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2019/12/25

Non dimenticatevi di me


“Non dimenticatevi di me”, queste le ultime parole che un uomo in fin di vita lascerebbe per i suoi cari. Scontato? Non tanto. 

Nel tempo delle passioni fugaci anche i ricordi più importanti svaniscono. Il rischio: niente di prima nell’oggi, niente futuro che passi memoria. Non possono darsi progetti che non fanno i conti con le proprie radici. Eppure sembra inarrestabile la volontà del nostro tempo di cancellare la memoria, non solo la storia collettiva, ma la personale, familiare. Bisogna compiere uno sforzo immane per salvarci dalla banalità di un tempo dove non c’è spazio per i ricordi. Anche la cenere che fu corpo è meglio consegnarla al vento.

Oggi più che mai la necessità di lottare per la memoria di chi si è amato è un dovere della salvaguardia dell’umano, non solo per la storia individuale, ma per un’attitudine collettiva alla memoria tradita. A morire si muore tutti, anche se spesso colpevolmente lo dimentichiamo. Paura della morte? Forse. 

Ma la morte, paura o meno, arriva comunque e il rischio è morire da morti senza lasciare nulla di sé. Dovrebbe far paura non la morte finale, ma vivere da morti mentre la vita si distende, quella sì che dovrebbe preoccupare, una vita senza qualità, senza affetti, senza bene consegnato. Il male fatto semina dapprima odio e rancore e poi come logica conseguenza nasce il bisogno di cancellare per sempre la memoria di chi lo ha fatto. Il bene resta, fruttifica in chi riconoscente si aggrappa alla memoria come eredità da accrescere, rende possibile la lotta quotidiana provocando “una corrispondenza di amorosi sensi”.

Possiamo nutrirci di quei singolari momenti per poter affrontare la vita con altra sostanza, con inaudita forza. E come prendere fiato prima di andare sott’acqua. Se riesci a portare nel tuo cuore e nella tua memoria il bello del passato che hai provato, la vita che ti è stata consegnata da chi ti ha preceduto, anche se i luoghi e i tempi di quelle emozioni forti sono ormai lontani, nulla ti vieta di tuffarti proprio in quello spazio dei ricordi in cui trovare forza per trasformare il presente in perenne ottimismo. Nietzsche sosteneva che gli uomini più grandi sono rimasti celati. 

Il rischio c’è se chi si è arricchito della loro vita non esercita il dovere della memoria. Non così dove l’amore sa raccontare il passato al presente, la riconoscenza, la passione di un incontro che la morte non uccide. Porteremo le loro foto nei nostri portafogli, le metteremo in portaritratti sui nostri comodini, ne faremo dipinti che fissino nella tela il loro sguardo, ma soprattutto li terremo impressi nei nostri cuori e nelle nostre menti. E chiameremo memoria la loro vita e della loro vita ricorderemo il giusto e la giustizia. E la racconteremo come esempio da tramandare ai nostri figli.

“Papà mi diceva”, “la mamma mi ha insegnato”, e la vita di chi ha consegnato vita continuerà a respirare nella nostra, porterà a compimento il suo destino. Memoria è legare amore con amore, è fare giustizia dell’amore di chi giusto mi ha insegnato la vita. Maestro, amico, amante, padre, madre, uomo, donna, giusti che hanno salvato il mondo senza saperlo, perché hanno salvato la mia vita: “salva una vita sola e hai salvato il mondo intero”.

A Gerusalemme esiste il “viale dei giusti” dedicato a quegli uomini e a quelle donne che, pur non essendo ebrei, in nome della umanità e della giustizia, hanno messo a rischio la propria vita, per salvare dalla morte e dalla persecuzione degli innocenti mandati al macello dall’ingiustizia umana. Per ognuno di questi eroi, persone comuni ma semplicemente fedeli all’umanità che vestivano, è stato piantato un albero che porta il loro nome. Nei viali della nostra storia personale dovrebbero essere piantati gli alberi dei tanti giusti che coprono con la loro ombra la nostra vicenda umana. 

E se gli uomini non sono capaci di dare merito a chi li ha salvati dalla banalità e dal degrado il loro nome sarà cancellato dalla memoria presente, ma di sicuro i nomi dei giusti saranno per sempre impressi in cielo. Ricordando imparo dal passato dei trapassati il mio dovere presente, la gioia e il dolore del quotidiano da vivere con dignità, appassionato e curioso di quanto la vita mi offre, pronto a dare il mio contributo per renderla migliore per tutti.

2019/12/24

Perché la app di ricette vuole sapere dove sono?





Ieri sera ho aperto la app che uso da molti anni per cucinare. Una app di ricette. 

Volevo un consiglio su come usare i ceci in modo nuovo. Prima della risposta mi ha chiesto il permesso di poter seguire i miei spostamenti. Si chiama geo-tracking ed è l’attività che alcuni pezzetti di software svolgono: ci seguono in tempo reale. 

Ufficialmente per darci informazioni georeferenziate: le notizie della città dove ti trovi, le previsioni del tempo che davvero ti interessano. Ma anche offerte commerciali: guarda che in quel negozio c’è una cosa che fa per te. Si chiama marketing di prossimità. 

Ok, ma le ricette di prossimità che roba sono? Perché una app di cucina ha bisogno di sapere dove mi trovo per darmi dei consigli? Pasta e ceci si fa sempre nello stesso modo, a meno che uno non voglia adattare la ricetta agli ingredienti locali. In altri tempi avrei cliccato ok, dando il permesso.


Ma qualche giorno fa ho letto una poderosa inchiesta del New York Times su questo tema: dice che quei dati consentono di fatto di identificare e spiare chiunque. Possono documentare tradimenti coniugali, inclinazioni politiche, trattative commerciali o anche malattie. 

Volendo, si sa tutto. Tu dai il consenso per una app che ti dice che tempo fa, per esempio, e quei dati vengono rivenduti a società che costruiscono profili sempre più dettagliati. Al punto di poterci identificare uno per uno. Sono tornato così a vedere i termini della privacy della mia app di cucina preferita. 

Dice che i miei dati vanno ad un grande editore italiano, ok; ma anche a tre multinazionali di cui non avevo mai sentito parlare, che di mestiere raccolgono dati che a loro volta hanno dei partner, non menzionati, con cui potranno condividere i miei dati. La mia posizione mentre faccio pasta e ceci, ma anche tutto il resto. Mi sembra troppo. 

Ci vorrebbe un garante della privacy, ma da sei mesi i partiti non riescono a trovarne uno e si sono appena presi altri tre mesi di tempo. Nel frattempo userò un libro di ricette.

2019/11/28

FRANA DI GOVERNO



Non so se ci si rende conto che il governo del premier Conte, incensato dalla TV e dai media buonisti-progressisti, sta inanellando un “buco” dopo l’altro.

Le acciaierie di Taranto sono state messe in crisi anche dallo sconsiderato emendamento del M5S sulla revoca della tutela penale pregressa, l’operazione Alitalia è bloccata e – giunti alla ottava proroga dei tempi -  non si muove foglia, ma intanto perde 900.000 euro al giorno, mentre per la nuova legge sulla prescrizione dei processi non ci si capisce più nulla, così come la “querelle” sul fondo salva stati a livello europeo che ha tutte le caratteristiche di un mega-pasticcio.

La manovra economica resta un ibrido che cambia tutti i giorni aumentando il deficit per far contenti tutti in vista delle elezioni emiliane (con l’Europa che fa finta di essere distratta) e intanto il paese sprofonda come i suoi viadotti.

Certo, per Conte è sempre colpa di quelli “di prima” ma era proprio lui il premier quando è crollato il ponte Morandi e quel genio di Toninelli - che doveva risolvere tutto - non ha fatto neppure fatto partire l’indagine sui viadotti pericolanti che intanto continuano a crollare. Ma cosa si aspetta per penalizzare concretamente quelle società autostradali che hanno guadagnato (e continuano a guadagnare) fortune colossali ma non hanno neppure controllato la manutenzione?

Le divisioni interne al governo sono quotidiane e logoranti con il PD contro i 5 Stelle, e Renzi (nei guai giudiziari e di immagine) che ce l’ha contro tutti: non c’è una sola materia dove ci sia un minimo di coesione, solo la paura ad affrontare nuove elezioni.

MA QUESTA PAURA NON STA CONDANNANDO L’ITALIA AL BLOCCO, ALLA PARALISI, ALLA RECESSIONE?

RIFLETTETE: C’E’ UN PROBLEMA CHE SIA STATO RISOLTO IN QUESTI ULTIMI MESI?

2018/06/01

Zodiac e il Mostro di Firenze

"Io Zodiac e il Mostro? Bugie" Ma l'ammissione è registrata

Pubblicato sabato, 02 giugno 2018 ‐ Il Giornale.it
Francesco Amicone, Firenze. Giuseppe Joe Bevilacqua ha smentito di essere il Mostro di Firenze e Zodiac. "Non ho confessato di essere l'autore dei delitti a loro attribuiti per il semplice fatto che non li ho commessi. Queste notizie - ha detto l'ex militare americano accostato da un recente inchiesta giornalistica del Giornale alla figura dei due serial killer - hanno gravemente leso la mia dignità ed onorabilità, e turbato la serenità dell'intera mia famiglia. Per tali ragioni ho già attuato le vie legali per la tutela dei miei diritti".Se qualcuno gli avesse posto una domanda anche più diretta "Signor Bevilacqua, lei è un'idiota?" la notizia sarebbe stata se avesse risposto di "sì". Ma questa non è una notizia. È l'avvocato di Bevilacqua che dice che il suo assistito non ha ucciso 14 persone. Ma forse l'avvocato farebbe bene a porgli domande migliori. Il suo assistito può ancora giocarsi la carta del pentimento (con ritardo dovuto alla paura, stavolta). A conferma che la smentita di Bevilacqua non conta niente non c'è soltanto il buonsenso, ma anche le sue parole (intercettate) dell'11 settembre 2017, quando al telefono disse (fra le altre cose) al suo biografo: "Loro lo sapevano", riferendosi alla sua vita da serial killer e ai suo colleghi del Criminal Investigation Detachment, Ray D'Addario e Joe Colombo.Il biografo non crede che sia vero (che i suoi colleghi lo sapevano). Ma ci sono altri aneddoti, oltre alle ammissioni di settembre. Uno di questi è quando Bevilacqua seduto di fronte al suo biografo al Bar Marconi di Falciani disse dove Zodiac poteva avere portato il corpo di Donna Lass, una delle sue vittime. Non solo: fece un cerchio attorno al luogo.Era un giorno di metà estate del 2017. Fu la prima volta che si accennò a Zodiac, fra Bevilacqua e il biografo. Proprio a pochi chilometri dalla sua ex casa (a 300 metri dall'ultimo delitto del Mostro) e a pochi chilometri dalla palestra di Tavarnuzze che dal 1979 porta (ma è una coincidenza) lo stesso nome del killer: Zodiac. Ecco, Bevilacqua al Bar Marconi, fu interrogato dal biografo in merito alla sua presenza nel 1970 sul Lake Thaoe (20 secondi di silenzio, per rispondere "sì, ma non posso parlarne"). Ammise di essere stato nei pressi delle scene del crimine di Zodiac nel medesimo periodo dei suoi delitti (Santa Rosa, 1969 e Riverside, 1966) ma inoltre si lasciò scappare una battuta che avrebbe potuto risparmiarsi (con il senno di poi). Infatti, alla domanda del biografo: "Dove avresti portato un corpo tu se fossi stato il serial killer?", dopo qualche ipotesi al volo, fece con decisione un cerchio attorno a un luogo preciso: "A Heavenly Valley", disse ridendo. Il biografo gli chiese: "Perché?". Bevilacqua rispose (sempre ridendo): "Perché significa paradiso".È risaputo che Zodiac sosteneva che le sue vittime sarebbero finite nel "Paradiso degli schiavi". Quello che non tutti sanno è che le due lettere dell'ottobre 1970 che alludevano alla sparizione di Donna Lass sul Lake Tahoe portavano un particolare francobollo con la dicitura: In the beginning God.... La frase biblica continua così: created the Heavens. In principio Dio creò i Cieli. È possibile che Bevilacqua ne abbia ancora un paio del tutto simili nella sua collezione di francobolli che tiene a casa, di fianco all'album fotografico con la croce celtica. Basterebbe mandare qualcuno a darci un'occhiata. Non c'è niente di cui avere paura...

UE in affanno, arriva Savona



Il rebus del governo si è risolto secondo un principio matematico innegabile: cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Insomma, se era tutto un problema di caselle legato al nome e all’eventuale ruolo del prof Savona, il triumvirato Conte-Salvini-Di Maio l’ha risolto spostando Cincinnato in una posizione ancor più strategica e incisiva in ambito Ue di quanto avrebbe potuto essere quella da titolare del Mef. E allora, come Tito Livio ebbe a definire il politico romano «Spes unica imperii populi romani» («ultima speranza per l’autorità del popolo romano») anche i media odierni – detrattori e sostenitori, indifferentemente – vedono nell’economista “pomo della discordia” una figura cruciale di “radicale eurocritico”, “ultima speranza” istituzionale di ridisegnare i contorni problematici dei rapporti tra Roma e Bruxelles.

Savona, il Cincinnato del governo giallo-verde

Professore di economia, ex ministro del governo Ciampi ed ex presidente del Consiglio di amministrazione di molte e importanti banche e società italiane, accademico di lungo corso e fine analista, il suo curriculum non è certo quello di un outsider di rango, ma quello dello stratega che non vuole sottoscrivere il forfait dell’Italia dall’euro, semmai creare le condizioni per la riforma della Ue in modo da salvare gli obiettivi fondanti prefissi. E così, se da ministro dell’economia avrebbe potuto avvicinarsi all’obiettivo, con la nomina – effettiva con il giuramento delle 16 di questo pomeriggio – al vertice del dicastero degli Affari Europei con il coordinamento delle politiche comunitarie potrà centrare l’obiettivo e da una posizione privilegiata. Del resto, stando a quanto riferisce il Giornale online in queste ore, «per accettare, Savona ha giustamente posto alcune pregiudiziali, a cominciare dalla possibilità che gli è stata accordata di andare a ricoprire un ministero «contiguo».

Cambiare la UE per riformarla, non per annientarla

E così, l’ex Bankitalia ed ex Confindustria, dopo aver indicato lui stesso il nome di  chi sederà dietro la scrivania in via Veneto, destinata nelle intenzioni iniziali proprio a lui,ribadisce e sottolinea – come registrato dal quotidiano diretto da Sallusti – di essere «stato chiamato per le mie competenze europee perché ho seguito da vicino le vicende di Bruxelles fin dai primi passi della Ue. È giusto, quindi, che io possa fornire il mio contributo senza che sia tirato nuovamente in ballo l’accusa di essere nemico dell’euro». E allora, la domanda oggi diventa: «Chi è più europeista?» Chi  sta minando dalle fondamenta le possibilità di sopravvivenza della Ue o chi, come il prof Savona, e come da lui specificato, punta ad aprire un dialogo con i nostri partners chiedendo la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissa?…

2018/05/28

Colpo di Stato



Copio qui la lettera aperta del Professor Paolo Savona indirizzata a tutti quelli che non l'hanno voluto come minostro dell'economia.
E' doveroso ricordare che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rifiutato il Prof. Savona perché spaventato dalla minaccia di uscire dall'Euro ma anche dal ricatto di istituzioni straniere, prima tra tutti Moody's che hanno affermato di voler ridurre il rating dell'Italia se Savona fosse diventato ministro.
Il presidente ha quindi tradito la fiducia degli italiani cedendo al ricatto esterno di chi, nel nostro paese non conta nulla ma specula largamente sulla nostra economia e sui nostri risparmi.
Peggio di così l'Italia potrà andare, segnatevelo, ormai siamo in caduta libera.

Governo, Savona: "Ho subìto un grave torto da Mattarella"

Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un paradossale processo alle intenzioni". La risposta di Savona a Mattarella.


Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un paradossale processo alle intenzioni di voler uscire dall’euro e non a quelle che professo e che ho ripetuto nel mio Comunicato, criticato dalla maggior parte dei media senza neanche illustrarne i contenuti. Insieme alla solidarietà espressa da chi mi conosce e non distorce il mio pensiero, una particolare consolazione mi è venuta da Jean Paul Fitoussi sul Mattino di Napoli e da Wolfgang Münchau sul Financial Times. 

Il primo, con cui ho da decenni civili discussioni sul tema, afferma correttamente che non avrei mai messo in discussione l’euro, ma avrei chiesto all’Unione Europea di dare risposte alle esigenze di cambiamento che provengono dall’interno di tutti i paesi-membri; aggiungo che ciò si sarebbe dovuto svolgere secondo la strategia di negoziazione suggerita dalla teoria dei giochi che raccomanda di non rivelare i limiti dell’azione,perché altrimenti si è già sconfitti, un concetto da me ripetutamente espresso pubblicamente. Nell’epoca dei like o don’t like anche la Presidenza della Repubblica segue questa moda.

Più incisivo e vicino al mio pensiero è il commento di Münchau. Nel suo commento egli analizza come deve essere l’euro per non subire la dominanza mondiale del dollaro e della geopolitica degli Stati Uniti, affermando che la moneta europea è stata mal costruita per colpa della miopia dei tedeschi. La Germania impedisce che l’euro divenga come il dollaro “una parte essenziale della politica estera”. Purtroppo, egli aggiunge, il dollaro ha perso questa caratteristica, l’euro non è in condizione di rimpiazzarlo o, quanto meno, svolgere un ruolo parallelo, e di conseguenza siamo nel caos delle relazioni economiche internazionali; queste volgono verso il protezionismo nazionalistico, non certo foriero di stabilità politica, sociale ed economica. 

È il tema che con Paolo Panerai ho toccato nel pamphlet recentemente pubblicato su Carli e il Trattato di Maastricht, dove emerge la lucida grandezza di Paolo Baffi. L’Italia registra fenomeni di povertà, minore reddito e maggiore disuguaglianze. Il 28 e 29 giugno si terrà un incontro importante tra Capi di Stato a Bruxelles: chi rappresenterà le istanze del popolo italiano? 

Non potrà andarci Mattarella, né può farlo Cottarelli. Se non avesse avuto veti inaccettabili, perché infondati, il Governo Conte avrebbe potuto contare sul sostegno di Macron, così incanalando le reazioni scomposte che provengono dall’interno di tutti indistintamente i paesi-membri europei verso decisioni che aiutino l’Italia a uscire dalla china verso cui è stata spinta. Münchau giustamente afferma che “teme non vi sia un sostegno politico nel Nord Europa” e quindi non ci resta che patire gli effetti del protezionismo e dell’instabilità sociale. Si tratta di decidere se gli europeisti sono quelli che stanno creando le condizioni per la fine dell’UE o chi, come me, ne chiede la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissi

2018/05/13

I magnifici 7



Onore e gloria ai vincitori, rispetto per i vinti. Se la Juventus e metà dell'Italia calcistica oggi festeggia la vittoria del settimo scudetto consecutivo, bisogna anche dare atto ai concorrenti che hanno provato sempre e comunque a togliere lo scettro alla regina e, se non sono stati capaci di scalfire il primato della Juventus, non è solo colpa di giocatori non all'altezza della concorrente, e nemmeno di allenatori e strutture. Spesso è stato quel servilismo tutto italiano che ci accompagna dalla fine della guerra e che si chiama Fiat. Oggi ha vinto la Juventus, vincerà anche il prossimo anno e molti anni ancora se non si trova una strada per uscire da questo dominio. Questo è evidente in Europa dove la Juventus non batte chiodo da anni. Una dominazione assoluta in Italia e quasi il nulla in Europa la dicono lunga su come viene considerata la squadra torinese. Se qualcuno non si decide a cambiare le carte in tavola temo che questa storia continuerà a lungo. Trovate una soluzione, trovatela voi, ho tante idee in mente, temo di non avere abbastanza frecce nel mio arco.

Uno 0-0 molto scontato ha consegnato lo scudetto alla Juventus. Non è servita nemmeno la vittoria del Napoli a Genova contro la Sampdoria. Roma-Juventus è stata una festa per due, per i bianconeri che hanno festeggiato sul campo di una rivale storica e per la Roma che pur passando dal secondo posto dello scorso anno a un probabile terzo trova comunque la qualificazione in Champions League. Se per la Juve le vittorie sono scontate e quasi dovute, per le altre certi traguardi non sono poi mai così sicuri.

La Juventus festeggia il suo settimo scudetto consecutivo all’Olimpico a Roma. L’Italia che non tifa Juventus - diciamo almeno una metà abbondante - sperava stavolta in un finale diverso, ma alla fine ha dovuto accettare un verdetto scontatissimo, atteso. Il solito.

E’ stato l’anno forse in cui la Juventus ha rischiato di più, perché il Napoli sembrava davvero poterle tenere testa: ha avuto gioco, grandi giocatori, fiducia, un pubblico che l’ha spinto e sostenuto fino all’ultimo, un grande allenatore - Maurizio Sarri -  talmente stremato dal confronto con la Juve da rischiare forse di non rimanere e di non potere (e volere) ripetere un’esperienza del genere. Ma è andata come tutti sappiamo, la Juventus ha vinto perché il suo diretto avversario ha perso la pedalata, è crollato in volata. E alla fine di quella grande sfida restano sostanzialmente i veleni a fare notizia. Non è facile accettare un dominio del genere, se ne cerca un’ingiustizia di fondo anche perché questo rende di per sè più accettabile la sconfitta.

La Juventus ha dovuto sudarselo questo scudetto. Le si rinfaccia continuamente il “non gioco” senza pensare che la Juve è una squadra in evoluzione continua e che storicamente - dall’epoca di Trapattoni a quella di Allegri - rappresenta il massimo dell’italianità nel calcio. Per cui lo spettacolo non ce l’ha nel dna, anche se poi può assortire i migliori attaccanti e i migliori talenti in circolazione: Higuain, Dybala, Douglas Costa, Mandzukic, Cuadrado, Bernardeschi. Ne ha talmente tanti la Juve da non poterli far giocare tutti insieme. E’ chiaro che il suo vantaggio sul resto del calcio italiano è soprattutto questo, aver saputo accumulare negli anni tanta ricchezza tecnica. Da far poi pesare al momento di fare i conti.

E’ soprattutto lo scudetto dell’ultima stagione (forse…) di Gigi Buffon. A 40 anni e 17 stagioni in bianconero Gigi è stato ancora il migliore. Ma un calciatore - ammesso che un portiere sia “solo” un calciatore e non qualcosa di più -, soprattutto un grande campione, deve sapersi porre un limite, non trascinarsi oltre, lasciare magnanimamente il posto che del resto lui prese ad altri portieri: Bucci, Nista, Van der Sar, per trovare i predecessori di Buffon bisogna scavare nell’album Panini. E’ arrivato il suo turno, meglio farlo col sorriso e senza drammi.

Massimiliano Allegri ha curiosamente accumulato vittorie e critiche, pur essendo ancora giovane soffre l’evolversi di un calcio teorico e a volte irrealistico. Fare meglio e di più di Antonio Conte non era facile, quasi impossibile se si pensa che fu contestato pesantemente non appena mise piede nel 2014 a Vinovo. In questi anni ha più volte rinnovato la Juve o meglio si è trovato spesso a dover inserire giocatori nuovi che la politica aziendale gli ha messo a disposizione, anche se quasi sempre campioni di grande qualità e alto costo. Ha avuto delle crisi e delle incertezze, certo, ma non sono mai durate più dello spazio di qualche giornata di campionato, così da non compromettere il risultato finale. Non capisco cosa gli si possa chiedere di più e perché il tiro ad Allegri sia diventato un perfido e irriconoscente sport nazionale.

Nel complesso bisogna riconoscere che Agnelli e Marotta hanno saputo dare stabilità a un club che si è rinnovato continuamente proprio per evitarne l’involuzione. Guardate la prima Juve di Antonio Conte e guardate quella del settimo scudetto consecutivo, sono squadre che a parte un certo zoccolo duro ormai ridottissimo  e via via sempre meno utilizzato (da ultimo Marchisio) sono completamente trasformate. E’ stato questo il segreto della continuità, non rimanere mai gli stessi, cercare sempre stimoli nuovi.

Lo dirò abbastanza chiaramente ma senza alcun veleno. Non tutto il merito dei sette scudetti della Juventus sono merito intero della Juventus. Sono merito anche di avversari che non hanno avuto la sua stessa capacità imprenditoriale e soprattutto tecnica. La scomparsa di Milano a questi livelli alla fine ha spianato la strada al club più forte. O queste squadre si attrezzano su tutti i fronti per ridurre il gap o di scudetti consecutivi la Juve arriverà a vincerne dieci.

2018/04/14

Acqua è vita



Bere 2 litri d'acqua al giorno. Ecco una raccomandazione molto comune per mantenersi in salute e garantire il benessere. Sappiamo davvero perché l'idratazione è così importante? In verita', la quantità d'acqua da assumere ogni giorno può variare in base a numerosi fattori, come lo stato di salute, l'attività fisica svolta e il luogo in cui si vive.

L'acqua è una delle componenti principali del nostro corpo e tutto l'organismo dipende proprio dall'oro blu, soprattutto per l'eliminazione delle tossine dagli organi vitali e per il trasporto dei nutrienti verso le cellule. Inoltre, l'acqua è necessaria per mantenere la corretta umidità delle mucose del naso e della gola.

La carenza d'acqua può causare disidratazione, una condizione che non permette al corpo di funzionare regolarmente. Anche uno stato di disidratazione leggero può causare affaticamento e senso di stanchezza.

Di solito quando abbiamo febbre, vomito, diarrea o influenza ci viene consigliato di bere di più per permettere al corpo di reintegrare i liquidi. Anche in caso di infezioni delle vie urinarie potrebbe essere necessario bere di più rispetto alle proprie abitudini. Le donne che allattano potrebbero avere la necessità di bere di più per mantenersi idratate. In alcuni casi, malattie del fegato o dei reni possono richiedere, al contrario, una minore assunzione di acqua.

Non solo semplice acqua. Chi fatica a ricordarsi di bere qualche bicchiere d'acqua in più, forse si sentirà più stimolato ad assumere dei frullati o dei succhi freschi preparati in casa con frutta e verdura. Anche ciò che mangiamo contribuisce alla nostra idratazione. Pensiamo, ad esempio, a cibi ricchi d'acqua come i pomodori, i cetrioli, l'anguria e il melone.

Ecco 10 motivi importanti per bere di più e fare attenzione all'idratazione dell'organismo.

1) Perdere peso

Bere acqua aiuta a regolare lo stimolo dell'appetito e a favorire il senso di sazietà. Bere di più permette di allontanare il senso di fame - soprattutto se si tende a mangiare molto fuori pasto - e a ridurre le porzioni di cibo troppo abbondanti. La disidratazione rende più difficile per il corpo metabolizzare i grassi, per questo chi vuole dimagrire ma tende a non bere molto potrebbe incontrare delle difficoltà nel perdere peso.

2) Stimolare il metabolismo

Bere più acqua aiuta a aiuta a stimolare il metabolismo e a bruciare più calorie. Secondo alcune ricerche, bere mezzo litro d'acqua nel giro di soli 30-40 minuti può incrementare la velocità a cui il nostro organismo brucia le calorie fino al 30%. Bere acqua con regolarità potrebbe essere utile per mantenere il metabolismo attivo nel corso di tutta la giornata.

3) Allenarsi meglio

L'acqua alimenta i muscoli di energia. Ecco perché si consiglia di bere prima di allenarsi o di iniziare un'attività fisica. Cogliere l'occasione degli allenamenti per bere più acqua è un'abitudine benefica dato che può contribuire a ridurre il rischio di crampi, affaticamento e distorsioni. Inoltre, chi suda deve bere di più per compensare la perdita di liquidi. La quantità di acqua da assumere dopo gli allenamenti dipende anche dalla loro durata e dai liquidi dispersi. Imparate ad ascoltare il vostro corpo per regolarvi al meglio.

4) Pelle più bella

Bere 2 litri d'acqua al giorno consente di donare al nostro organismo l'idratazione necessaria. Secondo recenti ricerche, bere acqua aiuta a combattere la pelle secca e consente all'organismo di eliminare meglio le tossine e i batteri accumulati. L'idratazione preventiva migliora l'apparenza della pelle e dona soprattutto al viso un aspetto più giovane.

5) Prevenire il mal di testa

La disidratazione è una delle cause più comuni di mal di testa. Mantenere un apporto regolare di acqua e di liquidi potrebbe dunque contribuire a prevenire molti casi di mal di testa, anche quelli dovuti all'affaticamento. È bene non sottovalutare le esigenze del nostro corpo e andare alla ricerca di quali potrebbero essere le cause del mal di testa per intervenire direttamente su di esse.

6) Migliorare la concentrazione

Basta un bicchiere d'acqua per migliorare la concentrazione. Bere un bicchiere d'acqua prima di affrontare una prova o un compito lavorativo permette al cervello di ricaricarsi e di migliorare le nostre capacità cognitive, rende più concentrati e attenti. Bere un bicchiere d'acqua soddisferebbe le esigenze di idratazione del cervello, spesso sottovalutate. A confermarlo è uno studio condotto dai ricercatori della University of East London e pubblicato sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience.

7) Rafforzare il sistema immunitario

Bere acqua aiuta il nostro organismo a difendersi da raffreddori e malanni stagionali e a prevenire l'accumulo di sali a livello dei reni, che potrebbero causare la formazione di calcoli. L'acqua mantiene la corretta densità del sangue per evitare complicazioni a livello cardiovascolare ed è utile alle ossa per mantenerle in forma e per prevenire l'artrite.

8) Depurarsi e digerire meglio

L'acqua aiuta il nostro organismo ad eliminare le tossine e i materiali di scarto che si accumulano durante le giornate. Ciò si combina all'azione regolare dell'intestino, che ci permette di espellere le sostanze indesiderate. Movimenti intestinali regolari sono fondamentali per una corretta digestione. Bere di più potrebbe aiutare ad alleviare i problemi di stitichezza.

9) Aumentare l'energia

La corretta idratazione permette al nostro organismo di lavorare al massimo delle sue capacità. Un maggior livello di energia permette di avvertire molto meno la sensazione di stanchezza. Sentirsi più energici significa anche mettere al bando la pigrizia. Si crea dunque un effetto a catena e in positivo per cui un semplice bicchiere d'acqua potrebbe farvi sentire più forti e in forma di una tazzina di caffè.

10) Sentirsi più felici

Ecco un effetto dell'idratazione che forse non conoscevate. L'acqua incoraggia il flusso di sostanze nutritive e di ormoni nel nostro organismo. Ciò può permettere un miglior rilascio di endorfine, sostanze legate alla felicità e al buonumore. Il corpo si sentirà meglio e di conseguenza la mente sarà più serena e persino l'aspetto fisico migliorerà.

2018/03/16

Nuove alleanze



A dieci giorni dalle elezioni del 4 marzo fervono le trattative per l’elezione dei presidenti della Camere e per il varo del nuovo governo. Ma la confusione regna sovrana. La suddivisione del Parlamento in tre poli, l’uno contro l’altro armato fino a dieci giorni fa, non agevola la composizione immediata di una maggioranza che possa assicurare un governo stabile e duraturo. Per questo le ipotesi più varie si rincorrono, sorgono e tramontano nell’ambito di 24 ore. Proviamo a fissare alcuni punti cardine per orientarsi in questo super-negoziato verso la formazione dell’esecutivo.

Ipotesi Cinque stelle-Lega

Cominciamo dall’ultima ipotesi sul tavolo, in ordine di tempo: la Lega ha aperto alla possibilità di fare un accordo con il Movimento cinque stelle per il governo. Lo scenario nasce dalla considerazione che Carroccio e grillini sono le due forze politiche uscite vincenti dal voto. L’ipotesi ha dalla sua anche i numeri. I due gruppi contano insieme 351 deputati (316 il quorum della maggioranza) e 170 senatori (158 il quorum, al netto dei senatori a vita). Ai numeri solidi si affiancano però programmi molto dissimili: la Lega punta tutto su abolizione della legge Fornero e flat tax, mentre i Cinque stelle insistono su riforma dell’Irpef per il ceto medio e reddito di cittadinanza. Orientamenti molto diversi anche su giustizia e sicurezza. Anche se il segretario della Lega assicura che metterà sul tavolo il taglio dei vitalizi, cavallo di battaglia dei pentastellati. Oltre alla distanza fra i programmi, c’è da considerare che la Lega fa parte della coalizione di centrodestra nella quale l’alleato Forza ltalia si oppone fermamente all’accordo con i Cinque stelle. Per fare un governo con Di Maio, dunque, Salvini dovrebbe rompere l’alleanza con il resto del centrodestra.

Cosa si può escludere

Sulla base dei seggi in Parlamento si può sicuramente escludere, per insufficienza dei numeri, un governo sostenuto da Pd e Forza Italia. Questo tipo di accordo - che sarebbe stato più facile da raggiungere sul piano programmatico - sconta la mancanza dei numeri in aula. Anche allargando l’ipotesi di accordo all’intero centrosinistra si arriverebbe a Montecitorio a 228 deputati, ancora assai distanti dal traguardo dei 316 seggi necessari per avere la maggioranza. Un governo centrodestra-Pd non può quindi prescindere dall’apporto della Lega e questo torna a complicare l’alleanza sotto il profilo programmatico.

Il ruolo di FI e PD

In questo rebus che apparentemente escluderebbe FI e PD da un ruolo centrale, i due partiti “senza vittoria” hanno comunque delle carte da giocare. Proprio facendo leva sulla “distanza” fra centrodestra e M5S, Silvio Berlusconi spinge sull’ipotesi di un governo centrodestra-PD, con un’alleanza che coinvolga i Dem solo su alcuni punti e che li lasci fuori su altri. Insomma, un governo che non abbia un appoggio organico del PD ma solo esterno. Ipotesi che, al momento, piace a una parte dei Democratici, ma non a tutti. Esattamente come l’ipotesi di un governo M5S-PD: una parte del Nazareno si lascerebbe coinvolgere, un’altra parte no. In conclusione: nonostante il partito di Renzi sia uscito sconfitto dal voto, potrebbe rappresentare un’ancora di salvataggio sia per il centrodestra che per il M5S. Al momento tuttavia, la posizione ufficiale del PD è quella di volersi posizionare all’opposizione avendo chiaramente perso le elezioni.

Il ruolo di Mattarella

In questo scenario di estrema confusione, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sarà chiamato a fare ordine. Dopo l’elezione dei presidenti delle Camere, prevista non prima di dieci-dodici giorni, il capo dello Stato darà il via alle consultazioni, in base alle quali dovrà affidare l’incarico di formare il governo. Quando le consultazioni avranno inizio, il presidente avrà sul tavolo qualche indizio in più rispetto ad oggi. Saprà infatti se, intorno all’elezione dei vertici delle Camere, si sono coagulate delle maggioranze che possano essere in grado di sostenere anche un eventuale governo. E da quelle potrebbe iniziare a comporre il puzzle che porterà al nuovo esecutivo.

La partita dei vertici delle Camere

Intanto la prima vera partita sul tavolo è l’elezione dei presidenti delle Camere. In vista della quale fervono le trattative tra i partiti. Il leader M5S ha rivendicato la presidenza della Camera per il suo partito. Ed ha avviato delle mini-consultazioni con le altre forze politiche, tanto che oggi i futuri capigruppo M5S Danilo Toninelli e Giulia Grillo hanno iniziato a incontrare i leader, a partire da Pietro Grasso per Leu. In questo schema, la presidenza del Senato potrebbe andare a un esponente leghista (si parla ad esempio di Roberto Calderoli). Ma alcuni sostengono l’opportunità di affidare i vertici delle Camere a figure di “garanzia”, mentre altri pensano che gli scranni più alti delle Camere non debbano essere appannaggio dei soli vincitori (ecco allora spuntare il nome di Romani di FI per il Senato). Insomma anche tra Montecitorio e Palazzo Madama la nebbia domina incostrastata a dieci giorni dal voto.

2018/03/10

CHI VINCE E CHI PERDE



Prima di tutto hanno vinto Salvini e Di Maio rappresentando un inedito duetto che – al di là dei giudizi politici – sono indubbiamente la grande novità della politica italiana.

Se notate -  insieme alla Meloni - rappresentano facce giovani mentre sono i “vecchi” a perdere, da Berlusconi alla sinistra di Liberi e Uguali.

Il problema è che adesso, calata la polvere sull’euforia, resta il problema della

governabilità perché una maggioranza si può costruire solo se qualcuno rinuncia a quanto aveva promesso e ribadito anche ad urne appena chiuse.

Gentiloni intanto resta, ringrazia impacciato come un naufrago sopravvissuto su una scialuppa del transatlantico PD finito in fondo al mare e intanto piazza le sue carte nella prospettiva di restare per un bel po’ (vedi le nomine ai vertici dei servizi segreti, non si sa mai…).

Patetico Renzi che annuncia le dimissioni a metà ed è riuscito a distruggere la sua credibilità personale per un ego smisurato riuscendo a perdere più della metà dei voti di 4 anni fa: un bel record.

D'altronde prima del referendum aveva annunciato che in caso di sconfitta avrebbe lasciato la politica. Ha perso e non lo ha fatto, ha perso nuovamente e ora se ne faccia ora una ragione.

Adesso che si fa? Questo caos è frutto – come scrivevo nelle settimane scorse – di una legge elettorale assurda che non serve a nessuno e porta alla tentazione di tornare presto a votare, ma se la legge non cambia più o meno le cose resteranno come ora.

C’è però un grande responsabile che se ne sta zitto nell’ombra e che invece ha precise responsabilità per aver portato a questa situazione di ingovernabilità ed è Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica, quello che in questi anni ha taciuto, taciuto sempre. Perché Mattarella non ha avuto il coraggio di non promulgare una legge elettorale assurda? Perché non l’ha almeno rimandata alle Camere con un proprio messaggio? Glielo avevano chiesto in tanti, non ha avuto la volontà e il coraggio di farlo. Ci riflettano gli italiani.