la realtà. No cari, la realtà, a questo punto, non esiste più, è delirio digitale totalitario.

Specialità italiana, non accade da nessun altra parte nel mondo. “Popolo der Web” e grandi intellettuali schierati insieme, uniti nella lotta, le signore che scrivono “qlk” e “ké” e Francesco Merlo. E senza il minimo sospetto che il problema non è la rete ma è il paese del Caso Tortora, dei cappi in parlamento, dell’eccesso verbale gratuito, del “non mi interessa il merito, parlo dell’etica”, della sommarietà intellettuale e dell’allontanamento da sé: io sono un italiano buono, lui è un italiano cialtrone. Stessa antropologia, stesso paese, mai “Scrittori e Popolo” furono una cosa così una e unita. 

Alla fine è un paese che pensa per simboli  e odia i fatti.

Eppure, all’inizio, era solo una notizia data male. La più recente. L’ultima prima della prossima.

Fonte http://www.wired.it/author/vzambardino