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2013/04/12

I/O


Io sono pesante? Forse si, o forse io non sono esattamente così, in linea di massima si, anche se esistono delle conflittualità. E’ vero che sono pesante, è anche vero che non lascio perdere ma non adesso, i tempi cambiano, le persone anche. Era così in un passato ormai vecchio, stantio, ammuffito. Tuttavia, posso affermare che anche a me sembra tutto-tutto-tutto troppo importante. Magari mi sbaglio, magari non è vero, magari niente è veramente degno di nota, degno di tempo, degno di attenzione. 

Avete mai pensato al significato del termine "io"?
Io è anche un linguaggio di programmazione, una sequenza breve di acceso e spento (In/Off). Un codice binario a semplice declinazione dove l'accensione precede lo spegnimento, allora tutta la nostra vita è costituita da continui in e off secondo le situazioni, gli animi, le consuetudini, la gente che ci circonda? Accendiamo questo termine e diciamo che "io" esiste anche se subito dopo, una milionesima frazione di secondo dopo non esiste più e allora viene da pensare "Chi sono io?". Forse è meglio scriverlo I/O?

Io a volte mi interrogo e mi chiedo perché, sono forse sono venuto al mondo per perdermi dietro a quei particolari che nessuno nota più? Affezzionato a quella cura del dettaglio che agli altri difetta enormemente, io sono per dare quelle spiegazioni che non interessano a nessuno, o forse si ma non nei modi e nei tempi e nelle parole e nei toni che io utilizzo e così va a finire che sembro petulante, indisponente, supponente. 

Invece no, io sono attento e disponibile sempre ai problemi altrui, cerco di far caso a mondi che per altri sembrano idiozie. Magari dovrei fare più attenzione al grande disegno, alla meta, all’obiettivo o come si dice oggi al target, quello del “grande” e non dell’insignificante. Oggi non interessa a nessuno se mentre stavi andando a lavorare hai visto un bambino giocare pericolosamente vicino alla strada, un prato di cui non ti eri mai accorto, un palazzo con la facciata dipinta di giallo canarino o uno stormo di fenicotteri rosa, un bimbo che piange, un miagolante gatto che vorrebbe averti vicino, ti promuove a suo compagno per la vita, no, per tutti l’importante è che tu arrivi in ufficio e lasci fuori quel gatto che ti ha dato tanto amore senza mai conoscerti.

Oggi non importa a nessuno se un giorno ti sei svegliato e hai sentito la necessità di indossare la camicia arancione, i pantaloni blu elettrico, le calze nere e la giacca verde solo per mostrarti più allegro, per non morire dentro. L’importante è che tu faccia quello che devi. Sono pesante, sono permaloso. Al contrario di qualcuno io ricordo le date, ricordo tutte le  capitali che ho visitato e anche quelle che non conosco ma ho letto da qualche parte sui libri, su internet, visto al cinema o alla tv. Al contrario di altri mi offendo, mi imbarazzo se loro non conoscono le capitali del mondo, se mi dicono che Londra è la capitale del Burundi e Johannesburg quella della Scozia. Sono pesante, voglio sembrare perfetto anche se nella vita reale... ebbene si, cerco di essere perfetto, con qualche peccatuccio ma reale.

Sfortunatamente non ricordo i nomi della gente che ho conosciuto ma ricordo perfettamente i volti di ognuno per cui se incontro qualcuno per strada che ricordo mi arrovello per cercare di appioppare un nome a quella faccia finché non approccio la persona per chiedergli “scusa ma dove ci siamo già visti?”. 

Non ricordo nemmeno i nomi dei più grandi artisti di tutti i tempi ma non rappresenta per me una grande perdita, quando mi servono apro le infinite pagine della conoscenza nel web e pesco a piene mani quello che mi serve e se mi serve mentre parlo con qualcuno ammetto candidamente di non conoscerlo. 

Sono pesante ma pensante, non ricordo i nomi delle strade ma se tu vuoi andare dal punto "x" al punto "y" di una città che conosco sappi per certo che sarò in grado di aiutarti a trovare quella strada, qualcuno non molto tempo fa a proposito di Copenhagen mi soprannominò Bal Bal con chiaro riferimento al navigatore gps Tom Tom (grazie Stefano).

Ma non ricordo mai che lavoro fa la gente. Ricordo bene se qualcuno mi ferisce, però ricordo bene anche se io ferisco qualcuno e quel ricordo mi perseguita per anni, ho nella memoria un cassetto specifico di questi dolori procurati e tutte le volte che metto in ordine i ricordi ecco che tornano in mente e fanno male. 

Ricordo bene se qualcuno ha gli occhi tristi, o se li ha pieni di gioia infinita. Ho sempre paura di essere frainteso, è vero. E’ che credo, credo fermamente, che tutto questo pressapochismo, tutta questa “leggerezza” di cui in tanti dicono di aver bisogno, tutto questo “ne riparleremo poi”, tutto questo “le cose stanno così, pace!” non faccia per me. 

Io sanguinerei, mi farei sanguinare le labbra pur di essere preciso in quello che dico e faccio. Io, perché io so che basta una parola, una piccola parola a far piangere una persona per notti e notti intere. Non io, io (non) lascio perdere. Io cerco di far piangere meno persone possibili, perché sono i particolari a uccidere. 
(liberamente tratto, corretto e adeguato al mio pensiero da uno scritto di Susanna Casciani.)



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