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2020/03/22

la vita difficile del COVID-19




Quanto sappiamo della sopravvivenza del coronavirus fuori dal corpo?
I virus hanno bisogno di abitare un organismo per sopravvivere e moltiplicarsi. Fuori dal corpo umano il coronavirus è destinato a morire. Ma quanto tempo fosse necessario a debellarlo fino a ieri era ignoto. Si sono fatte stime basate su altri virus, alcune eccessive (si è detto che potesse resistere 9 giorni). Ora è stato condotto il primo esperimento proprio con l’attuale coronavirus. Gli autori sono gli scienziati del laboratorio di virologia del National Institute of Allergy and Infectious Diseases: l’Istituto americano per le malattie infettive. I risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, una rivista scientifica, il 17 marzo.

Quali sono i risultati?
Il virus sopravvive nelle goccioline nell’aria fino a tre ore. Sulle superfici la sua durata dipende molto dal materiale. L’esperimento americano ne ha presi in considerazione quattro: il rame (durata massima di 4 ore), il cartone (durata massima 1 giorno), plastica e acciaio inossidabile (durata massima 3 giorni). Non è chiaro perché il virus trovi una superficie più ostile di un’altra e gli esperimenti sono stati condotti a temperatura e umidità ambiente. Se il clima è freddo e secco, la sopravvivenza tende ad aumentare. Il sole diretto riduce invece la contaminazione di un oggetto. Il tempo in cui la quantità di virus crolla comunque è molto rapida: su tutte le superfici si dimezza in poche ore. La diminuzione più rapida avviene nell’aria, dove la quantità di particelle si dimezza in circa un’ora.

Quali sono i consigli pratici che ne derivano?
Il dato che più richiama alla cautela è quello dell’aria, dove si pensava che il virus si dileguasse in tempi più rapidi (qualche minuto). «Dobbiamo fare attenzione agli ambienti chiusi», avverte Carlo Federico Perno, virologo dell’università di Milano. «La via di trasmissione attraverso il respiro resta molto più importante di quella attraverso gli oggetti. Siamo di fronte a un virus molto efficiente e rapido in termini di propagazione. Se una persona infetta respira per un certo tempo in un ambiente chiuso, l’aria se ne riempirà anche senza bisogno di tosse o starnuti. Sarebbe buona norma aprire spesso le finestre (e la primavera in arrivo aiuta), oltre a evitare luoghi dove il ricambio è scarso, come per esempio gli ascensori». I dati del New England Journal of Medicine sono stati registrati in laboratorio, in condizioni “artificiali” ed è difficile tradurli in consigli dettagliati in termini di metri o di minuti, per le stanze o gli ascensori di ciascuno di noi. «Chi deve restare a lungo in ambienti chiusi, affollati e poco ventilati, dovrebbe indossare la mascherina, che invece è inutile all’aria aperta» suggerisce Perno.

Quali sono i consigli per gli oggetti che tocchiamo?
«La via respiratoria resta in assoluto la più pericolosa per il contagio», non si stanca di ribadire Perno. Toccare una superficie contaminata e poi portare le mani al viso è una possibile via di contagio. «Ma la consideriamo meno frequente» conferma Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia. Il fatto che il virus sopravviva su un oggetto fino a tre giorni, poi, non vuol dire che l’oggetto sia contagioso per tre giorni. Alla fine, la quantità di virus che resta è fra mille e diecimila volte inferiore a quella iniziale: insufficiente per infettare. Per sapere dopo quanto tempo un oggetto smette di essere contagioso dovremmo conoscere la quantità di virus che vi era stata depositata all’inizio e la quantità di virus necessaria a far ammalare un individuo: variabili che restano ignote. «Questo virus ha pochissimi mesi di vita, molti dati semplicemente non li abbiamo mai misurati» fa notare Maga. «Il consiglio per evitare la contaminazione dagli oggetti - conferma Patrizia Laurenti, professoressa di Igiene all’università Cattolica di Roma e al Policlinico Gemelli - resta quello di lavarsi le mani».

Frutta e verdura cruda possono essere contagiose?
Il coronavirus si trasmette dalle vie respiratorie. Ma per precauzione, viste le incertezze cui siamo di fronte, può avere senso fare attenzione ai cibi crudi. «Lavare l’insalata tre volte, lasciandola a bagno alcuni minuti è sufficiente a eliminare i virus, che nell’acqua trovano un ambiente ostile», consiglia Maga. Dove si mangia e cucina, è utile tenere le superfici pulite, prima ancora che disinfettate. «Negli ambienti sporchi i microbi si nascondono meglio. I disinfettanti potrebbero non raggiungerli» dice Laurenti. Facendo la spesa, si rischia di toccare oggetti contaminati (in Cina nella fase più acuta si misero in quarantena perfino le banconote). Per evitare rischi, resta il consiglio di non toccarsi il viso e lavarsi le mani appena possibile.

fonte: Repubblica

2020/03/17

Bye Bye Europe!



Nulla sarà più come prima. Sono bastati due giorni per sfaldare due istituzioni. L’Europa di fatto non c’è più. Le dichiarazioni della Lagarde, che alla guida della BCE ha scatenato il più pesante domino negativo della finanza internazionale, ma soprattutto italiana degli ultimi 80 anni, ne hanno segnato la fine.

I crolli in Borsa stanno esponendo a rischi sempre più forti le aziende del nostro Paese.

Provate dal Coronavirus, distrutte dalla finanza. Hanno perso capitalizzazioni importanti e rischiano di essere acquisite con maggior facilità. Non dimentichiamo la storia.

Con la Lagarde alla guida del Fondo Monetario Internazionale la Grecia è stata fatta a pezzi e svenduta soprattutto ad aziende tedesche.

Che si voglia fare la stessa cosa con l’Italia?Approfittare del momento di difficoltà, approfittare del fatto che il Paese non abbia risorse ma solo debiti per fare dell’Italia ciò che è stato fatto della Grecia? Ma l’Italia non è la Grecia. L’Italia ha risorse economiche private e risorse imprenditoriali capaci di dare risposte forti, in ogni settore.

Questa Pandemia sta creando sempre più distanza dove non c’era prima e sta creando spaccature sempre più profonde lì dove distanza c’era già. La sta creando tra le persone, la sta creando tra le nazioni.

E con la Germania vicinanza non c’è mai stata. La Germania appunto. Se l’Europa non ci sarà più sarà anche per l’atteggiamento d’ostruzione da parte della Germania nel congelare all’interno dei suoi confini le mascherine necessarie soprattutto ai medici che lottano in corsia, nei centri di terapia intensiva, contro una malattia di cui non conoscono la cura, contro una malattia che sta minando la salute ed uccidendo tanti operatori del settore.

Come si fa ad accettare tutto questo? Sembra un episodio marginale, ma non lo è. L’Italia è stata presa d’assalto da un nemico invisibile di natura virale, l’Italia è stata invasa e nessuno, ancor meno tedeschi e francesi, si sono posti il problema di supportarla contro un nemico che ora è entrato anche nelle loro case, nelle loro famiglie, nei loro ospedali.

L’Europa non c’è più. O non c’è mai stata. L’Europa che ha fatto di tutto per salvare le banche, soprattutto quelle tedesche, francesi, spagnole, portoghesi, irlandesi, olandesi, inglesi e scandinave e che invece ha preteso massima austerità e rigore quando è stato il momento di far saltare le banche di casa nostra.

Il Bail-in, in Italia, è stato applicato ancor prima che entrasse realmente in vigore. Quanti miliardi di risparmi hanno preso il volo con i fallimenti di Banca Popolare dell’Etruria, Carichieti, Cariferrara, BancaMarche, Popolare di Vicenza e VenetoBanca? Quante pressioni sono state fatte contro Carige, MontePaschi e Popolare di Bari?

Ed invece cosa succede ai colossi bancari tedeschi dai piedi d’argilla? Basta con quest’Europa. Un’ Europa che ha messo sul piatto dei salvataggi bancari e dell’Euro la somma straordinaria di 3600 miliardi, si avete capito bene tremilaseicento miliardi e che in pratica, non ha messo nulla sul piatto molto più importante dettato dall’urgenza di salvare migliaia di vite oltre che l’economia di un intero Paese.

Come si fa a pensare che l’Europa dopo tutto questo ci possa ancora essere? C’è voluto l’intervento-toppa di Ursula Von Der Leyen a ridare un pizzico di fiducia ai mercati, dopo la sciagurata conferenza stampa di Christine Lagarde che aveva annunciato di non essere in grado di poter entrare negli affari che riguardano lo spread dei singoli Paesi. Perfino Mattarella si è sentito in dovere di richiamare l’Unione Europea ai suoi valori di solidarietà.

Ma finora si sono sentite solo parole, inutili parole, futili parole. Servono respiratori, letti, mascherine, guanti, anti-contaminazione, basta con le parole. L’Europa non c’è più. L’Europa dell’austerity tedesca, la stessa austerity che ha portato i tagli alla sanità italiana e che ora è costretta a combattere una guerra sempre più difficile da sostenere.

L’Europa non c’è più. Ma non c’è più il governo italiano. Ieri è stato esautorato dalla decisione di Fontana di prendere con se Bertolaso.

2020/03/16

La psicanalisi ai tempi del Coronavirus



Ecco una storia su cui ragionare. Abbiamo un sogno, il sogno di una paziente della dottoressa von Franz, che in queste notti sta facendo più o meno l’intera umanità. Marie-Louise von Franz (1915-1988) era una psicanalista svizzera , allieva di Jung con cui lavorò oltre vent’anni. Studiò le fiabe, le visioni e, più di ogni altra cosa, i sogni. Tra i tanti che racconta c’è questo, fatto da una donna considerata terminale, a cui i medici avevano tuttavia garantito: “Andrà tutto bene”. 

La donna sognò che il suo orologio si era fermato. Lei l’aveva portato dall’orologiaio, ma lui l’aveva osservato e gliel’aveva restituito scuotendo la testa e dicendole che non poteva più essere riparato. Prima ancora che la dottoressa von Franz potesse interpretare il sogno, fu la paziente a farlo: “Parla chiaramente dell’esito della mia malattia”. 

La dottoressa la ascoltò in silenzio, senza contraddirla. 

Ha raccontato questa storia quindici anni più tardi, intervistata per un documentario trasmesso da una tv canadese. 
Alla fine ha aggiunto: “Quella donna è ancora viva. Incredibile. La mia spiegazione è che il sogno della fine abbia provocato uno choc alla sua mente, le abbia fatto affrontare il problema, causato una reazione, l’abbia salvata”. 

O forse avevano ragione i medici. Tra orologiai disperati e dottori compassionevoli, o viceversa, a noi tocca svegliarci, reagire e poi raccontarlo fra quindici anni.

2020/02/27

Italian Coronavirus


Contrariamente al titolo inglesizzante, il testo è in italiano. 

Questo articolo è tratto da uno scritto del Dottor Marco de Nardin pubblicato da Med4.Care il cui link lo trovate sotto.
L'articolo dipinge a chiare linee la situazione italiana e i reali motivi perché il virus Covid19 abbia trovato terreno fertile nelle nostre genti e terre.
Una volta di più va chiarito che chi ci governa deve essere consapevole di quello che fa e non improvvisare, il Coronavirus uccide!

I miei colleghi medici ed io, in queste ore, ci siamo posti delle domande riguardo alla situazione attuale dell’epidemia di Coronavirus.
Come mai nel giro di 24 ore in Italia il contagio assume proporzioni enormi, mentre fino a ieri eravamo tutti sereni e pacifici?
E come mai solo l’Italia, tra le varie nazioni europee, ha registrato un numero enorme di casi di Coronavirus in confronto a tutti gli altri?
Perché non si riesce a trovare il paziente zero?

Cerchiamo di capirne di più partendo dalla seconda domanda.

Come mai solo l’Italia, tra le varie nazioni europee, ha registrato un numero enorme di casi di Coronavirus in confronto a tutti gli altri?

Teniamo conto che in Italia, almeno sulla carta, sono state messe in atto almeno le medesime iniziative che in tutti gli altri paesi europei, se non maggiori. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte le ha ricordate nella conferenza stampa di ieri sera:
per primi abbiamo bloccato i voli diretti dalla Cina,
per primi abbiamo fatto scattare lo stato di emergenza,
per primi abbiamo instaurato sistemi di controllo.

Tuttavia c’è anche da ricordare che molte di queste iniziative sono state attuate in modo “naif” per dire poco. Vediamo ora perché.

Il blocco dei voli

Sono stati bloccati solo i voli diretti. E già così è stata polemica. La Cina si è addirittura lamentata ufficialmente con i propri canali diplomatici per la “discriminazione” e le manovre eccessive messe in atto. Siamo riusciti a fare irritare la Cina senza ottenere il risultato sperato: i cinesi e gli italiani dalla Cina hanno continuato a rientrare indisturbati facendo scalo dappertutto, evitando di prendere i voli diretti. Non è stato fatto un controllo sul volo di PARTENZA della persona, ma solo sull’ultimo volo preso. È ovvio che sono entrate indisturbate nel nostro paese tantissime persone. Solo adesso Ricciardi (OMS) dichiara: “Abbiamo sbagliato a non far fare la quarantena a tutti coloro che rientravano dalla Cina”.

Lo stato di emergenza

Siamo stati anche i primi a dichiarare lo stato di emergenza “all’italiana”: ovvero dichiarare di essere pronti, e non fare niente per esserlo nei fatti. Negli ospedali non sono arrivate tutine, maschere, protocolli. Hanno iniziato ad arrivare in data 21/2/2020, e non ho paura di essere smentito dato che negli ospedali ci lavoro. Quindi, anche qualora avessimo “scoperto” i casi con anticipo, ci saremmo infettati tutti comunque, senza le migliori protezioni possibili. Un esempio su tutti: i siti italiani ufficiali non riportano nemmeno i dati in tempo reale. Dobbiamo saperli da altri siti stranieri che fanno le pulci a tutto quello che succede in italia: https://www.worldometers.info/coronavirus/.

I sistemi di controllo

Mettere la Croce Rossa e la Protezione Civile a misurare la temperatura delle persone negli aeroporti è stata una trovata folkloristica ma totalmente inefficace: lo avevamo affermato molto tempo fa, inascoltati come tutti i medici sul campo, il Professor Burioni in testa a tutti. Ma, come ben sappiamo, in Italia chi decide non è mai chi sa. Così, nonostante fossimo stati informati che il periodo di incubazione è molto lungo e che il virus si poteva diffondere asintomatico in soggetti totalmente ignari di essere “untori”, abbiamo coltivato l’illusione che le misure adottate ci potessero proteggere, in qualche modo compiaciuti di non fare la fine dei cinesi. Ma i cinesi, signori, se si muovono, hanno sempre un buon motivo!

E infatti, lentamente e in modo strisciante, il contagio si è diffuso in modo asintomatico nella popolazione, dato che occorrono 10 giorni in media perché una persona presenti i sintomi. E molti italiani si sono infettati a partir da tutti coloro che sono rientrati dalla Cina, molti dei quali probabilmente non sanno di avere il virus e forse sono anche già guariti, visto che nell’80% dei casi il virus è asintomatico dall’inizio alla fine del proprio ciclo.

La definizione di “caso sospetto”

E mentre noi eravamo felici che non ci fossero più casi “sospetti”, perché non c’erano più persone sintomatiche, né provenienti dalla Cina (dal momento che dalla Cina non ritornava più nessuno ormai), né positive al test, il contagio passava tra le persone ignare di tutto.

Quando poi qualcuno ha fatto dei test a qualche polmonite di troppo è scoppiata la bolla e abbiamo cominciato a fare il test a tappeto, impauriti. Perché, a questo punto, “chi cerca trova”. E così, cercando “a caso”, si trovano tanti infetti semplicemente perché in Europa siamo pieni di infezione. In Italia più che altrove perché abbiamo più turisti cinesi che erano in giro per il nostro Paese. Ma non pensiamo di essere l’unica nazione ad avere tutti questi casi: semplicemente ci siamo messi a cercare e li stiamo trovando. Perchè oggi stiamo cominciando a cercare il virus in tutti coloro che sviluppano segni di polmonite e non soltanto in coloro che hanno avuto contatti con la Cina. Ricordiamoci che attualmente i paesi con più casi sono Italia, Giappone e Corea che come è noto sono quelli che hanno i migliori sistemi sanitari al mondo in termini di prevenzione.

Ci auguriamo solo che i casi siano talmente tanti da significare che la mortalità sia anche molto meno di quel 2% (20 volte l’influenza), e non qualcosa in più.







By: Marco De Nardin|Published on: Feb 23, 2020

2020/02/18

Greta chi? Nessuna prova scientifica del riscaldamento globale.



Il mio amico Franco Battaglia scrive:

Un caro amico ingegnere col quale di tanto in tanto scambiamo quattro chiacchiere al bar, m’ha così lucidamente espresso alcune sue riflessioni sulla questione del clima che, almeno all’osso, val la pena qui riportarle. La scienza, osserva Giuliano (il nome dell’amico ingegnere, un fuoriclasse dal Politecnico di Milano), è fatta di errori che sono ammessi, ma la scienza punisce chi mente.

La strada degli scienziati, anche dei più grandi, è lastricata di sbagli e cantonate. In effetti chi per mestiere fa lo scienziato sa bene quanto una clamorosa cantonata possa assomigliare a un’intuizione geniale. Ma il cuore del metodo galileiano è la verifica sperimentale, che dà agli scienziati la straordinaria libertà di concedersi a ipotesi quanto mai azzardate, ma con la consapevolezza di poterle sottoporre a controllo. Nel caso del riscaldamento globale, della sua origine antropica non esiste alcuna verifica sperimentale, né prova alcuna che possa avvalersi della qualifica “scientifico”. Anzi esistono prove fattuali incontestabili che la contraddicono.

La congettura che addebita all’uomo il riscaldamento globale appartiene così ad una realtà virtuale che è ben diversa dalla realtà reale, ben rappresenta dalle parole della nostra cara Greta seguite a quel famoso “ci avete rubato il futuro”, e cioè: «non avete fatto niente in 25 anni». Greta ha così sancito il de profundis della COP-25 di Madrid.

In sostanza, la realtà virtuale va da una parte, con tante, tantissime chiacchiere, proclami, annunci, promesse, una copertura mediatica molto ampia ed una propaganda ossessiva. Il tutto per produrre poco o nulla in termini concreti (da cui il lamento di Greta), mentre la realtà reale va da tutt’altra parte. Paesi come Stati Uniti, Canada, Brasile, India, Cina (che ora ha sicuramente altre priorità), Australia, hanno contribuito al fallimento del Trattato di Parigi e al flop della COP-25. Ma anche in Europa, che si dichiara la parte “virtuosa”, non si è fatto niente, come osserva la piccola innocente. Persino i Paesi che si dichiarano pronti a finanziare il Green New Deal, pongono severi limite agli investimenti cosiddetti verdi.

Alla fine della fiera, quel 97% degli scienziati che secondo quella certa statistica farlocca  che piace tanto ai gonzi – ha ricevuto da Madrid una bastonata nelle parti basse che ricorderanno a lungo, e che li ha trasformati in eunuchi impotenti.

Potremmo anche concludere che – come s’usava poco appropriatamente dire per la filosofia – la climatologia dei suddetti eunuchi è una disciplina – ma ora molto appropriatamente – con la quale o senza la quale il mondo rimane tale e quale.


Franco Battaglia, 15 febbraio 2020

Non è un complotto?


"Siete voi giornalisti che volete darmi un ruolo in questa storia, io sono soltanto l'avvocato di Pjotr Pavlenskij". Nel grande appartamento a due passi da Saint-Germain-des-Près, il giovane avvocato Juan Branco ci guarda di sbieco, ha il torcicollo. "Un falso movimento", spiega. Volto d'angelo, e modi feroci, almeno quando si tratta di attaccare Emmanuel Macron. Non stupisce che il legale trentenne si ritrovi nell'intrigo che ha sconvolto la politica francese, con il primo caso di revenge porn scagliato contro il candidato macronista Benjamin Griveaux. 

Il suo Crepuscule, pamphlet contro il presidente dai toni complottisti e rivoluzionari, ha venduto 130mila copie. E il ragazzo borghese nato a Malaga, figlio di un noto produttore di cinema, diplomato nelle migliori scuole, è diventato il nemico dell'élite parigina alla quale appartiene. Tra Branco e Griveaux c'è una lunga storia di astio. Un capitolo al vetriolo dell'avvocato di Pavlenskij, che in passato ha fatto parte del team legale di Julian Assange, è dedicato all'ormai ex candidato sindaco di Parigi. "Per me è uno dei simboli peggiori della decadenza della République", ripete. 

Branco ricorda con un sorriso quando, un anno fa, ha accompagnato un gruppo di gilet gialli che hanno sfondato con un carrello elevatore il portone del ministero occupato da Griveaux. Il macronista è dovuto fuggire scortato da un'uscita laterale. "È stato un momento bellissimo", aggiunge Branco. 

Ora che il suo cliente ha fatto cadere Griveaux, trascinato nel fango della Rete con la pubblicazione dei video in cui si masturba, è soddisfatto? "Come cittadino sì, sono contento", dice. "Non posso esprimermi di più, ho il dovere di proteggere Pjotr". Sono in molti a pensare che l'artista russo e la sua compagna, la studentessa Alexandra de Taddeo, non siano altro che esecutori di un piano orchestrato da altri. "Non è così", ripete l'avvocato consultato più volte nelle ultime settimane dalla coppia. "Mi avevano parlato di una clamorosa azione, pensavo a una performance nello stile di quelle già fatte di Pavlenskij". 

L'artista russo che si è cucito la bocca e inchiodato lo scroto sulla Piazza Rossa aveva deciso di cambiare registro. Andando a colpire le elezioni nella capitale previste tra meno di un mese. L'oppositore politico del regime di Putin, che ha ottenuto asilo politico in Francia, si è messo a usare dossier compromettenti per distruggere politici francesi. Strano, no? "Ma quale complotto russo, sono sciocchezze", risponde Branco. "Pavlenskij non è manipolato". Ieri si è scoperto che è stata Taddeo ad adescare Griveaux sui social. Perché ha conservato quei video hard? "Ma non era una trappola", prosegue l'avvocato che fa capire che ci sono altri materiali osé raccolti dalla ragazza nella primavera 2018 quando era in corso la relazione con Griveaux. 

Branco racconta di aver conosciuto Pavlenskij e Taddeo due mesi fa, durante una conferenza alla Sorbona. È lei, che ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza, ad aver invitato l'autore di Crepuscule. "Mi ha contattato su Facebook, si è presentata come la compagna di Pavlenskij", spiega a proposito della giovane di 29 anni che parla russo e ha dedicato la sua tesi al ruolo di Mosca nell'Artico. Lo strano trio comincia a frequentarsi. Branco invita la coppia al Capodanno nella casa della sua ragazza sopra al Café Flore. La festa termina in rissa, alcuni ospiti sono feriti con un coltello da Pavlenskij che si dilegua. "Era stato aggredito e si è difeso", dice. 

Secondo la versione di Branco, la coppia gli mostra i video di Griveaux 10 giorni fa. E lui si limita ad avvertirli dei rischi penali. "Ma Pjotr era molto determinato, non voleva nascondersi. Avevo l'impressione di avere davanti a me Julian", spiega facendo allusione al fondatore di Wikileaks. Da quando Pavlenskij è in stato di fermo, l'avvocato non ha potuto ancora incontrarlo. La procura si è opposta alla sua nomina ma Branco ha fatto ricorso. "È un fatto inedito e gravissimo". Anche se non indossa più il gilet giallo come l'anno scorso, continua a sognare la rivoluzione. 




2020/02/10

Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza


«Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza.»
(Lucio Anneo Seneca - "Lettere a Lucillo")

L’epidemia causata dal Coronavirus di nuova generazione, dopo aver scatenato una psicosi che ha pochi precedenti, ha raggiunto, ormai, un nuovo livello: quello politico. Scambi di stoccate, alcune eleganti altre più dirette. 

Particolarmente ferma la posizione del direttore dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha sottolineato come all’interno del tentativo di fermare la diffusione del virus non ci sia bisogno di misure che “interferiscano senza necessità con i viaggi internazionali e il commercio”, dichiarazione rilasciata ai più importanti organi di comunicazione mondiali. 

Il conteggio delle vittime ha superato i 900 (con oltre 2000 persone guarite e una prima stima di mortalità al 2 per cento), concentrate sempre nella provincia di Hubei. Gli sforzi del governo cinese per arrestare la malattia proseguono e acquistano un tono particolarmente forte le proteste del ministro degli esteri Hua Chunying, che ha accusato gli Stati Uniti, nazione nella quale i contagi sono 11, di aver, anziché aiutato la Cina e nonostante le dichiarazioni pubbliche del presidente Donald Trump, “incessantemente fabbricato e diffuso il panico, imposto restrizioni eccessive contrarie alle raccomandazioni dell’OMS“. 

C'è da aggiungere che anche all'Italia sono state mosse accuse similari, il che disorienta perché al momento l'attenzione dovrebbe essere focalizzata sulle misure da prendere per evitare una pandemia e non su questioni meramente politiche. Ogni paese difende, come è giusto, i propri confini. 

Già all’inizio della crisi, gli analisti avevano identificato il rischio che la malattia potesse servire da pretesto per scontri politici ed economici fra le due superpotenze, e attribuito proprio a questo timore, unito a quello di una perdita di popolarità, l’azione molto rapida, se paragonata al precedente episodio della Sars, del governo cinese. nCov 2019, si è detto, ha una mortalità stimata attualmente fra il 2 e il 2,5 per cento; inferiore a quella della Sars e della Mers, che sono della stessa famiglia. 

Quali sono, nel mondo, i virus più letali? 
Tralasciando i virus purtroppo e tristemente ben noti "Ebola" comprese le variazioni del nome (che ha una mortalità fra il 70 e il 90 per cento e che ha mietuto oltre 11mila vittime in Africa), il Marburg (mortalità fino all’80 per cento) e il Dengue (fino al 20 per cento se non trattato), esistono altri nemici che sono in grado di colpire in modo molto più letale di quanto ha fatto finora il Coronavirus e di uccidere senza pietà. 

Alcuni di essi sono stati messi all’angolo e sconfitti solo grazie ai vaccini; e, se dovessimo smettere di utilizzarli, vincerebbero, come vinceva un tempo il vaiolo (33 per cento di mortalità), dal quale ora la vaccinazione ci protegge.

La rabbia, portata dagli animali (potenzialmente anche quelli domestici) e tenuta alla larga dalle nostre case dai vaccini, colpisce il cervello e il sistema nervoso, gradualmente ma inesorabilmente. Il principale veicolo della rabbia sono i cani, e ha una mortalità del 100 per cento dei casi non trattati. Le morti, ogni anno, in tutto il mondo, sono 55mila;

l’HIV e quindi l’AIDS, che non è affatto scomparso, arriva dalle scimmie ed è un’assassino senza scrupoli. Il numero stimato di persone morte a causa dell’HIV dalla sua scoperta, negli anni Ottanta, è di 36 milioni di persone (770mila nel solo 2018). La mortalità è circa del 33 per cento;

l’HPS o Hantavirus, una sindrome polmonare, anch’essa proveniente da animali selvatici come il Coronavirus, ha colpito negli Stati Uniti fra i primi anni Novanta e il Duemila circa 600 persone, con una mortalità del 36 per cento. Casi precedenti si erano verificati negli anni Cinquanta, fra le truppe americane in Corea, con una mortalità del 12 per cento. La malattia viene trasmessa attraverso le feci dei topi;

il Rotavirus, che viene ora aggredito grazie alla diffusione dei vaccini, proviene dalle feci umane e uccide attraverso diarrea e disidratazione. È responsabile della morte di 440mila bambini sotto ai cinque anni, ogni anno;

l’influenza. Uccide, ogni anno, mediamente 500mila persone. La mortalità dell’influenza è variabile, perché cambia ogni anno; nella storia la peggior epidemia d’influenza è, come si sa, la Spagnola del 1918, che complici le condizioni successive alla Prima Guerra Mondiale dopo aver contagiato il 40 per cento della popolazione mondiale uccise 50 milioni di persone.

Secondo i virologi, una possibilità di una nuova pandemia da influenza simile alla Spagnola è possibile ogni anno, anno dopo anno: l’unica possibile protezione, non totale, è lo sviluppo immediato del vaccino.

La Speranza
La speranza è come una piccola rosa sbocciata tra i sassi, ma illuminata da un sole radioso. Speriamo che tutto finisca e ricominci la vita.

2020/02/06

Il capitalismo non è più borghese!

La doppia faccia del Capitalismo


Vi toglieranno tutto. Anche l’anima!
Il capitalismo non è più borghese, col quale ciascuno poteva trattare. Fino agli Anni Novanta lo guardavi in faccia, sapevi con chi avevi a che fare. Era un capitalismo umano e tutti potevano ambire, attraverso il lavoro, a detenere le leve del capitale urbano (il cosiddetto ceto-medio).

Oggi il capitale è cosmopolita, senza volto. Non è più possibile trattare con chi lo detiene soprattutto per due motivi: 1) viaggia troppo velocemente ed è sovranazionale, quindi dei tuoi diritti non gliene frega nulla perché sono di ostacolo al contenimento dei prezzi, quindi alla competitività del servizio o del prodotto all’interno di un sistema globalizzato; 2) la deindustrializzazione (avvenuta per fare gli interessi stranieri) ha reso l’Italia un Paese di servizi, cioè con preminenza del settore terziario su quello industriale e agricolo. La maggior parte dei servizi sono ormai nelle mani di grosse multinazionali (capitalismo apolide e transnazionale) con le quali il capitalismo borghese – ammesso che esista ancora – non può più competere, quindi è evidente che i tuoi diritti fondamentali cedano il passo alle ambizioni di profitto senza freni.

A coadiuvare questo sistema le folli regole di bilancio della Ue (che costringono gli Stati a consegnare al capitale apolide i servizi che loro non possono più garantire a causa dei vincoli di bilancio) e il regime dei cambi fissi (l’euro), che scarica il peso della competitività su lavoro, salari e diritti. In tutto questo, la politica avrebbe dovuto fare da diga contro il dilagare degli indicibili scopi del capitale sovranazionale, soprattutto per tutelare i diritti fondamentali come lavoro, salari e salute. E invece ha abdicato, rendendosi la migliore alleata del capitale e il peggior nemico del popolo.

Ovviamente di tutto ciò non avete capito nulla, o peggio ancora vi rifiutate di capire, e continuate a strillare contro l’inesistente e aleatorio pericolo fascista oppure contro gli inconsistenti fantasmi del razzismo, puntando il dito – e la rabbia – verso questioni superflue o problemi del tutto secondari.

Mentre perdete il vostro tempo ad abbaiare contro il sovranismo (che del resto è una dottrina politica di pace per il ripristino della preminenza degli Stati nazionali sulle antidemocratiche strutture sovranazionali), il capitale transnazionale vi divorerà la dignità.

Vi toglieranno tutto. Anche l’anima.
Di Giuseppe Palma per https://scenarieconomici.it/

2020/01/09

In memoria di un bambino



Mentre il personale tecnico dell'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi stava facendo una ricognizione di routine sull'aereo di linea della Airfrance partito martedì sera da Abidijan in Costa d'Avorio e atterrato a Parigi alle sei di mattina di mercoledì, ha notato qualcosa di anomalo nel vano del carrello. Avvicinandosi, comprende che c'era qualcuno, immobile: era un cadavere, un piccolo cadavere.

Le comunicazioni che citano fonti della polizia francese parlano di un immigrato: "di una decina di anni". Scritto proprio cosi "d'une dizaine d'annees". La Air France invece conferma ufficialmente la morte di un "clandestino". Sembrano le parole scelte per via di una sorta di accortezza per non turbare il lettore, una specie di buon educazione per preservare dal dolore, invece é solo un orrida astuzia per gestirne il drammatico impatto mediatico, non si pronuncia la parola bambino.

È un bambino ad essere morto. Provate a immaginarvi voi stessi a dieci, dodici anni chi eravate, come eravate. Provate ad avere a tiro di sguardo un bambino di questa età ma fatelo ora in questo istante, fissatelo. Provate a pronunciare nella vostra testa che ha una dozzina d'anni e provate a descriverlo cittadino o clandestino a seconda dei documenti che presumibilmente possiede. Ora provate a misurare il disgusto che sentite per questa metrica di descrizione che avete appena usato.

Mentre scrivo ancora non si conosce il nome ne l'età precisa di questo bambino ivoriano, é facile però immaginarselo nascosto mentre scorge nella radura che circonda l'aeroporto Félix-Houphouët-Boigny di Abidijan in Costa d'Avorio, l'aereo parcheggiato in mezzo al nulla come spesso accade nelle piste africane cosi distanti dall'agglomerato di cemento presidiato. È semplice immaginarlo che corre nell'istante in cui ha intuito di non esser visto, ed è stato cosi veloce e cosi attento nel trovare il momento adatto che quando si è arrampicato sulle enormi gomme dell'aereo e poi con la sola forza delle braccia si è aggrappato al telaio rannicchiandosi nel vano del carrello, davvero nessuno si è accorto di nulla.

Ha sperato cosi di aver trovato il posto giusto per arrivare in Europa, farcela ad avere la sua possibilità di vita. Difficile capire se aveva avvertito qualcuno, se ne aveva parlato con sua madre, se era solo in quella radura o se altri non hanno avuto la sua temerarietà, la sua velocità di corsa e di slancio. Quello che sappiamo di certo é che gli alloggiamenti dei carrelli di atterraggio non sono né riscaldati né pressurizzati. Le temperature scendono a oltre -50°C tra i 9.000 e i 10.000 metri, l'altitudine alla quale volano gli aerei di linea.

Sapete cosa succede quando si é a 4mila metri? È come respirare in una busta di patatine, a 5mila inizi a non riuscire bene a muoverti, a 8 mila come dicono gli alpinisti é come correre su un tapis roulant al massimo e "respirare solo tramite una cannuccia". Poi arriva un ictus e il cuore si spacca. Oltre i 42 gradi sotto zero il corpo non riesce più a termoregolarsi così cerca di scaricare tutto il suo calore, arrivano febbre, sudorazione poi convulsioni, svenimento. Queste descrizioni non sono una fenomenologia dell'orrore ma solo un tentativo di dare prova di quello che un bambino ha provato pagando il suo sogno di volare via in Europa.

Se provassi a descriverne il terrore che deve averlo attanagliato al buio, al gelo estremo mentre spariva l'ossigeno, mentre le orecchie gli sanguinavano per la pressione verrei descritto come un buonista, un molle, un finto tenero speculatore che vuole far politica sul dolore di un bambino. In questo cinismo non annegava l'anima di questo bambino. Il sogno di volare, di volare non visti e di arrivare in Europa riempie il cuore di un bambino più di qualsiasi analisi delle possibilità reali di successo e della valutazione dei pericoli.

Volare via, trovare uno spazio di vita nuovo già immaginarsi dopo poche ore di volo di chiamare a casa dicendo che ce l'hai fatta, queste sono fantasie che riescono ad obliare ogni istinto di prudenza, a dissolvere persino la paura. Così era accaduto anche a Yahuine Koita e Fode Tounkara: avevano 14 e 15 anni quando si nascosero il 29 Luglio del 1999 in un carrello di un aereo partito da Conakry in Guinea e diretto a Bruxelles. Morirono assiderati, ma il mondo si accorse di questi due bambini perché portavano una lettera scritta a mano all'Europa

"...Signori membri e responsabili dell'Europa, è alla vostra solidarietà e alla vostra gentilezza che noi gridiamo aiuto in Africa. Aiutateci, soffriamo enormemente in Africa, aiutateci, abbiamo dei problemi e i bambini non hanno diritti...in Guinea, abbiamo molte scuole ma una grande mancanza di istruzione e d'insegnamento, salvo nelle scuole private dove si può avere una buona istruzione e un buon insegnamento, ma ci vogliono molti soldi, e i nostri genitori sono poveri, in media ci danno da mangiare. E poi non abbiamo scuole di sport come il calcio, il basket, il tennis, eccetera. Dunque in questo caso noi africani, e soprattutto noi bambini e giovani africani, vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l'Africa perché progredisca..."

L'attenzione e la commozione dilagò sui media, ma nessuna politica cambiò da allora. Continuarono i tentativi di volare nascondendosi nel vano carrelli. Nel 2013 il corpo di un ragazzo sedicenne era stato trovato assiderato nel vano carrello di un aereo proveniente dal Camerun. Nel luglio del 2019 mentre un tranquillo londinese se ne stava in giardino nel quartiere di Clapham proprio dove gli aerei fanno manovra per atterrare a Heatrow ha come avuto la sensazione di un improvvisa esplosione.

Non era una bomba caduta dal cielo ma un cadavere. Su un volo Nairobi Londra della Kenyan Airways un ragazzo si era nascosto precipitando all'apertura del carrello. Negli ultimi dieci anni in Uk era già accaduto altre due volte. Il 60% della popolazione africana è sotto i 25 anni e il 40% ha meno di 15 anni. È il continente più giovane del pianeta. L'Occidente ormai senza giovani, non riesce più a comprendere le dinamiche che portano i giovani africani ad andare via a qualsiasi costo.

Spesso la vergogna più grande in Africa non è non riuscire a raggiungere un salario, a mantenere la propria famiglia, a sposarsi, ma oggi la vergogna più grande é non provare a scappare. La cancrena generata dalla politica populista risiede tutta nell'aver costretto uno dei temi più complessi del nostro tempo, l'Africa e le politiche migratorie, ad una gabbia interpretativa banalissima e ideologica. Il dibattito politico ridotto a slogan talmente meschini da aver impedito a tutti, anche a coloro che provano a smontarli, ad allontanarsi dall'approfondimento su ciò che realmente sta accadendo in Africa e su ciò che porta un intera generazione ad avere un unico obiettivo: scappare per non tornare.

Eppure non doveva andare così, le cose non sono sempre andate così. L'Africa dal 2012 é piena di tentativi politici di mutare il tragico destino a cui sembrava condannata, impedire di essere terra di saccheggio ed impedire che la classe politica corrotta scarichi ogni responsabilità solo sull'Occidente come alibi sempre utile.

Quando il movimento Y'en a Marre (Non se ne può più) senegalese aveva fatto cadere il presidente Wade oppure il Balai Citoyen del Burkina Faso che costrinse alle dimissioni Blaise Compaoré, quando Lucha in Congo, ed En Aucun in Madagascar, e anche Jeune et Fort in Camerun, e ancora Wake Up in Madagascar e Sindimujia (non sono schiavo) del Burundi, parlavano di lotta alla corruzione, di democrazia e partecipazione civile, di mettere fine ai presidenti a vita, di boicottare le politica contro le migrazioni europee, di mettere al centro la donna, di combattere le monoculture, di difendere l'ambiente.

Insomma quando questa Africa civile ha iniziato ad organizzarsi, l'Europa l'ha temuta. Spaventata dal non poter più controllare, sclerotizzata dai vecchi accordi per tutelare l'estrazione mineraria, le piantagioni, ricattata dalle imprese che non si fidavano dei nuovi movimenti e preferivano quelli che erano politici "figli di puttana" ma "i nostri figli di puttana".

Ecco l'Europa e gli Usa (in diverso modo) hanno abbandonato l'Africa lasciandola a Cina (e in diversa misura) Russia ma soprattutto lasciandola alla disperazione, se vuoi diritti e una vita dignitosa scappa. Questo bambino che deve nascondersi in un carrello aereo per raggiungere l'Europa mentre il caffè e il cacao della Costa D'Avorio viaggiano senza trovare nessun muro, nessun confine, persino spesso nessuna ispezione é il simbolo terribile dell'ignoranza del dibattito politico.

L'aeroporto da cui é partito l'aereo é dedicato al primo presidente della Costa d'Avorio che costruì alla fine degli anni 80 la chiesa più alta della terra spendendo in un Paese dove mancavano ancora scuole, impianti idrici, modernizzazione degli ospedali, circa 300 milioni di dollari, ecco questo é un altro simbolo del passato africano che ne determina il presente.

Dopo tutte le parole su questa tragedia non vi é che una cosa da fare, fermarsi e ingoiare tutte le lacrime possibili per sopportare lo schifo che siamo diventati manipolando le parole, tradendo ogni significato, compiacendoci del nostro sarcasmo con un semplice 'é stato sempre così'. 

Forse conviene solo tacere di fronte a questo bambino morto di freddo per l'unica possibilità di felicità che gli era stata data: scappare di nascosto.


Fonte: repubblica.it 

2020/01/04

Operazione verità



Sul “Corriere” di qualche giorno fa, Ernesto Galli della Loggia tracciava un quadro impietoso del nostro paese e sui diversi governi che si sono succeduti negli anni.

Giustamente chiedeva una “operazione verità” per far capire agli italiani che - se si vogliono fare cambiamenti sostanziali e positivi anche solo a medio termine - bisogna avere innanzitutto il coraggio di non raccontarsi frottole e fare sacrifici.

Ma se la prospettiva di governo e sempre solo di mesi - quando non di giorni o settimane - come è mai possibile pensare “in grande” al futuro del nostro paese? Di qui il perpetuarsi del solito tirare a campare con i vizi di sempre.

La legge finanziaria di quest’anno, fatta di ben 315 pagine costituenti un solo emendamento votato (come sempre) con il voto di fiducia e senza alcun riscontro, verifica o controllo ma semplicemente per cercare di accontentare un po' tutti è il consueto, esatto contrario di quanto sarebbe stato necessario.

Oltre a coprire nefandezze e interessi non sempre trasparenti si è cercato tra mille ingarbugli di rappezzare la casa accontentando soprattutti i vari partner della coalizione alla ricerca della loro singola visibilità quando sarebbe servito un robusto intervento sulle fondamenta.

Per cominciare finalmente a farlo bisognerebbe innanzitutto ammettere chiaramente lo stato di crisi conclamato e perenne di un Paese che da anni non vive ma sopravvive, che brucia le risorse dei figli e campa con la pensione dei nonni, che si trascina anno dopo anno la palla al piede di un aumento dell’IVA offerto come folle garanzia verso un’Europa che - quando è momentaneamente “amica” come quest’anno - chiude entrambi gli occhi sul maggior deficit mentre se è politicamente “nemica” impone il rigore e ci strozza con lo spread.

La seconda grande verità è che il nostro paese ha rinunciato ad avere una propria linea politica ed economica ed è in mano ad una finanza internazionale che formalmente si traveste e si dichiara di "sinistra ecologica ed illuminata"mentre è spesso invece espressione del più gretto ed avido capitalismo, strutturato per sfruttare il mondo e miliardi di esseri umani.

Siamo sempre più deboli, l’ombra della quinta o sesta potenza economica di un tempo con i nostri marchi che sono stati venduti, in un paese che sopravvive grazie soprattutto a una miriade di piccole e medie imprese spesso rallentate nella loro crescita per ridotto peso politico.

Campagne demagogiche mondiali (dal clima alla gestione delle risorse naturali) mostra facciate perbeniste di forma, in un continuo depistaggio intellettuale soprattutto sul come affrontare le priorità planetarie.

La successiva ed amara grande verità è che le radici stesse del Paese sono in crisi. Se 258.000 laureati e diplomati si sono in questi ultimi tempi trasferiti all’estero (in realtà sono molti di più, questi sono solo quelli che per l’ISTAT hanno cancellato ufficialmente la propria residenza italiana) una ragione ci sarà, ma provvedimenti, zero. E’ amaro girare il modo e rendersi conto che l’Italia non ha sbocchi, futuro, prospettive anche perché non vuole sciogliere il nodo di ammettere di essere anello debole di un sistema economico di controllo mondiale.

Se riforme vanno fatte - e vanno fatte !! - allora bisogna avere il coraggio non di sbaciucchiare tutti ma di assumersi l’impopolarità delle scelte e questo vale per chiunque governi.

Scelte di risparmio, di rigore, di tagli di spesa effettivi, di priorità finanziabili: non servono slogan ma fatti. Vale per tutti i campi dove bisogna avere la forza di decidere. La scelta di combattere l’evasione, per esempio, con uno massiccio uso delle carte di credito è e resta ottima, ma allora costringendo le banche ad azzerare le commissioni o nessuno le userà. Se non c’è la forza e la volontà di farlo lo si ammetta in anticipo, basta ipocrisia, rinvii, mezze verità.

Servono scelte, priorità, decisioni e soprattutto di non buttare tutto e sempre in caciara, vedere la punta del dito e mai la luna nel cielo. Sacrifici? Certo che vanno fatti, ma alzi la mano chi li vuole fare sul serio se non sempre a spese del prossimo e così non si comincia mai.

Tutto è provvisorio ed emendabile, mai definitivo, ci si accapiglia sulle sciocchezze e non sulle cose serie. Per esempio non c’è più una posizione italiana credibile nel mondo, men che meno un po' di coraggio.

Guardate in questi giorni la situazione in Libia: arrivano perfino i turchi e noi - che avevamo rapporti (e interessi) importanti con la nostra ex colonia - siamo completamente fuori gioco.

D'altronde uno come Di Maio è assolutamente impreparato al ruolo di gestire una politica estera, ma nessuno pensa che rischiamo gli approvvigionamenti energetici nazionali e non siamo sul teleschermo partecipando a “Scherzi a parte”

Alla base di tutto c’è il dilettantismo, l’impreparazione, l’ Italietta dei soliti “furbi” (o che si credono tale) che fa ridere il mondo e i nostri presunti alleati.
Alla fine non siamo più partner credibili a livello europeo e mondiale, sia a livello economico che militare e strategico,

Per salvare il Paese occorrerebbe subito una classe politica scelta per merito, professionalità, capacità personale. Caratteristiche che non ci saranno mai se non si cambia subito il sistema elettorale e conta poco se il governo sia di destra o di sinistra purchè venga costituito da persone serie e che abbiano davanti cinque anni “certi”, cementati da una solida e coesa maggioranza parlamentare. Esattamente il contrario della situazione odierna.

So di parlare nel deserto, ma se in tanti cominciassimo a chiedere le stesse cose, costi quel che costi, forse si potrebbe cominciare a far cambiare qualcosa,